TAR Roma, sez. II, sentenza 2015-01-28, n. 201501491

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2015-01-28, n. 201501491
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201501491
Data del deposito : 28 gennaio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03584/2014 REG.RIC.

N. 01491/2015 REG.PROV.COLL.

N. 03584/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3584 del 2014, proposto da:
D A, B C, C A M, G A, G A, I G e S S, rappresentati e difesi dall'avv. M A, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. A P, in Roma, Via Cosseria n. 2;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze - Scuola Superiore dell'Economia e delle Finanze "E V", in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati per legge presso gli uffici, in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

per l'annullamento

- del decreto del Rettore della Scuola Superiore dell'Economia e delle Finanze "E V", di cui al prot. n. 5816 del 17.12.2013, pubblicata sulla G.U. in data 27.12.2013, con il quale è stato bandito un concorso pubblico per 179 posti di Terza Area, fascia retributiva F1, per il Ministero dell'Economia e delle Finanze, nella parte in cui richiede come requisito di ammissione al concorso una laurea con voto non inferiore a 105/110 o votazione equivalente;

- di ogni atto presupposto, connesso e conseguente;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze e della Scuola Superiore dell'Economia e delle Finanze "E V";

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2014 la dott.ssa Maria Cristina Quiligotti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il decreto rettorale n. 5816 del 17 dicembre 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana - 4 Serie Speciale - Concorsi ed Esami, del 27 dicembre 2013, la Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze ha indetto il concorso pubblico per il reclutamento di n.179 unità di personale della Terza area, fascia retributiva F1, per il Ministero dell'Economia e delle Finanze, di cui n. 90 funzionari con profilo giuridico e n. 89 funzionari con profilo economico.

Ai fini dell'ammissione al concorso l'articolo 2 del bando ha previsto tra i requisiti di ammissione, il conseguimento della laurea specialistica in giurisprudenza (LS) ovvero dei diploma di laurea (DL) di cui all'art. 1 della legge 19 novembre 1990, n.341 con votazione non inferiore a 105/110.

I ricorrenti, in possesso della laurea - pur avendo conseguito una votazione inferiore rispetto al minimo richiesto dal predetto articolo - hanno presentato in forma cartacea, nei termini di legge, la domanda di partecipazione alla procedura selettiva, rappresentando l’impossibilità di predisporre il modulo elettronico apposito il quale, appunto, non consentiva di inserire, tra i requisiti di ammissione, una votazione inferiore ai 105/110.

Con il ricorso in trattazione i ricorrenti hanno impugnato il predetto bando nonché gli atti presupposti, deducendone l’illegittimità con un unico motivo di censura per violazione e falsa applicazione degli artt.2, comma 6, del d.p.r. n.487 del 1994, dell'art. 4, commi 1 e 2 del d.p.r. 16 aprile 2013, n.70, dell’articolo 40 del d.lgs. n. 165 del 2001 nonché dell’art. 11 e dell'allegato a) del C.C.N.L. del comparto ministeri ed eccesso di potere per carenza di motivazione e per illogicità, contraddittorietà ed ingiustizia manifesta.

L’articolo 2, lettera b), del bando del concorso prevede, tra i requisiti di ammissione, la votazione minima di 105/110 con riferimento ai titoli di studio ivi indicati e, tuttavia, la predetta previsione è illegittima in quanto non conforme alle prescrizioni di cui alla normativa generale in materia di concorsi e di cui al d.P.R. n.487 del 1994, recante il “ Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi ”, il quale, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1, comma 1, lett. a), 2, comma 6, e 3, comma 2, prevede che, ai fini dell'accesso alla qualifica di dipendente di Terza area - fascia retributiva F1 (funzionari ex CI), il titolo della laurea è l'unico requisito necessario ai fini dell'ammissione al relativo concorso.

Inoltre il d.P.R. 16 Aprile 2013, n. 70, - nel capo dedicato al reclutamento dei funzionari nelle amministrazioni statali e anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici - all'art. 4, commi 1 e 2, ha ribadito che il requisito richiesto per l'accesso ad una procedura concorsuale di tale tipologia è il titolo di studio - laurea o laurea specialistica o diploma di laurea - senza prevedere che si possa limitare l'accesso al concorso attraverso l'ulteriore requisito di un determinato voto minimo di laurea.

