TAR Torino, sez. II, sentenza 2018-06-25, n. 201800774
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Pubblicato il 25/06/2018
N. 00774/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00733/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 733 del 2017, proposto da:
ALEGAR S.A.S, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati I P, M F e P C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. A R in Torino, via Don Giovanni Minzoni 14;
contro
MINISTERO DELL'INTERNO, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino, domiciliata in Torino, via Arsenale, 21;
per l'annullamento
- dell'ordinanza emessa ex art. 100 T.U.L.P.S. dal Questore di Novara in data 24.7.2017 (Cat. 11A/2017) - Div.ne P.A.S.I. - prot. n. 36), notificata in data 25.7.2017, con la quale è ordinata la sospensione di giorni dieci, a decorrenza immediata dell'esercizio di somministrazione di alimenti e bevande denominato "049" sito in Novara, Piazza Martiri della Libertà n. 3/B;
- di ogni altro atto, provvedimento a essa preordinato, prodromico, connesso, conseguente o collegato, ancorché non conosciuto;
- e per la condanna dell'Amministrazione autrice del provvedimento impugnato, alla refusione di ogni danno, patrimoniale e non patrimoniale, derivato in via diretta o indiretta dall'esecuzione del provvedimento impugnato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 giugno 2018 il dott. Ariberto Sabino Limongelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso notificato e depositato il 25 luglio 2017, la società Alegar s.a.s., premesso di gestire il pubblico esercizio di somministrazione di alimenti e bevande sito in Novara in Piazza Martiri della Libertà n. 3/B, sotto la denominazione di “049” , ha impugnato il provvedimento in data 24 luglio 2017 con cui il Questore della Provincia di Novara ha ordinato, ai sensi dell’art. 100 del TULPS, la sospensione della licenza di pubblico esercizio per 10 giorni, a decorrere dalla data di notifica del provvedimento, avvenuta il 25 luglio 2017.
Nel provvedimento si fa riferimento al grave episodio di violenza verificatosi nella notte del 23 luglio 2017, iniziato all’ingresso del locale con “ una discussione animata tra due persone di origini extracomunitarie ”, a cui ha fatto seguito una vera e propria aggressione - con la partecipazione di altri soggetti - conclusa con l’investimento del soggetto aggredito in Piazza del Popolo da parte dell’autovettura guidata da uno degli aggressori;il provvedimento sottolinea che il personale addetto alla sicurezza del bar non ha provveduto a richiedere l’intervento delle Forze dell’Ordine;conclude evidenziando che c’è “ fondato motivo di ritenere che l’esercizio pubblico in argomento possa costituire, attualmente, fonte di pericolo per l’Ordine e la Sicurezza dei cittadini ”.
2. Attraverso due motivi di ricorso, la ricorrente ha dedotto vizi di violazione di legge e di eccesso di potere sotto plurimi profili, in particolare lamentando l’assenza dei presupposti di cui all’art. 100 del TULPS, il difetto di istruttoria e di motivazione, lo sviamento dalla causa tipica, e, in subordine, l’assenza di proporzionalità della misura adottata; con un terzo motivo, dedotto in via subordinata, ha eccepito l’incostituzionalità dell’art. 100 del TULPS per violazione degli artt. 3 e 41 della Costituzione, stante la mancata previsione di un indennizzo a favore dell’esercente incolpevole.
3. Con decreto presidenziale n. 306 del 26 luglio 2017 è stata accolta parzialmente, con articolata motivazione, l’istanza di misure cautelari monocratiche presentata dalla parte ricorrente, limitando la sospensione della licenza a 5 giorni rispetto ai 10 stabiliti dalla Questura di Novara.
4. Il provvedimento è stato quindi eseguito con la chiusura del locale per 5 giorni.
5. In prossimità della camera di consiglio del 6 settembre 2017, fissata per la trattazione collegiale della domanda cautelare, si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, resistendo al gravame con atto di mero stile, senza svolgere difese nel merito e senza depositare documentazione, mentre la difesa di parte ricorrente ha depositato nuovi documenti e una memoria difensiva.
6. Con ordinanza n. 374 dell’8 settembre 2017, il collegio ha confermato provvisoriamente la misura cautelare presidenziale e disposto incombenti istruttori a carico della Questura di Novara, rinviando per l’ulteriore trattazione alla camera di consiglio del 4 ottobre 2017.
7. In prossimità di quest’ultima, la difesa di parte ricorrente ha depositato un’ulteriore memoria, rilevando, in particolare, che dopo l’esecuzione dei 5 giorni di sospensione non si sono più verificati episodi analoghi a quello del 23 luglio 2017, per cui l’eventuale esecuzione degli altri 5 giorni di sospensione rimarrebbe fine a sé stessa, essendo stata già raggiunta la finalità preventiva perseguita dal Questore con l’atto impugnato.
