TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2024-04-24, n. 202408142

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2024-04-24, n. 202408142
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202408142
Data del deposito : 24 aprile 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/04/2024

N. 08142/2024 REG.PROV.COLL.

N. 08093/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8093 del 2019, proposto da
Master Engineering S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati A P, A P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio A P in Roma, via Oslavia 12;

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato A C e dall'avvocato A F, dell’Avvocatura Capitolina, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso la sua sede, in Roma, via del Tempio di Giove 21.

per l’accertamento

dell’inadempimento agli obblighi nascenti dalla convenzione urbanistica relativa al Piano degli interventi “Lunghezza-Ponte di Nona”, stipulata in data 25/06/2002, per atto in Notar Claudio Tgna, Rep. n. 10721 e Racc. n. 4553, e registrata a Roma, in data 03/07/2002, da Roma Capitale e, tra gli altri soggetti proponenti, anche dalla ricorrente, e dalle successive Convenzioni integrative del 02/02/2009 e del 22/05/2009, con richiesta di condanna all’adempimento per atto in Notar Carlo Federico Tuccari, Rep. n. 77207 ed al risarcimento del danno.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2024 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente, proprietaria di aree ricomprese nel perimetro del “Piano degli interventi “Lunghezza-Ponte di Nona”, espone di essersi fatta promotrice, insieme ad altri proprietari, del Piano attuativo di cui in epigrafe, che confluiva nell’Accordo di programma sottoscritto dal Comune di Roma e dalla Regione Lazio in data 19.12.2000, quindi ratificato dal Consiglio comunale con delibera della G.C. n. 4 del 3 gennaio 2001 ed infine pubblicato sul BURL n. 5 del 20.2.2001.

In data 14.12.2001 la medesima ricorrente, in adempimento agli obblighi assunti nel corso della procedura di approvazione del Piano, cedeva gratuitamente al Comune di Roma quota parte delle aree di proprietà necessarie alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, per complessivi 315.656 mq (atto rogito Notaio Claudio Tgna di Roma, rep. 10.303).

In data 25.6.2002 il Comune di Roma ed i soggetti promotori dell’intervento stipulavano la convenzione urbanistica per atto Notaio Claudio Tgna di Roma, rep 10.721 con la quale ricorrente si obbligava alla realizzazione di opere di urbanizzazione primaria (rete di distribuzione di acqua, gas e luce, fognature, strade e parcheggi e relativa illuminazione) e secondaria (verde pubblico attrezzato eccedente gli standard, per complessivi 159.226 mq e relativo impianto di innaffiamento, plateatico e relativi servizi, un asilo nido per 60 bambini, nonché la manutenzione ordinaria e straordinaria delle dette opere), secondo quanto previsto dai progetti approvati dagli uffici competenti (v. art. 3 convenzione).

Le Società proponenti l’intervento – tra cui la ricorrente – si impegnavano altresì a realizzare, quali opere extra standard, un edificio con destinazione “uffici, tecnologica, assistenziale”, da cedere al Comune di Roma, per una superficie lorda complessiva di 16.000 mc, una struttura di elisoccorso, le opere stradali di allacciamento per il tratto compreso dal sottopasso della A24 e la via Collatina, la sistemazione a verde e servizio ristorazione del realizzando luna park e la sistemazione delle aree archeologiche e relativa manutenzione, per periodi determinati (da due a dieci anni), a decorrere dai collaudi funzionali delle singole opere (v. art. 4, 17 e 19 convenzione).

Riferisce parte ricorrente che, successivamente, la convenzione subiva due atti di modifica e integrazione, a causa di variazione ai progetti richiesti dal Comune di Roma e di nuova ripartizione delle opere da realizzare a cura e spese dei promotori.

Dapprima, con atto integrativo sottoscritto in data 2 febbraio 2009 (rep. 77027) venivano stralciate opere di urbanizzazione per un importo di € 4.409.944,78 da destinare, invece, alla realizzazione dello svincolo Cerroncino Est sulla A24;
quindi, con ulteriore atto (rep. 77548 del 22.5.2009), la ricorrente si impegnava a realizzare maggiori opere per un importo di € 36.891,77.

Infine, con la D.D. n. 747 del 26.7.2010 (prot. Dip. IX n. 47428/2010) Roma Capitale approvava ulteriori varianti ai progetti delle opere di urbanizzazione primaria (fognature bianche e nere, rete stradale e galleria PP.SS.) che comportavano, per la ricorrente, maggiori costi per € 499.887,90.

Fatta eccezione per l’area dedicata all’elisoccorso (del valore di € 109.021,33), il cui progetto veniva stralciato su prescrizioni ENAC (che riteneva la zona di Ponte di Nona non idonea alle operazioni di volo. come da nota prot.

ENAC

78859-P del 31.7.2017) e sostituito, su richiesta di Roma Capitale, con il progetto di una pista ciclabile attualmente in corso di approvazione, tutte le altre opere sono state completate, comprese anche le opere di urbanizzazione secondaria (attrezzaggio parco e verde extra standard), ed escluse solo alcune residuali opere di urbanizzazione primaria (parcheggi).

Sono stati altresì completati e collaudati: i lavori di realizzazione della porzione dello svincolo ‘Cerroncino Est’ sulla A 24, di competenza della ricorrente (impalcato del viadotto e relativo tronco di collegamento con l’autostrada sul lato direzione Roma), per l’importo convenuto di € 4.409.944, 78 (la restante parte dei lavori è stata posta a carico del limitrofo comprensorio Consorzio E1 Ponte di Nona);
il primo lotto funzionale delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria per il comparto ‘M2’ per un importo complessivo di € 23.971.745,57 e l’impianto di illuminazione pubblica, per un valore di € 435.000,00;
e le ulteriori opere di urbanizzazione poste a carico della ricorrente con la citata D.D. del Dip. IX, n. 747 del 26.7.2010 (prot. 47428/2010) per l’importo di € 499.887,00.

Infine, sono state completate e consegnate all’Amministrazione comunale, anche le aree 2 e 3 del Centro servizi e l’asilo nido per 60 bambini.

Queste ultime opere, in particolare, pur se utilizzate regolarmente da Roma Capitale fin dal momento della presa in consegna, risulterebbero tuttora prive di collaudo a causa dei reiterati inadempimenti comunali che avrebbero comportato, a detta della ricorrente, rilevantissimi oneri economici.

Più esattamente, nonostante le numerose note di sollecito e diffide, a distanza di oltre 6 anni dalla consegna degli immobili, Roma Capitale non avrebbe provveduto a completare le operazioni di collaudo;
a fronte di ciò, la ricorrente espone di aver versato gli oneri dovuti per il collaudo di oltre il 90% delle opere previste dalla convenzione, pari alla somma € 117.004,06 (somme rimaste nella piena disponibilità di Roma Capitale e delle quali, dunque, la ricorrente si sarebbe invano privata).

Invero, a causa della mancata corresponsione degli oneri professionali, la Commissione si rifiutava di rilasciare il certificato definitivo delle opere di urbanizzazione del 2° stralcio funzionale con la conseguenza che:

-alla società ricorrente è stato rifiutato lo svincolo delle fideiussioni prestate a garanzia della corretta realizzazione delle opere;

- essa ha visto procrastinare il termine per la manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili realizzati e consegnati e non ha potuto utilizzare gli importi posti in garanzia per finanziare altre opere o attività imprenditoriali.

