TAR Reggio Calabria, sez. I, sentenza breve 2017-03-28, n. 201700263

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Reggio Calabria, sez. I, sentenza breve 2017-03-28, n. 201700263
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Reggio Calabria
Numero : 201700263
Data del deposito : 28 marzo 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/03/2017

N. 00263/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00750/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOE DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

Sezione Staccata di Reggio Calabria

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 74 cod. proc. amm.;

sul ricorso n. 750 del 2014, proposto da -OISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Giorgio Vizzari ed elettivamente domiciliato presso il suo studio legale sito in Reggio Calabria, alla Via Rausei 38

contro

- il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t.;

- la Questura di Reggio Calabria in persona del Questore p.t.;

- la Prefettura di Reggio Calabria, in persona del Prefetto p.t.;

rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Reggio Calabria, presso la quale sono elettivamente domiciliati, in Reggio Calabria, alla via del Plebiscito n. 15

per l'annullamento

- del silenzio-assenso formatosi sull’istanza di dissequestro ex art. 19 della legge 689/1981 presentata dal difensore di fiducia del ricorrente (avv. G I) alla Questura di Reggio Calabria in data 31 luglio 2014 e preordinata ad ottenere la restituzione delle armi e delle licenze oggetto di sequestro amministrativo cautelare, eseguito in data 1° luglio 2014, in quanto beni necessari per l’espletamento da parte dello stesso ricorrente dell’attività lavorativa di Guardia particolare Giurata;

- del consequenziale obbligo in capo all’Amministrazione di restituire i beni oggetto di sequestro amministrativo cautelare anche in ragione della sopravvenuta inefficacia dello stesso per decorso infruttuoso dei termini contemplati dal citato art. 19;

- o, in via subordinata ed alternativa rispetto alle superiori domande, per l’accertamento e la declaratoria dell’illegittimità del silenzio-inadempimento serbato dall’amministrazione in ordine alla summenzionata istanza di dissequestro ex art. 19 della legge 689/1981, con conseguenziale obbligo di emettere un provvedimento espresso e motivato, ex art. 2 L. n. 241 del 1990, che concluda il procedimento avviate con la predetta istanza;

NONCHÉ PER L’ANNULLAMENTO

- del sequestro amministrativo cautelare ex art. 19 della legge 689/1981 eseguito in data 1° luglio 2014 dalla Questura di Reggio nei confronti del Sig. -OISSIS-;

- di tutti gli altri atti e/o provvedimenti presupposti, connessi e/o conseguenziali ai precedenti, ivi inclusi eventuali provvedimenti di divieto e/o inibizione in materia di armi adottati e/o adottandi dalla Questura e/o dalla Prefettura di Reggio Calabria nei confronti del ricorrente.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione intimata;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 marzo 2017 il dott. Roberto Politi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Espone il ricorrente, guardia particolare giurata alle dipendenze dell’Istituto di Vigilanza privata “EUROPOL S.r.l. Servizi di Prevenzione e Sicurezza di Reggio Calabria, che, in data 1° luglio 2014, la Questura di Reggio Calabria procedeva, ai sensi dell’art. 19 della legge 689 del 1981, al sequestro amministrativo cautelare di quanto di seguito elencato:

- licenza di porto d’armi per difesa personale a Guardie Particolari Giurate n. 0540892D e n. d’ordine 265 del 13 ottobre 2010;

- tesserino di servizio rilasciato dell’Istituto -OISSIS- S.r.l. matr. n. 15;

- decreto di approvazione della Guardie particolari Giurate mod. 103;

- n. 3 pistole, tra le quali quella d’ordinanza in dotazione alla guardia particolare giurata e le relative munizioni.

L’impugnato sequestro veniva eseguito sul presupposto che “ il Sig. -OISSIS- non dia sufficienti garanzie di affidabilità ”.

In data 25 luglio 2014, il ricorrente apprendeva di essere indagato per il reato di cui all’art. 612 bis c.p., a seguito di una denuncia querela sporta nei suoi confronti da taluni parenti.

