TAR Palermo, sez. I, sentenza 2023-11-14, n. 202303350

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. I, sentenza 2023-11-14, n. 202303350
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 202303350
Data del deposito : 14 novembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/11/2023

N. 03350/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00149/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 149 del 2015, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato A S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico in in Palermo, via Libertà, n. 171.

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza - Comando Interregionale dell'Italia Sud Occidentale della Guardia di Finanza, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico in Palermo, via Valerio Villareale, n. 6.

per l'annullamento

- del provvedimento del 5 novembre 2014, con il quale il Comandante Interregionale dell'Italia Sud-Occidentale della Guardia di Finanza ha inflitto al ricorrente la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione, con conseguente iscrizione a decorrere dalla stessa data nel ruolo dei militari di truppa del Centro Documentale competente, senza alcun grado;

- del giudizio di "non meritevolezza a conservare il grado" espresso dalla Commissione di Disciplina in data 8 ottobre 2014;

- della determinazione -OMISSIS-, del 26 marzo 2008, e successive modifiche ed integrazioni, avente ad oggetto "delega di funzioni" da parte del Comandante Generale della Guardia di Finanza;

- nonché degli atti tutti presupposti, connessi e consequenziali.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza - Comando Interregionale dell'Italia Sud Occidentale della Guardia di Finanza;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato, svoltasi da remoto, del giorno 27 settembre 2023 il dott. Domenico De Falco e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato in data 23 dicembre 2014 e depositato il successivo 14 gennaio 2015, il sig. -OMISSIS-, Appuntato Scelto del Corpo della Guardia di Finanza ha premesso di essere stato in servizio per 26 anni, fino al 20 dicembre 2013 presso il Comando Regionale -OMISSIS-, contraddistinguendosi per l’elevato rendimento.

Con sentenza di condanna emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. del 19 febbraio 2014 -OMISSIS- il Tribunale di Palermo ha condannato il ricorrente ad anni due di reclusione per avere indotto, in concorso con un altro appartenente al Corpo e con abuso dei propri poteri, l’esercente di un’attività economica a consegnargli la somma di euro 3.000 oltre ad un televisore e gasolio, cacciato abusivamente all’interno di zona vietata e utilizzato per motivi personali un’utenza telefonica in uso per doversi di ufficio.

Sulla base delle medesime vicende l’Amministrazione ha avviato l’azione disciplinare che si è conclusa con la sanzione adottata dal Comando Interregionale della Guardia di Finanza della perdita del grado per rimozione ai sensi del d.lgs. n. 66/2010.

Avverso tale provvedimento il sig. -OMISSIS-ha proposto il ricorso introduttivo del presente giudizio, chiedendone l’annullamento sulla base delle seguenti censure.

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2149 del codice dell’ordinamento militare nonché degli artt. 3 e 55bis del d.lgs. n. 165/2001. Incompetenza assoluta.

Ai sensi dell’art. 2149 del codice dell’Ordinamento Militare la sanzione della perdita del grado avrebbe dovuto essere adottata dal Comandante Generale del Corpo e non da quello del Comando Interregionale come avvenuto nel caso di specie.

A nulla varrebbe, prosegue parte ricorrente, osservare in contrario che esisterebbe una delega in tal senso, atteso che la potestà sanzionatoria non potrebbe essere oggetto di delega se riguardante, come nella specie, lo stato dei militari. Ed infatti l’art. 2149 si porrebbe in rapporto di specialità rispetto alle disposizioni del codice e la facoltà di delega di cui all’art. 1375 non contemplerebbe la Guardia di Finanza.

II) Violazione e falsa applicazione dell’art. 1355 del codice;
violazione dei principi di proporzionalità, gradualità, ragionevolezza ed equità nell’irrogazione della sanzione, eccesso di potere sotto i profili della irrazionalità, della illogicità, della carenza di istruttoria e del difetto di motivazione.