Avendo interesse ad ottenere un formale riconoscimento dell’inadempimento comunale agli obblighi convenzionali, la ricorrente argomenta circa i relativi presupposti e conclude chiedendo:

a) accertare l’inadempimento di Roma Capitale agli obblighi assunti con la convenzione urbanistica sottoscritta in Roma in data 25 giugno 2002 (atto Notaio Claudio Tgna, rep. 10721) e dalle successive convenzioni integrative sottoscritte in data 2.2.2009 (atto Notaio Carlo Federico Tuccari di Roma, rep. 77027) e 22.5.2009 (atto Notaio Carlo Federico Tuccari di Roma, rep. 77548) ;

b) accertare che il certificato di collaudo definitivo delle opere di urbanizzazione – peraltro tutte già collaudate in corso d’opera e già acquisite dall’Amministrazione resistente – deve intendersi rilasciato decorsi sei mesi e trenta giorni data dalla comunicazione di fine lavori delle singole opere, come disposto dall’art. 19 della convenzione urbanistica del 25 giugno 2002 (atto Notaio Claudio Tgna, rep. 10721) e ss. mm. e ii.;

c) accertare l’inadempimento da parte di Roma Capitale agli obblighi convenzionali relativi allo svincolo delle polizze fideiussorie essendosi ormai maturati i presupposti previsti in convenzione (art. 22), e, pertanto

d) condannare Roma Capitale ad autorizzare lo svincolo delle seguenti polizze ancora in corso di validità, per i seguenti importi: - asilo nido: € 154.937,07, - completamento centro servizi € 43.887,85;
ed al rimborso dei maggiori oneri sostenuti in questi anni per i premi delle polizze non svincolate tempestivamente pari a:

- viadotto Cerroncino A 24: € 1.376,73 a trimestre dal 18.9.2012 al 18.12.2017 per un importo complessivo pari a € 30.288,06, - completamento centro servizi: 164,41 a trimestre dal 18.3.2012 al dì dello svincolo della fideiussione, ed € 54,80 a trimestre dal 18.6.2014, al dì dello svincolo della fideiussione, per un importo pari, alla data odierna, ad € 11.608,64;
- asilo nido: € 580,43 a trimestre dal 18.3.2014 al 18.12.2017, ed € 193,48 a trimestre dal 18.6.2016 al dì dello svincolo della fideiussione, per un importo pari a € 8.863,89 alla data odierna;

e) accertare l’intervenuta scadenza dell’obbligo della ricorrente a provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione per il periodo di due anni dalla data di collaudo delle opere stesse (art. 4 convenzione), collaudo definitivo da ritenersi comunque rilasciato decorsi sei mesi e trenta giorni data dalla comunicazione di fine lavori, ai sensi dell’art. 19 della convenzione urbanistica del 25 giugno 2002 (atto Notaio Claudio Tgna, rep. 10721) e ss. mm. e ii.;

f) condannare l’Amministrazione resistente a corrispondere alla ricorrente gli oneri sostenuti per il servizio di manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione svolto nel periodo successivo alla scadenza dei termini obbligatori convenzionalmente pattuiti di due anni dalla data del collaudo definitivo da ritenersi comunque rilasciato decorsi sei mesi e trenta giorni data dalla di comunicazione di fine lavori, ai sensi dell’art. 19 della convenzione urbanistica del 25 giugno 2002 (atto Notaio Claudio Tgna, rep. 10721) e ss. mm. e ii. e fino alla conclusione del servizio stesso, come meglio verrà quantificato in corso di giudizio;

g) condannare l’Amministrazione resistente al pagamento, in favore della ricorrente, degli interessi maturati sulla somma versata a titolo di onorari spettanti alla Commissione di collaudo pari ad € 117.004,06, dal 9.11.2011, fino al dì del soddisfo;

h) condannare l’Amministrazione resistente al pagamento, in favore della ricorrente, dei danni subiti e subendi per l’impossibilità di avviare la gestione remunerativa del parco e del centro di ristoro ivi realizzato a causa del loro mancato collaudo, danni che verranno meglio quantificati in corso di giudizio;
salvo esplicito provvedimento di esonero da tale impegno, stante l’impossibilità oggettiva di svolgerlo;

i) condannare l’Amministrazione resistente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese di lite e dei compensi professionali ex DM n. 55/2014 relativi al presente giudizio, oltre al rimborso del contributo unificato che si versa nella misura di € 650,00.

Le domande di parte ricorrente sono state ulteriormente precisate con memoria finale come di seguito:

M1) - l’accertamento del mancato adempimento, da parte di Roma Capitale, agli obblighi nascenti dalla convenzione urbanistica sottoscritta in Roma in data 25 giugno 2002 (atto Notaio Claudio Tgna, rep. 10721) e successivi atti integrativi;
- l’accertamento del colposo ritardo serbato da Roma Capitale nell’adempimento degli obblighi convenzionali, con conseguente condanna al risarcimento dei danni subiti dalla ricorrente ex art. 1228 e 1223 c.c. ed ex art. 2 bis L. 241/1990 e ss. mm. e ii.;

M2) - la condanna di Roma Capitale alla corresponsione, in favore della ricorrente, di tutti i maggiori oneri sostenuti per il pagamento dei premi delle polizze fideiussorie non svincolate tempestivamente, per complessivi € 92.934,33, oltre interessi moratori fino al soddisfo;

M3) - la condanna di Roma Capitale alla corresponsione, in favore della ricorrente, di tutti i maggiori oneri e spese sostenuti per il servizio di manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione svolto nel periodo successivo alla scadenza dei termini obbligatori convenzionalmente pattuiti di due anni dalla data del collaudo definitivo, per complessivi € 177.051,73, oltre interessi moratori fino al soddisfo;

M4) - la condanna di Roma Capitale alla corresponsione, in favore della ricorrente, dei maggiori oneri sostenuti per la direzione lavori svolta relativamente alla realizzazione del verde pubblico attrezzato 13 (standard ed extra standard) e dei parcheggi pubblici P4 e P5-2, dalla data in cui si sarebbe dovuta completare la procedura di collaudo fino a quando detta procedura è stata effettivamente completata, per complessivi € 86.954,06, oltre interessi moratori fino al soddisfo;

M5) - la condanna di Roma Capitale alla restituzione della somma versata a titolo di onorari spettanti alla Commissione di collaudo pari ad € 117.004,06, oltre rivalutazione ed interessi moratori dal 9.11.2011, fino al dì del soddisfo;

M6) - la condanna di Roma Capitale alle spese di lite e dei compensi professionali ex DM n. 55/2014 e ss. mm. e ii. relativi al presente giudizio, oltre al rimborso del contributo unificato versato nella misura di € 650,00.

Roma Capitale, costituitasi in giudizio, resiste all’azione avversaria e, con propria memoria, deduce che ai sensi del comma secondo dell’art.4 della Convenzione, la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere è “ a carico delle Società proponenti fino al termine massimo di due anni a decorrere dai collaudi eseguiti per lotti funzionali, anche relativi alla singola opera dei singoli sub comprensori ” e, comunque, secondo “ le modalità previste nel successivo articolo 19 ”.

Secondo Roma Capitale, dunque, la disposizione prevede che la manutenzione ordinaria e straordinaria sia a cura e spese delle Società proponenti, tra cui la Master Engineering, fino al termine massimo di due anni che viene computato a decorrere dalla data di collaudo definitivo, inteso come collaudo dell’intero lotto funzionale.

Analoga formulazione viene ripresa nell’art. 19 della Convenzione che pure stabilisce che le opere ed impianti “ rimarranno nelle disponibilità delle Società proponenti sino all’emissione ed approvazione dei Certificato(i) di collaudo eseguiti per lotti funzionali, anche relativi ad ogni singola opera di ciascuno dei singoli sub-comprensori ”.

Il Collaudo di singole opere sarebbe pertanto possibile, ma non doveroso;
e solo in tal caso viene previsto che “ il collaudo dovrà essere iniziato entro 30 (trenta) giorni dal ricevimento della lettera raccomandata attestante l’ultimazione dei lavori della singola opera e dovrà essere approvato dal Comune entro 6 (sei) mesi dall’inizio dello stesso ”.

