TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2024-09-19, n. 202416473
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
Pubblicato il 19/09/2024
N. 16473/2024 REG.PROV.COLL.
N. 02970/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2970 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati A S D e F S M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Gestore dei Servizi Energetici – GSE s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati T P, F P, A P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio T P in Roma, via Lazio 9;
per l’accertamento e la declaratoria
del diritto della società ricorrente al riconoscimento da parte del G.S.E. dei certificati verdi dovuti per l’energia elettrica rinnovabile prodotta dal parco eolico -OMISSIS-, in titolarità della società, nel periodo -OMISSIS-,
e
per la conseguente condanna
del G.S.E. al pagamento, in favore della ricorrente, del prezzo di ritiro dei citati certificati verdi, per complessivi € 20.027.202,00, oltre rivalutazione e interessi.
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da -OMISSIS- il -OMISSIS-:
per l’accoglimento delle domande proposte con il ricorso introduttivo del giudizio
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Gestore dei Servizi Energetici – GSE s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 luglio 2024 il dott. Gabriele La Malfa Ribolla e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso notificato il 28 febbraio e depositato il 13 marzo 2019, la -OMISSIS-, titolare di un parco eolico composto da -OMISSIS- sito nel territorio di -OMISSIS-, riassume, a seguito di sentenza -OMISSIS- del Tribunale civile di -OMISSIS- dichiarativa del difetto di giurisdizione, un’azione di accertamento dell’affermato diritto a ricevere il controvalore degli incentivi da certificati verdi, maturati nel periodo -OMISSIS-, per complessivi € 20.027.202, oltre rivalutazione e interessi, con conseguente richiesta di condanna del Gestore dei Servizi Energetici s.p.a. - GSE al pagamento di quanto dovuto a detto titolo.
2. Espone la ricorrente di essere stata ammessa alla qualifica di impianto alimentato con fonti rinnovabili (IAFR), presupposto per l’accesso al regime di incentivazione dei certificati verdi e che, a fronte dell’effettiva produzione di energia da parte del -OMISSIS- in costanza del rapporto di incentivazione si è perfezionato nella sfera giuridica della ricorrente il diritto al rilascio dei certificati verdi e quello corrispondente al pagamento, da parte del GSE, del relativo prezzo di ritiro.
A seguito del rilascio di informativa interdittiva antimafia del -OMISSIS-, il GSE ha poi provveduto alla decadenza e revoca della qualifica IAFR comportante ammissione al regime dei certificati verdi, con provvedimento del -OMISSIS- seguente alla già intervenuta sospensione degli incentivi in data -OMISSIS-.
3. La mancata emissione di certificati verdi ha quindi precluso alla società ricorrente la possibilità di procedere alla loro valorizzazione economica.
4. Tuttavia, riferisce la società, in data -OMISSIS-, è stata emessa nei confronti della società un’informativa liberatoria, a fronte della pendenza dell’amministrazione giudiziaria: la capacità della ricorrente di contrattare con la Pubblica Amministrazione si sarebbe quindi riattivata per effetto di detta informativa liberatoria e il rapporto di incentivazione sarebbe stato oggetto di revoca con effetto meramente ex tunc solo in data -OMISSIS-;né l’interdittiva potrebbe avere effetto retroattivo e spetterebbe, quindi, il controvalore dei certificati verdi per l’energia elettrica prodotta e non incentivata per il periodo antecedente all’emissione dell’interdittiva (-OMISSIS-).
5. La società propone in subordine questione di legittimità costituzionale dell’art. 94 del d.lgs. 159/2011, per l’ipotesi in cui si ritenga che il rilascio dell’informativa interdittiva in data -OMISSIS- e l’adozione del provvedimento di decadenza e revoca della qualifica IAFR, conseguentemente adottato dal GSE ai sensi dell’art. 94 del d.lgs. n. 159/2011, costituiscano ragioni ostative al riconoscimento degli incentivi maturati dalla società prima dell’interdittiva, pur in presenza di una attuale situazione societaria di idoneità a contrattare con la Pubblica Amministrazione.
