TAR Roma, sez. I, sentenza 2010-03-23, n. 201004558

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2010-03-23, n. 201004558
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201004558
Data del deposito : 23 marzo 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07180/2007 REG.RIC.

N. 04558/2010 REG.SEN.

N. 07180/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7180 del 2007, proposto da:
S C, rappresentato e difeso dagli avv. S B e S P, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale Parioli, 72

contro

Ministero della Giustizia, Consiglio Superiore della Magistratura, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Consiglio Giudiziario presso la Corte d’Appello di Milano

per l'annullamento

della delibera del CSM del 7 giugno 2007 e di tutti gli atti prodromici e consequenziali relativi alla declaratoria di mancata conferma nell’incarico di Giudice di Pace;

del decreto del Ministro della Giustizia notificato il 25 luglio 2007;

del verbale del 22.3.2007 del Consiglio Giudiziario di Milano presso la Corte d’Appello di Milano.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti i motivi aggiunti depositati dal ricorrente;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura Generale dello Stato;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 febbraio 2010 il dott. Roberto Caponigro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 7 giugno 2007, ha deliberato di non confermare il dott. S C nell’incarico di giudice di pace nella sede di Menaggio – circondario di Como.

Il ricorso è articolato nei seguenti motivi:

Violazione artt. 3, 101-105 e 108 Cost. Violazione di legge. (Violazione art. 7 l. 374/1991 e succ. mod. Circ. 15880/02 e dPR 198/2000 di attuazione l. 468/1999 – art. 9 l. 374/1991 – l. 241/1990 art. 10 bis).

Eccesso di potere.

Il dott. C, venuto in possesso dei documenti su cui si fondano i provvedimenti gravati, ha articolato motivi aggiunti.

L’Avvocatura dello Stato ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

Il ricorrente ha depositato altra memoria a sostegno ed illustrazione delle proprie ragioni.

All’udienza pubblica del 24 febbraio 2010, la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 7 giugno 2007, ha deliberato di non confermare il dott. S C nell’incarico di giudice di pace nella sede di Menaggio – circondario di Como.

La delibera è stata adottata:

ritenuto che il dott. C non possa essere confermato nell’incarico di giudice di pace ricoperto, per essere venuti meno in capo al medesimo i requisiti previsti dagli artt. 5, co. 3, e 7, co. 2 bis, l. 374/1991, in conformità e per le motivazioni di cui al parere espresso in data 22 marzo 2007 dal Consiglio Giudiziario di Milano;

osservato in particolare che, come emerge dal parere del Consiglio Giudiziario, il dott. C ha dimostrato scarsa produttività (appena 32, 59, 135 e 69 sentenze civili e 19, 78, 38 e 44 sentenze penali, rispettivamente negli anni 2003, 2004, 2005 e 2006), accumulando gravi ritardi nel deposito dei provvedimenti giurisdizionali, non giustificati dalla complessità dei procedimenti aasegnati e tali da indurre il coordinatore a sospendere le assegnazioni di nuovi procedimenti ed a predisporre un programma di lavoro per recuperare i ritardi accumulati;

letta la nota difensiva del 10 aprile 2007 e considerato che dalle deduzioni prodotte dall’istante non si rilevano argomenti idonei a disattendere il giudizio negativo sull’attività del magistrato onorario, ostativo al rinnovo dell’incarico onorario, poiché i gravi ritardi, accumulati ancora nel novembre 2006, integrano circostanze che, a norma dell’art. 5 l. 374/1991, minano radicalmente il dovere di imparzialità e di correttezza, e quindi il prestigio, di cui deve godere il giudice di pace all’interno del suo Ufficio;

osservato infine che nel procedimento di conferma non è previsto dalla normazione secondaria alcun obbligo di interlocuzione o di instaurazione del contraddittorio, diversamente da ciò che avviene per i fatti di rilevanza disciplinare, per cui l’istanza di audizione del dott. C deve essere disattesa e che comunque, per il carattere documentale degli elementi su cui la decisione si fonda e l’avvenuta produzione di memoria difensiva esaminata dal Consiglio, tale audizione appare altresì superflua.

