TAR Parma, sez. I, sentenza 2023-09-26, n. 202300260

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Parma, sez. I, sentenza 2023-09-26, n. 202300260
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Parma
Numero : 202300260
Data del deposito : 26 settembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/09/2023

N. 00260/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00167/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

sezione staccata di Parma (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 167 del 2020, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato P P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Università degli Studi di Parma, Ministero dell’Università e della Ricerca, Ministero dell’Istruzione, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliataria ex lege in Bologna, via A. Testoni, 6;

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

per l’annullamento:

- del Decreto Rettorale n. -OMISSIS- prot. n. -OMISSIS- del 3 giugno 2020 adottato dall’Università degli Studi di Parma e comunicato a mezzo pec in data 3 giugno 2020, con cui il ricorrente è stato destituito dall’impiego di Professore Universitario di ruolo di Prima Fascia, afferente al Dipartimento di -OMISSIS- dell’Università di Parma, senza perdita del diritto a pensione o assegni, ex art. 87 R.D. n. 1592/1993;

- ove occorrer possa, della nota prot. n. -OMISSIS- del 6 agosto 2019 dell’Università degli Studi di Parma, con cui il Rettore ha dato formale avvio al procedimento disciplinare nei confronti del ricorrente, con contestuale trasmissione al Collegio di Disciplina degli atti acquisiti;

- dei verbali delle sedute del Collegio di Disciplina, relativi al procedimento disciplinare a carico del Prof. -OMISSIS- e, in particolare, il verbale del 26 maggio 2020 con il quale il Collegio di Disciplina ha formulato la proposta di sanzione della “ destituzione senza perdita del diritto a pensione o assegni ex art. 87 R.D. n. 1592/1933;

- della deliberazione del Consiglio di Amministrazione -OMISSIS- “ Provvedimenti inerenti il procedimento disciplinare avviato con nota rettale prot. n. -OMISSIS-/2019 ” con cui l’Organo, conformemente al parere vincolante espresso dal Collegio di Disciplinare, nella seduta del 26 maggio 2020, ha deliberato di irrogare al ricorrente, ai sensi dell'art. 10, comma 4, della legge n. 240/2010, la sanzione della destituzione senza perdita del diritto a pensione o assegni;

- di ogni altro provvedimento e atto presupposto, connesso e consequenziale a quelli impugnati, ancorché non noto al ricorrente;

per quanto riguarda i motivi aggiunti, depositati dal ricorrente in data 12 novembre 2020:

per l’annullamento:

- dei provvedimenti già impugnati col ricorso introduttivo;

- del verbale del Collegio di Disciplina, prot. n. -OMISSIS- del 26 maggio 2020 con il quale il Collegio di Disciplina ha formulato la proposta di sanzione della “ destituzione senza perdita del diritto a pensione o assegni ex art. 87 R.D. n. 1592/1933;

- dei verbali delle sedute del Collegio di Disciplina, relativi al procedimento disciplinare a carico del ricorrente e, in particolare, dal n. 1 al n. 7;

- della deliberazione del Consiglio di Amministrazione -OMISSIS- “ Provvedimenti inerenti il procedimento disciplinare avviato con nota rettale prot. n. -OMISSIS-/2019 ” con cui l'Organo, conformemente al parere vincolante espresso dal Collegio di Disciplinare, nella seduta del 26 maggio 2020, ha deliberato di irrogare al ricorrente, ai sensi dell'art. 10, comma 4, della legge n. 240/2010, la sanzione della destituzione senza perdita del diritto a pensione o assegni;

- di ogni altro provvedimento e atto presupposto, connesso e consequenziale a quelli impugnati, ancorché non noto al ricorrente.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Parma e del Ministero dell’Università e della Ricerca e del Ministero dell’Istruzione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 maggio 2023 il dott. M B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il Professor -OMISSIS-, odierno ricorrente, è stato, fino all’adozione del provvedimento di destituzione impugnato, Professore ordinario di -OMISSIS- della facoltà di -OMISSIS- dell’Università di Parma.

Con nota inviata a mezzo p.e.c. in data 10 maggio 2017, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Parma comunicava all’Università di Parma che il Professor -OMISSIS-, indagato nel procedimento -OMISSIS- RGNR, era stato sottoposto, a partire dall’8 maggio 2017, “ a misura cautelare personale degli arresti domiciliari e a misura cautelare reale ” per i reati ivi puntualmente indicati.

In data 11 maggio 2017, il Collegio di Disciplina dell’Università di Parma, sulla scorta dell’informativa pervenuta dalla Procura, comunicava all’odierno ricorrente la sospensione dal servizio, ai sensi dell’art. 91 del D.P.R. n. 3/1957 e del R.D. n. 1592/1933.