6. In ulteriore subordine, la ricorrente propone istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia europea per incompatibilità dell’art. 94 del d.lgs. 159/2011 con la direttiva 2009/28/Ce sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili e con l’art. 10 della Carta europea dell’energia.
7. Si è costituito il Gestore dei Servizi Energetici s.p.a. per chiedere il rigetto del ricorso.
8. Con motivi aggiunti notificati il -OMISSIS- e depositati il -OMISSIS-, la ricorrente ha ulteriormente argomentato la sussistenza di un proprio diritto alla percezione degli incentivi, stante l’intervenuto annullamento da parte della Corte di Cassazione in sede penale del provvedimento di confisca del parco eolico, con sentenza -OMISSIS-, comprendente la statuizione che la provvista del finanziamento del parco eolico ha provenienza lecita e deriva da un mutuo accordato da un istituto di credito tedesco e i legami familiari del soggetto proposto con un clan mafioso non sono sufficienti a confermare la misura.
Ha fatto seguito il decreto della Corte d’appello penale di -OMISSIS- che ha escluso la riconducibilità di tutto l’affare relativo al parco eolico realizzato dalla -OMISSIS- a finalità agevolative o rappresentative della mafia, con conseguente restituzione delle quote societarie agli originari titolari.
9. In vista dell’udienza di merito del 10 luglio 2024, le parti hanno depositato documenti, memorie e repliche ex art. 73 c.p.a.
9.1. Il GSE ha eccepito preliminarmente che il ricorso in riassunzione sia inammissibile e/o comunque
improcedibile, in quanto la ricorrente ha reiterato innanzi al Giudice ordinario, con i giudizi -OMISSIS-, domande già rivolte al Giudice amministrativo nei giudizi al TAR Lazio r.g.n. -OMISSIS- (cfr. doc. n. 5.2, 5.3., 5.5. e 6 – prod. GSE), frazionandole in più giudizi e sedi processuali, e stante inoltre il giudicato formatosi sui giudizi r.g.n. -OMISSIS- all’esito della sentenza di questo TAR n. -OMISSIS-.
Nel merito ha eccepito l’infondatezza del ricorso e delle questioni di legittimità costituzionale ed eurounitaria proposte.
9.2. Sempre in vista dell’udienza di merito, parte ricorrente ha formulato istanza di rinvio, richiamando precedenti istanze delle parti, volte alla riunione o alla trattazione congiunta con il giudizio di ottemperanza n.r.g. -OMISSIS-, avente oggetto ottemperanza alla sentenza -OMISSIS- di questo TAR su possibili future determinazioni del GSE per la riammissione del parco eolico al sistema degli incentivi, stante anche l’intervenuta cancellazione della causa dal ruolo delle sospensive di quel giudizio al fine della fissazione dell’udienza di merito contestuale all’odierno giudizio.
10. All’udienza di merito del 10 luglio 2024 la causa è stata discussa e trattenuta per la decisione.
DIRITTO
11. Preliminarmente, si conferma il rigetto dell’istanza di rinvio stante l’insussistenza, già affermata al verbale d’udienza, dei presupposti di cui all’art. 73, co. 1- bis , c.p.a., in particolare essendo la riunione o la trattazione congiunta oggetto di una mera facoltà rimessa all’apprezzamento discrezionale del decidente (“ Il collegio può, su istanza di parte o d'ufficio, disporre la riunione di ricorsi connessi ”) e avendo comunque parte ricorrente prodotto ampia documentazione a sostegno della sua tesi e di una prospettiva globale del rapporto di incentivazione che ha interessato la società.
Rileva altresì il Collegio la pienezza del contraddittorio e dell’istruttoria, la sussistenza dei termini a difesa, la pendenza della causa del 2019, quali ragioni che concorrono a determinare il rigetto dell’istanza di rinvio.
