TAR Torino, sez. I, sentenza 2020-11-03, n. 202000665

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. I, sentenza 2020-11-03, n. 202000665
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 202000665
Data del deposito : 3 novembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/11/2020

N. 00665/2020 REG.PROV.COLL.

N. 01120/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1120 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato G M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Federico Depetris in Torino, corso Francia, 3;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino, domiciliataria ex lege in Torino, via Arsenale, 21;

nei confronti

-OMISSIS-, non costituita in giudizio;

per l'annullamento

dell'ammonimento del Questore ex art. 3 D.l. 93 del 2013 a firma dell'Ill.mo Questore di Torino Dott. Messina emesso in data -OMISSIS-e notificato il -OMISSIS-.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 ottobre 2020 la dott.ssa P M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il ricorrente ha adito l’intestato TAR deducendo di essere coniugato con la signora -OMISSIS-, con la quale ha avuto due figlie.

A partire dal 2010 la signora avrebbe manifestato sintomi di disagio psichico, con atteggiamenti aggressivi anche verso familiari;
i problemi della signora nel tempo si sarebbero aggravati arrivando a manifestare disturbi cognitivi, repentini scatti d’umore, atteggiamenti antisociali;
la signora avrebbe altresì tenuto comportamenti autolesionistici. Nel maggio 2018 la casa familiare, un alloggio ATC, veniva sgomberata in quanto non era più stato pagato il canone d’affitto;
la signora -OMISSIS-ha trovato ospitalità presso la madre mentre il ricorrente è attualmente senza fissa dimora.

Casualmente il ricorrente apprendeva anche di un giudizio di separazione intentato dalla moglie sin dal 2016;
nel 2018 il sig. -OMISSIS-intentava nei confronti della moglie un giudizio di interdizione, giudizio all’esito del quale la domanda di interdizione non trovava accoglimento.

In una occasione la polizia municipale, recatasi presso l’abitazione familiare per verificare la presenza o meno del sig. -OMISSIS-, avrebbe assistito ad una aggressione della signora -OMISSIS-nei confronti del sig. -OMISSIS-, aggressione in cui la signora -OMISSIS-si sarebbe procurata da sola una caduta a terra.

Lamenta parte ricorrente che il provvedimento di ammonimento sarebbe afflitto da:

1) violazione di legge per mancata comunicazione di avvio del procedimento e violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7,8,9,10 della l. n. 241/90;
il ricorrente sarebbe stato privato di effettive possibilità partecipative in un contesto in cui non sarebbero sussistite ragioni di urgenza;

2) eccesso di potere per travisamento ed erronea interpretazione dei fatti, nonché carenza e difetto di istruzione;
il provvedimento non sarebbe stato preceduto da idonea istruttoria;

3) violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 241/90 e 3 del d.l. del 2013;
il provvedimento sarebbe privo di motivazione;

4) lesività e inopportunità del provvedimento;
il provvedimento sarebbe illegittimo nel merito.

Si costituiva l’amministrazione resistente, contestando in fatto e diritto gli assunti di cui al ricorso introduttivo.

All’udienza del 28.10.2020 la causa veniva decisa nel merito.

DIRITTO

Il ricorso risulta infondato.

Deve premettersi che il provvedimento impugnato, tenuto conto altresì della tipologia e natura dello stesso, risulta ampiamente motivato in quanto evidenzia che la signora -OMISSIS-sarebbe stata vittima di reiterati episodi di maltrattamenti, sfociati tra l’altro in querele e in un accesso ospedaliero nel corso del quale veniva accertato a suo carico un “cedimento a lente biconcava del soma di T12” a causa di una caduta e con prognosi a 90 giorni. Il ricorrente risulta indagato per lesioni personali.

Parte ricorrente offre una ricostruzione completamente difforme dei fatti del tutto destituita di prova alcuna, spesso palesemente lacunosa e per altro, in alcuni aspetti, contrastante con la documentazione in atti ed inverosimile nella sua ricostruzione. Se è infatti certamente vero e documentato che la signora ha sporto querela per maltrattamenti, che la stessa si è recata al pronto soccorso con delle lesione per le quali sussiste un procedimento, altamente inverosimile, oltre che destituita di prova, è la tesi secondo cui la signora aggredendo unilateralmente il marito avrebbe ottenuto l’unico risultato di ledere se stessa (non vi è traccia né prova di lesioni, denunce o accessi ospedalieri del ricorrente).