In relazione alla tesi della ricorrente secondo la quale “ sono state completate e consegnate all’Amministrazione comunale, anche le aree 2 e 3 del Centro servizi e l’asilo nido per 60 bambini (v. docc. 10 e 11) ”, le quali, “ pur utilizzate regolarmente da Roma Capitale fin dal momento della presa in consegna, sono in realtà ancora prive di collaudo a causa dei reiterati inadempimenti comunali ”, obietta Roma Capitale che:

- da una disamina dei richiamati documenti 10 e 11 di controparte emerge che la comunicazione di conclusione dei lavori non è avvenuta secondo le modalità indicate dal suddetto art. 19;

- il documento indicato quale “ Doc. 11 - Chiusura lavori (3.7.2014) e verbale di immissione in possesso e consegna (17.6.2015) a Roma Capitale dell'asilo nido per 60 bambini ” non reca, in allegato, alcun verbale di immissione in possesso;

- le due opere sono state effettivamente consegnate all’Amministrazione, ma con mera consegna in via anticipata inidonea a comportare l’effettiva acquisizione al patrimonio comunale secondo quanto disposto dalla Convenzione: l’art. 19, infatti, prevede che le opere e i manufatti devono essere “ consegnati con formale verbale di consegna, entro il termine di 30 (trenta) giorni dalla scadenza del periodo di manutenzione ordinaria e straordinaria di cui alla lett. l) – paragrafo 1 dell’art. 3, lett. b) – paragrafo 2 dell’art. 3 ed al 3° capoverso dell’art 4 e saranno immessi nel demanio o patrimonio indisponibile del Comune ”.

Pertanto, contrariamente alle tesi della ricorrente, la scansione delle fasi prevista in Convenzione andrebbe intesa come segue:

- certificato collaudo definitivo riferito al lotto funzionale (o, in via gradata e, comunque, su espressa indicazione, alla singola opera);

- periodo di manutenzione ordinaria e straordinaria a carico della Società per due anni a decorrere dal collaudo definitivo;

- consegna attraverso formale verbale nei 30 giorni successivi alla scadenza del biennio di manutenzione.

Dunque, secondo quanto prospettato dalla parte resistente, l’Amministrazione non era tenuta in alcun modo ad effettuare i collaudi su ogni singola opera, e ciò si evincerebbe dalla stessa ricostruzione operata dalla ricorrente nonché dalla documentazione prodotta in atti dalla medesima ove, con riferimento alle opere incluse nel II lotto funzionale, tra cui rientravano, appunto, i beni oggetto della domanda di parte avversa, ovvero le aree 2 e 3 del centro servizi e l’asilo nido, l’Amministrazione effettuava solo il collaudo statico in corso d’opera, il quale nelle opere pubbliche rappresenta esclusivamente un atto di asseverazione strutturale/tecnica dell’opera - non coincidente con il collaudo tecnico, né con quello amministrativo finale della stessa.

Eccepisce, ancora, parte resistente, che nelle more si verificavano due ordini di problematiche, indipendenti da una diretta volontà da parte dell’Amministrazione e riguardanti, la prima, lo slittamento del collaudo definitivo delle opere del II lotto funzionale;
la seconda relativa alla composizione ed all’operato della Commissione di collaudo.

Con riferimento al primo aspetto è sopravvenuta:

-la necessità di approvare nuove linee tecniche per lo spostamento dell’elisuperficie e la ricollocazione del parcheggio P5;

- l’approvazione del Progetto in Variante del Verde pubblico standard ed extrastandard del Comprensorio con una prima proroga della durata decennale della convenzione, accordata con deliberazione della giunta capitolina n. 158 del 19.04.13 fino al 28.08.2026;

- la richiesta di ulteriori proroghe di tre anni della convenzione con le note QI/50480 del 26.03.2015 e QI/167648 del 15.10.2018 e QI/5105 del 14.01.2019;

- l’approvazione di ulteriori varianti ai progetti riguardanti i parcheggi P4 e P5-2;

- la proroga della convenzione fino al 28.04.2022 con D.D. n. 810 del 3.09.2019.

Pertanto, secondo Roma Capitale lo slittamento del collaudo definitivo delle opere del II lotto funzionale non sarebbe imputabile alla mera inerzia dell’Amministrazione, e neppure al “mancato pagamento degli onorari professionali” alla Commissione di collaudo, secondo quanto affermato dalla controparte (a pag. 10 del ricorso), ma da obiettive necessità determinatesi anche e soprattutto per fattori esterni (motivazioni di sicurezza della circolazione aerea e motivazioni di carattere archeologico), nonché alla necessità di apportare delle adeguate variazioni ai progetti originari.

Con riferimento alla seconda problematica sopra citata, parte resistente rimarca che anch’esse sono state indipendenti dalla concreta volontà dell’Amministrazione.

Più esattamente, una volta affidato l’incarico alla commissione, la quale procedeva al collaudo tecnico amministrativo delle opere del I lotto funzionale ed al collaudo statico di talune delle opere del II lotto funzionale, insorgevano contestazioni circa la corresponsione degli onorari relativi all’espletamento degli incarichi, sfociati in un contenzioso giudiziario lavoristico nel quale le ragioni dell’Amministrazione sono state ritenute legittime con sentenza n. 5146/2016 in esito al giudizio R.G. n. 43927/2015.

Pertanto, il mancato pagamento degli emolumenti ai membri della Commissione non rappresentava un mero capriccio, ma frutto dell’incertezza applicativa relativa alla corresponsione degli incentivi tecnici.

L’Amministrazione, parallelamente alla realizzazione delle ulteriori opere di urbanizzazione da parte della Società ha provveduto a sostituire i membri della Commissione di collaudo e con il completamento delle opere di cui al II lotto funzionale, ha eseguito il collaudo tecnico-amministrativo come evidenziato con la nota prot. QI/2024/0009999 del 16/01/2024, che deposita e che reca in allegato le D.D. prot. QI/1120/2021 del 28/06/2021, con la quale è stata espressa la presa d’atto del collaudo definitivo delle opere del II lotto funzionale ed altresì la D.D. n. QI/997/2023, con la quale in esito all’effettivo collaudo definitivo delle opere di urbanizzazione è stato disposto, due anni dopo il collaudo, secondo quanto disposto dalla Convenzione, il parziale svincolo delle polizze fideiussorie.

Roma Capitale deduce quindi circa l’assenza di fondamento del ricorso, chiedendo comunque che venga dichiarata la cessazione della materia del contendere con riferimento alla richiesta di condanna al collaudo ed alla richiesta di svincolo delle polizze fideiussorie.

Ancora, con riferimento alla domanda risarcitoria ed alle pretese restitutorie di controparte evidenzia come la domanda si riveli, in primo luogo, del tutto generica ed inammissibile con riferimento all’an ed al quantum debeatur, difettando di una compiuta allegazione quantificazione dei danni subiti;
e, in secondo luogo, sottolinea che nella denegata ipotesi in cui si volesse riconoscere la sua responsabilità ai sensi dell’art. 1218 c.c., occorrerebbe comunque escludere quelle già prescritte e formula la relativa eccezione.

Analogamente, con specifico riferimento alla richiesta di corresponsione degli interessi sull’importo di 117.004,06 deve evidenziarsi come la controparte non argomenti a che titolo tali somme siano richieste e, comunque, anche in tal senso eccepisce la prescrizione già decorsa, ai sensi dell’art. 2948 c.c.

Roma Capitale nega altresì l’efficacia interruttiva alle diffide prodotte da controparte, che non recano alcuna puntuale pretesa restitutoria o una specifica quantificazione dell’importo preteso.

Con memoria di replica parte ricorrente contesta la tesi di Roma Capitale secondo cui l’obbligo di procedere al collaudo delle opere di urbanizzazione derivasse dalla ultimazione dei vari lotti funzionali, e non già dalla realizzazione delle singole opere, essendo quest’ultima una mera scelta residuale della stessa Amministrazione, dato che tale lettura contrasta palesemente con il testo letterale dell’art. 19 della convenzione urbanistica.

