TAR Roma, sez. I, sentenza 2020-05-29, n. 202005737

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2020-05-29, n. 202005737
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202005737
Data del deposito : 29 maggio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/05/2020

N. 05737/2020 REG.PROV.COLL.

N. 08557/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8557 del 2018, proposto da
CSE - Confederazione Indipendente Sindacati Europei, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati M R L L e M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, viale Bruno Buozzi n. 32;

contro

Presidenza della Repubblica, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Cnel - Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Ciu - Confederazione Italiana di Unione delle Professioni Intellettuali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Albino Angelillo, Erica Temporin, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Confedir, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Valerio Alvarez De Castro, Paola Benzoni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Cisal - Confederazione Italiana Sindacati Autonomi Lavoratori, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Domenico Colaci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Cisl - Confederazione Italiana Sindacato Lavoratori, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Maurilio D'Angelo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Pietro Da Cortona 8;
Ugl - Confederazione Nazionale Unione Generale del Lavoro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Francesco Scacchi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ezio Corrado Barachetti, Manola Cavallini, Giovanna Fracassi, Giordana Pallone, Carlo Podda, rappresentati e difesi dagli avvocati Vittorio Angiolini, Sergio Vacirca, Giulio Gomitoni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via Flaminia 195;
Domenico Proietti, Antonio Foccillo, rappresentati e difesi dagli avvocati Stefano Bellomo, Massimo Pineschi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Cgil - Confederazione Generale Italiana del Lavoro, Uil - Unione Italiana del Lavoro, Cisal - Confederazione Italiana Sindacati Autonomi Lavoratori, Cida - Confederazione Italiana Dirigenti di Azienda e delle Alte Professionalità, Confsal - Confederazione Italiana Sindacati Autonomi Lavoratori, Cosmo Colonna, Francesco Paolo Capone, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

1) del D.P.R. 23 marzo 2018, pubblicato sulla G.U. n. 107 del 10 maggio 2018, recante nomina di quarantotto rappresentanti delle categorie produttive del CNEL, per il quinquennio 2017/2022, nella parte in cui non include rappresentanti della Confederazione CSE, unitamente a tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali;2) del provvedimento della Presidenza del Consiglio dei ministri del 29 agosto 2017,

DICA

001747 p.- 4.8.1.1.4, contenente l'elenco dei rappresentanti delle categorie produttive di beni e servizi nei settori pubblico e privato, designati in seno al Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro per il quinquennio 2017 - 2022 ai sensi dell'art. 4 della Legge 30 dicembre 1986, n. 936, con il quale la CSE è stata esclusa dal novero dei designanti;3) del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 2018, successivamente conosciuto, con cui è stato rigettato il ricorso della CSE proposto ai sensi dell'art. 4, comma 4, L. n. 936/1986 per ottenere l'inclusione di propri rappresentanti in seno al

CNEL;

4) della nota del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 maggio 2018,

DICA

9422 p-4. 8.1.1.4. con la quale è stato trasmesso il decreto di rigetto di cui sopra;5) dei criteri adottati dall'Amministrazione per ponderare la rappresentatività delle organizzazioni sindacali designanti;
gli atti istruttori applicativi dei criteri di cui sopra e le connesse valutazioni in punto di rappresentatività;
6) della nota del Ministero del Lavoro 13 novembre 2017, prot. n. 19689;
7) della deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 21 marzo 2018;
- la proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza della Repubblica, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di Ciu Confederazione Italiana di Unione delle Professioni Intellettuali, di Confedir, di Cnel - Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro, di Cisal - Confederazione Italiana Sindacati Autonomi Lavoratori, di Cisl - Confederazione Italiana Sindacato Lavoratori, di Ugl Confederazione Nazionale Unione Generale del Lavoro, di Ezio Corrado Barachetti, di Manola Cavallini, di Giovanna Fracassi, di Giordana Pallone, di Carlo Podda, di Domenico Proietti e di Antonio Foccillo;

Vista l’ordinanza collegiale n. 12945/2019;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del giorno 20 maggio 2020 la dott.ssa Lucia Maria Brancatelli in collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 84, comma 6, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito in l. 27/2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La Confederazione Indipendente Sindacati Europei (in avanti, “CSE” o “Confederazione”) impugna, chiedendone l’annullamento, il decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 2018, recante la nomina di quarantotto rappresentanti delle categorie produttive del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (in poi, “CNEL” o “Consiglio Nazionale”), nonché di tutti gli atti connessi, conseguenti e presupposti, tra cui, in particolare, il decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 2018 con il quale è stato rigettato il ricorso promosso dalla medesima CSE ai sensi dell’articolo 4, comma 4, della legge 30 dicembre 1986, n. 936 avverso l’elenco dei predetti rappresentanti.