12. Ciò premesso, il ricorso e i motivi aggiunti sono improcedibili e, in subordine, anche infondati.
13. A fronte della complessità della vicenda in fatto, giova ripercorrerne brevemente alcuni tratti salienti:
(i) viene in esame un’azione in riassunzione dal Tribunale civile di -OMISSIS-, previa declaratoria del difetto di giurisdizione, con richiesta di condanna del GSE al pagamento di 20 milioni di euro per il prezzo di ritiro dei certificati verdi;
(ii) il GSE ha sospeso l’erogazione dei certificati verdi con comunicazioni del -OMISSIS-, all’atto di apprendere dell’intervenuto sequestro dell’impianto nell’ambito di procedimenti penali, nei quali sarebbe emersa l’ipotesi accusatoria che “dominus” dell’impianto fosse tale -OMISSIS- dell’omonima cosca di -OMISSIS-;
(iii) la Prefettura di -OMISSIS- ha emesso interdittiva antimafia ai sensi dell’art. 94 del d.lgs. 159/2011 a carico della società ricorrente, non impugnata dalla società in amministrazione giudiziaria, e l’ha trasmessa al GSE in data 1-OMISSIS-;
(iv) il GSE ha quindi emesso provvedimento di revoca e decadenza dai certificati verdi, in data -OMISSIS-, impugnato dalla società con ricorso respinto tramite la sentenza -OMISSIS- di questa Sezione, passata in giudicato;
(v) successivamente negli anni le misure di prevenzione patrimoniale (sequestri e confische) sono state annullate dalla Corte di Cassazione;vi sono state assoluzioni dei vari soggetti coinvolti dai vari reati a vario titolo connessi con l’associazione di stampo mafioso, salvo prescrizione per i delitti di intestazione fittizia;
(vi) diversi contenziosi hanno riguardato azioni avverso il silenzio del GSE e del Ministero dell’Interno, in alcuni casi accolti in relazione all’obbligo di adottare un provvedimento espresso;tuttavia, l’originario provvedimento di interdittiva antimafia non è mai stato soggetto a riesame o annullamento in autotutela, nel senso richiesto dalla ricorrente.
14. Ciò premesso, con sentenza -OMISSIS- questa Sezione ha già affermato in relazione al provvedimento di revoca e decadenza dal rapporto incentivante quanto segue, al fine di respingere le censure di illegittimità: “ Né può in contrario invocarsi (al contrario di quanto sostenuto dalla ricorrente) il combinato disposto dell’art. 92, commi 3 e 4, e dell’art. 94, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011, trattandosi di disposizioni manifestamente inconferenti con il caso di specie.
Esse stabiliscono che le amministrazioni competenti (nel nostro caso, il GSE) recedono dai contratti (nel nostro caso, dalla convenzione attributiva degli incentivi), “fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite” (e non: “fatto salvo quanto già corrisposto”, come vorrebbe la ricorrente), anche quando gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa siano accertati (come nella specie) successivamente alla stipula del contratto.
Non può affatto sostenersi che, a norma di dette disposizioni, il provvedimento di decadenza dagli incentivi avrebbe efficacia solo ex nunc pure nell’ipotesi in cui esso sia stato preceduto da un provvedimento cautelare di sospensione, con la conseguenza che la società ricorrente avrebbe diritto al rilascio dei certificati verdi come compenso dell’energia incentivata prodotta fino all’adozione del provvedimento di decadenza anche con riferimento al periodo durante il quale era vigente il provvedimento di sospensione.
In tal modo, per un verso, mediante un’interpretazione distorta, si finisce col porre nel nulla lo strumento cautelare della sospensione previsto dall’art. 92, comma 5, del d.lgs. n. 159 del 2011;per altro verso si confonde la restituzione delle spese già sostenute per la realizzazione di un’opera o per l’avvenuta prestazione di un servizio o di una fornitura (fattispecie in cui ben possono sussistere spese già sostenute dal contraente privato che, se non ripagate, determinerebbero un ingiustificato arricchimento in favore dell’amministrazione) con la fattispecie, del tutto diversa, del versamento di incentivi o di contributi pubblici.