8. Con ordinanza n. 416 del 5 ottobre 2017, il collegio, vista anche la persistente inottemperanza della Questura di Novara all’ordinanza istruttoria, ha ritenuto di confermare, allo stato, le considerazioni svolte dal Presidente della Sezione nel decreto n. 366/2017 con particolare riferimento ai profili di proporzionalità della misura impugnata, e quindi ha confermato la sospensione parziale per 5 giorni del provvedimento impugnato, fissando l’udienza di merito per il giorno 13 giugno 2018.
9. In prossimità di quest’ultima, il Ministero dell’Interno ha depositato gli atti del procedimento amministrativo e una memoria difensiva, insistendo per il rigetto del ricorso. Una memoria conclusiva è stata depositata anche dalla difesa di parte ricorrente.
10. All’udienza pubblica del 13 giugno 2018, la causa è stata trattenuta per la decisione.
11. Ciò posto, il ricorso è parzialmente fondato, nei sensi e nei limiti qui di seguito precisati.
11.1. L’art. 100 del R.D. 18 giugno 1931 n. 773 dispone che “…il questore può sospendere la licenza di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l’ordine pubblico, per la moralità e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini” .
Secondo consolidati principi giurisprudenziali, il provvedimento con il quale il questore sospende, ai sensi dell’art. 100 R.D. 773/1931, la licenza di pubblico esercizio quando l’esercizio medesimo sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose, non ha carattere sanzionatorio, ma prevalentemente cautelare. Esso persegue la finalità di prevenire i pericoli che possono minacciare l’ordine e la sicurezza pubblica, ovvero la moralità pubblica e il buon costume. Il concreto esercizio di tale potere, pertanto, prescinde dall’accertamento di eventuali responsabilità del titolare del pubblico esercizio, essendo prevalente la finalità dissuasiva della frequentazione malavitosa indotta dal periodo di chiusura obbligatoria dell’esercizio.
Il potere del questore, in altre parole, non si correla, sanzionando eventuali omissioni, alla possibilità, più o meno effettiva, del titolare di un pubblico esercizio di conoscere la pericolosità dei clienti o i loro precedenti penali o di impedire agli stessi di soffermarsi presso il proprio locale, bensì alla esigenza obiettiva di tutelare l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini e la pubblica moralità, indipendentemente da ogni responsabilità dell’esercente. Ciò che rileva, nella ratio del legislatore, è l’effetto dissuasivo sui soggetti indesiderati, i quali, da un lato sono privati di un luogo di abituale aggregazione, dall’altro sono resi avvertiti della circostanza che la loro presenza in detto luogo è oggetto di attenzione da parte delle autorità preposte.
11.2. Nel caso di specie, i fatti che hanno dato origine all’adozione del provvedimento impugnato sono stati compiutamente descritti nella premessa motivazionale dell’atto stesso e sono, secondo la valutazione del collegio, sufficienti a giustificare la misura applicata;nel contempo, però, l’entità del periodo di sospensione appare sproporzionata rispetto alla gravità dei fatti e alla finalità preventiva perseguita.
Quanto ai fatti, gli elementi che inducono a ritenere non censurabile la valutazione dell’amministrazione sono i seguenti:
- in primo luogo, la condotta assunta dal personale addetto alla sicurezza del locale che, accortosi della lite e del forte stato di tensione tra alcuni avventori dell’esercizio nello spazio immediatamente antistante l’ingresso, soggetto anch’esso a licenza di pubblico esercizio e a occupazione di suolo pubblico, non provvedeva a richiedere l’intervento delle Forze dell’Ordine, come invece previsto dall’art. 5 comma 1 punto c.2) del D.M. Interno 6 ottobre 2009, che lo impone con carattere di immediatezza (“Resta fermo l’obbligo di immediata segnalazione alle Forze di polizia e alle altre Autorità o strutture pubbliche competenti..” in presenza di “condotte o situazioni potenzialmente pericolose per l’incolumità o la salute delle persone” );nel caso di specie, tale segnalazione è stata totalmente omessa;come emerge anche dalle dichiarazioni testimoniali rese alle Forze dell’Ordine dai due addetti alla sicurezza, questi si sono accontentati del fatto che la lite si fosse spostata altrove, sebbene, sia per qualità delle persone coinvolte, sia per i prodromi inequivocabili verificatisi nelle immediate vicinanze del locale, tutto avrebbe dovuto indurre a ritenere che l’episodio avrebbe potuto avere conseguenze più gravi, come difatti è poi accaduto;
- in secondo luogo, il fatto che le persone coinvolte nella rissa, o almeno alcuni di questi, fossero frequentatori abituali del locale, come confermato dalle deposizioni testimoniali rese alle Forze dell’Ordine da uno degli addetti alla sicurezza e da un cameriere (produzione Questura di Novara, all. 1-2).