L’art. 7, co. 1, l. 374/1991 stabilisce che, in attesa della complessiva riforma dell’ordinamento dei giudici di pace, il magistrato onorario che esercita le funzioni di giudice di pace dura in carica quattro anni e può essere confermato per un secondo mandato di quattro anni e per un terzo mandato di quattro anni.

Il successivo comma 2 bis dispone che, alla scadenza del primo quadriennio il consiglio giudiziario, integrato ai sensi del comma 2 dell’art. 4 nonché da un rappresentante dei giudici di pace del distretto, esprime un giudizio di idoneità del giudice di pace a svolgere le funzioni per il successivo quadriennio;
tale giudizio costituisce requisito necessario per la conferma e viene espresso sulla base dell’esame a campione delle sentenze e dei verbali di udienza redatti dal giudice onorario oltre che della quantità statistica del lavoro svolto.

Il Collegio rileva che, in sede di procedimento di conferma nell’incarico di giudice di pace, procedimento del tutto differente da quello disciplinare, deve essere nuovamente accertata la presenza dei presupposti in ragione dei quali è stato adottato il provvedimento di prima nomina nell’incarico, per cui ex art. 5, c. 3, l. 374/1991, la conferma, al pari della nomina, deve cadere su persone capaci di assolvere degnamente, per indipendenza, equilibrio e prestigio acquisito e per esperienza giuridica e culturale, le funzioni di magistrato onorario.

Nel caso di specie, il Consiglio Superiore della Magistratura, visto il giudizio contrario alla conferma espresso in data 22 marzo 2007 dal Consiglio Giudiziario presso la Corte d’Appello di Milano, ha negato la conferma per la presenza di circostanze che, a norma dell’art. 5 l. 374/1991, minano radicalmente il dovere di imparzialità e di correttezza e, quindi, il prestigio di cui deve godere il Giudice di Pace all’interno del suo Ufficio.

In particolare, il dott. C ha dimostrato scarsa produttività “accumulando gravi ritardi nel deposito dei provvedimenti giurisdizionali, non giustificati dalla complessità dei procedimenti assegnati … e tali da indurre il coordinatore a sospendere le assegnazioni di nuovi procedimenti ed a predisporre un programma di lavoro per recuperare i ritardi accumulati”.

Il Collegio rileva che il provvedimento, assunto nell’esercizio di potestà discrezionale all’esito, si ribadisce, non già di un procedimento sanzionatorio ma di un procedimento, ad istanza di parte, volto ad ottenere la conferma nell’incarico per un secondo mandato di quattro anni, è congruamente motivato e non si presenta manifestamente illogico, irragionevole o basato su un travisamento dei fatti.

Infatti, a prescindere dall’entità dei ritardi rilevati, costituisce un fatto oggettivo, in quanto non contestato in sede di ricorso, che il coordinatore sia stato indotto a sospendere le assegnazioni di nuovi procedimenti al ricorrente ed a predisporre un programma di lavoro per recuperare i ritardi accumulati, il che, accompagnato al rilievo che i ritardi non sono stati giustificati dalla complessità dei procedimenti assegnati, attesta che l’organo di autogoverno ha correttamente valutato gli interessi pubblici e privati in gioco concludendo per l’insussistenza dei presupposti di cui all’art. 5, co. 3, l. 374/1991.

Con riferimento all’omesso preavviso di rigetto di cui all’art. 10 bis l. 241/1990, inoltre, il Collegio rileva che il dott. C ha avuto comunque la possibilità di interloquire nel procedimento, avendo prodotto una memoria difensiva esaminata dal Consiglio, sicché la finalità cui è preordinata detta comunicazione deve ritenersi in concreto realizzata.

Per tali ragioni, il ricorso è infondato e deve essere respinto.

La peculiarità della fattispecie, peraltro, induce a disporre la compensazione delle spese del giudizio.

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