TAR Bologna, sez. I, sentenza 2024-01-29, n. 202400063
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Testo completo
Pubblicato il 29/01/2024
N. 00063/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00527/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 527 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati P S e C G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comando Legione Carabinieri Emilia Romagna di Bologna, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliataria ex lege in Bologna, via A. Testoni, 6;
per l'annullamento
- del provvedimento sanzionatorio disciplinare della consegna di giorni tre, comminato dal Capo di Stato Maggiore della Legione Carabinieri “Emilia Romagna” con atto prot. n. -OMISSIS-, datato 10 marzo 2021;
- del provvedimento di rigetto del ricorso gerarchico prot. n -OMISSIS-., datato 11 maggio 2021, notificato il 13 maggio 2021, del comandante della Legione Carabinieri “Emilia Romagna”;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente ai provvedimenti impugnati.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comando Legione Carabinieri Emilia Romagna di Bologna;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2024 la dott.ssa M B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’8 luglio 2015, il ricorrente, maresciallo capo dell’Arma dei Carabinieri, è stato deferito alla Procura della Repubblica, che ha esercitato l’azione penale nei suo confronti, per i reati di rifiuto del compimento di atti d’ufficio (art. 328 c.p.) e falso ideologico commesso per omissione (ai sensi degli artt. 479 e 476), conseguente al mancato inserimento nell’apposito applicativo informatico della notizia relativa al cambio di abitazione di un soggetto agli arresti domiciliari autorizzato dal GIP di Ravenna: aggiornamento indispensabile per consentire quel controllo sul soggetto interessato che, per alcuni giorni, è mancato a causa della cancellazione dell’indirizzo precedente dalla banca dati, senza che lo stesso fosse sostituito dal nuovo recapito autorizzato.
Il militare è stato, però, assolto - in parte perché i fatti contestati sono stati ritenuti non costituire reato e in parte per non aver commesso il fatto – con sentenza del 17 maggio 2019, divenuta irrevocabile il 26 giugno 2020.
Ciononostante, dopo cinque anni di sospensione cautelare dal servizio (definita come ingiusta nel ricorso), protrattasi dal 6 luglio 2016, il 7 dicembre 2020 al ricorrente è stato comunicato l’avviso di avvio del procedimento disciplinare, contestandogli i seguenti fatti: <<in data 23 febbraio 2015, non inseriva nell’applicativo informatico “Memoriale centralizzato” della Stazione …. omissis … i dati relativi ad un decreto emesso dal G.I.P. del Tribunale di … omissis … in data 20 febbraio 2015 che sostituiva il luogo degli arresti domiciliari del pluripregiudicato … omissis …, con il quale la S.V. aveva intrattenuto rapporti di amicizia, dati indispensabili al fine di generare gli ordini di servizio destinati alle pattuglie della Stazione di … omissis … e dell’Aliquota Radiomobile della Compagnia di … omissis …, impedendo così l’effettuazione dei controlli sul … omissis … dal 23 febbraio al 27 maggio 2015, data in cui, per puro caso, altri militari della Stazione si avvedevano del mancato inserimento. Né tanto meno, qualora impossibilitato ad effettuare nell’immediatezza tale inserimento, si preoccupava di lasciare la lettera in “evidenza/giacenza”, come da prassi, affinché si occupasse successivamente dell’incombenza altro militare del reparto, ma, invece, riponeva il provvedimento, con tutti gli atti relativi della pratica, nel fascicolo dell’interessato in archivio, senza l’avvenuta immissione del … omissis … nell’applicativo>>.
Il Comando della Legione dei Carabinieri ha, infatti, ritenuto che, sebbene il comportamento contestato non integrasse tutti i requisiti costitutivi dei reati per cui il maresciallo capo è stato processato, rappresentasse comunque una violazione dei doveri d’ufficio, sanzionabile sul piano disciplinare. La condotta del militare, infatti, è stata ritenuta “connotata da grave negligenza, minore professionalità, nonché superficialità nell’assolvimento dei doveri connessi con le speciali attribuzioni che i Militari dell’Arma dei Carabinieri disimpegnano”.
Tali conclusioni, poste alla base della comunicazione di avvio del procedimento, sono state contestate dal destinatario dello stesso nell’ambito del procedimento, rappresentando come, in sede penale, si fosse già evidenziato che “la compilazione del memoriale del servizio - e quindi l’inserimento del nominativo nell’applicativo - competeva al comandante della Stazione e non al Maresciallo Capo … omissis …, il quale, per contro, lo si ribadisce, aveva esattamente e con solerzia eseguito le mansioni ad egli attribuite, inserendo nello “S.D.I.” (sistema di indagine) il nominativo del Sig. … omissis … (cfr. allegato n. 7 all’informativa di p.g. n.-OMISSIS- dell’8.07.2015) e inoltrando la comunicazione di tale provvedimento all’Autorità Provinciale di P.S. ed ai Comandi dell’Arma competenti, fra i quali il Nucleo Radiomobile (cfr. allegato n. 4 alla citata informativa di p.g.). Con tali operazioni e solo con esse si doveva considerare assolto l’atto d’ufficio da compiersi senza ritardo per ragioni di giustizia (o di ordine pubblico). Quanto alla cancellazione del nominativo del sig. … omissis …. dal “memoriale del servizio centralizzato”, essa avrebbe potuto avvenire ad opera di chiunque (tant’è che non è stato dimostrato in sede penale che il fatto sia stato commesso dall’imputato, le cui credenziali avrebbero potuto essere state utilizzate da chiunque a causa di un guasto al computer che ne impediva lo spegnimento una volta accesso ed inserite le credenziali).
Nel ricorso sono, quindi, dedotti i seguenti vizi:
1. violazione degli artt. 1393 e 1378 del codice dell’ordinamento militare e del quarto comma dell’art. 5 della legge 27 marzo 2001, n. 97 e dell’art. 15 della legge 124 del 2015. In forza della suddetta normativa, l’Arma avrebbe dovuto procedere