TAR Venezia, sez. III, sentenza 2022-10-04, n. 202201491
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Pubblicato il 04/10/2022
N. 01491/2022 REG.PROV.COLL.
N. 01132/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1132 del 2016, proposto da
Vodafone Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati M L e V B, con domicilio eletto presso lo studio Antonio Sartori in Venezia, San Polo, 2988;
contro
Comune di Legnago, rappresentato e difeso dall'avvocato L B, domiciliato presso la Segreteria T.A.R. Veneto in Venezia, Cannaregio 2277/2278;
Provincia di Verona, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell'Economia e delle Finanze, non costituiti in giudizio;
e con l'intervento di
ad adiuvandum
:
Telecom Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati Pietro Ferraris e Enzo Robaldo, domiciliato presso la Segreteria T.A.R. Veneto in Venezia, Cannaregio 2277/2278.
per l'annullamento
- della “Concessione per l’occupazione permanente di suolo pubblico per la gestione degli impianti di comunicazione elettronica” del 16 marzo 2016, nella parte in cui stabilisce il canone dovuto da Vodafone;
- della Delibera della Giunta del Comune di Legnago n. 318 del 4 novembre 2015, recante “Linee di indirizzo per la definizione degli oneri e dei canoni relativi agli impianti per servizi di comunicazione elettronica”, nella parte in cui, per le concessioni di suolo pubblico finalizzate all’installazione di impianti di telecomunicazioni, ha indicato la somma dovuta dagli operatori in € 200,00 al mq;
- della deliberazione del Consiglio comunale di Legnago n. 80 del 27 novembre 2015, recante “Regolamento comunale per la disciplina del canone occupazione spazi ed aree pubbliche (COSAP). Istituzione nuova categoria di occupazione permanente e modifica comma 2 dell'art. 10”, nella parte in cui ha parzialmente abrogato il comma 2 dell’art. 10 del Regolamento e, per le occupazioni del tipo per cui è causa, ha stabilito che il canone venga determinato sulla base dei criteri di cui all’art. 10, comma 1 del Regolamento;
- della Delibera della Giunta del Comune di Legnago n. 380 del 23 dicembre 2015, recante “Canone occupazione spazi ed aree pubbliche (COSAP). Determinazione tariffe per le occupazioni permanenti effettuate per la realizzazione e gestione del servizio di telecomunicazione”, nella parte in cui stabilisce che il canone dovuto per le occupazioni del tipo di quelle per cui è causa ammonta a € 200,00 al mq;
- del “Regolamento comunale per l’applicazione del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche”, nella parte in cui è stato modificato dalle sopracitate delibere della Giunta e del Consiglio comunale di Legnago, nonché nella parte in cui non prevede, per le occupazioni realizzate con impianti di telecomunicazioni, la “speciale agevolazione” di cui all’art. 63, comma 2, lett. e), d.lgs. 446/1997;
- dell’“Allegato tariffe” al Regolamento COSAP del Comune, nella parte in cui è stato modificato dalla predetta delibera della Giunta comunale n. 80 del 3 27 novembre 2015;
- di ogni altro atto connesso, presupposto o consequenziale, ancorché non conosciuto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Legnago;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 settembre 2022 la dott.ssa M B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorso è volto a censurare tutti gli atti con cui il Comune di Legnago ha stabilito il canone COSAP dovuto per occupazioni connesse all’erogazione del pubblico servizio di telecomunicazione, seguendo criteri non conformi a quelli previsti dalla normativa inderogabile di cui agli artt. 93 del d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259, recante “Codice delle comunicazioni elettroniche” (infra “c.c.e.”) e 63, comma 2, lett. e) ed f) del d.lgs. n. 446/1997.
Sono censurati, dunque, gli atti con cui il Comune, preso atto che in relazione a tali occupazioni (per lo più relative a beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile) non potevano essere imposti oneri aggiuntivi oltre alla COSAP, ha individuato i criteri per il calcolo del canone dovuto senza considerare la necessità di introdurre la “speciale agevolazione” di cui alla lett. e) dell’art. 63 del d.lgs. n. 446/1997.
