TAR Roma, sez. 4B, sentenza 2022-12-27, n. 202217550
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Testo completo
Pubblicato il 27/12/2022
N. 17550/2022 REG.PROV.COLL.
N. 02166/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quarta Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2166 del 2022, proposto da
Associazione Italiana dei Giovani Avvocati (AIGA), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati E G e V Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Fabio Cintioli e David Astorre, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
- della delibera n. 390/21/CONS dell'Autorità per la Garanzie nelle Comunicazioni adottata in data 1.12.2021 e pubblicata in data 23.12.2021, avente ad oggetto “Modifica del regolamento sulle procedure di risoluzione delle controversie tra utenti e operatori di comunicazioni elettroniche”, laddove, decidendo di inserire “i Dottori commercialisti e gli Esperti contabili” tra i soggetti accreditati, così delibera: “Art. 1 (…) 1. All'articolo 1 (…) c) la lettera t) è sostituita dalla seguente: <<t) “soggetto accreditato”, (…) e i Dottori commercialisti ed esperti contabili iscritti nei rispettivi Albi professionali, registrati sulla piattaforma al fine di avviare e gestire le procedure di risoluzione delle controversie in nome e per conto dei propri assistiti>>”;del “Regolamento sulle procedure di risoluzione delle controversie tra utenti e operatori di comunicazioni elettroniche (All. A alla delibera n. 203/18/CONS come modificato dalla delibera n. 390/21/CONS” laddove, all'art. 1 recita che <<Ai fini del presente regolamento si intendono per: (…) t) “soggetto accreditato”, (…) e i Dottori commercialisti ed esperti contabili iscritti nei rispettivi Albi professionali, registrati sulla piattaforma al fine di avviare e gestire le procedure di risoluzione delle controversie in nome e per conto dei propri assistiti>>;quindi, dell'All. A alla delibera n. 203718/CONS come modificato dalla delibera n. 390/21/CONS nella parte in cui include tra i soggetti accreditati i Dottori commercialisti ed esperti contabili iscritti nei rispettivi Albi professionali, registrati sulla piattaforma al fine di avviare e gestire le procedure di risoluzione delle controversie in nome e per conto dei propri assistiti;
- nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e del Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 novembre 2022 il dott. A A e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;
FATTO
Con ricorso notificato il 21 febbraio 2022 all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e al Consiglio nazionale dell’ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, depositato presso il Tar del Lazio il 1 marzo 2022, l’Associazione Italiana dei Giovani Avvocati impugna la delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni numero 390 del 1 dicembre 2021, pubblicata il 23 dicembre 2021, con cui è stato modificato il regolamento sulle procedure di risoluzione delle controversie tra utenti e operatori di comunicazioni elettroniche, nella parte in cui i dottori commercialisti e gli esperti contabili sono inseriti tra i soggetti accreditati al fine di avviare e gestire le procedure di risoluzione delle controversie in nome per conto dei propri assistiti. Impugna inoltre il regolamento sulle procedure di risoluzione delle controversie tra utenti e operatori di comunicazioni elettroniche nella parte in cui è stato modificato dalla delibera numero 390 del 2021.
L’Autorità amministrativa resistente si costituisce in giudizio ed eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione ad agire e per carenza di interesse. Nel merito eccepisce l’infondatezza di tutti i motivi di impugnazione.
Anche il controinteressato Consiglio nazionale dell’ordine dei commercialisti si costituisce in giudizio, eccependo l’infondatezza del ricorso.
L’associazione ricorrente replica a tutte le eccezioni di rito e di merito delle controparti.
Il ricorso è trattato all’udienza pubblica del 9 novembre 2022 per essere deciso.
DIRITTO
Il regolamento sulle procedure di risoluzione delle controversie tra utenti e operatori di comunicazioni elettroniche, approvato con delibera dell’Autorità garante numero 203 del 2018, integrato con il regolamento applicativo sulle procedure di risoluzione delle controversie tra utenti e operatori di comunicazioni elettroniche, approvato con delibera dell’Autorità numero 339 del 2018, è stato modificato con la delibera impugnata numero 390 del 2021, pubblicata il 23 dicembre 2021.
Il regolamento è stato modificato all’articolo 4 bis, laddove è stata prevista la possibilità anche per i dottori commercialisti ed esperti contabili di operare sulla piattaforma elettronica per la risoluzione delle controversie quali soggetti accreditati, estendendosi così ai professionisti iscritti all’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili la facoltà prevista anche a favore delle associazioni di consumatori riconosciute a livello regionale, oltre che a favore dei cosiddetti enti esponenziali, identificati come enti rappresentativi di particolari categorie di utenti.
L’Associazione Italiana dei Giovani Avvocati contesta la legittimità di questa previsione, articolando due motivi di impugnazione.