La conferma della predetta imposta si ricaverebbe, altresì, dal disposto dell’articolo 7 del d.P.R. 70 del 2013 relativo al concorso per dirigente, nel quale mancherebbe, in modo analogo, il riferimento ad un voto minimo di laurea.

La previsione del bando di concorso di cui trattasi sarebbe, altresì, contraria anche al disposto di cui al C.C.N.L. di riferimento, ossia il comparto ministeri), il quale, all'articolo 11, comma 3, rubricato “ accesso esterno ”, ha previsto che “ le assunzioni dall'esterno alle aree del presente sistema di classificazione avvengono alle posizioni di accesso individuate per ciascun profilo e coni requisiti indicati nell'allegato A ” e l'allegato A cui la norma citata rinvia individua quali requisiti per l'accesso dall'esterno alla Terza Area funzionale il “ diploma di laurea o diploma di laurea specialistica coerenti con le professionalità da selezionare ed eventuali titoli professionali o abilita ioni previsti dalla legge per lo svolgimento dei compiti assegnati ”, atteso che la predetta previsione non individua, appunto, un voto minimo di laurea.

La ricorrente ha richiamato, infine, a fondamento della propria prospettazione un precedente del Tribunale nei termini, con il quale è stata annullata la procedura concorsuale indetta da parte dell’Agenzia delle entrate nell’anno 2008 proprio sotto il dedotto profilo dell’illegittimità della specifica previsione del bando della procedura relativamente al requisito di accesso del voto minimo di laurea.

Il Ministero dell’economia e delle finanze si è costituito in giudizio in data 24.3.2014 con comparsa di mera forma ed ha depositato memoria difensiva in data 12.4.2014, con la quale, in via preliminare, ha dedotto l’inammissibilità del ricorso per mancata notificazione ad almeno uno dei contro interessati - e, nel merito, ha argomentatamente dedotto l’infondatezza del ricorso, del quale ha chiesto la reiezione. In particolare ha dedotto che troverebbe applicazione, nella fattispecie, il comma 2 dell’articolo 2 del d.P.R. n. 487 del 1994 nella parte in cui - senza escludere le qualifiche settima ed ottava - prevede che, per l’ammissione a particolari profili professionali, gli ordinamenti delle singole amministrazioni possono prescrivere ulteriori requisiti e che, comunque, l’articolo 1, comma 2, del d.m. 28 settembre 2000, avente ad oggetto il regolamento per il riordino della S.S.E.F., che disciplina il suddetto corso-concorso, rinvia al predetto d.P.R. n. 487 del 1994 “per quanto non previsto nel suddetto decreto” e “per le parti non incompatibili”.

A sostegno dell’infondatezza della tesi della ricorrente richiama, inoltre, il disposto di cui all’articolo 51 della Costituzione nonché il parere reso su analoga fattispecie in sede di ricorso straordinario dal C.d.S. nel 2010 e rileva che il precedente della sezione del 2008 invocato da parte ricorrente non sarebbe pertinente alla fattispecie in quanto le normative di riferimento delle due procedure sarebbero diverse, essendo stato indetto il primo concorso dall’Agenzia delle entrate. Per quanto attiene, infine, il d.P.R. n. 70 del 2013, avente ad oggetto il regolamento di riordino delle scuole pubbliche di formazione, viene rilevato che lo stesso non è attualmente in vigore.

Con l’ordinanza n. 1784/2014 del 17.4.2014 è stata accolta l’istanza di sospensione dell’esecutività del provvedimento impugnato ai fini dell’ammissione con riserva della ricorrente alla partecipazione al concorso di cui trattasi.

Alla pubblica udienza del 17.12.2014 il ricorso è stato trattenuto per la decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da separato verbale di causa.

DIRITTO

1 - In via preliminare deve essere affrontata l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata in memoria da parte dell’amministrazione resistente per omessa notifica ai controinteressati.

In primo luogo, occorre tenere presente che, ai sensi dell’art. 41, comma 2, c.p.a., qualora sia proposta azione di annullamento, il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l’atto impugnato e “ ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell’atto stesso ” entro il termine previsto dalla legge.

