TAR Roma, sez. 1B, sentenza breve 2010-09-29, n. 201032573

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1B, sentenza breve 2010-09-29, n. 201032573
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201032573
Data del deposito : 29 settembre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07537/2010 REG.RIC.

N. 32573/2010 REG.SEN.

N. 07537/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 60 e 74 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 7537 del 2010, proposto da:
P R M M, rappresentato e difeso dagli avv.ti B M e G C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. G P in Roma, via Cosseria, n. 2;

contro

Ministero della difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la cui sede domicilia in Roma, via dei Portoghesi, n.12;

per l'annullamento,

previa sospensione,

- del d.m. n. 0214/III-9/2010 del 7 maggio 2010, notificato in data 30.5.2010, con il quale la Direzione generale per il personale militare presso il Ministero della difesa ne determinava la perdita del grado e la conseguente cessazione dal servizio permanente nel ruoli dell'Esercito con decorrenza 29.12.2009;

- della nota di accompagnamento n. M_D

GMIL III

9^ 4^/0251815 del 14.5.2010 con la quale si provvedeva a trasmettere al Corpo di appartenenza del ricorrente la determinazione ministeriale impugnata sub a);

- della nota a firma del Comandante del 6° Reggimento Genio Pionieri in Roma n. 0006963 Cod. id.

1-A/16C del 21.5.2010 con la quale si invitava il Comando Stazione Carabinieri di Airola (BN) all'esecuzione dell'incombente relativo alla consegna al diretto interessato e relativa sottoscrizione per ricevuta del decreto impugnato sub a);

- di ogni altro atto presupposto, consequenziale e connesso con quelli che precedono comunque lesivo degli interessi del ricorrente.


Visti il ricorso;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla camera di consiglio del 22 settembre 2010 il cons. A B e uditi per le parti i difensori avv. S. Foglia, con delega per parte ricorrente, e avv. dello Stato Carla Colelli;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


Parte ricorrente, già caporalmaggiore dei ruoli dell’Esercito, agisce con il ricorso all’esame avverso il provvedimento con il quale i competenti organi ministeriali, in esecuzione della pena accessoria della rimozione inflittagli in connessione a pena detentiva per il reato di diserzione, di cui alle sentenze 22 luglio 2009, n. 15 del Tribunale militare di Roma e 28 ottobre 2009, n. 104 della Corte militare di appello (divenuta irrevocabile il 29 dicembre 2009), è stato rimosso dal grado e, per l’effetto, è stato dichiarato cessato dal servizio permanente a decorrere dal 29 dicembre 2009.

Si è costituita in resistenza l’intimata amministrazione.

All’odierna camera di consiglio, fissata per la trattazione sulla domanda cautelare interposta in via incidentale dalla parte ricorrente, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, e avvisate le parti, il Collegio ravvisa l’esistenza dei presupposti per definire il giudizio nel merito in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 del codice della giustizia amministrativa di cui al d. lgs. 2 luglio 2010, n. 104.

Invero, la contestata valutazione si profila immune dai vizi dedotti in gravame, con i quali il ricorrente espone che, a termini dei principi di rango costituzionale che informano il vigente ordinamento del pubblico impiego, anche militare, la sanzione accessoria della rimozione non può giammai comportare la cessazione dal servizio permanente in difetto del previo procedimento disciplinare.

L’argomentazione risulta invero contrastante con la prevalente giurisprudenza, cui la Sezione aderisce, che ha chiarito che nella vigenza dell’art. 29 c.p.m.p. e dell’art. 33, lett. h), della l. 10 aprile 1954, n. 113, anche successivamente all’art. 9, comma 1, della l. 7 febbraio 1990, n. 19, la pena accessoria della rimozione rende ex se incompatibile la permanenza nello stato di militare in servizio permanente effettivo (C. Stato, III, parere reso nell’adunanza del 27 febbraio 2007, n. 128;
Tar Lazio, I bis , 14 giugno 2010, n. 17510;
vedasi anche la giurisprudenza costituzionale e ordinaria ivi citata), atteso:

- che l’art. 29 c.p.m.p. contempla la pena militare accessoria della rimozione dal grado;

- che ai sensi dell’art. 33, lett. h), della l. 113/54 l’ufficiale cessa dal servizio permanente effettivo per perdita del grado;

- che ai sensi dell’art. 70, n. 5, lett. a), della stessa l. 113/54 tra le cause di perdita del grado figura l’ipotesi di condanna penale comportante la pena militare accessoria della rimozione;

- che la conclusione si profila costituzionalmente legittima, alla luce della giurisprudenza formatasi in relazione all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, di cui all’art. 29 c.p., anche dopo la l. 19/90, avendo proprio nei confronti dell’art. 29 c.p.m.p. la Corte Costituzionale rilevato che mentre nella sede disciplinare è possibile commisurare la sanzione all'entità del fatto, nell'applicazione delle pene accessorie non è dato analogo apprezzamento, restando, pertanto, ad esse estranea la statuizione contenuta nell'art. 9 della l. n. 19/90 (11 dicembre 1997, n. 383).

Per tutto quanto precede, rilevato che nella fattispecie la risoluzione del rapporto di impiego nei confronti del ricorrente è solo un effetto indiretto della pena accessoria comminata, deve concludersi che legittimamente l’amministrazione ha applicato le conseguenze della pena accessoria con atto dovuto e dichiarativo, privo di portata disciplinare eppertanto non condizionato all’esperimento del relativo procedimento.

Il ricorso deve essere conseguentemente respinto.

La natura dell’interesse azionato in giudizio giustifica la compensazione delle spese di lite.

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