TAR Roma, sez. II, sentenza 2013-06-12, n. 201305906

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2013-06-12, n. 201305906
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201305906
Data del deposito : 12 giugno 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09739/2004 REG.RIC.

N. 05906/2013 REG.PROV.COLL.

N. 09739/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9739 del 2004, proposto da:
C R, rappresentata e difesa dall'avv. B B, con domicilio eletto presso A Tataranni in Roma, via Vibio Mariano, 76;

contro

Agenzia delle Entrate di Viterbo, Ministero dell'Economia e delle Finanze, n.c.;

per l'annullamento

del decreto Rep. rimborsi prot. n. 54669 dle 30.6.2004, avente ad oggetto il diniego alla restituzione della somma di L. 3.372.456 (pari a euro 1.741,73) pagata in eccesso per oblazione condono edilizio ex art. 35 l. 47/85 e di qualsiasi altro atto che sia o possa considerarsi presupposto o conseguenza dell’atto, come sopra impugnato e che con lo stesso sia comunque posto in rapporto di correlazione.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del giorno 8 maggio 2013 il Cons. Silvia Martino;

Uditi gli avv.ti delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. La s.ra C espone che il proprio fratello, C Tommaso, presentava al Comune di Viterbo istanza di concessione in sanatoria in relazione ad un immobile di cui, sino all’anno 2000, la ricorrente è stata comproprietaria.

E’ accaduto, però, che sia lei che il fratello abbiano provveduto al versamento di tutte le somme dovute a titolo di oneri accessori ed oblazione.

Successivamente al rilascio della concessione in sanatoria, la s.ra C ha chiesto al Comune la restituzione della somme erroneamente corrisposte.

Il Comune di Viterbo ha rilasciato un’attestazione del seguente tenore “La sig.ra Rina C ha erroneamente effettuato a titolo di oblazione per la stessa pratica n. 1103 rilasciata al fratello sig. Tommaso C un versamento pari a L. 3.372.456 (pari a euro 1.742,00), non dovuto”.

Sulla base di tale attestazione, la ricorrente ha quindi presentato, in data 21.1.2003, istanza di rimborso all’Agenzia delle Entrate di Viterbo.

L’amministrazione, però, ha negato il rimborso poiché il diritto della ricorrente si sarebbe estinto per decorso della prescrizione triennale ex art. 35, comma 12 (e 15) della l. 28.2.1985, n. 47, senza tuttavia indicare da quale data tale prescrizione avrebbe iniziato a decorrere.

Parte ricorrente reputa che, nel caso di specie, sia applicabile la prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c.. Infatti, il sig. C, intestatario della richiesta di concessione edilizia in sanatoria, ha versato, a titolo di oblazione, l’esatto importo dovuto, ottenendo la concessione edilizia n. 887 del 7.2.2001.

E’ solo per mero disguido che il suddetto versamento è stato eseguito anche dalla sorella, attuale ricorrente.

E’ ancora evidente che ella ha pagato in buona fede il debito contratto dal fratello, credendosi erroneamente debitrice.

Domanda, pertanto, non soltanto l’annullamento della nota impugnata, ma anche che questo Tribunale amministrativo ordini all’amministrazione di restituire la somma versata erroneamente.

Si è costituita, per resistere, l’amministrazione finanziaria.

Con decreto n. 6052 del 6.9.2012, il ricorso è stato dichiarato perento ai sensi dell’art.1, comma 1, dell’allegato 3 del D.lgs 2 luglio 2010 n. 104.

In seguito alla successiva manifestazione di persistente interesse alla decisione della controversia, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del citato allegato 3 del D.lgs 2 luglio 2010 n. 104, il ricorso è stato rimesso sul ruolo ordinario.

Alla pubblica udienza dell’8 maggio 2013 è stato dato avviso alle parti presenti, ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a. della possibilità di porre a fondamento della decisione sul presente ricorso una questione rilevata d’ufficio, costituita dal difetto di giurisdizione di questo Tribunale sulla domanda proposta dal ricorrente.

