TAR Palermo, sez. III, sentenza 2014-03-11, n. 201400720

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. III, sentenza 2014-03-11, n. 201400720
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 201400720
Data del deposito : 11 marzo 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01918/2013 REG.RIC.

N. 00720/2014 REG.PROV.COLL.

N. 01918/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1918 del 2013, proposto da Nicolina Giovanna Fodera', rappresentata e difesa dall'avv. M L P, con domicilio eletto presso l’avv. Alessandro Vito Pizzo in Palermo, piazza Castelnuovo;

contro

-il Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria per legge in Palermo, via A. De Gasperi n. 81;

per l'esecuzione

del decreto della Corte di appello di Caltanissetta n. 365/2010.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 marzo 2014 il Presidente dott. Nicolo' Monteleone e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in esame, la ricorrente ha chiesto l’esecuzione del giudicato formatosi sul decreto della Corte di Appello di Caltanissetta in epigrafe indicato, recante la condanna del Ministero della Giustizia a pagare la somma nello stesso indicata (oltre interessi e spese di giudizio), a titolo di equa riparazione ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, chiedendo che venga ordinato all’Amministrazione obbligata di conformarsi a detto giudicato, e che, per l’ipotesi di perdurante inottemperanza, venga nominato un commissario ad acta ;
vinte le spese.

L’Avvocatura dello Stato, costituitasi in giudizio per l’intimato Ministero della Giustizia, non ha prodotto scritti difensivi.

Alla camera di consiglio del 4 marzo 2014, su conforme richiesta dei difensori delle parti, il ricorso è stato posto in decisione.

Come attestato dai documenti versati in atti dall’Avvocatura dello Stato e come ammesso dal difensore di parte ricorrente all’odierna camera di consiglio, nelle more della definizione del presente giudizio, l’Amministrazione intimata ha provveduto al pagamento della somma dovuta, degli interessi legali e delle spese legali liquidate nel decreto in questione, per cui si impone la declaratoria di cessazione della materia del contendere ai sensi dell’art. 34, comma 5, cod. proc. amm. (D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104).

Il Collegio, poi, non ritiene fondata la richiesta di applicazione della sanzione prevista dall’art. 114, comma 4, lettera e), del cod. proc. amm., sulla quale ha insistito parte ricorrente nell’odierna camera di consiglio, in quanto, dalla formulazione del citato art. 114, comma 4, lett. e), come novellato dal D.lgs. 15 novembre 2011, n. 195, secondo cui il giudice “… salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato ”, appare evidente come la “penalità di mora” quale particolare mezzo di coazione indiretta (c.d. astreinte ) sul debitore sia applicabile in caso di “ulteriore ritardo”, successivo, quindi, alla scadenza del termine assegnato all’Amministrazione dal giudice dell’ottemperanza, mentre nel caso in esame, come sopra esposto, il pagamento è intervenuto immediatamente dopo la proposizione del presente ricorso.

Va, comunque, osservato che, a norma dell’art. 3, comma 7, della legge 89/2001, l’erogazione degli indennizzi di cui alla stessa legge avviene «nei limiti delle risorse disponibili»: e, con riguardo al caso in esame, non risulta – né viene dedotto – che il ritardo nell’esecuzione del giudicato in questione sia riferibile a ragioni diverse dalla mancata disponibilità delle necessarie risorse finanziarie (in tal senso, Tar Sicilia, sez. III, 21 luglio 2011, n. 1464;
25 gennaio 2012, n. 177;
28 giugno 2012, n. 1364), per cui, ad avviso del Collegio, si possono ravvisare profili di manifesta iniquità nell’applicazione della richiesta penalità di mora, come ha avuto recentemente occasione di ribadire questa Sezione in fattispecie analoghe alla presente (fra le tante, 9 settembre 2013, n. 1666;
12 novembre 2013, n. 2159).

In conclusione, va, in parte dichiarata la cessazione della materia del contendere;
per la restante parte, il ricorso deve essere respinto.

Atteso l’esito del ricorso (con reciproca soccombenza), le spese del presente giudizio possono essere compensate.

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