La formulazione della norma, facendo riferimento ad almeno uno dei controinteressati che “ sia individuato nell’atto ”, postula che possano esservi anche controinteressati non individuati nell’atto, vale a dire non espressamente menzionati nello stesso, ponendo la sostanziale differenza tra l’omessa notifica nel termine decadenziale al controinteressato indicato nell’atto ovvero ad almeno uno di essi, che determina l’inammissibilità del ricorso, e l’omessa notifica nel termine decadenziale al controinteressato o ad almeno uno dei controinteressati non espressamente individuati nell’atto, che non determina la inammissibilità del ricorso, ferma restando la necessità dell’integrazione del contraddittorio nei loro confronti quali parti necessarie del processo.

D’altra parte, che una conseguenza “forte” come la decadenza dall’azione e la conseguente inammissibilità del ricorso non possa conseguire all’omessa notifica ad un controinteressato laddove nel provvedimento impugnato lo stesso non sia espressamente menzionato, è del tutto coerente con la logica complessiva del sistema processuale amministrativo e, in particolare, dell’azione di annullamento. Infatti, se la parte ricorrente può essere onerata di una tempestiva notifica ove senza alcuna incombenza ulteriore sia in grado di individuare con immediatezza il soggetto o i soggetti titolari dell’interesse legittimo contrapposto, ai quali, quindi, risulterebbe sottratto, a seguito dell’accoglimento del ricorso e dell’annullamento dell’atto, il bene della vita conseguito per effetto dell’azione amministrativa contestata in sede giurisdizionale, non è parimenti ipotizzabile che possa essere onerata, a pena di decadenza dall’azione, di una tempestiva notificazione nel ristretto termine di legge ove il controinteressato o i controinteressati non siano immediatamente individuati nell’atto impugnato.

Ne consegue - considerato che l’atto impugnato è un bando di concorso nel quale, evidentemente, non sono espressamente individuati controinteressati - che il ricorso non può essere dichiarato inammissibile.

2 - Si premette ancora che la circostanza che, al momento della proposizione del ricorso in trattazione, l’amministrazione non aveva ancora adottato formalmente il provvedimento di esclusione dalla partecipazione alla procedura concorsuale di cui trattasi della ricorrente non determina, sotto un diverso profilo, l’inammissibilità del ricorso in trattazione, alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale in materia dell’immediata impugnabilità del bando di concorso nella parte relativa alla previsione di requisiti di partecipazione non posseduti da parte dell’interessato attesa l’immediata lesività della previsione stessa, cui consegue, automaticamente, l’esclusione dell’interessato dalla partecipazione alla predetta procedura.

3 - Nel merito il ricorso è fondato e deve, pertanto, essere accolto per le considerazioni tutte che seguono.

Il d.P.R. n. 487 del 1994, avente ad oggetto il “ Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi ”, all’articolo 2, rubricato “ Requisiti generali ”, dispone testualmente al comma 6, che “ 6. Per l'accesso a profili professionali di ottava qualifica funzionale è richiesto il solo diploma di laurea .” e, al precedente comma 2 che “ 2. Per l'ammissione a particolari profili professionali di qualifica o categoria gli ordinamenti delle singole amministrazioni possono prescrivere ulteriori requisiti .”

L’amministrazione sostiene la legittimità della previsione del voto minimo di laurea di 105/110 di cui all’articolo 2 del bando di concorso in quanto, da un lato, il d.m. del 2005 dispone all’articolo 1, comma 2, il rinvio al d.P.R. n. 487 del 2004 ma con la specificazione “ per quanto non previsto nel presente decreto e nelle parti non incompatibili ” e, dall’altro, il medesimo articolo 2 del richiamato d.P.R. attribuisce il potere delle singole amministrazioni di prescrivere ulteriori requisiti per l'ammissione a particolari profili professionali di qualifica o categoria.

Si tratta allora di verificare, in primo luogo, se dalla previsione regolamentare di cui al comma 6 possa effettivamente trarsi il principio invocato da parte della ricorrente dell’inammissibilità in linea generale della previsione di un voto minimo di laurea ai fini dell’accesso alla partecipazione ad un concorso pubblico e, in secondo luogo, di verificare la riconducibilità alla deroga di cui al comma 2 della previsione di un voto minimo di laurea ai fini di cui in precedenza.