Prima di entrare nel merito, peraltro, devono essere esaminate le eccezioni di rito proposte dall’Autorità amministrativa resistente.
Preliminarmente la difesa statale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione attiva in quanto l’associazione ricorrente non sarebbe titolare di un interesse omogeneo, riferibile a tutti gli appartenenti alla categoria forense;soltanto una parte degli avvocati sarebbe interessata a contestare l’illegittimità della delibera, tanto che il Consiglio nazionale forense, rappresentante istituzionale dell’avvocatura a livello nazionale, non avrebbe neppure partecipato alla procedura amministrativa di consultazione pubblica che ha preceduto l’adozione della delibera impugnata.
L’eccezione è infondata perché lo statuto del regolamento dell’Associazione Italiana Giovani Avvocati, all’articolo 2, prevede la tutela dei diritti dell’avvocatura, rafforzandone la funzione difensiva sia nella giurisdizione statale che nelle modalità alternative di risoluzione delle controversie.
Essendo stato proposto il ricorso per rafforzare la funzione dell’avvocatura, per scongiurare l’attribuzione ai professionisti iscritti all’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili del ruolo di rappresentanti abilitati a difendere le ragioni degli utenti nell’ambito delle procedure di risoluzione delle controversie in materia di comunicazioni elettroniche, si deve ritenere che l’Associazione dei Giovani Avvocati abbia agito in giudizio a tutela delle finalità statutarie, quindi quale ente esponenziale dell’interesse collettivo dei giovani avvocati ad assumere in via pressoché esclusiva le funzioni difensive nell’ambito delle modalità alternative alla giurisdizione per la risoluzione delle controversie.
Con la seconda eccezione preliminare l’Avvocatura statale eccepisce l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, in quanto l’annullamento della delibera impugnata non arrecherebbe alcun vantaggio concreto alla parte ricorrente, atteso che l’assistenza legale non è necessaria nelle procedure di risoluzione delle controversie, essendo consentito agli utenti di tutelarsi autonomamente, senza l’ausilio di un difensore.
Anche questa eccezione di rito è priva di fondamento perché parte ricorrente ha dedotto in giudizio un interesse concreto e attuale, quello di garantire all’avvocatura l’esclusività della tutela difensiva nell’ambito delle procedure stragiudiziali di risoluzione delle controversie in tema di comunicazione elettronica richiedenti l’assistenza di un difensore, indipendentemente dal fatto che gli utenti possano attivare direttamente tali procedure senza l’assistenza di alcun difensore. Questa facoltà è irrilevante al fine del riconoscimento dell’interesse processuale, dovendosi ravvisare un interesse concreto ad evitare la sottrazione di clientela a danno di giovani avvocati a favore dei dottori commercialisti e degli esperti contabili per quelle controversie instaurate da utenti che, per propria scelta, preferiscono avvalersi di una difesa tecnica, fermo restando che altri utenti potranno continuare ad operare direttamente sulla piattaforma telematica per la risoluzione delle controversie in materia di comunicazioni elettroniche.
Nel merito, con il primo motivo di impugnazione, parte ricorrente deduce la violazione dell’articolo 2 della legge numero 247 del 2012 che riconosce all’avvocato la funzione di garantire al cittadino l’effettività della tutela dei diritti, precisando, al comma sei, che l’attività professionale di consulenza legale e di assistenza legale stragiudiziale, ove connessa all’attività giurisdizionale, è di competenza degli avvocati.
La delibera impugnata, quindi, equiparando illegittimamente agli avvocati i dottori commercialisti e gli esperti contabili, avrebbe consentito a tali professionisti di esercitare una funzione di assistenza legale stragiudiziale riservata dalla legge all’avvocatura, trattandosi di un tentativo obbligatorio di conciliazione che costituisce condizione di procedibilità del ricorso in sede giurisdizionale.
Oltre che per violazione di legge, la delibera sarebbe viziata per eccesso di potere, non essendosi tenuto conto, nella fase istruttoria, della contrarietà di quasi tutti gli operatori partecipanti alla consultazione pubblica rispetto all’ampliamento dell’elenco dei soggetti accreditati alla difesa dei diritti degli utenti.
Inoltre la funzione di intermediazione riconosciuta ai dottori commercialisti e agli esperti contabili sarebbe in violazione dell’articolo 4, comma uno, del decreto legislativo numero 139 del 2005, recante l’ordinamento professionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, che sancisce la incompatibilità dell’esercizio di tale professione con l’attività di intermediazione nella circolazione di beni e servizi e con ogni attività di mediazione. L’articolo 1, comma uno, del decreto legislativo numero 139 del 2005, d’altra parte, riconosce ai professionisti iscritti all’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili soltanto talune competenze specifiche, facendo riferimento alla sola giurisdizione tributaria quale ambito di attività nella quale è riconosciuta ai dottori commercialisti e agli esperti contabili la funzione di partecipante all’organo giudicante e di soggetto abilitato all’assistenza tecnica.
La delibera impugnata sarebbe in contraddizione anche con l’articolo 5, comma uno bis, del decreto legislativo numero 28 del 2010 che, nel disciplinare il procedimento di mediazione che deve necessariamente precedere ogni azione giudiziaria relativa a determinate materie, richiede l’assistenza dell’avvocato in tutta la procedura di mediazione obbligatoria.
A giudizio del Collegio, tutte le censure nelle quali è articolato il primo motivo di impugnazione sono prive di fondamento.
Al riguardo si deve premettere, per comprendere la natura del procedimento nell’ambito del quale è stata prevista la partecipazione dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nella qualità di soggetti accreditati alla difesa degli utenti, che la legge numero 249 del 1997 ha previsto una specifica modalità di risoluzione alternativa delle controversie, rispetto alla tutela giurisdizionale, attribuendo all’Autorità garante delle comunicazioni elettroniche il potere di disciplinare, con propri provvedimenti, le modalità della soluzione non giurisdizionale delle controversie tra utenti e soggetti autorizzati o destinatari di licenze (articolo 1, comma 11, della legge).
Ferma restando la tutela giurisdizionale, anche il codice delle comunicazioni elettroniche, approvato con decreto legislativo numero 259 del 2003 e sostituito dal decreto legislativo numero 207 del 2021, attribuisce all’Autorità garante per le comunicazioni il potere di regolamentare le procedure extragiudiziali per l’esame delle controversie tra utenti e operatori relative all’esecuzione dei contratti e alle condizioni contrattuali.
Il regolamento dell’Autorità approvato con delibera numero 203 del 2018 disciplina, appunto, le procedure di risoluzione delle controversie tra utenti e operatori di comunicazioni elettroniche e il ricorso che viene in decisione concerne l’ultima modifica del regolamento, mediante la quale l’Autorità garante ha ampliato la platea dei soggetti abilitati alla difesa degli utenti nell’ambito di queste procedure stragiudiziali, affiancando agli avvocati e alle associazioni di consumatori anche i dottori commercialisti e gli esperti contabili.
Indubbiamente si tratta di procedure che costituiscono condizione di procedibilità del ricorso giurisdizionale, ai sensi dell’articolo 3 del regolamento, che sancisce espressamente la improcedibilità del ricorso in sede giurisdizionale per le controversie tra utenti e operatori delle comunicazioni elettroniche qualora non sia stato esperito il tentativo obbligatorio di conciliazione disciplinato dal regolamento stesso.
Tuttavia la natura di metodo alternativo di risoluzione delle controversie non implica necessariamente che la disciplina della procedura stragiudiziale debba essere curata con l’assistenza di un avvocato.
Anzi, la Direttiva Europea numero 11 del 2013 sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori stabilisce che le parti abbiano accesso alle procedure di risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori senza essere obbligate a ricorrere a un avvocato (articolo 8B).
Qualora la disciplina nazionale prevedesse l’assistenza obbligatoria di un avvocato per l’esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione in materia di comunicazioni elettroniche, essa si porrebbe in contrasto con la direttiva europea richiamata, trattandosi di controversie instaurate dai consumatori utenti delle comunicazioni elettroniche.
Ne consegue che l’articolo 2, comma 2, della legge numero 247 del 2012, recante la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense, che riserva agli avvocati le attività di assistenza legale stragiudiziale, ove connesse alle attività giurisdizionali, non può essere interpretato nel senso di obbligare i consumatori ad avvalersi della difesa di un avvocato nell’ambito delle procedure di risoluzione alternativa delle controversie in materia di comunicazioni elettroniche.
Coerentemente con l’ordinamento dell’Unione Europea, la disciplina nazionale sulla risoluzione stragiudiziale delle controversie tra gli utenti e gli operatori delle comunicazioni elettroniche consente agli utenti consumatori di attivare direttamente tali metodi di risoluzione delle controversie, senza avvalersi di alcun difensore.
Ne deriva, oltre l’infondatezza della censura sulla violazione della legge sull’ordinamento della professione forense, anche l’infondatezza della censura sulla violazione dell’articolo 5 e dell’articolo 8 del decreto legislativo numero 28 del 2010, di attuazione della legge sulla mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali.