Secondo la ricorrente, la conferma che sarebbe proprio la Convenzione urbanistica (art. 22) a stabilire che è il collaudo di ‘ogni singola opera’ a far scattare l’obbligo di provvedere al collaudo e conseguentemente allo svincolo delle fideiussioni si avrebbe nel fatto che lo stesso Dipartimento PAU di Roma Capitale ha provveduto a collaudare separatamente opere del medesimo stralcio funzionale (ad esempio, la pista ciclabile);
peraltro, ogni diversa pattuizione circa l’obbligo di procedere all’approvazione del collaudo per lotti funzionali – peraltro inesistente nel caso di specie - sarebbe nulla e dovrebbe essere automaticamente sostituita dal termine di legge, poiché il termine ultimo per l’esecuzione del collaudo tecnico- amministrativo delle opere pubbliche è fissato per legge in sei mesi dalla loro ultimazione (v. art. 141 D.Lgs 163/2006, vigente alla data di esecuzione delle opere di cui è giudizio).

Parte ricorrente nega altresì di aver ammesso che Roma Capitale avrebbe legittimamente collaudato le opere per “lotti funzionali”, avendo invece essa sempre costantemente reiterato richieste e solleciti a Roma Capitale a voler provvedere al collaudo di tutte le singole opere (v. docc. nn. 22. 1, 22.2, 22.3, 23.8 e 23.9) ed al conseguente svincolo delle fideiussioni nella misura convenzionalmente stabilita decorrente, come previsto dall’art. 22 della Convenzione, dalla “approvazione del Comune di Roma del collaudo di ogni singola opera” (v. docc. nn. da 23.1. a 23.7 e 23.10). Il completamento delle opere del II stralcio funzionale – da cui l’asserita legittimità di un collaudo definitivo eseguito a distanza di oltre dieci anni dalla ultimazione dei lavori – dipenderebbe da fatti estranei all’Amministrazione capitolina, quali la sostituzione di un’opera di urbanizzazione secondaria (l’elisoccorso, con la pista ciclabile) a convenzione già sottoscritta ed il contenzioso sorto con la commissione di collaudo per i mancati pagamenti dei relativi oneri, da cui i ritardi nei lavori della Commissione. Si tratterebbe, quindi, di circostanze addebitabili interamente ed esclusivamente a Roma Capitale: la scelta di non eseguire l’elisoccorso è dovuta al parere contrario di ENAC espresso dopo l’approvazione del progetto definitivo delle opere di urbanizzazione da parte Amministrazione capitolina, evidentemente senza il preventivo ed obbligatorio parere dell’Ente preposto alla tutela del volo, ed addirittura dopo la sottoscrizione della convenzione urbanistica. A ciò si aggiunga che la proposta di realizzare la pista ciclabile in sostituzione dell’area per l’elisoccorso è stata presentata dalla ricorrente in data 3.8.2018 ed approvata da Roma Capitale solo il 19.07.2021 con DD. n. 1243 (v. verbale regolare esecuzione lavori, doc. 22.6);
da qui la necessità di ricorrere alla proroga di legge della Convenzione urbanistica. La ricorrente, da parte sua, allega di aver eseguito tutte le opere di urbanizzazione previste in Convenzione a regola d’arte e nel pieno rispetto delle tempistiche contrattuali, come ampiamente dimostrato dai certificati di collaudo approvati da Roma Capitale (v. doc. 9, 22.4 e 22.6).

Quanto poi alle controversie giudiziarie sorte in merito ai mancati pagamenti degli onorari dei collaudatori, nulla potrebbe essere addebitato alla ricorrente la quale, sempre in adempimento agli obblighi convenzionali, ha versato tempestivamente ed interamente a Roma Capitale gli importi dovuti a titolo di onorari dei detti collaudatori fin dal 2016 (v. docc. 16 e 17), importi che però sono stati trattenuti indebitamente ed ingiustificatamente dall’Amministrazione capitolina.

Parte ricorrente insiste nella refusione di quanto speso (come da ricevute depositate in atti, v. docc. 16 e 17), maggiorato degli interessi moratori.

Quanto all’eccezione di prescrizione, la ricorrente richiama le diffide e gli altri atti interruttivi come versati in giudizio e comunque rileva come il ricorso è stato notificato a Roma Capitale il 28.5.2019, quindi in un tempo di gran lunga antecedente il compimento della prescrizione decennale decorrente dal verificarsi degli eventi lesivi (dal 2011 in avanti).

In replica, Roma Capitale eccepisce la inammissibilità delle nuove domande formulate dalla controparte solo nella memoria difensiva non notificata depositata in vista dell’udienza di merito, con particolare riguardo alla domanda di “ accertamento del colposo ritardo serbato da Roma Capitale nell’adempimento degli obblighi convenzionali, con conseguente condanna al risarcimento dei danni subiti dalla ricorrente ex art. 1228 e 1223 c.c. ed ex art. 2 bis L. 241/1990 e ss. mm. e ii.” ;
parte resistente lamenta inoltre l’ampliamento delle voci di danno richieste, non solo con riferimento al parco ed al centro ristoro, ma anche con riferimento alle ulteriori opere di urbanizzazione realizzate, finanche quelle ultimate successivamente alla proposizione del ricorso (verde pubblico di standard ed extra standard ed annesse opere relative al manufatto bar e servizi igienici, cabina elettrica di trasformazione, parcheggi P4 e P5-2;
pista ciclabile);
sarebbe inammissibile anche la domanda riferita allo svincolo delle polizze fideiussorie dato che solamente nella memoria . difensiva ex art. 73 cpa parte ricorrente formula la domanda di rimborso degli ulteriori oneri sostenuti per il mancato svincolo delle relative polizze per le anzidette opere di urbanizzazione;
in ogni caso il relativo importo – ferma restando la recisa contestazione dei calcoli effettuati dalla controparte e della tempistica invocata – andrebbe decurtato dalla somma di € 92.934,33 pretesa dalla ricorrente. Con riferimento al rimborso degli oneri di manutenzione, il ricorso si limitava alla sola pretesa restitutoria degli oneri di manutenzione del Centro servizi e dell’asilo nido;
tutte le altre opere indicate in memoria costituirebbero un oggetto nuovo;
in particolare, facendo riferimento alle opere facenti parte del I stralcio funzionale, ovvero “ gli impianti elettrico, idraulico e fognatizio, estensione del parcheggio P17 ec c”, per un importo complessivo di € 97.505,00, che andrebbe comunque defalcato da quanto complessivamente richiesto - anche a prescindere dalla pur ferma contestazione della debenza dei relativi importi - in quanto riferito ad una inammissibile integrazione della domanda risarcitoria originariamente formulata.

Con riferimento alla residua somma di € 38.675,60, parte resistente eccepisce l’inammissibilità per genericità della richiesta con riferimento a tutti i costi manutentivi non strettamente riferibili alle già menzionate opere di urbanizzazione oggetto dell’originaria domanda.

Con riferimento ai “maggiori oneri per la direzione lavori relativamente alle opere di attrezzaggio del Parco e dei parcheggi pubblici P4 e P5-2”, il cui importo è quantificato in complessivi € 86.954,06, la memoria sarebbe parimenti inammissibile poiché anch’essa riferita ad opere di urbanizzazione che comunque esulano dall’oggetto dell’originaria domanda.

Nella propria memoria ex art. 73 del c.p.a., la ricorrente avrebbe, ancora, modificato la domanda relativa ai compensi dei collaudatori (per questi ultimi, in ricorso, veniva domandata la sola restituzione degli interessi;
in memoria, la restituzione dell’intero importo).

Roma Capitale deduce ancora circa l’insussistenza di un collaudo tacito, nonché in ordine alla genericità della richiesta risarcitoria, vista la massiva allegazione di documentazione comprovante i danni patiti del tutto inidonea ad assolvere all’onere che incombe sulla odierna ricorrente.

Nella pubblica udienza del 21 febbraio 2024, il procuratore della parte ricorrente ha chiesto lo stralcio della documentazione depositata da Roma Capitale il 16.2.2024, per tardività;
la causa è stata quindi trattenuta in decisione.

