TAR Bologna, sez. I, sentenza breve 2018-01-29, n. 201800094
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Pubblicato il 29/01/2018
N. 00094/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00918/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 918 del 2017, proposto da:
E W L, rappresentato e difeso dall'avv. A C, con domicilio eletto presso il suo studio in Bologna, via Cartoleria 40;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, anche domiciliataria in Bologna, via Guido Reni, 4;
per l'annullamento
del provvedimento del Prefetto di Modena del 7.10.2017 di revoca delle misure di accoglienza;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2018 il dott. Ugo De Carlo e uditi per le parti i difensori A C e Silvia Bassani;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente è un richiedente la protezione interazionale accolto nella Provincia di Modena nell'ambito delle emergenze umanitarie “Mare nostrum” e “Triton”, a seguito di trasferimento disposto dalla Prefettura di Bologna.
La Polizia Municipale di Modena comunicava alla Prefettura competente che il ricorrente in data 05/10/2017 era stato arrestato in fragranza di reato per violazione dell'art. 73 del DPR 309/90 e lo stesso giorno veniva emesso il provvedimento impugnato.
Il primo motivo di ricorso lamenta la violazione delle norme sull’accoglienza di cui al D.lgs. 142/2015.
L'art. 8 D.lgs 142/2015, delinea il sistema di accoglienza per i richiedenti protezione internazionale strutturandolo in due principali fasi: una fase di prima accoglienza che si svolge nei “centri governativi di prima accoglienza” di cui all'art. 9, ed una fase di seconda accoglienza che si svolge nelle strutture del “sistema di accoglienza territoriale – SPRAR”, di cui all'art. 14.
Solo in casi eccezionali e per il tempo strettamente necessario al trasferimento del richiedente all'interno di una struttura SPRAR, il richiedente asilo può essere accolto all'interno di strutture temporanee di prima accoglienza previste dall'art. 11 o centri di accoglienza straordinari.
Per coloro che sono ospitati nei centri di cui agli artt. 9 e 11 solo l'allontanamento ingiustificato dalle strutture comporta la revoca delle condizioni di accoglienza ai sensi dell’art. 13 D.lgs. 142/2015;mentre la revoca delle misure di accoglienza per coloro che sono accolti all'interno delle strutture di cui accoglienza dello SRAR è prevista dall'art. 23 comma 1, D.lgs 142/2015.
Pertanto per il ricorrente vale la prima ipotesi e l’arresto subito non costituisce motivo di revoca delle misure di accoglienza.
Il secondo motivo contesta l’applicazione analogica della sanzione amministrativa e l’inadeguata motivazione del provvedimento impugnato.
Il terzo motivo eccepisce la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento.
Il Ministero dell’Interno si costituiva con comparsa di stile.
Il ricorso non è fondato.
Il ricorrente fonda le doglianze del primo motivo sul presupposto di essere stato alloggiato in una struttura ai sensi dell’art. 11 D.lgs. 142/2015, ma in realtà tali strutture sono quelle in cui si allocano temporaneamente i richiedenti asilo quando non è possibile alloggiarli o in un centro governativo di prima accoglienza o in un centro del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati.
Il ricorrente è presente da tempo in Italia così come si deduce dalla relazione psicologica allegata e quindi si trova in uno dei centri del sistema di protezione.
Il regolamento di tali centri prevede che non si faccia uso di stupefacenti e quindi a maggior ragione che si commettano reati in tale materia. Sarebbe paradossale poter revocare le misure di accoglienza ad un soggetto che danneggiasse gli arredi della struttura che lo ospita, ma non si potesse fare altrettanto per chi spaccia sostanze stupefacenti. Non va dimenticato che per un immigrato regolare la condanna per spaccio è motivo sufficiente per la revoca del permesso di soggiorno.
Non vi è quindi nessuna applicazione analogica di una sanzione amministrativa perché quella inflitta è stata irrogata ai sensi dell’art. 23 D.lgs. 142/2015 norma correttamente utilizzata.
L’omesso avviso dell’avvio del procedimento è giustificato dalla gravità della violazione che richiedeva un immediato provvedimento.
Il ricorso va respinto con condanna del ricorrente alle spese di giudizio secondo il principio della soccombenza.