Quanto alla prima questione, deve evidenziarsi che, indubbiamente, il disposto di cui al comma 6 dell’articolo 2, nella parte in cui dispone testualmente che “ è richiesto il solo diploma di laurea ”, non può essere interpretato se non nel senso che il possesso del titolo della laurea è di per sé requisito sufficiente ai fini della partecipazione al concorso ivi disciplinato indipendentemente dal voto finale riportato. E, pertanto, il comma 6 esprime effettivamente un principio di ordine generale nella specifica materia.

Si tratta, allora, di verificare se la deroga di cui al comma 2 possa legittimamente trovare applicazione anche con riferimento alla fattispecie invocata, ossia, nella sostanza, se il voto minimo di laurea possa effettivamente essere inteso quale requisito ulteriore ai sensi della richiamata disposizione.

L’amministrazione ha, infatti, sostenuto che, essendo il titolo della laurea già previsto come requisito di ordine generale ai sensi del comma 6, il voto riportato nel conseguimento della stessa non potrebbe tecnicamente essere valutato in termini di requisito ulteriore in quanto si tratterebbe di un più severo atteggiarsi del medesimo requisito, intendendosi ulteriore come ontologicamente diverso e distinto.

L’argomentazione non coglie nel segno ove si consideri che, anche alla luce del tenore testuale delle disposizioni richiamate, non può sottacersi che la previsione di un voto minimo di laurea ai fini dell’accesso alla procedura concorsuale - quando, per principio generale nella materia, è sufficiente, ai predetti fini, il possesso del solo titolo della laurea - finisce effettivamente per integrare un requisito ulteriore in quanto nuovo e diverso rispetto al requisito generale, rappresentato appunto dal mero possesso del titolo della laurea. In definitiva il possesso del titolo della laurea con un punteggio minimo è evidentemente diverso dal mero possesso del titolo della laurea e, proprio in quanto il voto minimo di laurea si aggiunge al requisito generale, questo finisce per acquisire la valenza di requisito ulteriore.

La predetta considerazione vale, ovviamente, sotto un profilo meramente astratto;
si tratta, allora, di verificare, in concreto, se la previsione del voto minimo di laurea possa legittimamente essere introdotta nel concorso di cui trattasi alla luce dello sbarramento di cui al richiamato comma 2 nella parte in cui dispone che la deroga opera nei limiti in cui si riferisca “ a particolari profili professionali di qualifica o categoria ”.

Si premette alla trattazione che, evidentemente, trattandosi di una deroga ad un principio generale nella materia, la deroga stessa può trovare applicazione nei ristretti e delimitati limiti in cui la stessa è prevista;
ne consegue che la “particolarità” del profilo professionale di qualifica o di categoria deve essere necessariamente intesa ed interpretata in senso non ampliativo.

L’amministrazione sostiene, al riguardo, riportandosi alle considerazioni espresse nel richiamato parere della sez. III del C.d.S. resa in sede di ricorso straordinario in relazione ad un concorso analogo, che nella fattispecie, sussisterebbe effettivamente ed in pieno la predetta particolarità alla luce delle peculiari funzioni svolte da parte dell’amministrazione finanziaria.

Nel suddetto parere si legge, infatti, che “ Viene in tal modo istituita una speciale procedura che, in ragione dei peculiari settori di intervento dell’Amministrazione Finanziaria, rimette alla specifica disciplina la discrezionale precisazione dei requisiti richiesti per la partecipazione.

La fissazione, nel decreto di indizione del concorso, di una votazione minima di laurea per la partecipazione non appare irragionevole, tenuto conto della necessità di selezionare personale particolarmente idoneo all’espletamento dei complessi compiti istituzionali che caratterizzano le attività nel comparto economico finanziario, rimesse ai funzionari.

Non è quindi ravvisabile la violazione dei principi costituzionali lamentata dal ricorrente quale foriera di ingiustificata disparità di trattamento.

Invero, è lo stesso art. 51 della costituzione che, nel definire il generale diritto di accesso agli uffici pubblici, precisa che esso debba avvenire “secondo i requisiti stabiliti dalla legge ”.