DIRITTO

Nell’odierno giudizio, le parti deducono in ordine all’inadempimento degli obblighi nascenti in capo a Roma Capitale per effetto della Convenzione urbanistica di cui in parte narrativa, che la ricorrente chiede di voler accertare, con ogni conseguenza di ordine risarcitorio;
e che parte resistente nega, deducendo ragioni esegetiche che renderebbero non esigibili gli obblighi invocati dalla ricorrente stessa e, comunque, non imputabili a sé gli eventuali ritardi;
e, da ultimo, allegando di aver provveduto a quanto di sua spettanza nelle more del giudizio, con ogni conseguenza anche in ordine alla inammissibilità ed infondatezza delle pretese risarcitorie.

I) Deve intanto accogliersi l’eccezione in rito circa l’inammissibilità della memoria e della documentazione depositata da Roma Capitale il 16.02.2024, senza il rispetto dei termini a difesa per l’udienza di discussione.

I bis) Ancora in rito, va accolta l’eccezione che Roma Capitale solleva in ordine alla inammissibilità della memoria che parte ricorrente ha depositato in data 19.01.2024, senza notificarla a parte ricorrente quali “motivi aggiunti”, nella parte in cui contiene domande nuove, non proposte nel ricorso introduttivo e comunque non riconducibili a queste ultime, come sarà meglio precisato a seguire.

II) Per una migliore e più ordinata esposizione della motivazione della sentenza è opportuno esaminare dapprima la corretta interpretazione della convenzione per poi procedere alla risoluzione delle diverse questioni che ne discendono, sia in rito, che di natura sostanziale.

II a) Sull’accertamento dell’inadempimento. Obbligo di collaudo per singole opere o per lotti funzionali.

Sotto l’aspetto considerato, è corretta la tesi di parte ricorrente.

E’ utile richiamare quanto si afferma in giurisprudenza, laddove si ritiene che “ i crediti dell'appaltatore di opera pubblica sono esigibili anche in mancanza di collaudo, qualora la P.A. abbia fatto decorrere un tempo tale da rendere l'inerzia sostanzialmente equivalente ad un rifiuto, non potendo essere ritardate sine die le determinazioni in ordine all'accettazione dell'opera e paralizzati i diritti dell'altro contraente, in violazione delle regole generali di correttezza e buona fede. Scaduti i termini contrattuali, grava sul committente l'onere di dimostrare che la mancata approvazione del collaudo sia stata determinata da condotta imputabile all'impresa ” (Cassazione civile , sez. I , 22/02/2022 , n. 5744);
inoltre, (Cassazione civile sez. I, 29/01/2019, n.2477) “ In tema di appalti pubblici, l'art. 5 della l. n. 741 del 1981 (norma poi abrogata , sostituita, quanto al regime temporale applicabile alla odierna fattispecie, dall’art 141 D.Lgs 163/2006, come deduce l’odierna parte ricorrente, n.d.r.) che è norma di carattere generale applicabile a tutte le procedure di esecuzione di opere pubbliche, nel prevedere i termini entro i quali deve essere compiuto il collaudo, delinea con certezza il periodo superato il quale, perdurando l'inerzia dell'ente committente, quest'ultimo deve ritenersi inadempiente, con la duplice conseguenza che l'appaltatore può agire per il pagamento senza necessità di mettere in mora l'Amministrazione e che, dalla scadenza del predetto termine, inizia a decorrere la prescrizione del credito ”.

Tenuto conto di tale consolidato quadro ermeneutico, osserva il Collegio che, a mente dell’art. 19 della Convenzione urbanistica (comma 1) si prevede che le opere eseguite su aree già cedute al Comune dovranno intendersi acquisite da Roma Capitale ai sensi e per gli effetti dell’art. 934 c.c., in corretta applicazione del principio dell’accessione che le parti hanno infatti esplicitamente richiamato;
salvo precisare – così regolando gli effetti dell’accessione che sono disponibili nei limiti di cui all’art. 934 cod.civ.che rende “ salvo” ciò che “ risulti diversamente dal titolo” – al comma 2, che le suddette aree restino nella “disponibilità” dell’esecutrice fino all’approvazione del certificato di collaudo eseguiti per lotti funzionali anche relativi ad ogni singola opera di ciascun sub-comprensorio (il comma 3 precisa, poi, i termini del collaudo come oltre si vedrà).

La disciplina convenzionale è dunque chiara nel regolare le opere in capo all’Amministrazione, salvo mantenere – nei limiti che si sono detti – la loro “disponibilità”, ossia la loro detenzione in mano alle esecutrici per il tempo strettamente necessario al “collaudo” che è regolato dal comma 3 (“ Detto collaudo dovrà essere iniziato entro 30 giorni dal ricevimento della raccomandata attestante l’ultimazione della singola opera e dovrà essere approvato entro sei mesi dall’inizio della stessa ”) e per un ulteriore “tempo” opportuno – convenzionalmente stabilito – concesso all’Amministrazione per organizzare il subentro alla esecutrice nella gestione del bene così acquisito (due anni di tempo dal collaudo, a mente dell’art. 4 della convenzione).

I termini del collaudo, così come disciplinati nella convenzione, costituiscono clausole essenziali perché innanzitutto discendono dall’applicazione di una disposizione di legge a natura imperativa (in quanto inderogabile e posta a presidio di interessi generali, connessi alla tempestiva e regolare esecuzione delle opere pubbliche) ed altresì in quanto regolano, tra le parti, l’adempimento di un obbligo a carico dell’Ente pubblico direttamente funzionale a consentire la traslazione definitiva non solo dell’area e della proprietà dell’opera di urbanizzazione, ma anche la sua effettiva presa di possesso in carico alla PA (che è a sua volta soggetta ad un ulteriore termine dilatorio), con ogni conseguenza in ordine alla responsabilità di gestione (custodia, manutenzione e così via).

Non può condurre a diversa conclusione quanto deduce Roma Capitale laddove evidenzia come l’art. 4 della Convenzione ponga la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere “ a carico delle Società proponenti fino al termine massimo di due anni a decorrere dai collaudi eseguiti per lotti funzionali, anche relativi alla singola opera dei singoli sub comprensori ” e, comunque, secondo “ le modalità previste nel successivo articolo 19 ”.

La disposizione in esame, nel rendere – come afferma Roma Capitale – “ facoltativa ” l’effettuazione dei collaudi per lotti funzionali o per singola opera, innanzitutto si limita a regolare tra le parti la ripartizione degli oneri di manutenzione (com’è corretto che sia, in quanto questi ultimi presuppongono la detenzione dell’opera e la loro assunzione definitiva a carico della concedente dipende dall’esatto riscontro della realizzazione dell’opera a regola d’arte), ed, in secondo luogo, fissa il termine massimo entro il quale – accertata la realizzazione a regola d’arte dell’opera – le concessionarie o esecutrici dei lavori si possono ragionevolmente obbligare a sostenere i costi di manutenzione per dare tempo all’Amministrazione di assumere le necessarie misure organizzative e contabili (come prima accennato, viene regolata una sorta di gestione transitoria di durata massima di due anni dal collaudo nella quale l’assunzione a carico delle costruttrici degli oneri di manutenzione costituisce una obbligazione a titolo gratuito a favore dell’Amministrazione).

Pertanto, la possibilità di poterlo disporre per singola opera invece che per lotti funzionali integra una modalità alternativa dell’obbligo di collaudo, che non è dipendente dalla volontà “mera” del debitore (Roma Capitale) ma va esercitata secondo buona fede e ragionevolezza, ossia tenendo conto anche del dovere di protezione del debitore che è strettamente connesso (già sul piano del diritto civile comune) alle prime e che, nel caso delle PA è ancor più rimarcato dai principi generali dell’azione amministrativa in termini di proporzionalità e adeguatezza.