Parte ricorrente, dopo aver presentato ricorso straordinario, di cui è stata chiesta la trasposizione, ha provveduto alla riassunzione del giudizio avanti l’intestato Tribunale Amministrativo Regionale, deducendo i seguenti vizi, inficianti il regolamento e i successivi atti applicativi:
1. Violazione e falsa applicazione di legge: illegittimità della delibera di giunta comunale del 4 novembre 2015, n. 318, della delibera del consiglio comunale del 27 novembre 2015, n. 80, della delibera della giunta comunale del 23 dicembre 2015, n. 380, nonché in parte qua del Regolamento COSAP del Comune di Legnago e del relativo “Allegato tariffe” per violazione degli artt. 4, 35, 88 e 93 codice delle comunicazioni, dell’art. 63 del d.lgs. n. 446/1997, dell’art. 23 della Costituzione e delle direttive 2002/20/CE, 2002/21/CE e 2014/61/UE. Violazione dei principi di parità di trattamento, di non discriminazione e di concorrenza nel settore delle telecomunicazioni. Illegittimità derivata della Concessione del 16 marzo 2016 nella parte in cui determina il canone dovuto da Vodafone. Secondo parte ricorrente, i criteri di determinazione del COSAP previsti dal Comune di Legnago con gli atti e provvedimenti quivi impugnati non sarebbero conformi alla disciplina, di natura imperativa, sopra citata. Il Comune, infatti, anziché dare attuazione alla lett. e) dell’art. 63 cit., avrebbe creato una nuova categoria di occupazioni (“Realizzazione e gestione del servizio di telecomunicazione”: cfr. doc. 4, pag. 3) prevedendo per esse delle tariffe ad hoc che, lungi dall’essere “agevolate”, sarebbero addirittura quindici volte superiori a quelle previste per attività che, diversamente dalla fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica, non integrerebbero «attività di preminente interesse generale» (art. 3, comma 2, c.c.e.) e le cui strutture non hanno, diversamente dagli impianti di telecomunicazione, «carattere di pubblica utilità» (art. 90, comma 1, c.c.e.);
2. Eccesso di potere per violazione della circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 1/DF del 20 gennaio 2009. Illegittimità derivata della Concessione del 16 marzo 2016, nella parte in cui è determinato il canone dovuto per l’occupazione, senza considerare le indicazioni ivi contenute, volte a evidenziare come il combinato disposto degli artt. 93 c.c.e. e 63 del d.lgs. n. 446/1997 precluderebbe agli enti locali la facoltà di determinare la tariffa TOSAP o COSAP secondo altri criteri o di aumentarla oltre il limite massimo espressamente stabilito dalla norma;
3. Violazione e falsa applicazione di legge: illegittimità della delibera della giunta comunale del 4 novembre 2015, n. 318 per violazione degli artt. 4, 35, 88 e 93 c.c.e., dell’art. 63 del d.lgs. n. 446/1997, dell’art. 23 della Costituzione e delle direttive 2002/20/CE, 2002/21/CE e 2014/61/UE. Violazione dei principi di parità di trattamento, di non discriminazione e di concorrenza nel settore delle telecomunicazioni.
Dopo la costituzione in giudizio del Comune intimato, il 13 gennaio 2017, Telecom, quale soggetto utilizzatore della SRB per la collocazione della quale è stato richiesto il canone in questione, ha depositato atto di intervento ad adiuvandum .
In vista dell’udienza di trattazione del merito, tutte la parti costituite hanno depositato memorie e repliche.