La causa, pertanto, è stata trattenuta in decisione.

2. Come indicato dal Collegio all’udienza di trattazione, il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

E’ la ricorrente stessa ad evidenziare infatti che, nel caso in esame, si verte in ordine ad un indebito soggettivo, avendo ella erroneamente versato all’amministrazione finanziaria, a titolo di oblazione, una somma di cui era, invece, debitore il fratello, intestatario della pratica di concessione in sanatoria.

Ne consegue che non venendo in rilievo la misura dell’oblazione determinata dall’amministrazione comunale ai sensi dall’art. 35 della legge n. 47/1985, non vi è neanche ragione per ritenere sussistente, nel caso in esame, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, prevista dall’art. 16 (già comma 11) di tale disposizione.

Questo Tribunale amministrativo ha recentemente avuto modo di ricordare (sentenza n. 2312 del 5 marzo 2013), che sulla portata della disposizione del comma 16 (già comma 11) della legge n. 47/1985 si sono espresse le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29291 in data 15 dicembre 2008, evidenziando quanto segue: «La L. 28 febbraio 1985, n. 47, che ha consentito ai proprietari di costruzioni e di altre opere in tutto od in parte abusivi di conseguire in sanatoria, salvo eccezioni e con il rispetto di specifiche formalità, la concessione o l’autorizzazione edilizia di cui erano sforniti, previo versamento all’erario, a titolo di oblazione, di una somma determinata mediante l’applicazione di particolari parametri alle prescrizioni di una tabella ad essa allegata, ha devoluto con l’originario art. 35, comma 11, “ogni controversia relativa all’oblazione ... alla competenza dei tribunali amministrativi regionali”. Il riferimento generico ad “ogni controversia” e la mancata limitazione della competenza a ben individuate fattispecie intimamente connesse alla legittimità dell’attività dell’Amministrazione, ha comportato il radicamento di una giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo, pressoché speculare a quella introdotta dalla L. 28 gennaio 1977, n. 10, art. 16, per le controversia in tema di rilascio o diniego della concessione edilizia e di determinazione e liquidazione del contributo afferente alla concessione. Finalità della disposizione, al pari di quella che l’aveva preceduta, è manifestamente di facilitare l’accesso alla tutela giurisdizionale con la preordinazione per tutte le controversie di un unico giudice, senza distinzione tra domande dirette a contestare la legittimità degli atti e provvedimenti della p.a. ed azioni aventi contenuto meramente patrimoniale, in una particolare materia in cui vi è “un intreccio di situazioni soggettive qualificabili come interessi legittimi e come diritti soggettivi”. L’intento agevolativo del legislatore ed il suo perseguimento mediante l’introduzione di una ipotesi di giurisdizione amministrativa esclusiva, trovano tuttavia un limite nell’art. 103 Cost., comma 1, il quale per la sua ravvisabilità richiede, in ogni caso, che la p.a. abbia agito nella veste di autorità nei cui confronti è accordata tutela al cittadino davanti al Giudice amministrativo e conseguentemente esclude “da un lato ... che la mera partecipazione della pubblica amministrazione al giudizio sia sufficiente perché si radichi la giurisdizione del Giudice amministrativo ... e, dall’altro, ... che sia sufficiente il generico coinvolgimento di un pubblico interesse nella controversia perché questa possa essere devoluta al Giudice amministrativo” (cfr. Corte cost., sent. 6 luglio 2004, n. 204).

