TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2018-07-03, n. 201804399
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Testo completo
Pubblicato il 03/07/2018
N. 04399/2018 REG.PROV.COLL.
N. 06984/1998 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6984 del 1998, proposto da:
G D M e M E G, rappresentati e difesi dagli avvocati D B e C I con i quali elettivamente domicilia in Napoli alla via S. Pasquale di Chiaia n. 55;
contro
Comune di Capri, in persona del rappresentante legale p.t., non costituito in giudizio;
per l’annullamento
del provvedimento del 28 aprile 1998 prot. n. 5845/1802T con il quale il Comune di Capri ha respinto la domanda di condono edilizio presentata in data 23 febbraio 1995 (prot. n. 28025) ai sensi della legge n. 724/1994;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Capri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 20 giugno 2018 la dott.ssa Paola Palmarini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe i ricorrenti hanno impugnato il provvedimento con il quale il Comune di Capri ha respinto la domanda di condono edilizio presentata in data 23 febbraio 1995 (prot. n. 28025) ai sensi della legge n. 724/1994 per le opere realizzate presso il manufatto sito alla via Matermania n. 48, ritenendola dolosamente infedele.
A sostegno del gravame deducono varie censure di violazione di legge ed eccesso di potere.
A seguito della morte del difensore del Comune di Capri il processo è stato interrotto con l’ordinanza n. 4453 del 20 settembre 2017.
I ricorrenti lo hanno riassunto nei termini di legge ma il Comune non si è costituito.
Con decreto n. 843/2018 è stato revocato il decreto di perenzione n. 12488/2012.
Il fascicolo di causa è stato ricostituito dopo che era andato smarrito all’interno del Tribunale.
Con memoria depositata in data 18 maggio 2018 parte ricorrente ha insistito per l’accoglimento del gravame.
Alla pubblica udienza del 20 giugno 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Il Comune di Capri ha respinto la domanda edilizio di condono presentata in data 23 febbraio 1995 (prot. 28025) ritenendola dolosamente infedele.
La domanda di condono in questione aveva ad oggetto le seguenti opere edilizie: “a) realizzazione di una camera, di un soggiorno, di un ingresso e di porzione del servizio igienico/sanitario, il tutto in ampliamento dell’appartamento per una superficie utile complessiva ad uso residenziale di mq. 51,24 e una volumetria v.p.p. di circa mc. 208,57;b) esecuzione di opere edilizie esterne di cui alla tipologia 7 comma “b”, e precisamente, sistemazione dell’area circostante l’appartamento mediante la posa in opera di pavimentazione”.
L’istante ha dichiarato che le suddette opere “sono state realizzate in data antecedente al 31.12.1993 e sono state ultimate”.
Dagli stessi atti di causa depositati emerge che tale affermazione non risponde al vero per una porzione dei volumi da sanare;e, infatti, risulta che:
- con verbale n. 834 del 27 luglio 1993 (confluito nell’ordinanza di sospensione dei lavori n. 150 del 9 agosto 1993 impugnata con separato ricorso) il Comune di Capri aveva costatato la realizzazione “di un vano in ampliamento alla casa esistente delle dimensioni di circa mt. 6,75 x mt 3,30 ed altezza di circa mt. 3,10;il tutto privo di solaio di copertura e di qualsiasi finimento;al di fuori, a pavimento, con cordolo di fondazione in c.a. è stato realizzato un terrazzo in avanti di circa mt. 5,90 x mt 3,20;il tutto allo stato grezzo e privo di pavimentazione”;
- successivamente, il Comune adottava in data 17 settembre 1993 l’ordinanza di demolizione n. 182 avente identico contenuto (parimente gravata con altro ricorso);
- la sig. ra G presentava in data 15 novembre 1993 domanda di concessione edilizia in sanatoria ai sensi dell’art. 13 della legge n. 47 del 1985 per le opere descritte nell’ordinanza di demolizione realizzate in ampliamento dell’originario appartamento di 65 mq;in particolare, l’ampliamento è stato eseguito per realizzare un locale tecnico e cucina (per complessivi mq. 20,47) nonché una terrazza;
- con verbale del 17 dicembre 1993 n. 834 il Comune verificata la continuazione dei lavori in violazione dei sigilli e sequestrava nuovamente il cantiere;dal verbale di sequestro si legge che i tecnici avevano rilevato il “completamento delle murature in elevazione, soprattutto sul davanti, ove insiste il vano arcato, nonché abbozzo di intonaci delle pareti stesse, con inizio di incassi sul fabbricato esistente con tagli di tratti di muratura per l’appoggio di solaio in travetti prefabbricati precompressi, il solaio non è stato montato, e quindi non realizzato, per le dimensioni si conferma quanto già scritto nel verbale di sequestro di questo Comando effettuato in data 27 luglio 1993 prot. 834/93. Inoltre inizio di installazione di tubi flessibili a pavimento a cassette a parete per l’impianto elettrico senza fili. Si precisa inoltre che per quanto riguarda la copertura, non montata, oltre a quanto descritto precedentemente, sono state predisposte tavola e impalcati per la posa in opera dei solai”;
- conseguentemente, il Comune di Capri adottava l’ordinanza di sospensione dei lavori n. 258 del 23 dicembre 1993 e l’ordinanza di demolizione n. 23 del 7 febbraio 1994;
- in data 20 febbraio 1995 prot. 28025 il sig. D M presentava domanda di condono edilizio per un ampliamento del manufatto di mq. 51,24;
- con verbale del 12 ottobre 1995 n. 834 il Comune riscontrava che il manufatto posto sotto sequestro nel dicembre 1993 era stato ultimato ed era in uso;in particolare, veniva constatato che tali opere erano state ultimate dopo il 31 dicembre 1993 e, pertanto, veniva adottata l’ordinanza n. 209 del 25 ottobre 1996 di sospensione dei lavori e l’ordinanza n. 5 del 2 gennaio 1996 di demolizione delle opere di completamento delle opere;
- in sede di esame della domanda di condono il sig. D M depositava in data 16 aprile 1998 della documentazione integrativa.