In data 5 giugno 2017, il Rettore dell’Università degli Studi di Parma, secondo quanto previsto dall'art. 10, comma 2, della legge n. 240/2010 e dall’art. 19 dello Statuto dell'Ateneo, trasmetteva al Presidente del Collegio di Disciplina dell’Università la documentazione per l’avvio del procedimento disciplinare, ritenendo che “(…) ad un primo esame i fatti e i reati contestati siano rilevanti sotto il profilo disciplinare e, stante anche l'estrema gravità degli stessi, potrebbero dar luogo all'irrogazione di una sanzione più grave della censura tra quelle previste dall'art. 87 del RD n. 1592/1933 ”.

A seguito del relativo procedimento disciplinare, in data 31 maggio 2018 il Consiglio di Amministrazione dell’Università di Parma deliberava “ di irrogare al Prof. -OMISSIS-, Professore Ordinario afferente al Dipartimento di -OMISSIS- di questo Ateneo, ai sensi dell'art. 10, comma 4, della Legge n. 240/2010, la sanzione della destituzione con perdita del diritto a pensione o assegni ex art. 87 ”.

Sulla scorta dei provvedimenti sopra richiamati, il Rettore, con decreto rettorale n. -OMISSIS- prot. 13281 del 2 luglio 2018, decretava nei confronti dell’odierno ricorrente la destituzione dall'impiego con perdita del diritto a pensione o assegni.

Il sopra menzionato provvedimento di destituzione veniva immediatamente impugnato dal Professor -OMISSIS- dinanzi a questo Tribunale (Rg n. -OMISSIS-), rilevando la sussistenza di vizi formali e sostanziali.

In particolare, per quanto qui di interesse, veniva censurata la violazione del principio del contradditorio in quanto il procedimento disciplinare era stato avviato e concluso dall’Università senza l’apporto cognitivo e documentale del Professor -OMISSIS-, stante la mancata ricezione della nota di convocazione da parte dello stesso.

In accoglimento della sopra menzionata argomentazione difensiva del ricorrente, con atto del 25 marzo 2019 il Rettore dell’Università degli Studi di Parma ha annullato in autotutela il provvedimento disciplinare irrogato, ripristinando la misura della sospensione dagli incarichi.

Preso atto di tale provvedimento, questo Tribunale, con sentenza n. -OMISSIS-, ha dichiarato cessata la materia del contendere.

Ciò premesso, in data 6 agosto 2019, con nota prot. -OMISSIS- il Rettore ha dato formale avvio ad un nuovo procedimento disciplinare nei confronti del Professor -OMISSIS-, con contestuale trasmissione al Collegio di Disciplina degli atti acquisiti in quanto “ i fatti contestati appaiono rilevanti sotto il profilo disciplinare e potrebbero dar luogo all'irrogazione di una sanzione più grave della censura ”.

Con formale memoria difensiva e relativi allegati, si è costituito nel procedimento disciplinare il Professor -OMISSIS-, illustrando le proprie argomentazioni ed insistendo per l’archiviazione del procedimento.

La sopra menzionata produzione documentale è stata integrata dall’odierno ricorrente in data 9 dicembre 2019 nonché, da ultimo, in data 10 marzo 2020.

Il Collegio di Disciplina ha proceduto all’audizione del Professor -OMISSIS-, dopo alcuni rinvii, in data 11 dicembre 2019, audizione in cui l’odierno ricorrente ha reiterato l’istanza di sospensione del procedimento, finalizzata a consentire al Collegio l’acquisizione degli atti processuali, ed il Collegio ha accolto tale istanza.

Infine, dopo aver concesso un’ulteriore sospensione in data 11 marzo 2020, il Collegio di Disciplina ha dichiarato conclusa la sospensione disposta in data 25 maggio 2020 e si è aggiornato alla data del 26 maggio 2020, in cui ha espresso il parere di propria competenza in relazione alla sanzione da irrogare, individuata nella destituzione senza perdita del diritto a pensione od assegni, ed ha trasmesso gli atti al Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo per l’assunzione delle deliberazioni conseguenti.

Pertanto il Consiglio di Amministrazione, con deliberazione -OMISSIS- “ Provvedimenti inerenti il procedimento disciplinare avviato con nota rettorale prot. n. -OMISSIS-/2019 in data 6 agosto 2019 ”, di cui in epigrafe, ha deliberato, conformemente al parere vincolante espresso dal Collegio di Disciplina nella seduta del 26 maggio 2020, di irrogare al Professor -OMISSIS-, ai sensi dell’art. 10, comma 4, della legge n. 240/2010, “ la sanzione della destituzione senza perdita del diritto a pensione o assegni ”.

Sulla scorta dei provvedimenti sopra richiamati, il Rettore, con decreto rettorale n. -OMISSIS- prot. n. -OMISSIS- del 3 giugno 2020, di cui in epigrafe, ha decretato, nei confronti dell'odierno ricorrente, la destituzione dall’impiego senza perdita di pensione o assegni.