2. La Confederazione - premesso di essere rappresentativa in tutti i comparti di contrattazione pubblica e di avere di recente aderito alla Federazione Autonoma Bancari Italiani (“FABI”), l’organizzazione sindacale in assoluto più rappresentativa per il settore bancario - fa presente di avere chiesto l’assegnazione di un posto nell’elenco dei rappresentanti del costituendo CNEL per il quinquennio 2017-2022, nella categoria dei lavoratori dipendenti, e lamenta l’illegittimità della propria esclusione dal Consiglio Nazionale.

Al primo motivo, parte ricorrente, dopo avere osservato che era stata destinataria della nomina di un rappresentante nella precedente composizione del CNEL, reputa illegittima la determinazione dell’ARAN di trasmettere i dati relativi al numero degli iscritti alle organizzazioni sindacali soltanto per i comparti di contrattazione per i quali sia raggiunta la soglia di rappresentatività, con conseguente sottostima del dato sulla rappresentatività di CSE. Sostiene anche che nel corso dell’istruttoria il Ministero del Lavoro le avrebbe attribuito un numero di contratti inferiori a quelli effettivamente stipulati. Quanto alla partecipazione alla composizione di controversie individuali e collettive di lavoro, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero del Lavoro avrebbero errato nel fare riferimento ai soli dati forniti dagli ispettorati territoriali del lavoro, relativi alle sole controversie presso le DTL, che non tengono conto delle controversie proposte nelle sedi giudiziarie ovvero delle conciliazioni presso le sedi datoriali.

Al secondo mezzo, lamenta la violazione del principio del pluralismo e del criterio di valutazione della maggiore rappresentatività in chiave comparativa, in particolare nella misura in cui ha consentito a CGIL, CISL e UIL di beneficiare di 16 seggi e non conferirne alcuno a CSE. Deduce anche che il rispetto del criterio del pluralismo avrebbe dovuto comportare la necessità di garantire la presenza di tutte le organizzazioni sindacali che erano già presenti nel CNEL prima del dimezzamento dei suoi componenti, in quanto tutte organizzazioni già riconosciute come maggiormente rappresentative a livello nazionale, e portatrici di interessi collettivi già riconosciuti come meritevoli di rappresentanza.

Nel terzo motivo di impugnazione, CSE sostiene che nella attuale consiliatura i dati sulla rappresentatività della FABI andavano imputati alla CSE, in quanto la circostanza che nel corso del 2018 la FABI sia fuoriuscita da CSE per aderire alla CISAL sarebbe irrilevante.

Al quarto motivo, lamenta il difetto di istruttoria in relazione al confronto competitivo tra i dati della CSE e quelli della Confedir, che avrebbe una diffusione territoriale inferiore alla CSE e che anche in relazione ad altri dati significativi (sottoscrizione di contratti collettivi, numeri di iscritti, partecipazione alla composizione di controversie di lavoro) avrebbe minore rappresentatività della ricorrente.

Nel quinto mezzo di gravame, la Confederazione deduce che l’amministrazione avrebbe agito, come dimostrato dalla cronologia degli atti, con il preconcetto di ripartire i seggi in seno al CNEL alla stessa stregua di quanto avvenuto nella precedente consiliatura e a prescindere dalle modifiche medio tempore intervenuto nel grado di rappresentatività delle organizzazioni sindacali interessate dall’istruttoria.

3. A seguito della udienza pubblica del 16 ottobre 2019, è stata ordinata l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutte le sigle sindacali cui è stato attribuito almeno un seggio nella categoria delle imprese, nonché dei soggetti nominati nell’ambito della predetta categoria.

