TAR Palermo, sez. IV, sentenza 2024-08-08, n. 202402409
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Testo completo
Pubblicato il 08/08/2024
N. 02409/2024 REG.PROV.COLL.
N. 01348/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1348 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato B A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Ministero dell'Interno – Questura di Palermo, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Palermo, via Mariano Stabile 182;
per l'annullamento
- della revoca della licenza di P.S. rilasciata il 20 marzo 2015 ex art. 127 T.U.L.P.S. a -OMISSIS-, titolare dell’impresa individuale “-OMISSIS-” per il commercio di oggetti preziosi nuovi e usati.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 maggio 2024 il dott. Guido Gabriele e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente svolgeva attività di commercio di oggetti preziosi nuovi e usati sulla base della licenza rilasciatagli dalla Questura di Palermo in data 20 marzo 2015, ai sensi dell’art. 127 del TULPS.
1.1 In data 1 aprile 2022, personale del Commissariato Libertà della Questura di Palermo, su delega della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, effettuava una perquisizione domiciliare ex art. 352 c.p.p. presso il locale commerciale del ricorrente e, all’esito, gli agenti repertavano e ponevano sotto sequestro oggetti di cui il ricorrente medesimo non era in grado di dichiarare la provenienza e che non risultavano registrati nell’apposito registro.
1.2 Inoltre, gli agenti di P.G. procedenti rinvenivano, tra gli altri, due oggetti riconducibili alla refurtiva frutto del delitto p. e p. dall’art. 624 bis c.p., e per il quale risultava indagato -OMISSIS-.
1.3 Pertanto, in esito alla predetta perquisizione, il ricorrente veniva indagato per il delitto di ricettazione p. e p. dall’art. 648 c.p.
1.4 Sennonché, in ragione dei predetti accertamenti, in data 12 aprile 2022, la Questura di Palermo comunicava al ricorrente l’avvio del procedimento di revoca della predetta licenza di P.S. a cui faceva seguito una fase di interlocuzione procedimentale tramite l’inoltro di memorie difensive da parte del ricorrente medesimo.
1.5 All’esito del procedimento, il Questore di Palermo, con il provvedimento gravato, revocava la citata licenza di commercio di oggetti preziosi nuovi ed usati in titolarità del ricorrente, sulla base dei predetti accertamenti di P.G. dai quali risultava che il ricorrente deteneva oggetti costituenti refurtiva e altri oggetti preziosi non registrati.
2. Avverso il provvedimento impugnato il ricorrente ha proposto il seguente motivo di ricorso:
- “ 1. Violazione ed errata applicazione degli artt. 9, 10, 11, 127 e 128 T.U. delle leggi di P.S. approvato con R.D. n.773/1931 e dell’art. 4, comma 1, del D. Lgs. N.92/2017. Eccesso di potere per carenza assoluta dei presupposti e di istruttoria. Violazione art. 3 L. n. 241/90, eccesso di potere per difetto e contraddittorietà della motivazione. ”.
In sostanza, il ricorrente lamenta la violazione del corpus normativo riguardante il rilascio delle licenze di P.S. per la vendita di oggetti preziosi;egli assume che gli sono imputabili delle mere irregolarità e che, per quanto riguarda la refurtiva rinvenuta, come non sia stato ancora accertato che essa sia tale, risultando allo stato esclusivamente le dichiarazioni del -OMISSIS-, quale autore materiale del delitto di furto in appartamento, ex art. 624 bis c.p..
3. Con ordinanza cautelare del-OMISSIS-, la II Sezione del Tar Palermo ha rigettato la proposta istanza cautelare sulla base della seguente motivazione: “ Considerato che, sulla base della documentazione in atti, le censure articolate da parte ricorrente non appaiono provviste del fumus boni iuris necessario per la concessione della misura cautelare richiesta;… “.
4. Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, che, con memoria, ha instato per il rigetto nel merito del ricorso.
5. All’udienza del 9 maggio 2024 la causa è stata posta in decisione.
6. Il ricorso è manifestamente infondato.
7. L’art. 127 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (TULPS) dispone che: “ I fabbricanti, i commercianti, i mediatori di oggetti preziosi, hanno l'obbligo di munirsi di licenza del Questore. ”.
Ai sensi del successivo art. 128 del TULPS i titolari della licenza di P.S. per la vendita di oggetti preziosi “ … devono tenere un registro delle operazioni di cui al primo comma che compiono giornalmente, in cui sono annotate le generalità di coloro con i quali le operazioni stesse sono compiute e le altre indicazioni prescritte dal regolamento. ”.
Va poi tenuto presente che le autorizzazioni di polizia “… possono essere revocate o sospese in qualsiasi momento, nel caso di abuso della persona autorizzata. ” (art. 10 TULPS).
8. Nel caso all’esame, si rileva come in punto di fatto emerga dagli atti del giudizio che il ricorrente deteneva oggetti preziosi non registrati e che due di questi erano riconducibili alla refurtiva del delitto ex art. 624 bis c.p. per il quale risultava indagato il -OMISSIS-.
