TAR Trieste, sez. I, sentenza 2016-12-01, n. 201600541

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trieste, sez. I, sentenza 2016-12-01, n. 201600541
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trieste
Numero : 201600541
Data del deposito : 1 dicembre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/12/2016

N. 00541/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00003/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Gruppo Basso S.p.A., rappresentata e difesa dall’avv. S R, con domicilio eletto presso lo studio della medesima, in Trieste, Via F. Filzi n. 8;

contro

Comune di Amaro, rappresentato e difeso dall’avv. I P, elettivamente domiciliato presso la Segreteria Generale del T.A.R., in Trieste, piazza Unità d’Italia n. 7;

Quanto al ricorso introduttivo:

per l’annullamento, in parte qua

- del provvedimento comunale, prot. n. 176 del 25.10.2012, nella parte in cui - a seguito di rinnovata istruttoria - ha confermato il diniego di scomputo degli oneri di urbanizzazione sostenuti per la realizzazione del disoleatore, facendo salva la restante parte in cui accoglie lo scomparto per la modifica delle opere viarie;

- di ogni altro atto presupposto, successivo e/o conseguente, compresi, per quanto occorra, i provvedimenti comunali prot. n. 211 del 31.05.2010 e prot. n. 153 del 31.05.2011 quali atti presupposti;

Quanto al ricorso per motivi aggiunti depositati in data 30.05.2014:

per l’annullamento in parte qua:

- del provvedimento comunale, prot. n. 176 del 25.10.2012 ricevuto in data 31.10.2012;

- di ogni atto presupposto, successivo e/o conseguente, compresi, per quanto occorra i provvedimenti comunali prot. n. 211 del 31.05.2010 e prot. n. 153 del 31.05.2011 quali atti presupposti.

e per la condanna

dell’Amministrazione resistente al risarcimento del danno.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Amaro;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2016 la dott.ssa A T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La società Gruppo Basso S.p.A., subentrata medio tempore alla società So.Fi.A. S.p.A. quale soggetto attuatore del P.R.P.C. concernente la realizzazione di un parco commerciale nel Comune di Amaro, con il ricorso principale e con il successivo ricorso per motivi aggiunti chiede che siano annullate le note comunali (in epigrafe compiutamente indicate) che respingono la richiesta di scomputo, dagli oneri di urbanizzazione dovuti per l’intervento edilizio, dei costi sostenuti per la realizzazione del disoleatore, funzionale allo scarico nella pubblica fognatura delle acque meteoriche e di dilavamento dei parcheggi.

Espone a tale fine la società ricorrente che l’Ente comunale, che pure si era convenzionalmente obbligato a realizzare le opere di urbanizzazione, aveva successivamente imposto la modifica della progettata rotonda stradale e l’integrazione dell’impianto di scarico delle acque reflue con un disoleatore, ponendone l’esecuzione in capo al soggetto attuatore.

Sennonché, mentre per l’opera di modifica del tracciato stradale l’Amministrazione aveva riconosciuto alla società Gruppo Basso S.p.A. lo scomputo del costo dagli oneri di urbanizzazione, altrettanto non aveva disposto con riguardo al disoleatore, ritenendo che lo stesso non potesse essere qualificato quale opera di urbanizzazione primaria.

Detta conclusione è contestata dalla ricorrente, che tanto con il ricorso principale, quanto con quello per motivi aggiunti, deduce quale unico motivo di illegittimità la “Violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., 16 D.p.r. n. 380/2001, 29 l.r. 19/2009, 5 D.P. Reg. n. 18/2012;
nonché eccesso di potere per travisamento dei fatti e falsità del presupposto”.

In sintesi, secondo la deducente confligge con il principio di buona fede e correttezza che informa i rapporti (anche) tra amministrazione e amministrati, chiedere l’esecuzione di un’opera di urbanizzazione e poi negarne lo scomputo dagli oneri concessori, specie se, come nel caso in esame, l’opera viene accettata dall’Ente pubblico. E che di opera di urbanizzazione, primaria o al più secondaria, si tratti, sempre secondo l’interessata, non vi è dubbio alcuno, essendo il disoleatore necessario – per stessa ammissione del Comune – per la vivibilità della zona. D’altro canto, se non si consentisse lo scomputo - conclude parte ricorrente - l’Amministrazione comunale finirebbe per conseguire un ingiustificato arricchimento.

Con il ricorso per motivi aggiunti la società Gruppo Basso S.p.A. formula, accanto alla domanda caducatoria, quella di risarcimento del danno che avrebbe a patire ove fosse costretta a modificare il disoleatore (pure realizzato con le caratteristiche tecniche volute dal Comune) per essere autorizzata allo scarico in fognatura, così come paventato dal gestore del servizio.