In particolare, il Comune, prima di sostenere l’infondatezza del ricorso nel merito, ha formulato plurime eccezioni in rito così sintetizzabili:
- improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse conseguente al fatto che successivamente all’adozione degli atti impugnati con il ricorso introduttivo, il Comune di Legnago con deliberazione di consiglio comunale n. 3 del 2 febbraio 2017, a meno di un anno dal rilascio della concessione del 16 marzo 2016 impugnata, ha modificato in modo sostanziale il proprio regolamento COSAP, prevedendo una speciale agevolazione proprio per le occupazioni del tipo per cui è causa, stabilendo un riduzione del 10% della tariffa, oltre all’esclusione di maggiorazioni per l’operatore “autorizzato all’occupazione di radio base che ospiti altri operatori in co-siting (condivisione del sito)”, nonché, per le occupazioni di strutture comunali, assumendo, ai fini del calcolo del canone, una superficie convenzionale (36 mq), a prescindere dalla eventuale maggiore occupazione in concreto realizzata. In ogni caso il regolamento COSAP è stato integralmente sostituito dal nuovo regolamento sul c.d. canone unico patrimoniale istituito dall’art. 1 comma 816 e ss. della legge 160/19 (e ss. mm. ii.) ed in vigore dal 01.01.2021;
- inammissibilità per difetto di legittimazione e comunque sopravvenuta carenza di interesse, atteso che l’intero ramo d’azienda inerente alle c.d. infrastrutture passive di supporto agli apparati attivi di trasmissione radio, per le telecomunicazioni e la diffusione dei segnali televisivi e radiofonici, comprensivo dei relativi titoli sulle aree occupate è stato trasferito a Vodafone Towers s.r.l., che non è mai subentrata nel giudizio;
- acquiescenza per aver pagato il canone di 9.000 determinato sulla scorta del regolamento impugnato per gli anni 2016 e 2017, in assenza di riserve esplicite;
- tardività, in quanto Vodafone sarebbe stata ben a conoscenza della natura lesiva del regolamento censurato, attesa la sua richiesta, in data 19 gennaio 2016, del rilascio di una nuova concessione;
- tardività del terzo motivo di ricorso, in quanto alla data della delibera 4 novembre 2015, n. 318 Vodafone era già titolare di un interesse diretto alla sua impugnativa, per essere tale delibera applicabile al rapporto di concessione in corso sin dal 2 settembre 2011 in forza di una precedente convenzione.
Il Comune ha, quindi, eccepito la tardività della documentazione depositata da Vodafone il 18 luglio 2022.
A tali eccezioni ha puntualmente replicato Vodafone, insistendo per l’accoglimento di quanto dedotto in ricorso e ribadito nelle proprie memorie.
Alla pubblica udienza del 28 settembre 2022, la controversia è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Deve preliminarmente darsi atto dell’inutilizzabilità, ai fini della decisione, della documentazione da ultimo prodotta da parte di Vodafone, a causa della tardività del deposito eccepita dal Comune esistente, non potendosi ritenere che sussistano le condizioni cui l’art. 54 del c.p.a. subordina l’eventuale autorizzazione al deposito tardivo.
In particolare, quanto prodotto non risulta essere essenziale per la definizione della controversia per quanto sarà di seguito rappresentato.
Ciò chiarito, ancora in via preliminare deve essere definito il perimetro soggettivo e temporale della controversia in esame, alla luce delle molteplici eccezioni in rito introdotte dal Comune resistente.
In primo luogo, sul piano soggettivo, deve darsi conto di come, con lettera del 10 dicembre 2019, Vodafone ha comunicato che, con efficacia dal 2 dicembre 2019 “si è perfezionata la scissione con la quale Vodafone Italia s.p.a. … ha trasferito ….l’intero proprio ramo d’azienda inerente alle c.d. infrastrutture passive di supporto agli apparati attivi di trasmissione radio, per le telecomunicazioni e la diffusione dei segnali televisivi e radiofonici, comprensivo dei relativi titoli sulle aree occupate … a Vodafone Towers s.r.l. società di nuova costituzione del gruppo Vodafone”.
La stessa Vodafone ha, quindi, riconosciuto, nella propria memoria di replica, che tale comunicazione è stata effettuata al fine di segnalare come il nuovo soggetto tenuto al pagamento del canone fosse, in un primo momento, Vodafone Towers s.r.l. e, quindi, INWIT, quale soggetto nato dalla fusione per incorporazione di Vodafone Tower.
Ciò determina la carenza di legittimazione attiva in capo all’odierna ricorrente a far valere ogni questione attinente al pagamento del canone dovuto per l’impianto in questione a decorrere dal 2 dicembre 2019. Pertanto, fermo restando l’interesse alla definizione della controversia al fine di ottenere un’eventuale restituzione dell’indebito corrisposto al Comune prima della modifica societaria, non essendo né Vodafone Towers, né INWIT subentrate - quali soggetti tenuti al pagamento del canone richiesto dopo il trasferimento del ramo d’azienda - nella posizione processuale di Vodafone, la controversia non può che riguardare gli eventi consumatisi fino al 2 dicembre 2019.