Si premette, in primo luogo, che l’art. 97 della Costituzione, prescrivendo che agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi previsti dalla legge, si limita ad indicare che l’accesso al pubblico impiego deve avvenire di norma attraverso l’espletamento delle procedure concorsuali, ma nulla dice relativamente a come tali concorsi debbano essere espletati, tanto che la giurisprudenza ha affermato che anche la selezione per soli titoli costituisce legittimo espletamento di procedura concorsuale.

Si premette, ancora, sul punto che - sebbene la giurisprudenza abbia avuto più volte occasione di affermare che le “ norme costituzionali fissano … i principi di eguaglianza, buon andamento e imparzialità, a cui le procedure di selezione per l’accesso all’impiego pubblico devono attenersi, ma non escludono tuttavia che, con apposite leggi ordinarie possano stabilirsi requisiti soggettivi specifici ai fini della partecipazione a dette procedure ” (cfr. C.d.S., Sez. VI, n. 5174/2006) e sebbene, altresì, la possibilità per il Ministero dell’Economia e delle Finanze di disciplinare - con decreto ministeriale non regolamentare - lo speciale corso concorso unitario, affidato alla Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze, è stabilito dall’art. 1, comma 97, lettera f) della legge 30 dicembre 2004, n. 311, a tenore del quale è prevista l’immissione in servizio “ a decorrere dal 2006 dei dirigenti e funzionari del Ministero dell’economia e delle finanze, della agenzie fiscali, ivi inclusa l’amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, previo superamento di uno speciale corso-concorso pubblico unitario, bandito e curato dalla Scuola superiore dell’economia e delle finanze, anche in deroga al decreto legislativo n. 165 del 2001 ” - non può per ciò solo ritenersi che, nella fattispecie, non trovi applicazione il disposto di cui al richiamato articolo 2, comma 6, del d.P.R. n. 487 del 1994 proprio in quanto espressione di un principio generale nella materia con specifico riferimento alla qualifica funzionale ivi indicata, nel cui ambito, indubbiamente, sono riconducibili i posti messi a concorso, circostanza che, peraltro, non è contestata in punto di fatto in alcun modo da parte dell’amministrazione resistente.

E, pertanto, quanto in precedenza rilevato in ordine all’essere quella in esame una speciale procedura predisposta dal legislatore in ragione dei peculiari settori di intervento dell’amministrazione finanziaria, non esclude che, in concreto, debba essere effettuata la precedente valutazione sulla riconducibilità ai particolari profili professionali dei posti messi a concorso con il bando impugnato in questa sede.

E, al riguardo, non si ritiene che le conclusioni sul punto cui è addivenuto il richiamato parere colgano nel segno laddove si consideri che la procedura concorsuale di cui trattasi, ai sensi dell’articolo 1 del bando di concorso, è finalizzata al reclutamento “ di n. 179 unità di personale di terza area, fascia retributiva F1, di cui 90 con profilo giuridico e 89 con profilo economico ” ;
si tratta, pertanto, di funzionari i quali sono destinati a prestare servizio ponendo in essere tutte le attività e le funzioni ordinariamente rientranti nell’ambito della specifica qualifica messa a concorso.

In particolare - anche prescindendosi dall’eventuale necessità di una puntuale indicazione all’interno del bando della procedura o nell’ambito degli atti ad esso presupposti della peculiarietà dei profili professionali messi a concorso ai fini dell’integrazione della motivazione a supporto della disposta deroga al principio generale in materia e di cui al richiamato articolo 2, comma 6, del d.P.R. n. 487 del 1994, atteso che, invece, deve ritenersi che la discrezionalità dell’amministrazione di richiedere il conseguimento di un determinato punteggio trovi un limite nell'esigenza di giustificare attraverso un'adeguata motivazione la razionalità di uno sbarramento preselettivo di tale fatta - deve evidenziarsi che, comunque, manca, in seno agli atti indicati, e in particolare al bando della procedura, ogni seppure minimo riferimento puntuale alla specificità delle funzioni che i vincitori della procedura sono chiamati a svolgere in conseguenza dell’assunzione di seguito al vittorioso superamento della medesima.