In quest’ultimo caso è evidente – in base alla ratio del complessivo sistema – che, in capo al soggetto colpito dall’interdittiva, non può sussistere alcun diritto di mantenere quegli incentivi che avrebbero potuto essere corrisposti se non fosse intervenuto il provvedimento cautelare di loro sospensione.
Ciò in quanto, come già detto, il provvedimento di sospensione anticipa interinalmente gli effetti del provvedimento definitivo di decadenza dagli incentivi, con l’alternativa che, se poi non sopraggiunge il provvedimento di decadenza, esso perderà i propri effetti ex tunc, ovvero che, se invece sopraggiunge il provvedimento di decadenza, quegli effetti provvisori verranno fatti salvi in quanto tramutati negli effetti definitivi della decadenza ” (TAR Lazio, III-ter, -OMISSIS-).
14.1. La sequenza procedimentale sospensione-decadenza e i loro diversi rivenienti effetti ex nunc ed ex tunc sono stati già compiutamente affrontati, per affermare con forza di giudicato che nel periodo -OMISSIS- -OMISSIS- gli incentivi sono stati legittimamente sospesi, con effetti poi confermati e resi definitivi dalla decadenza emessa dal GSE.
14.1.1. Ha aggiunto la sopracitata sentenza, in merito all’efficacia dell’interdittiva e alla sopravvenienza dell’amministrazione giudiziaria: “ Né può dirsi, come fa la ricorrente, che tale informativa interdittiva sarebbe “divenuta inefficace dal momento in cui gli organi societari sono stati sostituiti dall’amministrazione giudiziaria per intervenuta conferma del sequestro preventivo disposto dal -OMISSIS- quale giudice d’appello, il -OMISSIS-”.
L’inefficacia di un’interdittiva antimafia non può infatti discendere da accadimenti esterni e successivi pur conosciuti ma la cui portata, al fine di stabilire se sussistono ancora i tentativi di infiltrazione mafiosa, non può che essere valutata, in sede di aggiornamento, dall’unica autorità a ciò preposta dalla legge, e cioè dalla Prefettura territorialmente competente.
Nessun ruolo, in questa prospettiva, ed in mancanza di una norma che contempli un potere del genere, può essere riconosciuto all’amministrazione che sovrintende alla concessione od all’erogazione di benefici pubblici, se non quello di dare stretta e vincolata esecuzione alla misura stabilita dal Prefetto, come le è imposto dall’art. 94 del d.lgs. n. 159 del 2011.
Di conseguenza, il GSE non poteva autonomamente, e senza l’avallo di una nuova (e contraria) informativa proveniente dalla Prefettura di -OMISSIS-, valutare discrezionalmente la portata dell’evento sopravvenuto e farne discendere la cessazione di efficacia dell’interdittiva poco tempo prima recapitata dalla Prefettura ”.
14.2. Ne segue che il ricorso e i motivi aggiunti sono improcedibili, per effetto del giudicato di cui alla sentenza -OMISSIS-, sopravvenuto alla proposizione dell’originaria azione in sede civile (procedimenti civili riuniti -OMISSIS-, quest’ultimo depositato il -OMISSIS- presso il Tribunale di -OMISSIS-), giudicato che ha compiutamente statuito sulla vicenda e sulla legittimità dell’operato del GSE.
La ricorrente non mantiene infatti interesse rispetto all’azione di accertamento relativa a questioni che attengono propriamente alla legittimità degli atti impugnati, già ritenuti legittimi con sentenza passata in giudicato.
