TAR Napoli, sez. III, sentenza 2013-02-09, n. 201300855

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. III, sentenza 2013-02-09, n. 201300855
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201300855
Data del deposito : 9 febbraio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05227/2007 REG.RIC.

N. 00855/2013 REG.PROV.COLL.

N. 05227/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5227 del 2007, proposto da:
M P, rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso introduttivo, dagli Avvocati G D P e G E, con i quali elettivamente domicilia in Napoli, presso lo studio dell’Avvocato A B al viale Gramsci n. 13;

contro

Comune di Ottaviano, in persona del rappresentante legale p.t., n.c.;

per l'annullamento

a) dell’ordinanza n. 5/VII del 25 giugno 2007 (prot. 9869) con la quale il responsabile del

VII

Settore del Comune di Ottaviano ha ingiunto la demolizione delle opere abusive realizzate dal ricorrente all’interno del fondo di proprietà, sito in località Scavolelle;

b) del provvedimento dell’8 giugno 2007 (prot. 2785/PME) del Comando dei Vigili Urbani del Comune di Ottaviano;

c) di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2013 il dott. Paola Palmarini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe, notificato il 20 settembre 2007 e depositato il successivo 1° ottobre, il ricorrente ha impugnato il provvedimento con il quale il Comune di Ottaviano gli ha ordinato la demolizione delle opere abusivamente realizzate all’interno del fondo di proprietà in località Scavolelle e consistenti nella costruzione “di un manufatto terraneo con adiacente vano WC, della superficie di mq. 39,10 per una volumetria di mc. 106,00 circa, con muratura portante in blocchi di lapil cemento e copertura a falda leggermente inclinata in lamiere del tipo coibentate, completo e rifinito in ogni sua parte, con adiacente patio con copertura similare a quello del locale terraneo (lamiere coibentate) poggiante su elementi verticali in ferro, che occupa una superficie di mq. 13,44 con antistante terrazzo scoperto pavimentato con piastrelle e delimitato da parapetto in muratura, della superficie di mq. 36,75 circa, realizzazione di un vano cantinato posto a quota – 3,00 ml. dal calpestio del terrazzo della superficie di mq. 36,75 con una volumetria di mc. 110,00 circa, allo stato grezzo, munito dei soli infissi esterni..ed adibito a deposito attrezzi, nonché la sistemazione esterna del terreno circostante mediante l’esecuzione di alcuni terrazzamenti”.

A sostegno del gravame deduce i seguenti motivi:

1) violazione del D.P.R. n. 380/2001, della legge regionale n. 17/1982, perplessità dell’atto amministrativo, illogicità manifesta, eccesso di potere, travisamento dei fatti, illegittimità, inopportunità, inadeguatezza della sanzione comminata in quanto si tratta di un immobile di modestissime dimensioni, destinato all’attività agricola, ubicato fuori dal centro abitato, che rispetta i parametri urbanistici di cui alla citata legge regionale (da qui la presentazione in data 11 settembre 2007 dell’istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001) e che non determina un’alterazione dello stato dei luoghi;

2) eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento dell’azione amministrativa, illogicità dell’atto amministrativo e carenza di congrua motivazione in quanto l’opera non contrasta con il piano paesistico e con il PRG del Comune e non soggiace a regime concessorio bensì autorizzatorio;

3) violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 e carenza assoluta di motivazione;

4) violazione della legge sul procedimento amministrativo in relazione agli artt. 6, 7 e 8 della legge n. 241 del 1990, violazione dei principi di correttezza e buon andamento dell’attività amministrativa in quanto l’atto non è stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento.

Alla pubblica udienza del 24 gennaio 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è infondato e va respinto.

Oggetto della presente controversia è l’ordinanza con la quale il Comune di Ottaviano ha ingiunto al ricorrente la demolizione di un manufatto in muratura, meglio descritto in fatto, della dimensione di circa 39 mq. dotato di patio (13,44 mq.), terrazzo (36,75 mq.) e vano cantinato (36,75 mq.), realizzato in assenza dei titoli abilitativi, nel fondo di proprietà, ricadente in zona paesaggisticamente vincolata (perimetro del Parco Nazionale del Vesuvio e all’interno del Piano paesistico territoriale dei Comuni Vesuviani).

Dalla consistenza delle opere eseguite si ricava agevolmente che si tratta di un intervento di nuova costruzione subordinato ai sensi dell’art. 10, comma 1, lettera a) del D.P.R. n. 380/2001 al previo ottenimento del permesso di costruire. Destituite di ogni fondamento, pertanto, le censure incentrate sulla natura delle opere realizzate, sulla loro collocazione e destinazione ad attività agricola in quanto, dal combinato disposto del richiamato art. 10 e dell’art. 31, comma 2 del medesimo decreto (che prevede la sanzione della demolizione per gli interventi eseguiti in assenza del permesso di costruire), si desume che l’amministrazione ha correttamente ordinato la demolizione delle opere in questione che determinano, in virtù della realizzazione di nuovi volumi e superfici, una rilevante trasformazione del territorio in zona paesaggisticamente vincolata (il che avrebbe richiesto anche il rilascio dei pertinenti titoli abilitativi).