Seppure l’articolo 5, comma 1 bis, stabilisce che chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a determinate controversie è tenuto ad esperire un procedimento di mediazione assistito dall’avvocato e l’articolo 8 prevede che la mediazione si svolge con l’assistenza obbligatoria dell’avvocato, si deve rilevare che le controversie civili e commerciali cui si riferisce la mediazione sono quelle indicate al comma 1 bis (in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie…) e tra esse non sono certamente comprese le controversie tra utenti e operatori delle comunicazioni elettroniche per le quali, come si è già chiarito, non è richiesta l’assistenza di alcun professionista in qualità di difensore.
Infondata è pure la censura sulla violazione dell’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo numero 139 del 2005, recante l’ordinamento professionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, laddove è sancito il divieto per i professionisti iscritti all’albo di svolgere attività di intermediazione e di mediazione.
Il mediatore o intermediario nella circolazione di beni e servizi è colui che, ai sensi dell’articolo 1754 del codice civile, mette in relazione le parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse.
L’attività di assistenza nella risoluzione extragiudiziale delle controversie tra utenti e operatori delle comunicazioni elettroniche non ha nulla a che fare con la mediazione o con la intermediazione vietata dall’ordinamento della professione di dottore commercialista ed esperto contabile, non essendo finalizzata alla conclusione di alcun contratto, bensì alla risoluzione di una controversia derivante dall’applicazione di un contratto già in essere.
È irrilevante la circostanza che la legge delimiti alla giurisdizione tributaria le funzioni di assistenza tecnica in giudizio conferibili ai professionisti iscritti all’albo dei dottori commercialisti, trattandosi, nella fattispecie, di controversie non giurisdizionali.
Infine, devono essere ritenute infondate anche le censure sull’eccesso di potere in cui sarebbe incorsa l’Autorità resistente individuando la categoria dei dottori commercialisti ed esperti contabili quali soggetti accreditati all’assistenza nei confronti degli utenti impegnati nelle procedure di risoluzione stragiudiziale delle controversie con gli operatori delle comunicazioni elettroniche.
Come risulta dalla fase istruttoria che ha preceduto l’adozione della delibera impugnata, la decisione discrezionale di estendere a tale categoria l’abilitazione all’assistenza tecnica è fondata sulla competenza specifica, tra l’altro, in materie amministrative, riconosciuta ai dottori commercialisti e agli esperti contabili dall’articolo 1, comma uno, del decreto legislativo numero 139 del 2005, disciplinante la professione.
Non è ravvisabile alcuna contraddittorietà nella scelta di accreditare i dottori commercialisti e gli esperti contabili e, al contempo, escludere altre figure professionali, quali i collaboratori degli studi legali non abilitati nella qualità di praticanti e non delegati, essendo stato ritenuto opportuno limitare gli accreditamenti alla piattaforma per la risoluzione stragiudiziale delle controversie ai soli professionisti iscritti ad un albo, per garantire la certezza della rappresentanza dell’utente interessato alla procedura. Tale valutazione, per quanto opinabile, costituisce esercizio di discrezionalità amministrativa e non risulta manifestamente irragionevole o ingiusta.
Di conseguenza il primo motivo di impugnazione deve essere respinto.
Con il secondo motivo di ricorso, l’associazione ricorrente lamenta la violazione del disposto dell’art. 1, comma 11, della l. n. 249/1997, nella parte in cui attribuisce all’Autorità il potere di disciplinare esclusivamente le “modalità per la soluzione non giurisdizionale delle controversie”, mentre con la delibera n. 390/21/CONS l’Autorità avrebbe proceduto a individuare “i soggetti accreditati all’esercizio delle funzioni in esame”, esorbitando dalle proprie competenze, in asserita violazione della norma primaria letta in combinato disposto con l’art. 117, co. 2, lett. l), della Costituzione che attribuisce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato “giurisdizione e norme processuali;ordinamento civile e penale;giustizia amministrativa”. Ne conseguirebbe la nullità dei provvedimenti impugnati per incompetenza assoluta ex art. 21-septies legge n. 241/1990 ovvero la illegittimità degli stessi ex art. 21-octies legge n. 241/1990.
Il motivo è palesemente infondato perché, come si è già rilevato, è la legge stessa istitutiva dell’Autorità (articolo 1, comma 11, legge 31 luglio 1997, numero 249) ad attribuire ad essa il potere di disciplinare con propri provvedimenti le modalità per la soluzione non giurisdizionale delle controversie tra utenti e soggetti autorizzati o destinatari di licenze, definendo le relative procedure. La definizione delle procedure implica necessariamente anche la individuazione dei soggetti accreditati ad operare sulla piattaforma della risoluzione di tali controversie. Nessuna riserva di legge sulla giurisdizione è stata incisa dalla delibera impugnata che ha disciplinato, come già chiarito, una procedura non giurisdizionale di risoluzione delle controversie.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto, in quanto infondato.
La novità e la complessità delle questioni dibattute giustificano la compensazione integrale delle spese tra le parti.