Si tratta, secondo il collegio, di elementi sufficienti a giustificare l’adozione del provvedimento impugnato, sia nella prospettiva di indurre la società ricorrente ad una maggiore responsabilizzazione del proprio personale dipendente nello svolgimento delle attività di vigilanza sui comportamenti dei propri avventori e nell’adempimento degli obblighi di immediata segnalazione alle Forze dell’Ordine degli episodi di potenziale pericolo per la sicurezza dei cittadini, sia nella prospettiva di dissuadere soggetti socialmente pericolosi dal fare di quel particolare esercizio pubblico il proprio abituale luogo di aggregazione, rendendoli avvertiti che esso è oggetto di attenzioni da parte delle autorità preposte.
Alla luce di tali considerazioni, il primo motivo di ricorso va respinto.
11.3. E’ invece fondato il secondo motivo.
Il principio di proporzionalità di cui all'art. 1, comma 1, l. n. 241 del 1990, come novellato dalla l. n. 15 del 2005, investe lo stesso fondamento dei provvedimenti limitativi delle sfere giuridiche del cittadino e si risolve, in sostanza, nell'affermazione secondo cui le autorità non possono imporre, sia con atti normativi, sia con atti amministrativi, obblighi e restrizioni alla sfera giuridica del cittadino in misura superiore, cioè sproporzionata, a quella strettamente necessaria nel pubblico interesse per il raggiungimento dello scopo che l'autorità è tenuta a realizzare, in modo che il provvedimento emanato sia idoneo, cioè adeguato all'obiettivo da perseguire, e necessario, nel senso che nessun altro strumento ugualmente efficace, ma meno negativamente incidente, sia disponibile
In particolare, è stato affermato che il provvedimento di sospensione di una licenza per la conduzione di un esercizio pubblico deve essere adottato tenendo conto del principio di proporzionalità che impone di individuare misure proporzionate al fine da raggiungere (T.A.R. Milano sez. III 31 gennaio 2007 n. 160).
Nel caso di specie, ritiene il collegio che la sospensione per dieci giorni della licenza di pubblico esercizio irrogata dall’amministrazione sia obiettivamente sproporzionata rispetto alla gravità dei fatti occorsi, tenuto conto sia del carattere isolato dell’episodio verificatosi il 23 luglio 2017, sia della circostanza che la misura si è inserita nel contesto di una mirata azione di prevenzione da parte della Questura di Novara che ha coinvolto anche altri pubblici esercizi per fatti analoghi con finalità fortemente simboliche, il che induce a ritenere che, con ogni verosimiglianza, anche una minor durata del periodo di sospensione avrebbe conseguito l’effetto deterrente e dissuasivo perseguito dall’Autorità di Pubblica Sicurezza;del resto, ciò appare confermato dal fatto che, dopo l’esecuzione dei primi cinque giorni di sospensione della licenza e la sospensione cautelare dei residui cinque giorni, non si sono più verificati fatti analoghi a quelli oggetto del provvedimento impugnato;il quale pertanto dimostra, già allo stato, di aver raggiunto pienamente il proprio scopo.
Alla luce di tali considerazioni, ritiene il collegio che, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, il provvedimento impugnato debba essere annullato in via equitativa nella parte in cui ha previsto un periodo di sospensione della licenza di pubblico esercizio superiore a cinque giorni.
11.4. E’ invece infondata la pretesa indennitaria formulata dalla parte ricorrente con il terzo motivo di ricorso – ma non ulteriormente coltivata in corso di giudizio – atteso che nella materia de qua l’interesse economico del titolare della licenza è recessivo rispetto alle ragioni di utilità sociale a cui è ispirato l’art. 100 del TULPS, in armonia con i principi enunciati dall’art. 41 della Costituzione.
11.5. Parimenti infondata, infine, è la domanda risarcitoria, dal momento che in relazione alla parte del provvedimento impugnato ritenuta legittima da questo TAR difettano i presupposti di ingiustizia del danno di cui all’art. 2043 c.c., mentre per la parte ritenuta illegittima e annullata difettano i presupposti di danno risarcibile, atteso che in questa sua parte la misura è stata sospesa da questo TAR e non è stata eseguita.
12. L’esito complessivo del giudizio giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite.