TAR Cagliari, sez. I, sentenza 2016-05-12, n. 201600428

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Cagliari, sez. I, sentenza 2016-05-12, n. 201600428
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Cagliari
Numero : 201600428
Data del deposito : 12 maggio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00632/2015 REG.RIC.

N. 00428/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00632/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 632 del 2015, proposto da:
Blue Brothers Scuba Center di P Edoardo, rappresentato e difeso dall'avv. D C, con domicilio eletto presso D C in Cagliari, Via Fratelli Faletti n. 24;

contro

Ministero della Difesa, Comando Militare Autonomo della Sardegna, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale Cagliari, domiciliati in Cagliari,Via Dante n. 23;

per l'accertamento

dell’illegittimità del silenzio su istanze volte ad ottenere gli indennizzi per gli sgomberi degli specchi d'acqua per gli anni dal 2009 al 2014 ai sensi del d.lgs. n. 66/2010.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Comando Militare Autonomo della Sardegna;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nella camera di consiglio del giorno 14 ottobre 2015 il dott. Gianluca Rovelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Espone il ricorrente di essere titolare della impresa individuale “Blue Brothers Scuba Center di Edoardo P”, centro subacqueo con sede in Teulada ove vengono svolte tutto l’anno attività didattiche e ricreative di immersioni subacquee, corsi subacquei, snorkeling ed escursioni in mare.

A partire dall’anno 2010 il sig. P si è adoperato per ottenere il riconoscimento degli indennizzi spettanti agli operatori economici danneggiati a causa dell’impossibilità di utilizzo dello spazio marino ai sensi degli artt. 15 e 7 della L. 898 del 1976 (oggi artt. 332 e 325 del Nuovo codice dell’ordinamento militare ex d.lgs. 66/2015).

Dopo una lunga procedura, con la nota prot. 17623 del 19.9.2011 l’Amministrazione militare comunicava al sig. P che “malgrado ogni più favorevole predisposizione, l’istanza indennitaria non era suscettibile di vaglio né di accoglimento in quanto, allo stato, non esisteva un accordo tra la Regione autonoma della Sardegna ed il Ministero della difesa sulla materia specifica”.

Dopo la sentenza del T.a.r. Sardegna. Sez. I, 10 gennaio 2012 n. 8 che chiariva che il dovere di indennizzo spetta a tutti i soggetti che traggono in concreto una lesione dell’attività esercitata a causa dello sgombero dello specchio acqueo, senza la necessità della mediazione di un regolamento, il sig. P insisteva con la richiesta di indennizzi. Egli veniva invitato a presentare istanza al Comando – Ufficio Logistico, infrastrutture e servitù militari.

Ricevute le istanze, l’Amministrazione comunicava di essere in attesa di una valutazione tecnica da parte degli organi sovraordinati per il completamento della fase istruttoria del procedimento.

Con raccomandata del 25 febbraio 2014 il sig. P presentava ulteriore istanza per il riconoscimento degli indennizzi per gli sgomberi e occupazioni militari degli specchi d’acqua per l’anno 2013.

Con nota prot. 11346 del 13 marzo 2014 il Comando militare della capitale comunicava al sig. P che “l’unico Ente competente alla ricezione, valutazione e possibile approvazione delle richieste in oggetto è il Comando militare autonomo della Sardegna”.

Con ulteriori note prot. 5749 del 14 marzo 2014 e nota prot. 22014 dell’11 novembre 2014 il Comando Militare autonomo della Sardegna ribadiva di essere ancora in attesa di una valutazione da parte degli organi sovraordinati.

Persistendo l’inerzia dell’Amministrazione il sig. P chiedeva l’intervento del dirigente titolare del potere sostitutivo. Presentava poi ulteriore istanza e tornava a chiedere ulteriore intervento del titolare del potere sostitutivo e il riconoscimento dell’indennizzo da ritardo ai sensi dell’art. 28 d.l. 21.6.2013 n. 69 convertito in legge 98/2013.