Si è costituito in giudizio il Comune di Amaro, contestando la prospettazione avversaria e concludendo per la reiezione sia del ricorso principale, che di quello per motivi aggiunti.

Invero, parte resistente documenta come la realizzazione del disoleatore fosse un’opzione esecutiva prevista sin dall’origine, escludendo, pertanto, che l’opera si sia resa necessaria per le modifiche ai progetti inizialmente approvati;
sostiene, poi, che il disoleatore sia finalizzato al trattamento delle acque di dilavamento dei parcheggi privati del centro commerciale e di quelle scolanti dalle coperture dei fabbricati parimenti privati, e come tale diretto a soddisfare un interesse particolare e non un interesse indifferenziato della collettività;
valorizza, infine, l’assenza di alcun accordo tra le parti finalizzato allo scomputo degli oneri di urbanizzazione, ricordando come in convenzione urbanistica il privato può volontariamente assumere obblighi eccedenti il pagamento degli oneri concessori.

Replica con memorie la società ricorrente.

Alla pubblica udienza del 26 ottobre 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è infondato.

Risulta, infatti, dalla documentazione versata (v. convenzione urbanistica del 23.12.1999 prodotta da parte resistente) che il soggetto attuatore del P.R.P.C. (dante causa della società Gruppo Basso S.p.A.) si era impegnato a pagare gli oneri di urbanizzazione e il costo di costruzione nella misura determinata applicando la disciplina vigente al momento del rilascio del titolo edilizio, e che il Comune di Amaro si è impegnato a realizzare, entro il termine ivi previso, le opere di urbanizzazione.

Risulta, altresì, (v. relazioni tecniche illustrative prodotte da parte resistente) che, nello specifico, l’Amministrazione comunale si era impegnata a realizzare la rete stradale, quella di smaltimento dei reflui, quella di approvvigionamento idrico, quella di distribuzione del gas metano, quella di distribuzione telefonica, quella di distribuzione elettrica e l’impianto di illuminazione;
mentre, per quanto qui rileva, che il soggetto attuatore si era impegnato a realizzare il disoleatore ove richiesto dall’Autorità sanitaria.

Di contro, non vi è agli atti prova di un successivo accordo tra le parti modificativo o integrativo del precedente.

Ebbene, in assenza di un accordo con l’Amministrazione volto a consentire la realizzazione diretta (di parte) delle opere di urbanizzazione in luogo del pagamento degli oneri di urbanizzazione, il soggetto che esercita lo ius aedificandi è tenuto ad adempiere a detto obbligo tramite la dazione di una somma di denaro (cfr., ex plurimis, T.A.R. Campania - Salerno, Sez. I^, sentenza n. 28/2015). L’ammissione allo scomputo, infatti, «costituisce oggetto di una valutazione ampiamente discrezionale da parte dell’amministrazione (che può ben optare per soluzioni diverse senza obbligo di specifica motivazione)» (così, T.A.R. Liguria, Sez. I^, sentenza n. 955/2016), senza che l’interessato possa vantare un diritto soggettivo al riguardo.

Al contempo, è ben possibile che il privato proponente un piano attuativo, nell’esercizio della propria autonomia negoziale, assuma in sede di convenzione urbanistica obblighi ulteriori ed eccedenti rispetto a quelli discendenti dalla legge.

La convenzione urbanistica, infatti, rientra nel novero degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento, e vede combinarsi insieme poteri pubblicistici (dell’Amministrazione), con quelli privatistici (di entrambi i contraenti) di autoregolare il proprio assetto di interessi, con l’assunzione di reciproci obblighi e correlati diritti di credito (cfr., T.A.R. Emilia – Romagna, Bologna, Sez. I^, sentenza n. 1099/2014).

Orbene, fermo restando che non esiste nell’ordinamento una norma impeditiva dell’assunzione dell’obbligo a rendere prestazioni eccedenti il minimo legale, vero è che nell’equilibrio del sinallagma contrattuale cristallizzato nella convenzione urbanistica un siffatto obbligo ben può risultare giustificato dai benefici che la convenzione consente comunque al privato di conseguire (cfr., C.d.S., Sez. V^, sentenza n. 5603/2013).

Sicché, in definitiva, risulta irrilevante nel caso di specie la qualificazione giuridica del disoleatore in termini di opera di urbanizzazione, primaria ovvero secondaria, piuttosto che in termini di opera privata, perché sulla scorta degli accordi intercorsi tra il Comune e il soggetto attuatore del P.R.P.C., così come documentati in atti, i costi di detta opera comunque sono destinati a rimanere in capo al soggetto attuatore e dunque al Gruppo Basso S.p.A..

In definitiva il ricorso è infondato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

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