In data 31 luglio 2014, l’avv. G I, nell’interesse dell’odierno ricorrente, presentava una formale istanza di dissequestro ed opposizione ex art. 19 L. 689/81 (qui allegata), anche in considerazione della necessità dell’odierno ricorrente di poter continuare a svolgere la sua attività lavorativa di Guardia Giurata, unica fonte di sostentamento per lui e per il suo nucleo familiare.

L’istanza summenzionata non ha ricevuto alcun riscontro da parte dell’Autorità competente.

In data 11 agosto 2014, l’-OISSIS-, datore di lavoro del ricorrente, ne disponeva la sospensione dal servizio e dalla retribuzione.

Questi i dedotti motivi di doglianza:

1) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19 della legge 24 novembre 1981 n. 689. Silenzio-assenso. Insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto per il mantenimento del sequestro impugnato.

Ai sensi dell’art. 19 della legge n. 689 del 1981, colui che subisce un sequestro cautelare amministrativo può, anche immediatamente, proporre opposizione all'autorità competente.

Sull'opposizione, la decisione verrà adottata con ordinanza motivata e la stessa dovrà essere emessa entro il decimo giorno successivo alla sua proposizione. Qualora entro detto termine l'opposizione non è rigettata, la stessa si intende accolta.

Si sarebbe, per l’effetto formato silenzio-assenso sulla sopra indicata istanza, atteso che, pur essendo stato proposto tempestivo ricorso amministrativo in opposizione da parte del ricorrente con espressa istanza di dissequestro, la stessa non risulta essere stata respinta, né risulta essere stata emessa ordinanza-ingiunzione di pagamento, né disposta la confisca di quanto sequestrato.

2) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19, comma 3, della legge 689/1981. Sopravvenuta perdita di efficacia del sequestro impugnato.

È in ogni caso sopravvenuta l’inefficacia ex lege dell’impugnato sequestro, atteso che il comma 3 dell’art. 19 della legge 689/1981 espressamente prevede la cessazione dell’efficacia del sequestro “ se non è emessa ordinanza-ingiunzione di pagamento o se non è disposta la confisca entro due mesi dal giorno in cui è pervenuto il rapporto e, comunque, entro sei mesi dal giorno in cui è avvenuto il sequestro ”.

3) In via subordinata: illegittimità del silenzio inadempimento

In via subordinata, chiede parte ricorrente che venga dichiarata l’illegittimità dell’inerzia non significativa formatasi a fronte della formale istanza di dissequestro del 31 luglio 2014, con consequenziale declaratoria dell’obbligo per l’amministrazione di pronunciarsi sulla stessa con un provvedimento espresso.

4) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19 della legge 689/1981. Carenza di istruttoria. Carenza dei presupposti per il sequestro amministrativo cautelare e per qualsivoglia provvedimento di divieto di detenzioni di armi e/o revoca di porto d’armi. Eccesso di potere ed irragionevolezza.

Eventuali provvedimenti (ancorché sconosciuti al ricorrente) recanti divieto di detenzione armi e/o revoca di porto d’armi, disposti dalla Prefettura e/o dalla Questura nei confronti del ricorrente, si rivelerebbero comunque illegittimi ed irragionevoli, in quanto fondati un solo presunto ed immotivato giudizio di “inaffidabilità” del ricorrente, sganciato da validi accertamenti istruttori (mai svolti) e/o da elementi di fatto che possano giustificare la misura adottata.

La misura impeditiva della detenzione di armi deve essere supportata da adeguata istruttoria, nel caso di specie assente, atteso che il pericolo di abuso delle armi richiede un’adeguata valutazione non del singolo episodio, ma anche della personalità del soggetto interessato, che possa giustificare un giudizio necessariamente prognostico sulla sua sopravvenuta inaffidabilità.

Né una mera denuncia all’Autorità Giudiziaria proveniente da un soggetto terzo è circostanza che da sola possa giustificare la revoca ovvero il diniego del porto d’armi.

L’interesse primario alla tutela delle condizioni di sicurezza e di incolumità cui è indirizzato l’atto inibitorio in materia di armi deve formare oggetto di una prudente valutazione e bilanciamento con altri interessi di carattere secondario che possono venire in rilievo nella singola fattispecie.

Detti interessi secondari, nel caso di specie, investono l’utilizzo necessitato dell’arma per ragioni di lavoro e le stesse qualità soggettive del beneficiario del provvedimento, che è persona nei cui confronti è stata accertata l’idoneità all’esercizio dell’attività di guardia giurata.

Mancherebbe, peraltro, un collegamento logico/giuridico fra l’oggetto della denuncia ed il pericolo che il ricorrente possa abusare delle armi legittimamente (e per motivi lavorativi) possedute: difettando, ad avviso della parte, una motivazione che spieghi il nesso logico che deve necessariamente sussistere fra il comportamento del ricorrente ed il pericolo di abuso delle armi.

Conclude la parte ricorrente insistendo per l'accoglimento del gravame ed il conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.

Con motivi aggiunti notificati alle controparti e depositati in giudizio il 21 gennaio 2015, parte ricorrente ha poi impugnato:

- il decreto del Prefetto della Provincia di Reggio Calabria, prot. n. 107153/W/2014/D.D.A./Area I^ Bis del 29 dicembre 2014, notificato in data 2 gennaio 2015, con il quale è stato fatto divieto al sig. -OISSIS- di detenere a qualsiasi titolo armi, munizioni e materiale esplodente e, contestualmente, viene revocata al medesimo la licenza di porto d’armi a tassa ridotta;

- nonché tutti gli altri atti già impugnati col ricorso principale;
quelli presupposti, conseguenziali e/o comunque connessi.

Assume il ricorrente che tali atti siano illegittimi per:

Violazione di legge (spec. degli artt. 11, 39, 41, 43 del T.U.L.P.S. R.D. n. 773/1931). Insussistenza dei presupposti di fatto e diritto per l’adozione del provvedimento impugnato. Difetto di motivazione. Carenza di istruttoria. Eccesso di potere. Contraddittorietà ed irragionevolezza. Violazione del principio di proporzionalità,

ribadendo le considerazioni in diritto già rassegnate con l’atto introduttivo del giudizio.

L'Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ha eccepito l'infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell'impugnativa.

La domanda di sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, dalla parte ricorrente proposta in via incidentale, è stata da questa Sezione accolta con ordinanze nn. 314 e 44, rispettivamente pronunziate nelle Camere di Consiglio del 17 dicembre 2014 e dell’11 febbraio 2015.

Rileva il Collegio, quanto alla sottoposta vicenda contenziosa, la presenza dei presupposti indicati all’art. 74 c.p.a. ai fini della definizione della stessa con sentenza in forma semplificata.

Tale tipologia di pronunzia, infatti, è suscettibile di definire il giudizio nel caso in cui l’adito organo di giustizia “ravvisi la manifesta fondatezza ovvero la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso”;
la relativa motivazione potendo “consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero, se del caso, ad un precedente conforme”.

Con dichiarazione resa alla pubblica udienza di trattazione della controversia, il procuratore in giudizio di parte ricorrente ha chiesto darsi atto della cessazione della materia del contendere;
altresì sollecitando, in applicazione del principio della c.d. “soccombenza virtuale”, la condanna della resistente Amministrazione al pagamento delle spese di lite.

Preso atto di quanto sopra, con accessiva definizione del giudizio ai sensi dell’art. 34, comma 5, c.p.a., esclude il Collegio che possa darsi luogo alla richiesta condanna dell’Amministrazione, atteso che la cognizione della controversia, per come emergente dalla disamina delle censure dalla parte articolate con i proposti mezzi di tutela, non consente di apprezzare, a tali fini, la fondatezza delle doglianze stesse.

Ne consegue, in presenza di giusti motivi, la compensazione inter partes delle spese stesse.

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