In ragione della perdurante inerzia il sig. P proponeva ricorso volto a:

1) accertare e dichiarare l’illegittimità del silenzio dell’Amministrazione sulle istanze presentate;

2) ordinare alle amministrazioni di provvedere a nominare il titolare del potere sostitutivo ai sensi dell’art. 2 comma 9 bis della L. 241 del 1990;

3) accertare la fondatezza della pretesa del ricorrente;

4) nominare un Commissario ad acta;

5) condannare le Amministrazioni resistenti al pagamento a titolo di indennizzo di una somma pari a € 30 per ogni giorno di ritardo;

6) in via subordinata accertare e dichiarare il possesso dell’impresa ricorrente di idonea qualifica di operatore economico danneggiato dallo sgombero degli specchi acquei antistanti il Poligono militare di Capo Teulada rilevante giuridicamente ai fini del riconoscimento degli indennizzi di cui agli artt. 332 e 325 d.lgs. 66/2010 per gli anni dal 2009 al 2014;

7) in ogni caso, in via subordinata, sollevarsi avanti alla Corte Costituzionale eccezione di costituzionalità per contrasto con gli artt. 1, 3, 4, 16, 35 e 41 della Costituzione degli artt. 332 e 325 del d.lgs. 66/2010;

8) in via di ulteriore subordine, accertare e dichiarare la responsabilità dell’Amministrazione ex art. 2050 c.c. ovvero in subordine ex art. 2043 per i danni subiti dalla ditta Blue Brother Scuba center di Edoardo P a causa dell’impossibilità di utilizzo dello spazio marino di Capo Teulada precluso alla navigazione e alle immersioni subacquee per gli anni dal 2009 al 2014 e per l’effetto condannare l’Amministrazione militare convenuta al risarcimento di tutti i danni subiti dalla ricorrente nella misura di € 82.864,83 oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.

Si costituiva l’Amministrazione intimata chiedendo il rigetto del ricorso.

L’Amministrazione depositava memoria in data 28 settembre 2015.

Memoria di replica veniva depositata dalla difesa del ricorrente in data 3 ottobre 2015.

Alla camera di consiglio del 14 ottobre 2015 il ricorso veniva trattenuto per la decisione.

DIRITTO

Il ricorrente ha proposto una molteplicità di domande e di azioni tutte volte all’ottenimento del riconoscimento degli indennizzi previsti dagli artt. 332 e 325 del d.lgs. 66 del 2010. Gli indennizzi sarebbero dovuti per il mancato esercizio dell’attività subacquea e di diportistica turistica negli specchi acquei di Capo Teulada dal 2009 al 2014.

Occorre procedere con ordine.

Quanto alla domanda che nella esposizione in fatto è stata indicata al punto 1 se ne deve rilevare la fondatezza.

Va ricordato che l'obbligo dell'amministrazione di provvedere sull'istanza del privato sussiste, intanto, qualora quest'ultimo sia titolare di una posizione qualificata ed abbia un interesse concreto ed attuale ad ottenere il provvedimento richiesto.

Poi, va ricordato che il silenzio rilevante ai fini del rito ex art. 31 cod. proc. amm. sussiste laddove la p.a. contravvenga ad un preciso obbligo di provvedere. Ciò costituisce un presupposto imprescindibile per l’esercizio della relativa azione.

Insomma, per poter azionare il rito del silenzio, previsto dall'art. 117 c.p.a., è necessaria la sussistenza di due requisiti, consistenti nell'obbligo per l'Amministrazione di provvedere sull'istanza presentata dal soggetto interessato e nella conseguente inerzia della stessa Amministrazione che con il ricorso ex art. 117 c.p.a. si tende a superare (Consiglio di Stato, sez. VI, 17 gennaio 2014, n. 233).

Come correttamente fatto rilevare dalla difesa del ricorrente (nella memoria del 3 ottobre 2015), la nota del 26 gennaio 2015 documento 1 produzioni dell’Amministrazione) non ha, nella sostanza, espresso ragioni ostative al riconoscimento della pretesa vantata dal ricorrente medesimo. Ha anzi affermato di attendere le determinazioni degli organi sovraordinati. E allora va ricordato che un provvedimento che (come quello appena citato) abbia natura meramente interlocutoria rinviando il soddisfacimento del correlato interesse pretensivo ad un accadimento futuro ed incerto equivale a inerzia dell’Amministrazione.

Occorre ancora ricordare che l'ammissibilità dell'azione avverso il silenzio postula l'esistenza di una posizione di interesse legittimo, mentre il diritto soggettivo è tutelabile, presso il g.o., o eventualmente presso il g.a. nelle materie di giurisdizione esclusiva, con l'azione di accertamento, in quanto il bene della vita richiesto non costituisce oggetto di attività amministrativa ma è riconosciuto direttamente dall'ordinamento senza alcuna intermediazione del potere pubblico.

Nel caso che qui occupa il Collegio è indubbia la necessità di una valutazione dell’Amministrazione e pertanto non possono trovare accoglimento le altre domande presentate dal ricorrente volte all’accertamento in concreto della fondatezza della pretesa.

In casi come quello qui all’esame, in linea generale, il giudice amministrativo non può andare oltre la declaratoria d'illegittimità dell'inerzia e l'ordine di provvedere, mentre gli resta precluso il potere di accertare direttamente la fondatezza della pretesa fatta valere dal richiedente, sostituendosi all'Amministrazione stessa (Consiglio di Stato, sez. IV, 18/02/2016, n. 653).

In definitiva l’Amministrazione deve concludere il procedimento amministrativo con un provvedimento espresso.

L’importanza e la delicatezza delle questioni che il ricorrente sottopone al Collegio meritano alcune ulteriori precisazioni.

E’ vero, come appena ricordato, che ai sensi dell'art.31 comma 3, c.p.a. è consentito al giudice di pronunciarsi anche sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio, nell'ambito del rito speciale del silenzio, nelle sole ipotesi in cui l'azione amministrativa in relazione alla quale è stata denunciata l'inerzia dell'Amministrazione si connoti come vincolata e priva di qualsivoglia residuo margine di discrezionalità (Consiglio di Stato, sez. III, 26/10/2015, n. 4902). Ed è vero, lo si ribadisce, che non è questo il caso che occupa il Collegio.

E’ però altrettanto vero che su questione analoga, come correttamente fatto rilevare dalla difesa del ricorrente, questo T.a.r. si è pronunciato con sentenza n. 8/2012 che ha affermato principi chiari che questo Collegio conferma e che l’Amministrazione deve tenere in debito conto.

In ordine alla richiesta di indennizzo da mero ritardo occorre rilevare quanto segue.

L'art. 28 del d.l. n. 69/2013, convertito con modificazioni dalla l. n. 98/2013, modificando l'art. 2 bis della L. n. 241/1990 con l'aggiunta del comma 1 bis, ha introdotto l'indennizzo da ritardo nella conclusione dei procedimenti ad istanza di parte, prevedendo il pagamento di una somma pari a trenta euro per ogni giorno di ritardo, con decorrenza dalla data di scadenza del termine del procedimento, comunque complessivamente non superiore a 2.000 euro.

Orbene, seppure tale istituto prescinde dalla dimostrazione degli elementi costitutivi della responsabilità extracontrattuale (prova del danno, del comportamento colposo o doloso della p.a.;
del nesso di causalità) - essendo sufficiente il superamento del termine di conclusione del procedimento - tuttavia, ai fini del riconoscimento del diritto all'indennizzo, una volta scaduti i termini per la conclusione del procedimento, l'istante, nel termine perentorio di venti giorni dalla scadenza del termine entro il quale il procedimento si sarebbe dovuto concludere, deve ricorrere all'Autorità titolare del potere sostitutivo di cui all'art. 2, co. 9 bis, l. n. 241/1990, richiedendo l'emanazione del provvedimento non adottato (cfr. art. 28, co. 2, d.l. n. 69/2013).

Insomma, una volta scaduti i termini per la conclusione del procedimento, l’istante, nel termine perentorio di 20 giorni dalla scadenza del termine entro il quale il procedimento si sarebbe dovuto concludere, deve ricorrere all'Autorità titolare del potere sostitutivo di cui all'art. 2, comma 9-bis, L. n. 241/1990, richiedendo l'emanazione del provvedimento non adottato (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, n. 4168/2015) .

Il ricorrente, con la istanza indennitaria avanzata per l’anno 2014, ricevuta dall’Amministrazione in data 27 febbraio 2015, ha ritualmente assolto all’onere prescritto dalla richiamata disposizione nel termine ivi indicato onde la domanda di corresponsione dell’indennizzo deve trovare accoglimento.

L’istanza di intervento del titolare del potere sostitutivo è stata correttamente formulata, presenta tutti i requisiti previsti dalle disposizioni sopra citate ed è tempestiva (documento 26 produzioni del ricorrente).

La domanda è pertanto fondata e deve essere accolta nella misura massima consentita e cioè per l’importo di € 2.000/00 (duemila).

In ordine alle ulteriori domande presentate dal ricorrente va osservato quanto segue.

E’ inevitabile rilevare l’inammissibilità, della domanda descritta al punto n. 6 (seppure dedotta in via subordinata) posto che è configurabile in capo al ricorrente una posizione d'interesse legittimo tutelabile (come è stato fatto) con l’azione avverso l’illegittimità del silenzio dell’Amministrazione.

In merito all’azione descritta al punto n. 7, è qui sufficiente rilevare che con riferimento alla fattispecie di illecito di cui all’art. 2050 c.c. incombe sul danneggiato l’onere della prova dell’intercorrenza del nesso causale tra evento lesivo ed attività, prova che non è stata in alcun modo assolta. Tutta la domanda risarcitoria è fondata su asserzioni sfornite di prova.

Il ricorso è, in definitiva, parzialmente da accogliere per le ragioni esposte.

Le spese seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

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