Ne deriva che, in presenza di una clausola convenzionale come quella contenuta nelle convenzioni urbanistiche di cui si discute nel presente giudizio, che rimette alla S.A. la scelta tra l’effettuazione di un collaudo per “lotti funzionali” o per “singole opere”, si dovrà optare tra le due modalità a seconda di quale tra esse consenta il migliore accertamento sotto un profilo funzionale, tenendo anche conto dell’esigenza di assicurare il minimo sacrificio all’appaltatore;
e dunque, in presenza di opere (normalmente di urbanizzazione secondaria) in sé compiute e suscettibili di un uso localizzato ed unitario (come le scuole, edifici direzionali e così via), devono essere dedotte ragioni plausibili per attendere il completamento dell’intero lotto nel quale esse insistono, onerando, nelle more, l’esecutrice delle spese e dei costi supplementari di manutenzione.

Nel caso di specie, nessuna ragione legata a motivi di funzionalità dell’opera o di miglior esecuzione del collaudo (per tutte le opere d’interesse, per cui è causa), viene dedotta da Roma Capitale, con la conseguenza che l’argomentazione difensiva dell’Amministrazione appare sostanzialmente improntata alla ricerca di una giustificazione formale per quello che rimane un indugio non motivato (se non dalle vicende relative al contenzioso con i componenti della commissione di collaudo di cui oltre si dirà).

A quanto sin qui esposto consegue anche l’irrilevanza di argomenti formali volti a negare l’obbligo di Roma Capitale di procedere al collaudo sulla base di asserite non conformità della comunicazione di conclusione dei lavori (in ordine alle modalità indicate dall’art. 19), non essendo dubbio che è avvenuta la presa in carico delle opere stesse.

A fondamento della necessità di una interpretazione di buona fede delle disposizioni di cui all’art. 4 e 19 della Convenzione, si pone evidentemente la necessità di assicurare che la parte lottizzante sia esposta ad un onere calcolato e non sovrabbondante rispetto a quanto programmato;
necessità che si rende ancor più cogente quando, come nel caso di specie, le opere (o alcune tra esse) sia stata già adibita al servizio pubblico per il quale era stata progettata, aspetto questo che, ove si accedesse alla tesi di Roma Capitale, consentirebbe all’Amministrazione di trarre dal ritardo (o dall’indugio) del collaudo (o del completamento del lotto funzionale in attesa del quale dovrebbe consentirsi all’Amministrazione di sospendere il primo) un ingiusto profitto (consistente nell’espletamento del servizio con oneri interamente a carico della costruttrice).

Deve quindi riconoscersi in punto di diritto la correttezza della tesi di parte ricorrente, anche in considerazione del fatto che quanto l’Amministrazione invoca quale ragione esimente della propria responsabilità si rivela, invece, (ancor più) confermativo delle tesi della ricorrente.

Ad escludere la responsabilità da inadempimento della PA, invero, Roma Capitale argomenta, rispettivamente, circa la necessità di approvare modifiche progettuali (come meglio indicato in premessa narrativa) e sulle vicende della commissione collaudo.

Quanto alle prime, non è dedotta dall’Amministrazione la specifica incidenza che le nuove linee tecniche per lo spostamento dell’elisuperficie e la ricollocazione del parcheggio, come la variante al verde pubblico e la richiesta di ulteriori proroghe, avrebbero espletato sull’eseguibilità (e quindi sulla esigibilità) del collaudo;
la tesi difensiva si potrebbe giustificare solo laddove fosse stata fondata l’eccezione di Roma Capitale circa la necessità di un collaudo per lotti funzionali (perché dovrebbe, a questo punto, esaminarsi la giustificabilità del ritardo nel completamento del lotto funzionale, che in ipotesi potrebbe attribuirsi a carico della lottizzante), ma ciò, come si è visto, non è corretto.

Quanto alle seconde, una volta chiarita la natura dell’obbligo dell’Amministrazione di provvedere (e quindi assicurare) il collaudo ai fini della presa in carico delle opere, deve rilevarsi come l’organizzazione dell’ufficio o dell’organo chiamato ad effettuare le relative operazioni ricade interamente nella disponibilità e quindi nella responsabilità del debitore (ossia di Roma Capitale) che, per liberarsi da essa, dovrebbe provare il fatto impeditivo coerente con la propria organizzazione che giustifichi l’impossibilità di adempiere (secondo i criteri generali di cui all’art. 1218 cod.civ.);
prova tanto più ardua quanto maggiore è la complessità della struttura organizzativa che rende proporzionalmente irrilevanti – stante la disponibilità generale di risorse sia umane che finanziarie – le vicende personali o soggettive dei componenti degli uffici o degli organi preposti all’effettuazione di adempimenti cui l’Ente è obbligato.

Nel caso di specie, Roma Capitale ha allegato di aver subito un contenzioso civile sui compensi dei membri della commissione, ma non viene in alcun modo dedotto come tale evenienza abbia impedito di provvedere egualmente, sostituendo ad esempio i componenti con altri vicari (così come invero l’Amministrazione riferisce di aver successivamente effettuato, tanto da aver completato il collaudo nelle more del giudizio). Non v’è necessità di ulteriori approfondimenti, in ogni caso, se solo si considera che Roma Capitale ha indicato che la sentenza civile che ha risolto il contenzioso in suo favore è del 2016 (nr. 5146/2016) mentre il collaudo delle opere meglio indicate in atti è pervenuto solo a partire dal 2021 (cfr. documenti depositati da Roma Capitale il 20 gennaio 2024).

Da quanto sin qui esposto, discende pertanto che al collaudo delle opere di cui trattasi l’Amministrazione avrebbe dovuto provvedere nei termini della convenzione, come sin’ora esposti, che sono stati disattesi dall’Ente.

Vero è che il collaudo è poi intervenuto nelle more del giudizio;
ma anche il ritardo è presupposto di inadempimento ogni qual volta da esso derivino conseguenze pregiudizievoli in capo al creditore che dunque, salva la facoltà di recedere dal contratto, ha titolo ad esserne tenuto indenne.

II b) Sulle domande nuove in ordine al ritardo della P.A.

Ciò conduce, per omogeneità di trattazione, ad esaminare il primo dei profili che Roma Capitale ha eccepito in ordine all’inammissibilità delle “domande nuove” di cui alla memoria di parte ricorrente del 19.01.2024.

Nel ricorso è domandato il risarcimento del danno per l’inadempimento dell’obbligo di collaudo e di svincolo delle opere (che meglio si elencheranno a seguire).

La domanda, dunque, attiene all’adempimento di un obbligazione dedotta in convenzione urbanistica;
che quest’ultima, a sua volta, abbia ad oggetto l’esecuzione di un procedimento che è sorretto (nel caso di una PA) anche da norme pubblicistiche non pone particolari problemi interpretativi, posto che, astrattamente, il lottizzante gode di una doppia e concorrente tutela, potendo agire sia in via convenzionale (con azione di inadempimento ai fini del risarcimento, soggetto al termine di prescrizione decennale), sia avvalendosi (quando ne sussistano i presupposti) della speciale tutela accordata dalla legge al ritardo nella conclusione di un procedimento ex art. 2 bis della l. n. 241/90 (che ha natura aquiliana e, seppure soggetto a termine di prescrizione quinquennale, consente il ristoro di un più ampio ventaglio di danni, inclusi quelli non prevedibili e quelli di natura non patrimoniale).

Da quanto sopra deriva che la memoria della parte ricorrente del 19.01.2024 è pienamente ammissibile laddove precisa che, essendo intervenuto il collaudo delle opere di suo interesse nelle more del giudizio, l’inadempimento di cui chiede di essere tenuta indenne è divenuto un inadempimento da “ritardo”, perché quest’ultimo non costituisce altro che una “modalità” dell’inadempimento convenzionale dedotto nella domanda introduttiva.