Ne consegue che un’interpretazione costituzionalmente orientata della L. n. 47 del 1985, art. 35, comma 11, al pari di quella del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 34, comma 1, che ha devoluto alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto l’attività delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti alle stesse equiparati in materia urbanistica ed edilizia (come sostituito dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7, lett. b), e quale risulta dalla declaratoria della sua parziale illegittimità costituzionale con sentenza n. 204/04, oltre che per altro verso con sentenza n. 281/04), non consente di ricomprendere nella giurisdizione esclusiva attribuita al Giudice amministrativo in tema di oblazione le controversie nelle quali, essendo assente ogni profilo riconducibile all’esercizio di poteri autoritativi, le parti vengono a porsi in una posizione sostanzialmente paritaria.

In particolare, mentre rientrano nelle controversie relative all’oblazione, oltre a quelle concernenti la regolarità del procedimento di sanatoria dell’abuso edilizio, anche quelle aventi ad oggetto il diritto dell’interessato a giovarsi dell’oblazione e ad ottenere il rimborso delle somme di cui risulta creditore a seguito della determinazione definitiva dell’importo di essa da parte del sindaco, diversamente deve essere affermato quanto alle somme versate, nel caso in cui sia divenuto definitivo il provvedimento di rigetto della domanda di concessione o di autorizzazione che costituiva la causa dell’oblazione. In detta ipotesi alla parte che agisce per la restituzione dell’indebito si contrappone una pubblica amministrazione che, esaurito il procedimento cui aveva dato luogo la domanda della controparte, non è qualificata in ordine ai tempi ed ai modi del pagamento delle somme richieste da alcun residuo potere, che valga a ricomprendere la controversia relativa al diritto alla restituzione nella materia “oblazione”, attribuita alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo soltanto in ragione dell’esercizio rispetto ad essa di una attività discrezionale dell’amministrazione coinvolgente anche i diritti soggettivi dell’interessato».

Tale orientamento risulta condiviso dalla prevalente giurisprudenza del giudice amministrativo (ex multis, T.A.R. Sicilia Palermo, Sez. III, 13 giugno 2012, n. 1221;
T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 11 dicembre 2011, n. 5288), secondo la quale l’azione proposta per la ripetizione, ai sensi dell’art. 2033 cod. civ. di somme indebitamente pagate in relazione ad una domanda di condono edilizio è volta a tutelare un diritto soggettivo non connesso con l’esercizio del potere pubblicistico di determinazione del quantum dovuto a titolo di oblazione e, quindi, esula dalla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo.

3. Anche nel caso in esame, a ben vedere, si verte in ordine ad una domanda intesa ad ottenere, ai sensi dell’art. 2033 c.c., la ripetizione di un pagamento non dovuto.

E’ pacifico, infatti, che il fratello della ricorrente abbia già estinto il proprio debito di talché il versamento dalla stessa effettuato non può allo stato nemmeno essere qualificato come indebito soggettivo, ed è rimasto privo di causa alcuna.

Relativamente all’assenza, nel caso in esame, di ogni profilo di pertinenza della giurisdizione amministrativa vi è poi chiara prova nel fatto che la ricorrente stessa, proprio al fine di fa valere la prescrizione ordinaria, sottolinea che al suo caso non trova applicazione la prescrizione speciale prevista dall’art. 35 della l. n. 47/85 relativa all’“eventuale diritto al conguaglio o al rimborso spettanti”.

Stante quanto precede - non essendovi ragione per discostarsi dal suddetto esposto orientamento, in quanto derivato dalla interpretazione delle disposizioni che sanciscono la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (ivi comprese la disposizione generale dell’art. 133. comma 1, lett. f), cod. proc. amm., relativa alle “controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica e edilizia”, e la disposizione speciale dell’art. 35, comma 16, n. 47 della legge n. 47/1985, relativa alle controversie in materia di oblazione) offerta dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 204 del 2004 - al Collegio non resta che dichiarare, d’ufficio, il presente ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione, trattandosi di controversia devoluta alla giurisdizione del Giudice ordinario.

Sembra peraltro equo, trattandosi di un ricorso proposto poco dopo la pubblicazione della sentenza n. 204/2004, compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.

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