15. Il ricorso e i motivi aggiunti sono, in ogni caso, anche infondati.
15.1. Il contrasto alla criminalità organizzata di stampo mafioso, in disparte istituti come il controllo giudiziario e l’amministrazione giudiziaria, assume in estrema sintesi oggi almeno tre linee direttrici:
-la previsione del delitto di associazione per delinquere di tipo mafioso e di delitti aggravati da quella finalità, connotata da autonoma pericolosità rispetto all’associazione per delinquere perché basata sulla forza intimidatrice del vincolo associativo, tale da comportare una situazione sistematica di controllo del territorio basato sul ricorso, in via attuale o potenziale, alla violenza o alla minaccia, e alla conseguente pressione per assoggettare la popolazione a omertà;
-le misure di prevenzione personale (art. 1 ss. del d.lgs. 159/2011) e patrimoniale (art. 16 ss. del d.lgs. 159/2011) e, fra queste ultime, il sequestro e la confisca;
-la documentazione antimafia (comunicazione e informazione antimafia, ex art. 84 del d.lgs. 159/2011), con gli effetti interdittivi previsti dall’art. 94 del d.lgs. 159/2011.
15.2. È la possibilità di efficacemente contrastare in funzione dell’obiettivo ideale di eradicare il fenomeno mafioso dal nostro Paese, che ha indotto il Legislatore, a introdurre innovative tecniche e istituzioni di contrasto a siffatta forma di criminalità, in alcuni casi non note ad altri Paesi.
15.3. Le necessità di prevenzione generale e speciale e gli obiettivi di risocializzazione in quanto possibile dei condannati, il contrasto all’accumulazione di patrimoni di provenienza illecita, la neutralizzazione di infiltrazioni nel tessuto economico e sociale costituiscono obiettivi diversificati anche sotto il profilo funzionale e, in ragione della complessità e del carattere diacronico del fenomeno criminale in esame, non necessariamente determinano esiti sovrapponibili in tutti i casi: conseguendone che, come nel caso in esame, si possono eventualmente presentare episodi contestuali di persone fisiche assolte da delitti ex art. 416- bis del codice penale o aggravati da siffatta finalità e di imprese societarie, nell’ambito delle quali le predette persone fisiche hanno operato come soci o amministratori, che risultino per diverse ragioni nondimeno assoggettate a informazione interdittiva antimafia, senza che questa venga annullata in via giurisdizionale o d’ufficio a seguito della sentenza di assoluzione delle persone fisiche.
15.4. Distinte sono le finalità di affermazione della responsabilità penale, di affermazione della pericolosità sociale con le conseguenti misure di sicurezza, di applicazione delle misure di prevenzione personale e patrimoniale, di emanazione di provvedimenti atti a interrompere rapporti economici con la Pubblica Amministrazione di enti soggetti a infiltrazione da parte della criminalità mafiosa.
15.5. L’interdittiva consegue, infatti, all’esistenza di seri tentativi di condizionamento dell’impresa da parte dell’organizzazione criminale, distinguendosi dall’affermazione di penale responsabilità di singole persone fisiche.
15.6. Nel caso in esame il Gestore dei Servizi Energetici s.p.a., società interamente controllata dal Ministero dell’Economia e il cui scopo è promuovere l’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, ha ricevuto da parte della Prefettura di -OMISSIS- un’informazione interdittiva e ha conseguentemente emesso un atto di revoca, qualificata anche come decadenza dal rapporto incentivante, in applicazione vincolata.
15.7. Se l’istruttoria deve certamente consentire al GSE di verificare con attenzione i profili in fatto, la cui ricostruzione può risultare particolarmente complessa, il dato dell’avvenuta emissione dell’interdittiva antimafia ha come esito vincolato l’interruzione del rapporto incentivante (giurisprudenza costante, cfr. C.G.A.R.S. 368 del 25 maggio 2023).
15.8. La sopravvenuta emissione di un provvedimento informativo che ha dato atto che, in corrispondenza dell’assunzione dell’incarico da parte degli amministratori giudiziari, l’impresa è poi risultata esente da rischi di infiltrazioni criminali, è un aggiornamento informativo non retroattivo, come è dimostrato dalla circostanza che la Prefettura non ha mai inteso assumere provvedimenti di secondo grado atti a modificare o intaccare la validità o l’efficacia dell’interdittiva.