4. Si sono costituite in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri e, quale parte controinteressata, le associazioni Confederazione italiana di unione delle professioni intellettuali (“CIU”), Confedir, CISAL, CISL, UGL, nonché alcuni dei soggetti designati quali membri del CNEL, chiedendo la reiezione del ricorso siccome infondato. La difesa erariale ha altresì chiesto l’estromissione dal giudizio della Presidenza della Repubblica, pure intimata, in quanto priva di legittimazione passiva. E’ stata anche eccepita l’inammissibilità del ricorso per tardiva integrazione del contraddittorio.

5. Alla udienza pubblica del 20 maggio 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente, va disposta l’estromissione dal giudizio della Presidenza della Repubblica: essendo impugnati atti adottati previo recepimento della proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, la legittimazione passiva spetta all’autorità proponente e non anche alla Presidenza della Repubblica (in termini, cfr. Tar Lazio, sez. I, 2 dicembre 2016, n. 12054).

2. Nel merito, è possibile prescindere dalle eccezioni in rito formulate dalle parti controinteressate, attesa l’infondatezza del gravame.

3. Giova rammentare che l’art. 99, comma 1, della Costituzione, nel rimettere alla legge il compito di definire la composizione del CNEL, impone di tenere conto della “importanza numerica e qualitativa” dei rappresentanti delle categorie produttive.

In attuazione del precetto costituzionale, la legge 30 dicembre 1986, n. 936 disciplina la composizione del CNEL e la modalità di nomina dei suoi rappresentanti. La legge è stata oggetto di modifica dall’art. 23 del Decreto Legge 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214), che ha, in particolare, ridotto il numero dei membri del CNEL da 119 a 64. A seguito della novella legislativa, il numero dei rappresentanti della categoria dei lavoratori autonomi è, quindi, diminuito da 18 a 9 unità.

Di interesse è anche l’art. 4 della legge n. 936/1986, che individua la procedura di nomina dei rappresentanti del Consiglio Nazionale. E’ ivi previsto che le organizzazioni sindacali di carattere nazionale effettuano la designazione dei quarantotto rappresentanti delle categorie produttive (art. 4, comma 2) e il Presidente del Consiglio dei Ministri definisce l’elenco dei rappresentanti delle organizzazioni “maggiormente rappresentative” (art. 4, comma 3). Il successivo comma 4 descrive la procedura attraverso la quale le organizzazioni possono ricorrere avverso il predetto elenco, stabilendo l’obbligo per le organizzazioni sindacali ricorrenti di “fornire tutti gli elementi necessari dai quali si possa desumere il grado di rappresentatività, con particolare riguardo all'ampiezza e alla diffusione delle loro strutture organizzative, alla consistenza numerica, alla loro partecipazione effettiva alla formazione e alla stipulazione dei contratti o accordi collettivi nazionali di lavoro e alle composizioni delle controversie individuali e collettive di lavoro” (art. 4, comma 5). La decisione sul ricorso è assunta, entro i successivi 45 giorni, con provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri, su deliberazione del Consiglio dei Ministri (art. 4, comma 7).

4. La ricorrente contesta in primo luogo l’istruttoria svolta dalle amministrazioni, che non avrebbe riportato correttamente il valore dei dati che esprimono il grado di rappresentatività della Confederazione.

La censura tuttavia è priva di pregio, risultando corretta la metodologia seguita nel calcolo della “maggiore rappresentatività” nel pubblico impiego, vale a dire considerando i dati trasmessi dall’Aran che tengono conto della effettiva capacità rappresentativa delle organizzazioni sindacali e, quindi, del superamento delle soglie di sbarramento nei vari comparti.

Egualmente non censurabile è il calcolo effettuato dal Ministero del lavoro dei contratti sottoscritti dalla Confederazione e delle composizioni delle controversie di lavoro, che si è basato su riscontri oggettivi, mentre le deduzioni di parte ricorrente risultano indimostrate, oltre che non attendibili in ragione della fluttuanza degli accordi di affiliazione con altre sigle sindacali stipulati nell’ambito del periodo di riferimento e della correlata impossibilità di utilizzare i relativi indici di rappresentatività di tali sigle cumulativamente con quelli della Confederazione.