8.1 A fronte di dette circostanze di fatto, accertate con verbali fidefacenti redatti dalla P.G., il ricorrente si limita a dedurre che gli oggetti rinvenuti dagli agenti di P.G. erano “ in corso di registrazione ”, mentre, quanto alla refurtiva, egli deduce che non è stata raggiunta la prova della conoscenza in capo al ricorrente della provenienza delittuosa degli oggetti rinvenuti.
8.2 Diversamente da quanto assunto dal ricorrente, quanto al rapporto tra il delitto di ricettazione e l’irregolare tenuta del registro di cui all’art. 128 TULPS, in giurisprudenza è stato condivisibilmente precisato che: “ Non è configurabile un rapporto di specialità tra il delitto di ricettazione e la violazione amministrativa prevista dall'art. 128, TU 18 giugno 1931, n.773, come modificata dall'art. 10, legge 28 novembre 2005, n. 246, avente ad oggetto l'inosservanza dell'obbligo da parte del commerciante dell'annotazione nel registro previsto dalla legge per le operazioni su oggetti preziosi usati, in quanto la norma penale mira a tutelare il patrimonio, mentre la disposizione amministrativa è volta a dare all'autorità di pubblica sicurezza la possibilità di controllare la circolazione delle cose usate e di valore, sanzionando la mera violazione, anche colposa, delle procedure e ciò a prescindere dalla provenienza o dalla conoscenza della provenienza della merce ricevuta. ” (Cass. pen., Sez. II, Sentenza, 06/05/2021, n. 22493).
8.3 Peraltro, la registrazione degli oggetti ricevuti deve avvenire “ giornalmente ” secondo il divisato art. 128 TULPS e, pertanto, la tardiva registrazione non può essere derubricata a mera irregolarità, come dedotto dal ricorrente, ma va equiparata alla mancata annotazione.
9. Deve poi osservarsi come, in subiecta materia , il Consiglio di Stato abbia in modo condivisibile affermato che: “ Nella materia delle autorizzazioni di polizia l'affidabilità e la buona condotta dell'istante possono essere desunti da sue condotte comunque significative, ma soprattutto collegate e coerenti con il tipo d'attività soggetta a tali titoli di polizia, con la precisazione, però, che il relativo giudizio parte dai dati per giungere ad una ragionevole valutazione complessiva della loro rilevanza, così da desumerne il serio e non remoto pericolo di sua inaffidabilità e cattiva condotta inerente all'attività e, da qui, l'abuso del titolo stesso (Cons. St., sez. III, 3 aprile 2013, n. 1867; Cons. St., sez. III, 4 dicembre 2015, n. 5522).
Il rispetto rigoroso delle disposizioni in materia di tenuta dei registri ha valore non meramente formale, ma sostanziale, viste le finalità di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica perseguite con le regole dettate a presidio della tracciabilità degli oggetti preziosi, in funzione di prevenzione della commissione di reati (Cons. St., sez. III, 11 luglio 2014, n. 3580). ” (Consiglio di Stato, III Sezione, sentenza del 4 luglio 2019, n. 4595).
9.1 Anche nella giurisprudenza di prime cure è ricorrente l’affermazione secondo cui: “ Premesso che l'art. 10 R.D. 18 giugno 1931, n. 773, prevede : "Le autorizzazioni di polizia possono essere revocate o sospese in qualsiasi momento, nel caso di abuso della persona autorizzata", va osservato che la licenza per il commercio di preziosi attiene ad un settore di estrema delicatezza ordinamentale, che giustifica la massima severità dell'Amministrazione nel riscontro della permanenza dei requisiti soggettivi in capo al titolare dell'autorizzazione, talché la medesima può essere legittimamente ritirata, in applicazione della norma di cui al richiamato art. 10 in presenza di circostanze (da indicarsi nel provvedimento sanzionatorio) che ragionevolmente appaiano come sintomi di abuso del titolo di polizia ( T.A.R. Palermo, sez. I, 22/04/2016, n.971 ).
Nella specie, la revoca della licenza di vendita di oggetti preziosi, può ritenersi legittima, avuto riguardo alla grave violazione ascritta al titolare che ha più volte irregolarmente annotato talune operazioni nel registro prescritto dall'art. 128 cit. Ciò configura l'ipotesi di abuso del titolo di autorizzazione alla vendita di oggetti preziosi che giustifica, ai sensi dell'art. 10 cit., la revoca della licenza, comprendendo ogni violazione di legge. ” (Tar Sicilia, Palermo, II Sezione, sentenza del 13 febbraio 2019, n. 406).
10. Nel caso all’esame, facendo applicazione delle coordinate normative ed ermeneutiche divisate, il provvedimento questorile impugnato risulta fondato su solidi elementi fattuali e motivato in modo congruo e sufficiente in ordine al possibile abuso del titolo da parte del ricorrente, che ha omesso di annotare sul corrispondente registro alcuni oggetti preziosi (peraltro occultati in una nicchia sotto il bancone) e che si è trovato in possesso di oggetti riconducibili ad una refurtiva.
I predetti elementi fattuali risultano, secondo la valutazione globale fatta dalla Questura procedente nel provvedimento impugnato, di tale pregnanza indiziaria da rendere immune dai vizi denunciati la disposta revoca del titolo autorizzatorio in titolarità del ricorrente.
11. Conclusivamente, il ricorso è infondato e meritevole di rigetto.
12. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.