16. Se questi sono i presupposti fattuali del potere esercitato, inquadrabile nell’art. 94 del d.lgs. 159/2011, il GSE non ha fatto altro che applicazione vincolata di quella norma, non potendo disattendere l’esito dovuto della cessazione del rapporto incentivante, qualificata come revoca e decadenza.
17. Su tali fatti non incide la sopravvenuta assoluzione di persone fisiche dinanzi l’Autorità giudiziaria penale, idonea ad affermarne la non colpevolezza sotto il profilo penale ma non già a consentire al GSE di ammettere la possibilità di ripristinare il rapporto incentivante con soggetto responsabile, attinto da interdittiva valida ed efficace ed emessa nel corso del rapporto incentivante (l’attribuzione della qualifica IAFR è del -OMISSIS-;l’interdittiva è stata comunicata al Gestore nel -OMISSIS-).
18. Non conducente è il richiamo della ricorrente alla sentenza del -OMISSIS-, che affronta fattispecie soggetta a distinzione, connotata dalla presenza di un mutuo di scopo edilizio che aveva sostanzialmente esaurito i suoi effetti alla data di emissione dell’interdittiva (“ erogato in massima parte negli anni -OMISSIS-, per dei lavori di ammodernamento di un villaggio turistico ultimati nel -OMISSIS- e collaudati nel -OMISSIS-, e di cui è stata chiesta la restituzione con la “revoca” del -OMISSIS- in ragione di un’informativa interdittiva sopravvenuta nel -OMISSIS- ”) talché l’appello è stato accolto “ limitatamente al recupero della somma di euro 1.208.829,72 disposto con la revoca del contributo del -OMISSIS--OMISSIS- ”, nell’ambito della prescrizione legislativa che fa “ salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite ” (art. 11, co. 2 dell’abrogato d.p.r. 252/1998, antecedente normativo del corrispondente art. 94, comma 2, del d.lgs. 159/2011).
19. In senso conforme, si è già espressa come anticipato la sentenza di questo TAR, n. -OMISSIS- che ha respinto con forza di giudicato il ricorso avverso il provvedimento di decadenza e revoca, con considerazioni qui pienamente condivise.
20. Essendo stata la mafia definita in modo convincente da autorevole dottrina come una forma di anti-Stato o di infra-Stato, con le relative connesse peculiarità, mantenere un sostegno pubblico in corso di esecuzione, sotto forma di contributo, sovvenzione o finanziamento comunque denominato da parte dello Stato, verso un’impresa che diventi sottoposta a interdittiva antimafia, poi non annullata ma ratione temporis valida ed efficace pur a fronte del successivo subentro dell’amministrazione giudiziaria, è in definitiva da ritenersi ontologicamente non compatibile con la coerenza dell’ordinamento giuridico (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 3/2018: “ la finalità del legislatore è, in generale, quella di evitare ogni “esborso di matrice pubblicistica” in favore di imprese soggette ad infiltrazioni criminali.
In sostanza – ed è questa la ratio della norma – il legislatore intende impedire ogni attribuzione patrimoniale da parte della Pubblica Amministrazione in favore di tali soggetti, di modo che l’art. 67, comma 1, lett. g) del Codice delle leggi antimafia non può che essere interpretato se non nel senso di riferirsi a qualunque tipo di esborso proveniente dalla P.A. ”).
20.1. In senso conforme, è stato affermato che “ l’erogazione di sussidi ed agevolazioni pubbliche alla realizzazione di iniziative imprenditoriali non persegue tanto l’interesse individuale del destinatario, quanto, tramite esso, il più ampio interesse della collettività all’implementazione di iniziative economiche private, ritenute volano e propulsore di un più diffuso sviluppo economico, sociale ed occupazionale a beneficio della collettività tutta.