TAR Roma, sez. II, sentenza 2017-02-27, n. 201702876

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2017-02-27, n. 201702876
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201702876
Data del deposito : 27 febbraio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/02/2017

N. 02876/2017 REG.PROV.COLL.

N. 09232/2003 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9232 del 2003, proposto da:
Rai Trade s.p.a., successivamente incorporata in Rai – Radiotelevisione Italiana s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato M L, con domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio, 9;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 26 giugno 2003, recante “Misure e modalità del contributo dovuto dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni per l’anno 2003”, pubblicato in G.U., Serie Generale, n. 149 del 30 giugno 2003, nella parte in cui assoggetta la ricorrente al contributo di cui al combinato disposto dell’art. 6, comma 1, lett. b) e commi successivi, della l. 14 novembre 1995, n. 481, nonché per la condanna dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni alla restituzione della somma di euro 29,578,00 (ventinovemilacinquecentosettantotto/00), versata dalla ricorrente in osservanza dell’illegittimo obbligo imposto dal decreto impugnato, oltre interessi e rivalutazione.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del giorno 8 febbraio 2017 il Cons. Silvia Martino;

Uditi gli avvocati, di cui al verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Parte ricorrente espone che la legge 31 luglio 1997, n. 24, ha istituito l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, con compiti di regolazione nel settore delle telecomunicazioni e della radiodiffusione.

Per la copertura degli oneri derivanti dall’applicazione di tale legge è previsto che si provveda, in parte, utilizzando le risorse già destinate al funzionamento dell’Ufficio del Garante per la radiodiffusione e l’editoria, e, in parte, “con le modalità di cui all’art. 2, comma 38, lett. b) e commi successivi della legge 14 novembre1995, n. 481”.

La l. n. 481 del 1995 istituisce le Autorità per i servizi di pubblica utilità, “competenti, rispettivamente, per l’energia elettrica e il gas e per le telecomunicazioni” (art. 2, comma 1) e introduce, per la copertura dell’onere derivante dall’istituzione e dal finanziamento di tali Autorità, un contributo “di importo non superiore all’uno per mille dei ricavi dell’ultimo esercizio, versato dai soggetti esercenti il servizio stesso”.

Tale contributo deve essere versato annualmente, a decorrere dal 1996, entro il 31 luglio, “nella misura e secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro delle Finanze emanato di concerto con il Ministro del Tesoro, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore” della legge stessa (art. 2, comma 38, lett. b).

Secondo parte ricorrente la legge avrebbe chiaramente previsto che tenuti al contributo siano solo i soggetti esercenti un “servizio di pubblica utilità” mentre al decreto ministeriale è rimesso unicamente la determinazione della misura e delle modalità del contributo.

In pretesa attuazione di queste previsioni normative, il Ministro delle Finanze (poi dell’Economia e delle Finanze) ha emanato il decreto 16 luglio 1999, il decreto 12 luglio 2000, il decreto 4 luglio 2001 e il decreto 17 maggio 2002, volti a stabilire, per ogni anno, la misura e le modalità di versamento del contributo.

Tutti e quattro questi decreto ministeriali avrebbero debordato dall’ambito di loro competenza, in quanto recavano disposizioni volte anche all’individuazione dei soggetti tenuti al pagamento.

Contro i decreti del 4 luglio 2001 e 17 maggio 2002, la ricorrente ha proposto distinti ricorsi, iscritti al n. 12630/2001 e al n. 8634/2002.

In data 26 giugno 2003, il Ministro dell’Economia e delle Finanze ha adottato un nuovo decreto il quale, pur non individuando espressamente i destinatari, come accaduto in passato, rinvia a quanto prescritto dal decreto in data 17 maggio 2002, il quale include, tra gli enti soggetti al contributo:

“a) fornitori di servizi pubblici di telecomunicazione e/o di reti pubbliche di telecomunicazione;

b) emittenti televisive: b.1) su frequenze terrestri;
b.2) via cavo e satellite;

c) emittenti radio, anche via cavo e satellite;

d) editori: d.1) giornali quotidiani;
d.2) periodici e riviste;
d.3) agenzie di stampa a carattere nazionale;
d.4) editoria elettronica e digitale;

e) concessionarie di pubblicità: e.1) da trasmettere mediante impianti radiofonici o televisivi;

e.2) da diffondere su giornali quotidiani o periodici;
e.3) da trasmettere per via telematica;

f) fornitori di servizi e prodotti di comunicazione telematici, interattivi e multimediali: f.1) fornitori di servizi di accesso;
f.2) fornitori di servizi d'informazione;
f.3) produttori e distributori di servizi e prodotti interattivi e multimediali;

g) produttori e distributori di programmi radiotelevisivi”.