E’ invero pacifico che l’inadempimento di una obbligazione può essere anche parziale, laddove riguardi la quantità delle cose che ne formano oggetto, come pure avendo riguardo al tempo dell’esecuzione, laddove, in questo caso, emergano interessi meritevoli di tutela in ordine all’adempimento tempestivo;
ne deriva che, una volta che il creditore abbia agito per l’accertamento dell’inadempimento dell’obbligazione ai fini del risarcimento e l’adempimento intervenga tardivamente in corso di giudizio, la cognizione della domanda introduttiva sarà solo limitata all’accertamento della responsabilità da inadempimento parziale (e non più totale).

Nella memoria del 19.01.2024, la ricorrente ha, invero, formalmente richiesto tutela anche ex art. 2 bis della l. n. 241/90.

In questa parte, invece, la memoria non notificata è inammissibile;
sebbene non possa non osservarsi che, non avendo comunque richiesto la ricorrente stessa, a titolo di danno da ritardo “provvedimentale”, il ristoro di danni ulteriori e diversi da quelli che aveva già individuato a fondamento dell’azione principale, la questione diventa puramente nominalistica.

Tenuto conto di ciò, la ricorrente andrà indennizzata con il ristoro di quanto ha speso per il rinnovo delle polizze fidejussorie per le opere di cui al ricorso;
ed inoltre, andrà risarcito il danno conseguente all’assunzione in capo alla ricorrente degli oneri di manutenzione e custodia in riferimento al tempo intercorrente tra la scadenza del termine dilatorio convenzionale dell’art. 4 (due anni) decorrente dal termine massimo di conclusione del procedimento di collaudo (ossia sei mesi e trenta giorni dal ricevimento della raccomandata con cui viene comunicata l’ultimazione dell’opera).

II d) Sull’eccezione di prescrizione .

Quanto all’eccezione di prescrizione che Roma Capitale ha genericamente opposto, in via residuale, deve considerarsi quanto segue.

Come indicato dapprima, l’azione di risarcimento, avendo natura contrattuale, è soggetta ai più generali termini decennali propri delle obbligazioni convenzionali. Vero è che essa ha ad oggetto obbligazioni di diversa entità e natura (come meglio si vedrà oltre), per alcune delle quali (quelle aventi ad oggetto somme da corrispondere annualmente, come i premi delle polizze) si potrebbe porre un problema di applicazione di un termine più breve (la prescrizione quinquennale), ma sul punto la ricorrente ha allegato di averne ripetutamente interrotto il decorso, mediante la notifica di altrettanti atti di messa in mora e diffida.

Né vale opporre, come sostiene Roma Capitale, che essi non siano idonei ai fini interruttivi per genericità, in quanto mancanti della indicazione delle somme dovute, dal momento che, invece, il creditore ha esposto la chiara indicazione del soggetto obbligato, l'esplicitazione della pretesa e l'intimazione o la richiesta scritta di adempimento, in maniera idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti dell’Amministrazione intimata (“ …invita nuovamente Roma Capitale a riunire immediatamente la Commissione di Collaudo, ad adempiere entro trenta giorni…venga emesso ed approvato il Certificato di Collaudo dell’Asilo Nido e delle Aree 2 e 3 del Centro Servizi con contestuale svincolo integrale della fidejussione….in difetto, la scrivente provvederà ad adire le vie legali, procedendo, altresì ad emettere fattura di addebito…. e così via), con l'effetto sostanziale di costituirla in mora, condizioni queste che, secondo la giurisprudenza, sono idonee a produrre l’effetto interruttivo della prescrizione ex art. 2943 cod.civ. (cfr.Cassazione civile , sez. lav. , 04/01/2024 , n. 279;
Cassazione civile , sez. I , 24/07/2023 , n. 22023).

Anche il termine quinquennale più breve non risulta pertanto decorso, tenuto conto che le diffide risultano notificate ad intervalli annuali (il 24.11.2016, il 31.10.2017, il 20.04.2018 avendo riguardo a quelle anteriori alla notifica del ricorso).

Il Collegio può adesso esaminare la domanda risarcitoria, tenendo conto sia dei profili di rito ancora da esaminare (in ordine all’eccezione di inammissibilità delle opere per le quali è richiesto il risarcimento non originariamente indicate nel ricorso) che dell’eccezione di genericità della domanda risarcitoria che Roma Capitale ha pure sollevato.

III) Sulla domanda di risarcimento e sull’esatta individuazione delle voci di danno.

Quanto alla prima delle due eccezioni, avendo riguardo al suo oggetto, il ricorso è proposto per il rimborso degli oneri derivanti dal pagamento dei premi assicurativi per le seguenti opere solamente:

- asilo nido;
- completamento centro servizi;
viadotto Cerroncino A 24: - completamento centro servizi.

Sono da escludersi quindi i riferimenti, contenuti nella sola memoria, allo svincolo delle polizze inerenti le altre opere (“Opere del verde pubblico standard ed extra”, al “Parcheggio pubblico P4”, al “Parcheggio pubblico P5‐ 2” ed alla “Pista ciclabile”).

In ordine alla domanda di risarcimento inerente gli oneri di ordinaria e straordinaria manutenzione e custodia, secondo Roma Capitale dovrebbe aversi riguardo alle sole opere inerenti “Centro Servizi e dell’asilo nido”;
tuttavia, tenuto conto anche della documentazione prodotta, nonché della formulazione testuale dell’atto introduttivo, il ricorso fa riferimento (par. 2) alle seguenti opere: Centro Servizi;
Asilo Nido;
( per queste due il ricorso deduce anche il danno da mancanza di collaudo, nonostante l’avvenuta presa in carico da parte di Roma Capitale );
lavori di realizzazione della porzione dello svincolo ‘Cerroncino Est’ sulla A 24;
primo lotto funzionale delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria per il comparto ‘M2’ per un importo complessivo di € 23.971.745,57 e l’impianto di illuminazione pubblica, per un valore di € 435.000,00;
le ulteriori opere di urbanizzazione poste a carico della ricorrente con la citata D.D. del Dip. IX, n. 747 del 26.7.2010 (prot. 47428/2010) per l’importo di € 499.887,00.

La domanda di parte ricorrente è dunque definita da quanto dedotto nel ricorso.

Quanto all’eccezione di genericità della domanda di risarcimento in ordine alla sua quantificazione, si osserva che parte ricorrente ha prodotto in giudizio documenti di causa inerenti la prova del pregiudizio di cui chiede di essere tenuta indenne in ordine alle spese di manutenzione delle opere di che trattasi e ne ha tratto una propria quantificazione (vedasi deposito del ricorso introduttivo e della documentazione versata in giudizio l’11.01.2024);
va respinta, pertanto, l’eccezione di genericità, perché sarebbe spettato al debitore intimato (Roma Capitale) contestare specificamente (e non in maniera omnicomprensiva) la congruità dei costi e l’effettività delle spese sostenute.

IV) Sulla liquidazione del danno.

Cionondimeno, in ordine alla liquidazione del danno il Collegio ritiene di poter fare ricorso all’istituto della condanna ex art. 34 c.p.a. con fissazione dei criteri di liquidazione per come sarà meglio oltre precisato.

A tal proposito, poiché viene in rilievo – quanto alla refusione degli oneri di manutenzione - una fattispecie complessa nella quale la ricorrente chiede di essere tenuto indenne di quanto ha (ingiustamente) sopportato in conseguenza dell’inadempimento di Roma Capitale all’obbligo di collaudare le opere di cui si discute, non è possibile limitarsi a traslare sul debitore il controvalore delle prestazioni rese dal creditore nell’interesse del primo, senza che quest’ultimo proceda preliminarmente ad una verifica di conformità delle prestazioni rese e di congruità delle somme impegnate dal secondo e di effettività delle prestazioni rese, secondo i principi generali di cui all’art. 102 del d.lgs. n. 50/2016 (vigente ratione temporis ) ed art. 116 del d.lgs. n. 36/2023 (nuovo codice appalti).