Avverso i sopra menzionati provvedimenti ha proposto il ricorso introduttivo del presente giudizio, depositato in data 15 settembre 2020, il Professor -OMISSIS-, chiedendone l’annullamento deducendo i seguenti motivi:

1) Violazione dell’art. 97 Costituzione;
violazione e falsa applicazione dell’art. 55-ter, c. 3, del D.lgs. n. 165/2001;
violazione del principio del ne bis in idem ;
violazione del principio di consunzione. violazione e falsa applicazione dell’art. 10, commi 2 e 5, legge n. 240/2010;

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 della legge n. 240/2010. Violazione artt. 87 e 89 del R.D. n. 1592/1933. Violazione dell’art. 97 Costituzione. Violazione e falsa applicazione del regolamento dell’Università di Parma. Violazione del principio di proporzionalità e gradualità della sanzione disciplinare. Eccesso di potere nelle figure sintomatiche del travisamento dei fatti, arbitrarietà ed illogicità manifesta.

Successivamente, venuto in possesso dei verbali del Collegio di Disciplina, il Professor -OMISSIS- ha proposto, con deposito in data 12 novembre 2020, motivi aggiunti avverso gli stessi nonché avverso la deliberazione del Consiglio di Amministrazione -OMISSIS-, già impugnati col ricorso introduttivo, deducendo il seguente articolato motivo:

- Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 della legge n. 240/2010. Violazione artt. 87 e 89 del R.D. n. 1592/1933. Violazione dell’art. 97 Costituzione. Violazione e falsa applicazione del regolamento dell’Università di Parma. Violazione del principio di proporzionalità e gradualità della sanzione disciplinare. eccesso di potere nelle figure sintomatiche del travisamento dei fatti, arbitrarietà ed illogicità manifesta.

Si sono costituiti in giudizio, in data 20 giugno 2021, il Ministero dell’Istruzione ed il Ministero dell’Università e della Ricerca, con memoria di stile.

Si è costituita in giudizio, in data 29 giugno 2021, l’Università degli Studi di Parma, depositando relativa documentazione in data 29 marzo 2023 e memoria in data 4 aprile 2023 con cui ha chiesto la reiezione del ricorso.

Il ricorrente ha depositato propria memoria in data 6 aprile 2023 e poi lo stesso e l’Università di Parma hanno depositato memorie di replica rispettivamente in data 19 aprile 2023 e 17 aprile 2023.

Infine, all’udienza pubblica del 10 maggio 2023, dopo articolata discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. - Il ricorso, come integrato dai motivi aggiunti depositati in data 12 novembre 2020, è infondato nel merito e va respinto.

2. - Con riferimento al ricorso introduttivo del presente giudizio, il Collegio osserva che parte ricorrente ha dedotto dapprima, col primo motivo di ricorso, l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione del principio del ne bis in idem e, poi, col secondo motivo, dei principi di proporzionalità e gradualità della sanzione.

3.1. - In particolare, col primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio parte ricorrente ha dedotto l’illegittimità dei provvedimenti impugnati affermando che “ l’avvio di un nuovo procedimento disciplinare, a valle di quello annullato in autotutela, viola il principio di consunzione, non potendo l’Amministrazione esercitare un potere già consumato in relazione ai medesimi atti di indagine ” e ciò in quanto “ È infatti orientamento consolidato in giurisprudenza, tanto di merito quanto di legittimità, che il datore di lavoro, una volta esercitato validamente il potere disciplinare nei confronti del lavoratore, in relazione a determinati fatti, non possa esercitarlo nuovamente per quegli stessi fatti, essendo il relativo potere ormai “consumato”. ”.

Né, del resto, ricorrerebbe nel caso di specie l’ipotesi di cui all’art. 55-ter, comma 3, del D.lgs. n. 165/2001, relativa alla circostanza in cui il procedimento disciplinare viene archiviato mentre quello penale si conclude con una sentenza irrevocabile di condanna, la quale sentenza impone all’Amministrazione la riapertura del procedimento disciplinare già concluso al fine di adeguarne l’esito a quello del processo penale conclusosi con una sentenza definitiva di condanna.

Da tale constatazione ne deriva conseguentemente, secondo parte ricorrente, che “ La specificazione da parte del Legislatore deve evidentemente intendersi che, in tutti gli altri casi, il procedimento disciplinare non può essere nuovamente svolto, dovendo la normativa di riferimento, in quanto afflittiva, essere interpretata restrittivamente. In questo senso, la deroga al principio di consunzione non può certamente essere invocata dall’Amministrazione, non essendo stata emessa nei confronti del Prof. -OMISSIS- alcuna pronuncia irrevocabile di condanna…In definitiva, una volta esercitato il potere disciplinare in relazione alla condotta complessiva del ricorrente a seguito delle indagini penali, l’Amministrazione non poteva nuovamente sanzionare il ricorrente per i medesimi fatti già oggetto del primo provvedimento poi annullato in autotutela. ”.

