TAR Salerno, sez. I, sentenza 2020-02-13, n. 202000244

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. I, sentenza 2020-02-13, n. 202000244
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 202000244
Data del deposito : 13 febbraio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/02/2020

N. 00244/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00351/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 351 del 2019, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato L G, con domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, via dei Principati 17;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministero p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Salerno, c.so Vittorio Emanuele, 58;

per l'annullamento

1. del decreto che dispone il diniego dell'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno -OMISSIS-e notificato alla ricorrente il 19.12.2018;

- di ogni altro atto preordinato, connesso e consequenziale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 febbraio 2020 il dott. Fabio Maffei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- II Questore della Provincia di Salerno con il provvedimento impugnato aveva respinto l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato richiesto dall’odierna ricorrente.

In particolare, l’opposto rifiuto si fondava sull’asserita mancata corresponsione da parte della ricorrente del contributo di € 100,00,come previsto dal dlgs. 286/1998, art. 5 comma 2 ter.

Nell’impugnare il predetto provvedimento l’odierna ricorrente ne deduceva l’illegittimità poiché, da una lato, non solo la ragione addotta dalla resistente amministrazione era inidonea a fondare la motivazione del provvedimento espulsivo;
dall’altro, il richiesto contributo, sebbene in ritardo, era stato successivamente corrisposto.

Si costituiva l’intimato Ministero insistendo per l’infondatezza del proposto gravame.

All’udienza del 5 febbraio 2020 la causa è stata riservata in decisione.

2.- Il ricorso è fondato.

2.1.- L’impugnato diniego di rinnovo del permesso di soggiorno è illegittimo, in quanto l'Amministrazione ha negato il suo rilascio in ragione del mancato versamento del contributo previsto dall'art. 5, comma 2 ter del d.lgs 286/1998.

Osserva al riguardo il Collegio che, ai sensi dell'art. 5, comma 5, del d.lgs. 286/1998, il rinnovo del permesso di soggiorno è rifiutato soltanto quando siano assenti o vengano a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e per il soggiorno nel territorio dello Stato, salvo che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili.

Peraltro, lo stesso art. 5, comma 5, del d.lgs. 286/1998, prevede che l'Amministrazione, nell'adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, deve tener conto anche della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale.

Non risulta che tali valutazioni siano state effettuate dalla Questura, con conseguente illegittimità dell'impugnato diniego fondato sul mancato pagamento del contributo di cui all'art. 5, comma 2-ter del d.lgs 286/1998.

2.3.- Ciò precisato, si deve ancora aggiungere che l'art. 5, comma 2-ter del d.lgs 286/98 (comma inserito nel corpo del predetto decreto legislativo dall'art. 1, comma 22, lett. b), della legge 15 luglio 2009 n. 94), secondo cui il rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno sono sottoposti al versamento di un contributo (il cui importo è fissato fra un minimo di 80 e un massimo di 200 euro con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze) è incompatibile con il diritto comunitario.

La Corte di Giustizia, Sez. II, Sent., 02/09/2015, n. 309/14, pronunciandosi sulla questione pregiudiziale di rinvio formulata dal Tar Lazio, ha ritenuto che il contributo di cui all'art. 5, comma 2 ter, del d.lgs 286/1998, è contrario alla direttiva 2003/109 per il fatto che, in ragione della durata limitata di tali permessi, i cittadini di Paesi terzi sono costretti a richiedere il rinnovo dei loro titoli assai di frequente con il pagamento più volte di un contributo elevato, al cui importo può aggiungersi quello di altri tributi previsti dalla preesistente normativa nazionale, cosicché, l'obbligo di versare il contributo " può rappresentare un ostacolo alla possibilità per i predetti cittadini dei paesi terzi di far valere i diritti conferiti loro dalla summenzionata direttiva sproporzionato rispetto alla finalità perseguita dalla direttiva ed è atto a creare un ostacolo all'esercizio dei diritti conferiti da quest'ultima ".

In un caso, come quello di specie, in cui la Corte di Giustizia dell'Unione europea, ha dichiarato l'incompatibilità del diritto nazionale con i Trattati e la 'legislazione eurounitaria', il giudice interno è tenuto a disapplicare o, meglio, a non applicare il diritto dello Stato giudicato dalla Corte contrastante con i Trattati e detta 'legislazione'.

Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, allorquando il giudice nazionale si trovi effettivamente nell'impossibilità di procedere a un'interpretazione del diritto nazionale che sia conforme ad una specifica di direttiva, " ha l'obbligo di assicurare, nell'ambito delle sue competenze, la tutela giuridica che il diritto dell'Unione attribuisce ai soggetti dell'ordinamento, garantendone la piena efficacia e disapplicando, ove necessario, ogni disposizione della normativa nazionale contraria a tale principio " (Corte di Giustizia 19 aprile 2016, C-441/14).

Facendo applicazione dei suindicati principi, nel caso di specie, analogamente a quanto disposto dal Consiglio di Stato (sentenza 26/10/2016, n. 4487) e dal Tar Lazio (sezione II quater;
sentenza, 24/05/2016, n. 6095) deve essere disapplicata, per effetto della sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea del 2 settembre 2015, in C-309/14, la disposizione dell'art. comma 2-ter dell'art. 5 del d. lgs. n. 286 del 1998, nella misura in cui fissa gli importi dei contributi richiesti per tutti i permessi di soggiorno da un minimo di € 80,00 ad un massimo di € 200,00.

Alla luce di tutte le considerazioni svolte, l'impugnato rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno, fondato unicamente sulla mancata produzione della ricevuta di pagamento del contributo previsto dall'art. 5, comma 2 ter del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, è illegittimo e deve essere annullato, dovendosi l’amministrazione rideterminarsi in ordine alla presentata istanza onde vagliare la sussistenza degli ulteriori requisiti all’uopo richiesti.

3.- La complessità della tematica oggetto del contendere giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

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