La società ricorrente ha provveduto al pagamento del contributo imposto al solo fine di non incorrere nelle sanzioni minacciate dall’art. 4, comma 3, del decreto 17 maggio 2002.

Con il presente ricorso, deduce:

1) VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 6,

COMMI

1, LETT. B) E 2 L. 31

LUGLIO

1997, N. 249, 2,

COMMI

38 LETT. B) E 39 L. 14

NOVEMBRE

1995, N. 481.

La società rappresenta che il proprio oggetto sociale, quale risulta dallo Statuto, riguarda, tra l’altro, “la produzione e lo scambio, in Italia e all’estero, di beni e servizi relativi a programmi radiofonici e televisivi e loro fissazioni su qualunque supporto materiale, a prodotti audiovisivi di qualunque tipo e contenuto…e a diritti di utilizzazione economica dei suddetti”;
“l’impianto e l’esercizio, in Italia e all’estero, di industrie editrici, tipografiche, giornalistiche.., librarie, musicali, audiovisive, cinematografiche e discografiche..”;
“il controllo e l’edizione della pubblicità sulle reti RAI”.

In considerazione dell’estrema latitudine del decreto impugnato, anche la ricorrente appare soggetta al contributo. Tale previsione, però, non avrebbe alcun fondamento legislativo, poiché la norma di rinvio, ovvero l’art. 2, comma 38, lett. b) e commi successivi della l. n. 481 del 1995, individua, quale destinatari immediati della funzione di controllo affidata alle Autorità di regolazione, gli “esercenti” dei servizi di pubblica utilità che operano ni settori di rispettiva competenza.

Nel dominio della comunicazione, a norma dell’art. 1, comma 1, della l. n. 223 del 1990, il carattere di servizio di pubblica utilità attiene unicamente alla “diffusione di programmi radiofonici o televisivi”. Nessun servizio di pubblica utilità è esercitato, invece, da soggetti che non sono titolari di concessione alla radiodiffusione ovvero di autorizzazione all’installazione e all’esercizio di impianti ripetitori. Il mero fatto di svolgere (in regime di libertà e non di concessione o di autorizzazione), un’attività economica nel mondo della comunicazione, non sarebbe quindi sufficiente perché si venga sottoposti al medesimo trattamento che viene praticato nei confronti dei titolari di concessione o di autorizzazione.

Parte ricorrente soggiunge che nemmeno si potrebbe obiettare che essa fruisce di alcuni servizi resi dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.

Vero è, infatti, che è iscritta nel registro deli operatori di comunicazione, tenuto dalla medesima Autorità, alla stregua di quanto previsto dall’art. 1, comma 6, lett. a) n. 5 della l. n. 249 del 1997 e della delibera n. 236/01/CONS.

Tuttavia, a tale specifico fine, è prevista, dall’art. 6, comma 2, della l. n. 249 del 1997, la possibilità di istituire un “corrispettivo” che è cosa diversa dal contributo di cui al comma 1.

La legge impone al Ministro di parametrare il corrispettivo ai costi effettivi, il che induce a ritenere che la tenuta del registro sia attività dotata di una sua autonomia.

Secondo la prospettazione di parte ricorrente, non basta essere un “operatore della comunicazione” per essere soggetti al contributo di cui all’art. 6, comma 1, della l. n. 249 del 1997, ma occorre essere anche l’esercente di un servizio di pubblica utilità.

2. IN SUBORDINE. ECCESSO DI POTERE PER ERRONEITÀ DEI PRESUPPOSTI E DISPARITÀ DI TRATTAMENTO.

Invero, quand’anche l’art. 6, comma 1, lett. b) della l. n. 249 del 1997, avesse concesso al Ministro il potere di identificare i soggetti tenuti al contributo ivi previsto, detto potere avrebbe comunque dovuto essere esercitato in modo ragionevole e non arbitrario.

I costi di funzionamento di AGCOM, eccezione fatta per la tenuta del ROC, non possono essere imputati a soggetti che non esercitano servizi di pubblica utilità.

La ricorrente, in sostanza, viene equiparata a soggetti che svolgono attività totalmente incomparabili.

3. IN ULTERIORE SUBORDINE. ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DELL’ART. 6,

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