A nulla rileva, dunque, il fatto che l’atto di scissione avesse specificamente riservato la legittimazione giudiziale per le cause pendenti a Vodafone Italia s.p.a., in quanto tale legittimazione non può che riguardare i rapporti debitori nascenti dall’attività di tale soggetto e, quindi, riferiti esclusivamente ai canoni annuali dovuti nel periodo in cui il soggetto debitore era tale società, ma non anche le posizioni debitorie nate in capo alla nuova società titolare degli impianti sulla scorta, peraltro, di un nuovo regolamento, mai impugnato neanche dall’odierna ricorrente, con le conseguenze di cui si dirà nel prosieguo.
Come evidenziato dal Comune nella sua memoria difensiva, infatti, con deliberazione di consiglio comunale n. 3 del 2 febbraio 2017, il regolamento COSAP del Comune di Legnago è stato modificato prevedendo una speciale agevolazione proprio per le occupazioni del tipo per cui è causa, stabilendo una riduzione del 10% della tariffa, oltre all’esclusione di maggiorazioni per l’operatore “autorizzato all’occupazione di radio base che ospiti altri operatori in co-siting (condivisione del sito)”.
In disparte ogni considerazione circa l’idoneità del regolamento a soddisfare le pretese di parte ricorrente e a superare le dedotte illegittimità, è incontestabile che il Comune ha provveduto a modificare e sostituire le disposizioni avversate, modificando, conseguentemente, anche il canone in concreto dovuto e tutto ciò con l’obiettivo dichiarato di adeguamento a quanto imposto dal codice delle comunicazioni.
Con deliberazione di consiglio comunale n. 3 del 2 febbraio 2017, dunque, il Comune ha definito le somme dovute dal concessionario sulla scorta di un regolamento il cui contenuto è frutto di un’applicazione della norma di riferimento (art. 93 del D.L.vo 259/2003) che non è mai stato impugnato.
Ne discende che, contrariamente a quanto sostenuto nelle memorie di parte ricorrente, gli effetti della presente pronuncia non potranno che riguardare i canoni in concreto corrisposti sulla scorta dell’applicazione del regolamento comunale nella sua versione anteriore alla modifica del febbraio 2017 e non anche i canoni corrisposti sulla scorta della nuova disciplina regolamentare dettata in quell’anno e mai impugnata.
Per tutto quanto sopra, quindi, il Tribunale adito non può che pronunciarsi sulla eccepita illegittimità degli atti cui ha il Comune ha imposto il pagamento del canone dovuto in misura pari a quanto risultante dall’applicazione del regolamento impugnato e del regolamento stesso nella sua versione in vigore fino alla modifica del 2017, escludendo l’inammissibilità del ricorso per effetto dell’intervenuto pagamento del canone, che, essendo avvenuto dopo la proposizione del ricorso (il pagamento è, infatti, avvenuto il 15 luglio 2016, dopo la proposizione del ricorso straordinario in data 8 luglio 2016), deve sottintendersi essere stato effettuato “con riserva”, al solo fine di evitare eventuali procedure di riscossione coattiva.
Né può essere ravvisata l’eccepita tardività del gravame, proposto contro il primo atto applicativo del regolamento ritenuto lesivo della posizione giuridica soggettiva della società ricorrente.
Secondo il prevalente indirizzo giurisprudenziale formatosi in relazione all’impugnazione degli atti di contenuto normativo (tra i quali deve essere fatto rientrare il regolamento oggetto del giudizio), infatti, “è soltanto con il successivo atto applicativo che si viene a radicare tanto l’interesse al ricorso, quanto la legittimazione” (Cons. St., sez. VI, 10 dicembre 2021, n. 8247).
Ciò chiarito in rito, dando applicazione al principio di economia processuale che indirizza il giudice verso la risoluzione della controversia sulla scorta della questione più liquida, il ricorso può essere accolto atteso che, come confermato dalla tempestiva modifica del regolamento operata dal Comune nel 2017, nell’individuazione dei criteri per il calcolo del canone di occupazione dovuto dagli operatori di telefonia non si è tenuto conto della necessità di introdurre la “speciale agevolazione” di cui alla lett. e) dell’art. 63, d.lgs. n. 446/1997.
Pertanto, l’impugnato regolamento, nella versione vigente fino al 2 febbraio 2017, deve essere annullato, con effetto caducante degli atti impositivi del pagamento sulla scorta dell’applicazione dello stesso.
Le spese del giudizio possono trovare compensazione tra le parti in causa, attesa la particolarità della controversia e il solo parziale accoglimento del gravame.