Sarebbe stato omesso l’esame delle circostanze concrete del caso, come invece imposto dall’art. 1355 del COM, sicché l’Amministrazione avrebbe supinamente recepito gli esiti degli accertamenti penali senza considerare la condotta collaborativa assunta dal ricorrente in sede penale e la mancata comminazione in quella sede della interdizione dai pubblici uffici per un fatto considerato comunque di lieve entità, come dimostrerebbe la concessione della sospensione condizionale della pena.

III) Violazione e falsa applicazione del COM;
violazione del principio di autonomo accertamento dei fatti;
violazione del diritto di difesa;
eccesso di potere sotto i profili dell’assoluta carenza di istruttoria, del difetto di motivazione, della illogicità manifesta e dello sviamento dalla causa.

Il provvedimento sanzionatorio sarebbe poi viziato per non aver preso in considerazione le osservazioni formulate nel corso del procedimento e le istanze istruttorie formulate dal ricorrente.

Non si sarebbe valutata la circostanza che il sig. -OMISSIS-è stato condannato con sentenza di patteggiamento e non quindi all’esito di un dibattimento, per cui la pronuncia non poteva prendersi a base per l’irrogazione della gravata sanzione.

Per i sette capi di imputazione a carico del ricorrente egli ha chiesto l’audizione di testi e l’assunzione di prove a discarico che non sono state assunte.

Alcuni capi di imputazione non sarebbero infatti riferibili al ricorrente, come sarebbe emerso se fossero state ammesse le prove addotte a discarico.

IV) Violazione e falsa applicazione dell’art. 1370 del COM;
violazione del principio di autonomo accertamento dei fatti e dell’autonoma valutazione dei fatti;
eccesso di potere sotto i profili dell’assoluta carenza di istruttoria, del difetto di motivazione, della illogicità manifesta e dello sviamento dalla causa tipica.

Accanto all’omessa autonoma acquisizione dei fatti posti a fondamento della gravata sanzione, il provvedimento impugnato sarebbe anche manchevole dell’autonoma valutazione che avrebbe dovuto essere compiuta dal Comando che avrebbe altresì dovuto tener conto della specchiata condotta tenuta dal ricorrente nel corso del lungo servizio prestato.

Si è costituita in resistenza l’Amministrazione intimata.

Con ordinanza cautelare -OMISSIS- questa Sezione ha respinto l’istanza cautelare.

Le parti hanno prodotto documenti e l’Amministrazione intimata ha prodotto una memoria ex art. 73 c.p.a..

All’udienza straordinaria per lo smaltimento dell’arretrato del 27 settembre 2023, svoltasi da remoto ai sensi dell’art. 87 comma 4bis c.p.a., la causa è stata trattenuta in decisione.

Con il primo motivo l’appellante contesta il vizio di incompetenza del provvedimento impugnato, in quanto adottato dal Comandante Interregionale dell’Italia Meridionale della Guardia di Finanza e non dal Comandante Generale del Corpo come, invece, previsto dall’art. 2149 d.lgs 66/2010. Espone che l’art. 1375 del citato decreto prevede una facoltà di delega della potestà sanzionatoria esclusivamente in capo al Ministro, mentre nessuna norma contempla un’analoga facoltà di delega per i Comandanti Generali.

Il motivo è infondato.

Come evidenziato dalla giurisprudenza “ L’art. 2149 comma 2 d.lgs 66/2010 sancisce che la potestà sanzionatoria di stato per il personale del Corpo della Guardia di finanza compete al Ministro dell'economia e delle finanze nei confronti dei generali di corpo d'armata e dei generali di divisione e al Comandante generale nei confronti del restante personale.

8.3 L’art. 2135 del medesimo decreto precisa che per il Corpo della Guardia di finanza restano ferme le competenze del Comandante generale in materia di adozione degli atti e provvedimenti di gestione del personale, in applicazione del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

8.4 In forza del rinvio esterno sopra indicato, la delega della potestà sanzionatoria di stato da parte del Comandante generale al Comandate interregionale trova il proprio fondamento nella disciplina generale del pubblico impiego e, in particolare, negli articoli 16 e 17 d.lgs 165/2001.