Ed allora è evidente che la particolarità del profilo professionale è sostanzialmente ricondotto alla mera circostanza dell’essere l’amministrazione resistente deputata allo svolgimento di attività che tutte devono essere intese come di particolare rilevanza.

In definitiva, nella prospettazione dell’amministrazione resistente, i peculiari settori di intervento dell’amministrazione finanziaria finirebbero per attribuire in modo automatico e generalizzato ai relativi profili professionali la particolarità di cui al richiamato comma 2;
ma è evidente che, trattandosi, appunto, come diffusamente in precedenza rilevato, di una deroga ad un principio generale nella materia, una simile operazione interpretativa non può fondatamente essere ritenuta accettabile.

Peraltro la norma cui l’amministrazione fa riferimento e di cui all’articolo 1, comma 97, lett. f), della legge n. 311 del 2004, individua ai fini dell’immissione in servizio una priorità che interessa, da un lato, gli “ addetti a compiti di sicurezza pubblica e di difesa nazionale, di soccorso tecnico urgente, di prevenzione e vigilanza antincendio” e, con una diversa decorrenza, anche i “dirigenti e funzionari del Ministero dell’economia e delle finanze, delle Agenzie fiscali, ivi inclusa l’amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato ”;
e, pertanto, il riferimento alla particolarità dei profili professionali soltanto per i primi individua in modo specifico l’attività da questi posta in concreto in essere.

Peraltro l'impugnata disposizione del bando non può trovare giustificazione neanche nei principi di economicità e celerità, previsti dall'art. 35 del d. lgs. 165/2001, considerato che l'introduzione di titoli culturali, come requisiti di accesso ad un profilo professionale, deve rispondere all'esigenza di garantire una adeguata formazione e preparazione culturale e professionale, rapportata alle funzioni implicate dal profilo (e non invece al diverso obiettivo di velocizzazione delle operazioni concorsuali) (cfr., nei termini, TAR Lazio-Roma, sez. II, n. 7845/2011 del 10/10/2011).

E, ancora, è evidente che l’amministrazione ha inteso introdurre un indice selettivo, correlato ad un predeterminato obiettivo di preparazione culturale degli aspiranti concorrenti, con il fine precipuo di escludere dalla partecipazione al concorso di cui trattasi i soggetti che abbiano ottenuto risultati meno brillanti nel corso degli studi universitari e, tuttavia, sulla base di una valutazione metagiuridica deve, invece, ritenersi che il voto di laurea potrebbe non rappresentare un indice attendibile della preparazione del candidato proprio in quanto dipendente da un rilevante numero di variabili ed in considerazione, altresì, dell’eterogeneità delle lauree solitamente ammesse ai fini della partecipazione ai concorsi pubblici;
d'altronde la questione del valore legale dei titoli di studio - e non solo nello specifico della laurea - nell’ambito dei concorsi pubblici sia quale requisito di accesso alla procedure che in ordine alla rilevanza del relativo voto ai fini dell’attribuzione di un punteggio per la relativa specifica voce è da tempo all’attenzione delle autorità di governo ai fini di un ripensamento dell’intera normativa.

L’amministrazione, infine, avrebbe dovuto puntualmente motivare lo sbarramento per come in concreto interposto, ossia nella parte in cui è stato indicato come voto minimo proprio il voto di 105/110 e non invece, eventualmente, del 100/110, come in altro precedente analogo concorso, motivazione che, non potrebbe certamente consistere nella semplice volontà di limitare preventivamente il numero dei partecipanti al concorso per le considerazioni già espresse al riguardo in precedenza e che - ove fondata su di un obiettivo minimo di preparazione culturale degli aspiranti concorrenti, ai fini dell’esclusione dei soggetti che abbiano ottenuto risultati meno brillanti nel corso degli studi universitari - si presterebbe, tuttavia, alle su esposte osservazioni critiche.

4 - Conclusivamente il ricorso in trattazione deve essere accolto siccome fondato nel merito per le considerazioni tutte che precedono.

Attesa la peculiarietà e la delicatezza delle questioni sottese, si ritiene, tuttavia, di dovere disporre tra le parti costituite la compensazione delle spese del presente giudizio.

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