TAR Catania, sez. II, sentenza 2023-05-02, n. 202301422
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Testo completo
Pubblicato il 02/05/2023
N. 01422/2023 REG.PROV.COLL.
N. 01602/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1602 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Empire S.r.l., rappresentata e difesa dall'avvocato O P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, e difeso dall'avvocato A S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Città Metropolitana di Messina, rappresentata e difesa dall'avvocato G B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Katia Riolo in Catania, Via Ruggero Settimo 3;
per l'annullamento
del provvedimento della Città Metropolitana di Messina di “Reiezione comunicazione ai fini dell’iscrizione al Registro Recuperatori Rifiuti per l’esercizio di attività R13, R3, R4” adottato con n. 26150 del 15 luglio 2021 e relativo alla comunicazione di inizio attività n. 21127/20 del 24 agosto 2020, con cui la ricorrente aveva provveduto, in applicazione dell’art. 216 del decreto legislativo n. 152/2006, all’avvio, in forma semplificata, dell’attività di recupero dei rifiuti da esercitarsi in continuità con la precedente autorizzazione rilasciata dalla Città Metropolitana di Messina con determinazione n. 326 del 30 aprile 2020; b) della nota della Città Metropolitana n. 40195/21 del 26 novembre 2021, con cui è stata rigettata la comunicazione inoltrata dalla società ai fini dell’iscrizione al Registro Recuperatori Rifiuti per l’esercizio attività R13 e R4;
nonché per la condanna
dell’Amministrazione intimata al risarcimento del danno.
Visti tutti gli atti della causa e le difese delle parti, come in atti o da verbale;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 marzo 2023 il dott. D B;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
La ricorrente, chiedendo anche il risarcimento del danno, ha impugnato il provvedimento di “Reiezione comunicazione ai fini dell’iscrizione al Registro Recuperatori Rifiuti per l’esercizio di attività R13, R3, R4” adottato con n. 26150 del 15 luglio 2021 e relativo alla comunicazione di inizio attività n. 21127/20 del 24 agosto 2020, con cui la società aveva provveduto, in applicazione dell’art. 216 del decreto legislativo n. 152/2006, all’avvio, in forma semplificata, dell’attività di recupero dei rifiuti da esercitarsi in continuità con la precedente autorizzazione rilasciata dalla Città Metropolitana di Messina con determinazione n. 326 del 30 aprile 2020.
Nel ricorso, per quanto in questa sede interessa, si rappresenta in punto di fatto quanto segue: a) con determinazione n. 326 del 3 aprile 2020, con validità sino al 29 novembre 2020, la Città Metropolitana di Messina ha disposto la voltura in favore della ricorrente della precedente autorizzazione (di cui alla determina dirigenziale n. 709 in data 5 giugno 2018), relativa alle operazioni di messa in riserva R13 e di recupero-riutilizzo di altre sostanze organiche R3, nonché di riciclo-recupero R4 di metalli e composti metallici; b) con nota n. 21127/20 del 24 agosto 2020 la società ha chiesto il rinnovo della determinazione dirigenziale n. 326 in data 3 aprile 2020 (da intendersi quale segnalazione certificata di inizio attività ai sensi dell’art. 216, primo comma, del decreto legislativo n. 152/2006);; c) la Città Metropolitana di Messina, a distanza di circa un anno dalla comunicazione di inizio attività, in luogo di adottare eventuali prescrizioni ed invitare il privato a conformarsi alle stessa (come previsto dal menzionato art. 216, quarto comma), ha disposto il rigetto della richiesta di prosecuzione delle attività già autorizzate e ha contestualmente diffidato la ricorrente a non proseguire l’attività di messa in riserva R13 e di recupero R3 e R4, sino ad allora esercitate “per effetto di silenzio-assenso”; d) ciò a dispetto dell’avvenuto decorso del termine di novanta giorni dall’inoltro della comunicazione (art. 216, primo comma) e senza disporre in via di autotutela il ritiro del provvedimento tacito che si era già formato.
Il contenuto dei motivi di gravame può sintetizzarsi come segue: a) è stato violato il termine di novanta giorni (art. 216, primo comma, e art. 214, ottavo comma, del decreto legislativo n. 152/2006), decorso il quale si forma il silenzio-assenso, sicché l’Amministrazione avrebbe dovuto, semmai, intervenire in autotutela, nel rispetto delle previsioni di cui all’art. 21-nonies della legge n. 241/1990; b) in ogni caso, l’art. 216, quarto comma, impone all’Amministrazione di dettare previamente specifiche prescrizioni, salvo il successivo intervento ai sensi del quarto comma della disposizione indicata, come anche previsto dall’art. 19, terzo comma, della legge n. 241/1990, il quale contempla una deroga solo in caso di pericolo per l’interesse pubblico e per la tutela dell’ambiente o del paesaggio; c) l’intervento in autotutela presenta natura discrezionale e presuppone la comparazione degli interessi coinvolti; d) la precedente autorizzazione era automaticamente valida ed efficace almeno sino al 31 dicembre 2021 e ciò in considerazione di quanto disposto dall’art. 3-bis, primo comma, del decreto legge n. 125/2020; e) va risarcito il danno emergente (spese per il fermo tecnico della gestione ordinaria e per i costi fissi di consulenza amministrativa e contabile) e il lucro cessante (ovvero il mancato guadagno in conseguenza dell’interruzione forzosa dell’attività).