8.5 Le disposizioni citate prevedono espressamente che i dirigenti generali “adottano gli atti e i provvedimenti amministrativi (...) rientranti nella competenza dei propri uffici, salvo quelli delegati ai dirigenti” (art. 16 co. 1 lett. d) e, in maniera corrispondente, che i dirigenti “svolgono tutti gli altri compiti ad essi delegati dai dirigenti degli uffici dirigenziali generali” (art. 17 co. 1 lett. c).

8.6 Alla luce dell’organigramma organizzativo dei comandi delineato dall’art. 2 del d.P.R. 29 gennaio 1999 n. 34 (recante il regolamento recante norme per la determinazione della struttura ordinativa del Corpo della Guardia di finanza), il Comando generale si atteggia a ufficio dirigenziale generale nei confronti dei comandi interregionali con conseguente possibilità di delega del primo ai secondi.

8.7 Il rinvio espresso alla disciplina generale del pubblico impiego contenuta nel codice dell’ordinamento militare non conforta la tesi dell’appellante secondo cui, non essendo la delega in questione prevista né nell’art. 1375 né nell’art. 2149, la stessa non sarebbe consentita. Per contro, poiché il potere di delega trova il proprio fondamento giuridico nel combinato disposto degli articoli 2135 d. lgs 66/2010 e 16 e 17 d.lgs 165/2001, è l’eventuale divieto che avrebbe dovuto essere espressamente sancito dall’ordinamento di settore, con una chiara limitazione dell’operatività del rinvio.

8.8 A diverse conclusioni non conduce nemmeno l’assunto difensivo secondo cui nell’ambito dei poteri di gestione e di organizzazione del personale di cui agli artt. 16 e 17 d. lgs 165/2001 non possono ricondursi i poteri disciplinari a cui, invece, si riferisce puntualmente solo l’art. 55 bis del medesimo decreto.

8.9 Siffatta interpretazione restrittiva non trova riscontro sul piano del diritto positivo poiché, da un lato, gli articoli 16 e 17 non introducono alcuna eccezione alla regola generale della delega di funzioni dal dirigente generale ai dirigenti con riferimento al potere disciplinare, e, dall’altro lato, l’art. 55 bis, nel demandare all’autonomia organizzativa di ciascuna amministrazione l’individuazione dell’ufficio per i procedimenti disciplinari, presuppone che la titolarità e i compiti relativi siano determinati e ripartiti anche in conformità con quanto previsto dagli artt. 16 e 17 dianzi citati, tant’è che il dirigente generale può inserire la delega dei poteri disciplinari anche nell’atto istitutivo dell’ufficio medesimo (Cass. sez. lavoro sent. 25 giugno 2018 n.16706;
sull’ammissibilità della delega del potere disciplinare ai sensi dell’art. 17 comma 1 lett. c del d.lgs 165/2001, cfr. Cass. sez. lavoro n. 24828 del 9 dicembre 2015)
” (Cons. Stato n. 1689/2023).

La censura deve, quindi, essere disattesa.

Con gli ulteriori motivi di censura che per la loro obiettiva connessione possono essere esaminati congiuntamente, parte ricorrente si duole che l’Amministrazione non avrebbe operato alcuna autonoma acquisizione e valutazione dei fatti posti a fondamento della gravata sanzione, attenendosi passivamente agli esiti del procedimento penale;
inoltre non sarebbe stata compiuta quell’operazione di individualizzazione della sanzione che sarebbe stata necessaria a fronte di una pronuncia di patteggiamento che non esime l’Amministrazione da compiere un’autonoma attività di acquisizione e valutazione.

Tutti i profili di censura sono infondati.