Non sussiste neppure il lamentato difetto di motivazione. La giurisprudenza ha evidenziato come in presenza di un abuso edilizio “l’ordinanza di demolizione non richiede, in linea generale, una specifica motivazione;
l’abusività costituisce di per sé motivazione sufficiente per l’adozione della misura repressiva in argomento. Ne consegue che, in presenza di un’opera abusiva, l’autorità amministrativa è tenuta ad intervenire affinché sia ripristinato lo stato dei luoghi, non sussistendo alcuna discrezionalità dell’amministrazione in relazione al provvedere” (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 19 luglio 2006, n. 6021);
infatti “l’ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive è atto dovuto e vincolato e non necessita di motivazione ulteriore rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto e all’individuazione e qualificazione degli abusi edilizi” (T.A.R. Marche Ancona, sez. I, 12 ottobre 2006 , n. 824) ed, ancora, “presupposto per l'emanazione dell'ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive è soltanto la constatata esecuzione di queste ultime in assenza o in totale difformità del titolo concessorio, con la conseguenza che, essendo l’ordinanza atto dovuto, essa è sufficientemente motivata con l’accertamento dell’abuso, essendo “in re ipsa” l’interesse pubblico alla sua rimozione e sussistendo l’eventuale obbligo di motivazione al riguardo solo se l’ordinanza stessa intervenga a distanza di tempo dall’ultimazione dell’opera avendo l’inerzia dell’amministrazione creato un qualche affidamento nel privato” (Consiglio di Stato, sez. V, 29 maggio 2006 n. 3270). Da quanto precede deriva anche l’irrilevanza dell’asserita astratta assentibilità dell’opera realizzata (primo e secondo motivo).

Quanto all’avvenuta presentazione dell’istanza di rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, rileva il Collegio, che la “validità ovvero l’efficacia dell’ordine di demolizione non risultano pregiudicate dalla successiva presentazione di un’istanza ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, posto che nel sistema non è rinvenibile una previsione dalla quale possa desumersi un tale effetto, sicché, se, da un lato, la presentazione dell’istanza ex art. 36 cit. determina inevitabilmente un arresto dell’efficacia dell’ordine di demolizione, all’evidente fine di evitare, in caso di accoglimento dell’istanza, la demolizione di un’opera che, pur realizzata in assenza o difformità dal permesso di costruire, è conforme alla strumentazione urbanistica vigente, dall’altro, occorre ritenere che l’efficacia dell’atto sanzionatorio sia soltanto sospesa, cioè che l’atto sia posto in uno stato di temporanea quiescenza. All’esito del procedimento di sanatoria, in caso di accoglimento dell’istanza, l’ordine di demolizione rimarrà privo di effetti in ragione dell’accertata conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso sia al momento della presentazione della domanda, con conseguente venir meno dell’originario carattere abusivo dell’opera realizzata. Di contro, in caso di rigetto dell’istanza, l’ordine di demolizione riacquista la sua efficacia, con la sola precisazione che il termine concesso per l’esecuzione spontanea della demolizione deve decorrere dal momento in cui il diniego di sanatoria perviene a conoscenza dell’interessato, che non può rimanere pregiudicato dall’avere esercitato una facoltà di legge, quale quella di chiedere l’accertamento di conformità urbanistica, e deve pertanto poter fruire dell’intero termine a lui assegnato per adeguarsi all’ordine, evitando così le conseguenze negative connesse alla mancata esecuzione dello stesso” (cfr. in questo senso, T.A.R., Campania Napoli, sez. II, 14 settembre 2009, n. 4961 e C.d.S., sez. IV, 19 febbraio 2008, n. 849).

Facendo applicazione di tali principi, si osserva che, nel caso di specie, l’istanza di sanatoria presentata l’11 settembre 2007, a fronte dell’ordine demolitorio notificato il 26 luglio 2007, è stata definita, sessanta giorni dopo, con provvedimento silenzioso di rigetto ai sensi del comma 3 dell’art. 36 cit. (“sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata”), cosicché, oggi, il provvedimento spiega interamente i suoi effetti.

Con l’ultimo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990 per omessa comunicazione di avvio del procedimento.

Il motivo non può essere accolto.

La costante giurisprudenza ha affermato che i provvedimenti repressivi degli abusi edilizi, non devono essere preceduti dalla comunicazione dell’avvio del procedimento (ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, sez.

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