Significativo, in tal senso, è il caso della FABI, il cui accordo di affiliazione è intervenuto a ridosso dell’avvio della procedura di rinnovo della composizione del CNEL e si è disciolto poco dopo, tanto che tale federazione ora aderisce alla CISAL, che gode di rappresentanza in seno al Consiglio nazionale.

5. Dunque, non sono condivisibili le critiche avverso l’istruttoria svolta, che ha invece correttamente quantificato la effettiva rappresentatività della Confederazione ricorrente. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, del resto, non ha escluso che CSE avesse un “certo grado di rappresentatività”, ritenuto tuttavia non sufficiente, in chiave comparativa, con i dati relativi ad altre sigle sindacali.

In argomento occorre rammentare che, come rilevato dalla giurisprudenza amministrativa, nell’ipotesi in cui l’amministrazione debba procedere alla suddivisione tra più sigle sindacali di un numero limitato di posti di un collegio amministrativo, risulta necessario selezionare all’interno delle varie entità sindacali - attraverso un esame necessariamente comparativo - quelle che sono maggiormente rappresentative. In tale ambito, l’amministrazione è tenuta a scegliere le associazioni che, nel confronto con le altre, esprimono una preponderante presenza nella categoria di riferimento. Ne consegue che il principio pluralistico, che tende ad attribuire rilievo ad interessi categoriali nelle loro differenziate considerazioni in ambito sindacale, deve contemperarsi col principio proporzionale che, al fine del conferimento di situazioni di vantaggio previste in numero limitato dalla norma, richiede una selezione, tra le associazioni rappresentative, di quelle “più rappresentative” (in termini, Cons. Stato, Sez. IV, 22 gennaio 2019, n. 537).

E’ stato costantemente ribadito che, in simili contesti, il principio pluralistico può costituire solo un correttivo al principio di proporzionalità ma “lo ‘stacco’ di rappresentatività non può essere colmato invocando il pluralismo, nel senso che l’esigenza di assicurare in seno all'organo collegiale la rappresentanza degli interessi delle varie categorie deve contemperarsi con il principio di proporzionalità, che postula la selezione delle associazioni più rappresentative in termini di consistenza della struttura organizzativa e dell’attività sindacale svolta” (cfr. Cons. Stato n. 537/2019 e la giurisprudenza ivi richiamata).

Deve, allora, osservarsi che l’istruttoria svolta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha accertato, all’esito del ricorso presentato dalla ricorrente, una minore rappresentatività della CSE rispetto alle altre sigle sindacali nella categoria del lavoro dipendente, quali Confedir, risulta priva di errori manifesti o travisamenti in fatto.

6. Non può neppure invocarsi, ai fini dell’assegnazione, l’applicazione in chiave correttiva del principio del pluralismo.

Deve osservarsi che il correttivo in parola presuppone la volontà di garantire una certa diversificazione, all’interno della medesima categoria, dei settori produttivi presenti. Scelta correttiva che, tenuto conto della potenziale sussistenza di numerosi settori astrattamente degni di valorizzazione, non potrà che comportare l’esercizio di un ampio grado di discrezionalità da parte dell’amministrazione, con il solo limite della manifesta illogicità della preferenza manifestata.

La richiamata esigenza pluralistica, pertanto, non può essere declinata per “corrente” all’interno della medesima categoria, come intende fare la ricorrente, bensì rapportata alla peculiarità del settore oggetto di cui si rileva l’esigenza di rappresentatività.

7. Infine, si palesano prive di consistenza e indimostrate le doglianze di cui all’ultimo motivo, secondo cui l’amministrazione avrebbe “con preconcetto” deliberato di non assegnare alla ricorrente alcun seggio.

8. In conclusione, alla luce della correttezza dei dati adoperati ai fini della verifica del grado di rappresentatività della parte ricorrente e alla non arbitraria applicazione del principio del pluralismo al fine della distribuzione di seggi all’interno della categoria di riferimento, il ricorso non merita accoglimento e deve essere respinto.

9. Le spese del giudizio, attesa la parziale novità e la particolarità delle questioni sollevate, possono essere compensate tra le parti.

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