Con memoria in data 28 ottobre 2021 la ricorrente ha osservato, in sintesi, quanto segue: a) a differenza di quanto ritenuto dalla Città Metropolitana, non risponde al vero che all’interno di un medesimo sito non possano coesistere impianti o attività soggette ai diversi regimi autorizzatori (semplificato e ordinario); b) occorre, invero, tener distinta l’attività soggetta a valutazione di impatto ambientale (l’impianto di autodemolizione), da quella di messa in riserva e recupero del materiale, soggetta alla procedura semplificata; c) le operazioni di messa in riserva e recupero dei rifiuti, sottoposte alla procedura semplificata, possono essere sottoposte a valutazione di impatto ambientale solo se, a seguito di sopralluogo, emergano specifiche e concrete criticità ambientali; d) anche il riferimento al tonnellaggio giornaliero di materiali recuperati ai fini della verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale dell’impianto in questione appare incongruo, perché il superamento di tale limite non è stato verificato o dimostrato e anche in quanto a tale adempimento restano soggetti soltanto i nuovi impianti.
La Città Metropolitana di Messina, costituitasi in giudizio, ha chiesto il rigetto del ricorso, osservando, in sintesi, quanto segue: a) come risulta dai documenti allegati, pochi giorni dopo la notifica del provvedimento impugnato la ricorrente ha richiesto all’Assessorato Regionale l’avvio della procedura di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale, ai sensi dell’art. 19 del decreto legislativo n. 152/2006, al fine di ottenere l’autorizzazione unica, ai sensi del successivo art. 208, “per la gestione di un impianto di recupero rifiuti (attività R4-R13) attualmente espletate ai sensi dell’art. 216”; b) l’istanza è corredata da una relazione tecnica che ribadisce quanto indicato e dichiarazioni analoghe compaiono negli allegati e nella successiva nota in data 6 ottobre 2021; c) pertanto, la ricorrente ha condiviso la prescrizione contenuta nel provvedimento impugnato e deve ritenersi che sia intervenuta acquiescenza rispetto a tale atto; d) ad ogni buon conto, per l’applicazione della procedura semplificata è indispensabile che sussista una situazione riconducibile, quanto meno in astratto, alle fattispecie regolate dagli artt. 214 e 216 del decreto legislativo n. 152/2006; e) al riguardo, occorre rammentate che l’autorizzazione ex art. 208 del decreto legislativo n. 152/2006 è di competenza della Regione; f) inoltre, affinché la segnalazione certificata di inizio attività possa esplicare i suoi effetti è necessaria la sussistenza di tutti i presupposti di legge; g) come risulta dalla determina dirigenziale n. 326 del 3 aprile 2020, la società sottopone alle operazioni R3 ed R4 rispettivamente 7.560 tonnellate e 16.100 tonnellate l’anno; h) secondo l’allegato n. 4 alla parte seconda del decreto legislativo n. 163/2006, trattasi di operazioni che richiedono la preventiva verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale da parte della Regione (in particolare, in forza del punto 7, lettera z.b dell’allegato, sono sottoposti alla verifica in questione “gli impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità complessiva superiore a 10/t giorno, mediante operazioni di cui all’allegato C, lettere da R1 a R9 della parte quarta del decreto legislativo n. 152/2006”); i) posto che nessun procedimento avviato con segnalazione certificata di inizio attività si è mai perfezionato, non trova applicazione la disciplina in materia di autotutela; l) a ciò deve aggiungersi che l’art. 216, quarto comma, attribuisce all’Amministrazione il potere di vietare, non solo l’inizio, ma anche la prosecuzione di una delle attività contemplate dalla norma - seppure autorizzate - quando sia accertato il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al primo comma del medesimo articolo, il quale richiama l’art. 214, primo, secondo e terzo comma; m) parte ricorrente avrebbe dovuto dimostrare che, se posta in condizione di controdedurre, avrebbe potuto determinare un diverso esito del procedimento; n) deve aggiungersi che in materia ambientale è necessario valutare il cumulo degli effetti, sicché attività esercitate