TAR Venezia, sez. III, sentenza 2015-11-06, n. 201501141
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N. 01141/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01806/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1806 del 2012, proposto da:
G T, rappresentato e difeso dagli avv. V Ti, M S, con domicilio eletto presso Francesco Casellati in Venezia, San Polo, 3079;
contro
Ministero della Salute, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrett. Stato, domiciliata in Venezia, San Marco, 63;
nei confronti di
Farmacia di Ferro Daniela;
per l'annullamento
del diniego autorizzazione alla vendita al pubblico di tutte le specie medicinali in commercio, comprese quelle soggette a prescrizione medica ex art.87, comma 1, D.lgs n. 219/2006.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Salute;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2015 il dott. R S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe viene impugnato il diniego all’autorizzazione alla vendita anche dei farmaci soggetti a prescrizione medica nell’ambito della conduzione della parafarmacia avviata dalla ricorrente, regolarmente abilitata all’esercizio della professione di farmacista e iscritta all’albo professionale relativo, deducendone l’illegittimità in quanto la norma considerata ostativa si porrebbe in insanabile contrasto con le recenti modifiche in tema di abrogazione delle restrizioni all’accesso all’esercizio delle professioni e delle attività economiche di cui alla legge numero 148/ 2011 e 27/ 2012;la liberalizzazione sarebbe poi confermata dal regolamento di riforma degli ordinamenti professionali cui al d.p.r. 7 agosto 2012 numero 137, laddove prevede che l’accesso alle professioni regolamentate è libero e che sono vietate le limitazioni alle iscrizioni agli Albi professionali, garantendo che l’esercizio dell’attività risponde ai principi di libera concorrenza e la limitazione del numero di persone titolate a esercitare una certa professione è consentito unicamente là dove essa risponde a ragioni di interesse pubblico, tra cui particolare rilievo assume quello di evitare possibili danni alla salute umana, che è esattamente il fine e l’esigenza cui vuole rispondere l’estensione della vendita di farmaci anche in esercizio di parafarmacia, ove gestito da professionista in possesso dei requisiti professionali necessari, dovendosi affermare oggi che il farmacista abilitato e iscritto all’albo professionale, titolare di esercizio di vicinato del tipo parafarmacia e nell’ambito di esso, è legittimato alla vendita di tutti i farmaci in commercio anche di quelli soggetti a prescrizione medica, e ciò indipendentemente dalla partecipazione, in regime di convenzione, al rimborso da parte del servizio sanitario nazionale per la vendita di quei farmaci per i quali esso è previsto e che potrà tutt’al più aggiungersi quale ulteriore elemento, ma non essere condizionante o prodromico alla legittimazione alla vendita piena.
Vi sarebbe inoltre un difetto di istruttoria, in quanto sarebbero omesse quelle valutazioni e ponderazioni in ordine alla determinazione di quale fosse in concreto il livello minimo essenziale di misura restrittiva della libertà economica per il raggiungimento dello scopo pubblico perseguito di tutela della salute umana, vale a dire la eventuale soddisfazione sulla base dell’avvenuta copertura grazie a un numero sufficiente di sedi farmaceutiche attive.
Infine viene sollevata questione di legittimità costituzionale dell’articolo 11 del decreto-legge numero 1/2012 convertito nella legge numero 27/2012, ove la stessa si ponesse in contrasto con i principi di liberalizzazione surricordati.
Si è costituita l’amministrazione controdeducendo puntualmente.
All’odierna udienza, dopo discussione la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso non è fondato alla luce della pronuncia numero 216 del 2014 con cui la corte costituzionale ha delibato sulla questione relativa alla illegittimità della disposizione nella parte in cui non consente agli esercizi commerciali parafarmacie la vendita di farmaci medicinali soggetti a prescrizione medica.
La corte tra l’altro ha affermato che il regime delle farmacie è conforme all’ordinamento comunitario e al principio di tutela della concorrenza in quanto l’incondizionata liberalizzazione di quella categoria di farmaci inciderebbe con effetti non privi di conseguenze sulla distribuzione territoriale delle para farmacie le quali, non essendo inserite nel sistema di pianificazione di cui al decreto-legge numero 201 del 2011, potrebbero alterare il sistema stesso, posto prima di tutto a garanzia della salute dei cittadini.
Del resto la Corte di Giustizia ha osservato come l’articolo 49 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea debba essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che impedisce a un farmacista non titolare di farmacia compresa in pianta organica di distribuire al dettaglio, in una para farmacia, anche quei farmaci soggetti a prescrizione medica che non sono a carico del servizio sanitario nazionale, bensì vengono pagati interamente dall’acquirente. La Corte ha affermato che la salute e la vita delle persone occupano una posizione preminente tra gli interessi protetti dal trattato e spetta agli Stati membri stabilire il livello al quale essi intendono garantire la tutela della salute pubblica e il modo in cui tale livello debba essere raggiunto.
Ancora la Corte ha richiamato la decisione 5 dicembre 2013 in cause riunite C -159, 160 e 161/ 2012, osservando che la tutela della salute può giustificare restrizioni alla libertà di stabilimento, che l’apertura delle farmacie sul territorio italiano è oggetto di un regime di pianificazione, e che la situazione auspicata equivarrebbe a poter commercializzare tali medicinali senza osservare il requisito della pianificazione territoriale con ripercussioni negative sull’effettività dell’intero sistema di pianificazione delle farmacie e quindi sulla sua stabilità.
Le dette affermazioni comportano la reiezione del primo motivo di ricorso nonché dell’intero gravame, posto che il dedotto vizio di istruttoria relativo al mancato esame della sufficienza dell’assistenza farmaceutica esistente nel contesto territoriale risulta del tutto improponibile alla luce della vigenza di norma ostativa di cui è stata acclarata la legittimità costituzionale, non potendosi pertanto neppure considerare non manifestamente infondata la dedotta questione di costituzionalità afferente la legittimità dei presupposti per il rilascio delle autorizzazioni all’apertura di nuove farmacie.
Il ricorso deve dunque essere respinto, pur potendosi compensare le spese del giudizio alla luce della incertezza interpretativa che ha infatti originato il giudizio costituzionale di legittimità.