Va in primis rilevato che la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti emessa ex artt. 444 e 445 cod. proc. pen. non prescinde totalmente dall’accertamento di una responsabilità penale dell’imputato, posto che il giudice penale, nonostante la richiesta concorde delle parti, non può emettere la pronuncia di patteggiamento se ricorrono le condizioni per il proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (sul punto cfr. art. 444, comma 2, cod. proc. pen.) (cfr. da ultimo Cons. Stato n. 8677/2023).

Da ciò discende che - stante il disposto dell’art. 445, comma 1- bis , ultima parte, cod. proc. pen. (nella formulazione vigente ratione temporis in relazione alla fattispecie in esame), secondo cui “Salve diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata a una pronuncia di condanna” - resta impregiudicata, ai fini disciplinari, l’efficacia di giudicato quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e quanto all’affermazione che l’imputato lo ha commesso (Cons. Stato, Sez. III, 21.3.2016, n. 1139 e Cons. Stato, Sez. IV, 5.11.2018, n. 6259).

Occorre, altresì, rilevare che il combinato disposto degli artt. 445, comma 1- bis, e 653 cod. proc. pen., a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 97/2001 (prima dell’entrata in vigore della cd. riforma Cartabia di cui al d. lgs. n. 150/2022), prevedeva che anche la sentenza di patteggiamento, come la sentenza irrevocabile di condanna, avesse efficacia di giudicato nei giudizi per responsabilità disciplinare quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso (Cons. Stato n. 6259/2018, già cit.).

L’Amministrazione nell’esercizio del proprio potere disciplinare, quindi, ben poteva legittimamente utilizzare gli indizi di colpevolezza raccolti al fine di esercitare in giudizio l’azione penale, sicché non sussisteva, né era ragionevolmente esigibile, un obbligo per la P.A. di svolgere una particolare e diversa attività istruttoria al fine di acquisire ulteriori elementi di prova laddove quelli risultanti e accertati nel corso del procedimento penale erano idonei a sostenere ragionevolmente la diversa autonoma e discrezionale pronuncia disciplinare, dovendo i profili di condanna essere oggetto di una diversa valutazione soltanto in merito alla loro rilevanza sotto il profilo disciplinare (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 2.11.2017, n. 5053).

Pertanto nei rapporti tra procedimento disciplinare e sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’art. 444 c.p., la giurisprudenza ha affermato i seguenti principi: i) in materia di procedimenti disciplinari la sentenza ex artt. 444 e 445 c.p.p. non prescinde da una, sia pure sommaria, valutazione della responsabilità penale dell’imputato in quanto il giudice, nonostante la richiesta concorde delle parti, non può emettere la pronuncia di patteggiamento se ricorrono le condizioni per il proscioglimento perché il fatto non sussiste, l’imputato non lo ha commesso ovvero perché il fatto non costituisce reato, per cui rimane impregiudicata ai fini disciplinari l’efficacia di giudicato quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, considerato che ai sensi dell’art. 445, comma 1-bis, ultima parte, c.p.p. (nella versione ratione temporis vigente, oggi modificata all'art. 25, comma 1, lett. b), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 a decorrere dal 30 dicembre 2022), salve diverse disposizioni di legge, la sentenza de qua è equiparata ad una pronuncia di condanna. (Cons. Stato, sez. IV, 02 aprile 2020, n. 2218);
ii) l’Amministrazione nell’esercizio del proprio potere disciplinare può utilizzare gli indizi di colpevolezza raccolti al fine di esercitare in giudizio l’azione penale, sicché non sussiste, né è ragionevolmente esigibile, l’obbligo di svolgere una particolare e diversa attività istruttoria al fine di acquisire ulteriori mezzi di prova, dovendo i profili di condanna essere oggetto di una diversa valutazione soltanto in merito alla loro rilevanza sotto il profilo disciplinare. (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 ottobre 2020 n. 6253;
sez.

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