TAR Roma, sez. 1T, sentenza breve 2011-12-20, n. 201109942
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N. 09942/2011 REG.PROV.COLL.
N. 06827/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 6827 del 2011, proposto da Kuwait Petroleum Italia Spa, rappresentato e difeso dall'avv. R M I, con domicilio eletto presso R M I in Roma, v.le Angelico, 103;
contro
Regione Lazio, rappresentata e difesa dall'Avv. E C, domiciliata per legge in Roma, via Marcantonio Colonna, 27;
Roma Capitale, rappresentato e difeso dall'Avv. M B, domiciliata per legge in Roma, via Tempio di Giove, 21;
Capitaneria di Porto di Pescara, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'accertamento dell’illegittimità
del silenzio-inadempimento serbato dalle Amministrazioni resistenti in relazione alle osservazioni-controdeduzioni inviate dalla Società ricorrente relative al verbale di accertamento e contestazione del 17.06.10 con cui la Capitaneria di Porto di Pescara ha contestato l'immissione in commercio di combustibile per uso marittimo con un tenore di zolfo superiore a quello consentito ex art. 295 d.lgs. 152/06.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lazio, di Roma Capitale e di Capitaneria di Porto di Pescara;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2011 il dott. R P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Alla Società ricorrente è stata irrogata una sanzione ex l.n. 689/1981 per aver immesso in commercio per uso marittimo combustibile con un tenore di zolfo superiore a quello consentito dall’art. 295 del d.lgs. n. 152/2006.
La ricorrente ha presentato controdeduzioni ex art. 18 l.n. 689/1981, ma l’Amministrazione competente non si è pronunciata al riguardo con un provvedimento conclusivo del procedimento e, quindi, la Società ha contestato il silenzio-inadempimento.
Roma Capitale, costituitasi in giudizio, ha eccepito il difetto di giurisdizione.
Anche la Regione Lazio si è costituita in giudizio.
Il Collegio ritiene di dover accogliere l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in quanto la cognizione del provvedimento sanzionatorio emesso ai sensi dell'art. 22, l. n. 689 del 1981, rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice ordinario (T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 09 settembre 2010 , n. 17355).
L'impugnabilità in sede giudiziale dei verbali di accertamento di violazioni amministrative è ammessa unicamente ove riguardino l'inosservanza di norme sulla circolazione stradale, poiché soltanto in questo caso essi sono idonei ad acquisire, per il disposto dell'art. 203 comma 3, c. strad., il valore e l'efficacia di titolo esecutivo per la riscossione della pena pecuniaria, nell'importo direttamente stabilito dalla legge. Negli altri casi, vi è invece difetto assoluto di giurisdizione, giacché i verbali di accertamento non incidono "ex se" sulla situazione giuridica soggettiva del presunto contravventore, essendo esclusivamente destinati a contestargli il fatto e a segnalargli la facoltà del pagamento in misura ridotta, in mancanza del quale l'autorità competente valuterà se vada irrogata una sanzione e ne determinerà l'entità, mediante un ulteriore atto, l'ordinanza ingiunzione, che potrà formare oggetto di opposizione dinanzi al g.o., ai sensi dell'art. 22, l. n. 689 del 1981 (T.A.R. Toscana Firenze, sez. II, 24 agosto 2010 , n. 4876).
Nelle ipotesi in cui trovano applicazione le norme generali dettate dalla legge n. 689 del 1981, il potere di emanare l'ordinanza-ingiunzione, ai sensi dell'art. 18 di detta legge, può essere legittimamente esercitato nel termine quinquennale di cui all'art. 28 della stessa legge, ancorché tale norma ponga riferimento al termine massimo (di prescrizione) per riscuotere le somme dovute per le violazioni, non essendo prevista alcuna espressa decadenza in relazione all'osservanza di altro precedente termine e non trovando applicazione al riguardo - stante la sua incompatibilità con il procedimento contenzioso conducente all'adozione della stessa ordinanza-ingiunzione - il termine di trenta giorni previsto dall'art. 2 della legge n. 241 del 1990, il cui superamento, oltretutto, non preclude, in generale, alla p.a. l'adozione del provvedimento e che, ove manchi un'espressa previsione legislativa circa la decadenza decisoria, non rende invalido il provvedimento tardivo, ma determina esclusivamente un'eventuale responsabilità del funzionario che si attivi tardivamente, oltre a consentire all'interessato la proposizione di un ricorso avverso il silenzio-inadempimento (Cassazione civile , sez. lav., 24 agosto 2006 , n. 18442).
Il termine di trenta giorni stabilito, in via generale, dall'art. 2 l. 7 agosto 1990 n. 241 per la conclusione del procedimento amministrativo, è incompatibile con il procedimento di irrogazione della sanzioni amministrative e il superamento di tale termine (o del più lungo termine previsto da fonti regolamentari) in ogni caso non preclude alla p.a. l'adozione del provvedimento, mentre, ove manchi una espressa previsione legislativa circa la decadenza decisoria, non rende invalido il provvedimento tardivo, ma determina esclusivamente una eventuale responsabilità del funzionario che si attivi tardivamente, oltre a consentire all'interessato la proposizione di un ricorso avverso il silenzio-inadempimento. Nella specie, la legge n. 689 del 1981 non prevede alcuna espressa decadenza dell'amministrazione, sicchè l'ordinanza-ingiunzione può essere validamente emessa nel termine di prescrizione di cui all'art. 28 (Cassazione civile , sez. lav., 24 agosto 2006 , n. 18442).
Sussistono giustificati motivi – legati alla particolarità della vicenda e delle questioni trattate – per compensare le spese di giudizio tra le parti in causa.