3.2. - Il motivo è infondato.

3.2.1. - Il Collegio osserva che, sul punto, risultano persuasive le argomentazioni della difesa erariale secondo cui l’Università degli Studi di Parma “ ha annullato gli atti relativi al primo procedimento disciplinare in quanto lo stesso non si era validamente instaurato: il Dott. -OMISSIS-, infatti, a cui era stata inibito l’accesso alla casella di posta elettronica istituzionale, per quanto risultava agli atti, non aveva avuto conoscenza dell’avvio del procedimento disciplinare nei suoi confronti e, pertanto, nel corso del procedimento, non si era istaurato un valido contraddittorio tra le parti che garantisse all’ex Docente l’esercizio del diritto di difesa. Del resto, la costante giurisprudenza - anche quella citata da parte ricorrente - è ferma nel ritenere che il potere disciplinare del datore di lavoro si consumi soltanto quando sia stato dallo stesso validamente esercitato, rectius quando sia sfociato nell’adozione di una sanzione validamente irrogata. Sia consentito rinviare alla sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n. 25901 del 23 settembre 2021, secondo la quale “In materia di rapporto di lavoro costituisce principio del tutto consolidato quello per cui il potere disciplinare non consenta di essere reiterato, per il medesimo fatto, una volta già esercitato mediante applicazione di una sanzione (Cass. 23 ottobre 2018, n. 26815) …, con la sola eccezione dell'annullamento della prima sanzione per ragioni procedurali o formali (Cass. 30 luglio 2019, n. 20519;
Cass. 19 marzo 2013, n. 6773) e sempre, va precisato, che non siano maturate altre decadenze a carico della parte datoriale.”
.”.

La sopra richiamata pronuncia della Cassazione risulta del tutto condivisibile ed in linea con la giurisprudenza amministrativa, come si evince da quanto deciso in un caso relativo ad una sanzione disciplinare di un militare annullata per motivi procedurali in cui è stato affermato che “…la sentenza n. -OMISSIS- citata, ha accolto il ricorso proposto avverso la precedente sanzione disciplinare “di stato” della sospensione dall'impiego per un periodo pari a due mesi con esclusivo riferimento al motivo con cui parte ricorrente lamentava la violazione del diritto di difesa sancito all’art. 1370, comma 2, del D. Lgs. n. 66/2010, per non avere, l’Amministrazione, garantito la presenza di un difensore che potesse assistere il militare inquisito nel corso del procedimento disciplinare, respingendolo, invece, quanto alle altre censure…Il giudicato costituito dalla sentenza citata ha quindi comportato l´annullamento del provvedimento sanzionatorio solo per il vizio formale costituito dalla violazione del diritto di difesa - per non aver l’Amministrazione procedente garantito la presenza del difensore -, sicchè è indubbio che residuava uno spazio pieno per l’Amministrazione resistente in ordine al rinnovo del procedimento disciplinare e della relativa valutazione, epurati dal vizio rilevato. ” (TAR Puglia - Lecce, Sez. III, sentenza n. 901/2020).

La sopra menzionata conclusione si pone nel solco di altre pronunce, anche risalenti nel tempo, secondo cui “ Il principio del ne bis in idem non sarebbe violato nel caso in cui il provvedimento precedente sia stato annullato per un vizio attinente all'iter procedimentale che ha condotto all'emissione. Infatti, tale vizio ben può essere emendato dallo stesso organo pubblico attraverso un nuovo procedimento correttamente svolto, a condizione che questo giunga a conclusione nel termine previsto dall'ordinamento, nell'esercizio del potere di autotutela per motivi di legittimità. ” (Consiglio di Giustizia Amministrativa, Sezione I, sentenza n. 469/2009).

3.2.2. - Statuito in via dirimente quanto sopra relativamente al primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio, il Collegio rileva altresì, per completezza d’esame, che la difesa erariale, sempre con riferimento a tale motivo di ricorso e in accordo alla propria tesi della insussistenza, nel caso de quo , della violazione del principio del ne bis in idem , ha affermato che “ non è ammantato di verità l’asserto di controparte secondo cui “Il substrato sostanziale dei due procedimenti risulta identico, con la conseguente applicazione del generale divieto “di esercitare due volte il potere disciplinare per uno stesso fatto”. ”. e ciò in quanto “ nella richiesta di rinvio a giudizio del PM, in data 16 novembre 2018, nel procedimento penale RGNR -OMISSIS-, posta alla base del secondo procedimento disciplinare, al -OMISSIS- è contestato, al

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