Parte ricorrente riferisce poi che sarebbe in atto un giudizio di separazione tra i coniugi del quale si limita a produrre la comparsa di costituzione e risposta dal medesimo prodotta in tale giudizio;
in partica con ciò la parte non fa che riproporre la propria versione dei fatti il cui contenuto non ha alcuna valenza probatoria per il solo fatto di essere stato affermato da una parte in giudizio;
la parte nulla documenta circa gli esiti e le attività istruttorie condotte nell’ambito del giudizio di separazione, o qualsivoglia riscontro o valutazione terza sui suoi racconti, sicchè il tutto serve unicamente a confermare che sussiste una accesa conflittualità tra i coniugi.

La parte arriva poi ad ammettere di avere intentato contro la propria moglie un giudizio di interdizione, anche in tal caso fondando l’esposizione su mere affermazioni di parte destituite di prova alcuna;
la parte riconosce, per altro, essa stessa che il giudizio non ha affatto avuto l’esito sperato, non essendosi ravvisati i presupposti di una interdizione della signora -OMISSIS-ed essendo stata rilevata unicamente ed ancora una volta una accesa conflittualità tra le parti. Gli esiti del giudizio di interdizione non solo rafforzano il fatto che manchi qualsivoglia prova delle asserite incapacità e problematiche mentali della moglie del ricorrente ma, se mai, dimostrano che il ricorrente ha intrapreso un’azione grave e infondata nei confronti della moglie, azione che, proprio alla luce della sua infondatezza, ben si può inserire in un quadro di atteggiamento malevolo e ingiustificatamente persecutorio.

Da ultimo la parte riferisce di una generalizzata aggressività della moglie la cui unica prova sarebbe data da un audio prodotto in giudizio (non si sa come e dove acquisito), in cui si sente una voce femminile inveire contro l’interlocutore con frasi inframmezzate da lunghe pause nelle quali, verosimilmente, si inserivano le risposte dell’interlocutore che non sono udibili o forse sono state addirittura appositamente soppresse.

Ne consegue che non si tratta neppure dell’audio di una conversazione ma di una sequenza di frasi palesemente avulse dal contesto, che ben potrebbero essere state indotte/provocate da espressioni parimenti ingiuriose ed il cui significato, così monco e decontestualizzato, non risulta idoneo a fornire alcun tipo di prova seriamente apprezzabile.

Per contro è pacifico e documentato che la moglie del ricorrente ha dovuto accedere al pronto soccorso con riscontro di una prognosi di 90 giorni;
è pacifico, e corroborato anche dalla esposizione del ricorso, che tra i coniugi vi è una accesa conflittualità, che ha portato il ricorrente anche ad intentare nei confronti della moglie un procedimento grave come quello di interdizione, risultato infondato.

Così meglio inquadrato il contesto di fatto, ne consegue la complessiva infondatezza del ricorso.

Il provvedimento, che si caratterizza per la natura preventiva ed emergenziale, può prescindere dalla comunicazione di avvio del procedimento;
per altro nello stesso giudizio la parte si è limitata, come visto, a prospettare una sequenza di fatti di cui non ha offerto alcuna prova seriamente valutabile, sicchè non è chiaro quale ulteriore utile apporto avrebbe potuto dare con una eventuale partecipazione al procedimento.

Il provvedimento risulta poi motivato, perché certamente espone le ragioni preventive che lo hanno indotto né, per le ragioni già esposte, sono stati comprovati fatti che ne inficerebbero il fondamento o sconfesserebbero i fatti posti alla sua base.

Tanto meno risulta sindacabile l’opportunità di una scelta di prevenzione, in un contesto di pacifica accesa e patologica conflittualità con esiti anche di lesione personale.

Il ricorso deve quindi essere respinto.

La peculiarità delle questioni giustifica la compensazione delle spese di lite.

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