Dal grafico depositato in quella occasione risulta una parte (indicata in giallo) del manufatto oggetto di domanda di condono edilizio presentata in data 1° aprile 1986 ai sensi della legge n. 47/1985;una parte (in blu) relativa all’ampliamento del manufatto realizzato in data antecedente al 31 dicembre 1993 e una parte (in rosa) concernente l’ampliamento del manufatto (cucina e locale tecnico) eseguito dopo il 31 dicembre 1993.
Dalla documentazione integrativa prodotta dal ricorrente e dal rapporto del 12 ottobre 1995 il Comune di Capri ha tratto la conclusione che la domanda di condono conteneva delle omissioni e inesattezze tali da renderla dolosamente infedele;ciò in quanto parte sostanziale delle opere edili abusive risultano essere state ultimate in violazione dei sigilli in epoca posteriore al 31 dicembre 1993.
Osserva il Collegio che l’istante D M ha dichiarato in sede di condono che le opere in ampliamento del manufatto per una superficie di 51,24 mq. erano state realizzate e ultimate in data antecedente al 31 dicembre 1993;ciò non risponde al vero in quanto in quella superficie era incluso anche il locale tecnico e la cucina (per circa 20 mq.) che sicuramente non erano state ultimate a quella data. Tale conclusione si trae dal fatto che al 17 dicembre 1993 tali opere erano ancora prive di copertura (cfr. verbale del 17 dicembre 1993 il cui contenuto è sopra riportato).
Al riguardo la giurisprudenza (cfr. T.A.R. Lazio, Latina n. 275/2015) ha condivisibilmente affermato che "È domanda dolosamente infedele e costituisce motivo di diniego del condono edilizio la domanda che presenti inesattezze ed omissioni tali da configurare un'opera completamente diversa per dimensione, natura e modalità dell'abuso dall'esistente, sempre che detta difformità risulti preordinata a trarre in errore il Comune su elementi essenziali dell'abuso quali la data della sua commissione e la qualificazione giuridica dell'illecito”.
Nella fattispecie, l’istante in sede di domanda di condono oltre ad avere dichiarato che le opere erano state ultimate al 31 dicembre 1993 non ha distinto la parte di superficie per la quale mancava ancora il solaio di copertura e, nella descrizione dell’abuso, non ha citato il locale da adibire a cucina.
Parte ricorrente invoca a proprio favore le disposizioni di cui al comma 5, dell’art. 43 della legge n. 47/1995 a mente delle quali “Possono ottenere la sanatoria le opere non ultimate per effetto di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali limitatamente alle strutture realizzate e ai lavori che siano strettamente necessari alla loro funzionalità. Il tempo di commissione dell'abuso e di riferimento per la determinazione dell'oblazione sarà individuato nella data del primo provvedimento amministrativo o giurisdizionale”.
La tesi è che in ragione dei provvedimenti comunali (di sequestro e sospensione dei lavori) i ricorrenti non avrebbero potuto completare l’ampliamento entro il 31 dicembre 1993.
La prospettazione non può essere condivisa.
In materia la giurisprudenza ha chiarito che ai fini della sussistenza dei presupposti richiesti dall'art. 43 comma 5, l. n. 47 del 1985 per l'ottenimento della sanatoria, per opere non ultimate devono intendersi quelle completate almeno al rustico, ossia mancanti solo delle finiture, ma necessariamente comprensive delle tamponature esterne che realizzino in concreto i volumi rendendoli individuabili ed esattamente calcolabili;per lavori attinenti alle strutture realizzate e che siano strettamente necessari alla loro funzionalità si intendono, quindi, i soli lavori necessari per assicurare la funzionalità di quanto già costruito in modo tale da aver già acquistato una fisionomia tale da renderne riconoscibile il disegno progettuale e la destinazione e non lavori destinati ad integrare le opere con interventi edilizi che danno luogo di per sé a nuove strutture.
Nella fattispecie, alla data del sequestro (17 dicembre 1993) le opere in ampliamento (cucina e locale tecnico) erano ancora prive della copertura, pertanto, mancava il completamento delle strutture necessarie a definire la volumetria edilizia.
Da quanto precede il ricorso deve essere respinto.
Non essendosi costituita l’amministrazione intimata nulla va disposto in relazione alle spese di lite.