TAR Catania, sez. I, sentenza 2010-12-22, n. 201004828

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2010-12-22, n. 201004828
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201004828
Data del deposito : 22 dicembre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02448/2010 REG.RIC.

N. 04828/2010 REG.SEN.

N. 02448/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2448 del 2010, proposto da:
I G ed A S, rappresentati e difesi dall'avv. C B, con domicilio eletto presso la Segreteria del Tar, in Catania, via Milano 42a;

contro

Comune di Lipari, rappresentato e difeso dall'avv. M S, con domicilio eletto presso la Segreteria del Tar;

Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

nei confronti di

F F, rappresentato e difeso dall'avv. N P, con domicilio eletto presso la Segreteria del Tar;

avverso

il silenzio serbato dal Comune di Lipari e dall’Assessorato Regionale T.A. sulle varie richieste di attivazione dei poteri repressivi di abusi edilizi che hanno come presupposto l’avvenuta adozione dell’ordinanza/ingiunzione di demolizione n. 117/2006.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Lipari e di Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente e di F F;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 novembre 2010 il dott. F B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I ricorrenti Gallimberti Ivo e Sirca Anna agiscono quali proprietari di un immobile sito in territorio di Filicudi, confinante con la proprietà della controinteressata Filippini Flavia.

Premettono che il Comune di Lipari ha precedentemente adottato – in data 4.10.2006 – l’ordinanza n. 117/2006 per ordinare la demolizione e rimessione in pristino dei luoghi a seguito dei lavori abusivi eseguiti dalla controinteressata nel proprio immobile.

Non essendo seguita a tale provvedimento la consequenziale attività repressiva di spettanza della pubblica autorità - e nonostante le ripetute diffide notificate al Comune negli anni 2007, 2008 e 2009 - i ricorrenti hanno avviato l’odierno giudizio, avverso il silenzio/inadempimento mantenuto dal Comune di Lipari nell’esercizio delle attività di repressione degli abusi edilizi, ed avverso l’inerzia mantenuta dall’Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente nell’esercizio dei poteri sostitutivi in luogo del Comune inadempiente.

Tutti i soggetti intimati si sono costituiti in giudizi per resistere.

Il Comune si è costituito fuori termine, avendo depositato memoria in data 2 novembre, senza rispettare il termine di trenta giorni liberi antecedenti l’udienza (fissata per il 4 novembre) previsto dall’art. 73 c.p.a., seppur ridotto a metà (quindici giorni) per effetto dell’art. 87, co. 3, c.p.a.

La controinteressata, in particolare, ha precisato in punto di fatto di aver presentato al Comune due istanze di sanatoria ex art. 13 L. 47/1985: la prima è stata respinta formalmente dal Comune nel Dicembre 2009;
la seconda è stata invece presentata recentemente nel Luglio 2010, dopo che erano stati avviati lavori per la rimessione in pristino dei luoghi, ed è ancora pendente. Da tale ultima circostanza deriverebbe, secondo la controinteressata, la perdita di efficacia dell’ordine di demolizione precedentemente impartito dal Comune, atteso che l’avvio di un procedimento di sanatoria edilizia rende inefficaci gli atti repressivi precedenti emanati.

I ricorrenti controdeducono sul punto rilevando la tardività dell’ultima domanda di sanatoria, in quanto presentata oltre i 90 giorni dall’ingiunzione di demolizione;
la intrinseca abusività dei lavori eseguiti, in quanto contrari alle prescrizioni dello strumento urbanistico;
la irrilevanza delle demolizioni avviate dalla controinteressata, in quanto non modificano la condizione di insanabilità già valutata dal Comune allorchè pronunciò il primo rigetto della domanda.

Il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato, non essendo accertata allo stato la denunciata illegittima inerzia del Comune.

Infatti, va tenuto presente il fatto meramente “storico” della avvenuta presentazione di una nuova istanza di sanatoria edilizia, a seguito dell’eliminazione di alcuni elementi costituenti parte dell’abuso edilizio realizzato dalla controinteressata in precedenza. Nel merito di tali eventi il Collegio non può esprimere alcuna valutazione, né con riferimento alla effettività ed alla sufficienza delle demolizioni eseguite, né con riguardo alla tempestività della presentazione della domanda di sanatoria;
trattandosi in ogni caso di questioni estranee all’odierno thema decidendum rappresentato dal sindacato sulla eventuale inerzia o silenzio della PA. Tali circostanze vanno invece valutate quali meri eventi storici, che producono però riflessi di ordine giuridico sulla validità ed efficacia dell’ordinanza di demolizione n. 117/2006 e, conseguentemente, sulla condotta tenuta dal Comune resistente in ordine alla repressione degli abusi edilizi commessi.

Ogni eventuale statuizione del giudice che si estendesse, invece, a valutare la giuridica possibilità per la parte interessata di presentare l’istanza di sanatoria, e l’assentibilità della stessa, esulerebbe dal ruolo tipico riconosciuto all’azione contra silentium disciplinata dalla legge, che si risolve nell’accertamento di una violazione all’obbligo legale di provvedere, allorquando i presupposti di questo obbligo siano chiari ed emergano immediatamente in via documentale. Si ricorda, in proposito, che a norma dell’art. 31, co. 3, del c.p.a. Il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall'amministrazione .”. Proprio la condizione posta come limite dalla norma appena richiamata ricorre nel caso di specie: l’accertamento dell’attività vincolata della PA, e la conseguente statuizione giudiziale circa la sussistenza dell’obbligo di procedere per rimuovere l’inerzia, presuppongono nel caso di specie gli adempimenti istruttori della PA cui si riferisce la norma, quali ad esempio quelli relativi all’ an ed quantum della rimessione in pristino dei luoghi, che non possono essere espletati dal giudice nel rito speciale del silenzio di cui agli artt. 31 e 117 c.p.a.

In conclusione, tenuto conto del fatto che è pendente una domanda di sanatoria edilizia sul cui esito il Collegio non può esprimersi, e considerato che per pacifica giurisprudenza ( ex multis , Cons. Stato, V, 3659/2007;
Tar Catania, 4453/2010;
Tar Napoli, 12741/2010;
Tar Lazio Roma, 251/2010) la presentazione di tale istanza determina l’inefficacia del precedente ordine di demolizione, il ricorso non può essere accolto, non risultando accertata la denunciata inerzia del Comune (né, a maggior ragione, dell’Assessorato regionale Territorio ed Ambiente, quale ente che può agire in via sostitutiva).

La peculiarità fattuale dell’intera vicenda induce a compensare le spese processuali fra le parti costituite.

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