Appare evidente, invero, che le prestazioni rese in ordine alla manutenzione delle opere di cui si discute integrano altrettanti servizi che sono stati resi in una fattispecie di natura negoziale, con la conseguenza che essa ricade sotto l’applicazione dell’obbligo di collaudo e verifica di conformità di cui alle disposizioni prima indicate, salvo il necessario adeguamento delle relative procedure alla circostanza che sono state rese in dipendenza di un inadempimento della P.A. (e non di un affidamento formale del relativo contratto da parte della S.A.).

Conclusivamente, tenuto conto solo della domanda proposta in ricorso, quest’ultima va accolta in ordine al capo a) dovendosi dichiarare accertato l’inadempimento di Roma Capitale agli obblighi assunti con la convenzione urbanistica sottoscritta in Roma in data 25 giugno 2002 (atto Notaio Claudio Tgna, rep. 10721) e dalle successive convenzioni integrative sottoscritte in data 2.2.2009 (atto Notaio Carlo Federico Tuccari di Roma, rep. 77027) e 22.5.2009 (atto Notaio Carlo Federico Tuccari di Roma, rep. 77548) per l’omesso collaudo definitivo delle opere di urbanizzazione di cui al ricorso stesso (come meglio specificato nell’esposizione che precede) nei termini di cui all’art. 19 della Convenzione.

Va dichiarata infondata la pretesa di parte ricorrente di cui al capo B) non essendo previsto in convenzione alcun meccanismo di collaudo tacito.

Va accolto il ricorso quanto al punto c) della domanda, essendo inadempiente Roma Capitale in ordine agli obblighi convenzionali relativi allo svincolo delle polizze fideiussorie che dipendeva dal collaudo (art. 22) per come sopra elencate.

Va dichiarata cessata la materia del contendere in ordine alla domanda di condanna della PA ad autorizzare lo svincolo delle seguenti polizze ancora in corso di validità, per gli importi: - asilo nido: € 154.937,07, - completamento centro servizi € 43.887,85.

Va conseguenzialmente accolta la domanda di condanna di Roma Capitale al rimborso in favore della ricorrente, dei maggiori oneri sostenuti per i premi delle polizze non svincolate tempestivamente da calcolarsi - ex art. 34 c.p.a. - a carico di Roma Capitale con dies a quo dal compimento - per ciascuna delle opere meglio indicate in atti - dei termini di cui all’art. 19 della Convenzione (decorso di sei mesi e trenta giorni dalla comunicazione di fine lavori e due anni da tale data) e dies ad quem della data di avvenuto svincolo nel limite massimo degli importi risultanti dalla documentazione versata in atti l’11.01.2024 e della domanda come proposta in ricorso:

- viadotto Cerroncino A 24: € 1.376,73 a trimestre dal 18.9.2012 al 18.12.2017;

- completamento centro servizi: 164,41 a trimestre dal 18.3.2012 al dì dello svincolo della fideiussione, ed € 54,80 a trimestre dal 18.6.2014, al dì dello svincolo della fideiussione;

- asilo nido: € 580,43 a trimestre dal 18.3.2014 al 18.12.2017, ed € 193,48 a trimestre dal 18.6.2016 al dì dello svincolo della fideiussione.

Su tali somme sono dovuti gli interessi legali dalla data di pagamento e fino al soddisfo: la relativa obbligazione, infatti, costituisce un debito di valuta e, come tale, non è suscettibile di automatica rivalutazione per effetto del processo inflattivo della moneta, con la conseguenza che sarebbe spettato al creditore di allegare e dimostrare il maggior danno derivato dalla mancata disponibilità della somma durante il periodo di mora e non compensato dalla corresponsione degli interessi legali ex art. 1224, comma 2, c.c.

Va dichiarata cessata la materia del contendere in ordine alla domanda di “accertare l’intervenuta scadenza dell’obbligo della ricorrente a provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione per il periodo di due anni dalla data di collaudo delle opere stesse (art. 4 convenzione)”

Va accolta la domanda di cui al punto f) del ricorso, di condannare l’Amministrazione resistente a corrispondere alla ricorrente gli oneri sostenuti per il servizio di manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione svolto nel periodo successivo alla scadenza dei termini obbligatori convenzionalmente pattuiti di due anni dalla data del collaudo definitivo che sarebbe dovuto intervenire nel termine di sei mesi e trenta giorni data dalla di comunicazione di fine lavori, ai sensi dell’art. 19 della convenzione urbanistica del 25 giugno 2002 fino alla conclusione del servizio stesso, da calcolarsi a cura dell’Amministrazione ex art. 34 del c.p.a., con le modalità di cui appresso, relativamente alle sole opere di cui al ricorso introduttivo (come già sopra elencate, ossia: Centro Servizi;
Asilo Nido;
lavori di realizzazione della porzione dello svincolo ‘Cerroncino Est’ sulla A 24;
primo lotto funzionale delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria per il comparto ‘M2’ e l’impianto di illuminazione pubblica;
le ulteriori opere di urbanizzazione poste a carico della ricorrente con la citata D.D. del Dip. IX, n. 747 del 26.7.2010 (prot. 47428/2010)
.

1) L’Amministrazione dovrà procedere all’esame delle documentazioni contabili che parte ricorrente ha prodotto nel presente giudizio (documenti versati in giudizio in data 11 gennaio 2024), con esclusione di documenti nuovi (nel senso di documenti che saranno formati successivamente al passaggio in decisione della presente controversia) oppure documenti antecedenti, ma non prodotti in giudizio (venendo in rilievo l’esame solo ai fini della quantificazione delle somme di cui si è richiesto il risarcimento nella presente sede di giudizio) e comunque sempre nei limiti di spese ed oneri riferibili alle opere di cui al ricorso introduttivo.

Ciò in quanto, essendo la ricorrente attrice in senso sostanziale ai fini del risarcimento, la sua domanda, fondata nell’ an , dipende nell’ammontare del risarcimento dalla piena prova che è limitata a quanto ritualmente prodotto ai fini della lite.

2) L’Amministrazione ammetterà a rimborso tutte le spese erogate ai fini della manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di cui al ricorso, inclusi oneri di custodia, previo giudizio di congruità e conformità ex art. 116 dlgs nr. 36/2023 che potrà consentire di escludere, secondo buona fede, le somme manifestamente incongrue o attinenti ad interventi dei quali non sia dimostrata – sulla base della produzione depositata in atti – l’effettiva e regolare esecuzione.

3) Ai fini del punto 2, la verifica di congruità e conformità dovrà avvenire in ordine al rapporto tra le prestazioni rese e documentate ed i relativi capitolati dell’Amministrazione, ove disponibili ed, in mancanza, secondo un giudizio di esecuzione a “regola d’arte” che la S.A. dovrà motivare secondo il caso concreto.

4) Sulle somme dovute come sopra accertate, sono dovuti gli accessori come per legge, dalla data dell’evento e fino al soddisfo (Cassazione civile , sez. I , 27/12/2022 , n. 37798).

Va respinta la domanda di parte ricorrente volta ad ottenere il rimborso degli interessi maturati sulla somma versata a titolo di onorari spettanti alla Commissione di collaudo pari ad € 117.004,06, dal 9.11.2011, fino al dì del soddisfo, tenuto conto che la somma versata a titolo di onorari era dovuta sin dal momento del pagamento e dunque il suo versamento ha assolto definitivamente la relativa obbligazione della ricorrente. Peraltro, sul punto, rileva il Collegio che tale domanda è stata modificata nella memoria conclusionale, laddove viene richiesto il rimborso delle somme versate (e non degli interessi su di esse). Appare evidente che quest’ultima domanda, ontologicamente diversa da quella ritualmente introdotta in giudizio, è inammissibile, come puntualmente eccepito da Roma Capitale.

Va respinta, per genericità, la domanda di parte ricorrente di cui al punto h) di condannare l’Amministrazione resistente al pagamento, in favore della ricorrente, dei danni subiti e subendi per l’impossibilità di avviare la gestione remunerativa del parco e del centro di ristoro ivi realizzato a causa del loro mancato collaudo .

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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