TAR Venezia, sez. II, sentenza 2024-06-25, n. 202401593

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. II, sentenza 2024-06-25, n. 202401593
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202401593
Data del deposito : 25 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/06/2024

N. 01593/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00195/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 195 del 2020, proposto da Rexpol S.r.l., L.A.P.E. S.n.c. di Tonello Romeo &
C., in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dagli avvocati A C, N C, E F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Santa Maria di Sala, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato A V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Venezia, via delle Industrie, 19/C;
Ulss 3 Serenissima, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Guido Barzazi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Venezia-Mestre, via Torino 186;

nei confronti

Ministero per i Beni e Le Attività Culturali – Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l'Area metropolitana, Ministero dell'Interno – Comando dei Vigili del Fuoco di Venezia, Fpt Industrie S.p.A., non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

previa sospensione dell’ordinanza del Comune di Santa Maria di Sala n. 68 del 16 dicembre 2019 (ordinanza del Settore Tecnico n. 27 del 2019), notificata in data 18 dicembre 2019, avente ad oggetto “ demolizione, rimozione e ripristino dei luoghi alle ditte L.A.P.E. e Rexpol ”;
per quanto occorrer possa, dell’ordinanza del Comune di Santa Maria di Sala n. 69 del 16 dicembre 2019 (ordinanza del Settore Tecnico n. 28 del 2019), notificata in data 18 dicembre 2019, con la quale è stata ingiunto alle odierne ricorrenti il pagamento, a titolo di sanzione amministrativa, ai sensi degli artt. 36 e 37 del d.P.R. n. 380 del 2001, della somma di 1.032 euro, nella parte in cui dovesse ritenersi confermare, anche implicitamente, l’ordinanza n. 68 del 2019;
per quanto occorrer possa, del permesso di costruire in sanatoria rilasciato in data 10 febbraio 2020, nella parte in cui dovesse ritenersi confermare, anche implicitamente, l’ordinanza n. 68 del 2019;
di ogni altro atto ad essa presupposto e/o conseguente, anche non noto, ivi compresi, per quanto occorrer possa, il parere dell’Azienda

ULSS

3 Serenissima, reso in data 21 febbraio 2019 e le note del 24 novembre 2017 e del 1° febbraio 2018.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Santa Maria di Sala e di Ulss 3 Serenissima;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 4 giugno 2024 il dott. F B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorso all’esame riguarda l’ordinanza n. 68/2019 di registro generale (gli altri atti sono gravati solo nella misura in cui fossero interpretati come conferma di tale ordinanza), in epigrafe meglio dettagliata, emessa dal Comune di Santa Maria di Sala, a fronte di ritenuti abusi edilizi, individuati a seguito di sopralluogo eseguito il 30 marzo 2017, nell’ampio compendio immobiliare gestito dalle due società ricorrenti, di superficie complessiva di 30.000 mq. all’interno del quale si realizzano prodotti per l’edilizia.

L’ordinanza ridetta riguarda opere ritenute non sanabili, a differenza di altre per le quali era stata accertata la sussistenza dei presupposti per dar luogo al rilascio del titolo edilizio in sanatoria.

Mediante l’indicato atto gravato è stato ordinato il ripristino dei luoghi secondo il titolo edilizio originario e nel rispetto delle indicazioni fornite dall’

AULSS

3 e dai Vigili del Fuoco contenute nei pareri e verbali istruttori.

L’atto censurato così ha disposto:

Richiamato il verbale dell'Ufficio Tecnico Comunale datato 08.05,2017, redatto a seguito di sopralluogo effettuato in data 30.03.2017 presso l'area censita al C.T. al foglio 15, mappali 16, 284, 289, 388, 393, 471, 473, 482, 956, 1009, 1011 e 1012 di proprietà della ditta L.A.P.E. di Tonello Romeo &
C. S.n.c., e mappale 300 del foglio 15 di proprietà della ditta REXPOL S.r.l. con lo scopo di verificare la situazione edilizia in rapporto ai titoli abilitativi rilasciati;
,

Dato atto che dal suddetto verbale viene confermata la realizzazione di manufatti e opere edilizie realizzate in assenza di titolo ed in assenza di autorizzazione paesaggistica meglio sotto descritte;

Dato atto, altresì, che da informazioni acquisite e dagli atti depositati in ufficio, le ditte interessate dai lavori eseguiti sono:

L.A.P.E. di Tonello Romeo &
C. S.n.c. con sede in Padova, via U. Foscolo, 8, Partita I.V.A. 02009480282, in qualità di ditta proprietaria dei mappali 16, 284, 289, 388, 393, 471, 473, 482, 956, 1009, 1011 e 1012 del foglio 15;

REXPOL S.r.l. con sede in S.M. di Sala (VE), via E. Fermi, 1-3, Partita I.V.A. 03259810277, in qualità di ditta proprietaria del mappale 300 del foglio 15;

Richiamata l'ordinanza dirigenziale, registrata al n.25 del 08.05.2017, • inviata/notificata alle ditte in indirizzo, sottoscritta per comunicare la sospensione lavori citati in premessa;

Richiamata altresì la successiva ordinanza dirigenziale di proroga, registrata al n.38 del 20.06.2017, inviata/notificata alle ditte in indirizzo, sottoscritta per consentire la predisposizione e l'acquisizione di idonea documentazione, necessaria per l'istruttoria da parte dell'Ufficio Tecnico Comunale;

Preso atto:

- che in data 04.07.2017 è stata acquisita al prot. Comunale n. 0011407 la domanda di accertamento di compatibilità paesaggistica ai sensi degli artt. 167 e 181 del D.Lgs. 42/2004 per la realizzazione di manufatti in assenza di autorizzazione paesaggistica;

-che in data 05.12.2018 il comune ha acquisito il parere parzialmente favorevole della Soprintendenza, in ordine alla compatibilità paesaggistica delle opere realizzate senza titolo;

Preso atto che in data 23.10.2017 è stata presentata in ambito SUAP n. 02009180282-23102017-1644 la richiesta di sanatoria edilizia ai sensi dell'art. 37 del D.P.R. 380/2001;

Esaminati i titoli edilizi rilasciati alle ditte, ed effettuata la comparazione con quanto allegato alla richiesta di Sanatoria Edilizia presentata ai sensi del-D.P.R.380/2001;

Richiamato il verbale di cui all'incontro tecnico istruttorio tenutosi in data 20.12.2018 con l'A.U.L.S.S.3 e VV.F;

Richiamato il parere A.U.L.S.S. 3 prot. 2018/155786 - ETP_00084 del

21.02.2019;

Richiamato il verbale della Conferenza di Servizi Istruttoria convocata ai sensi dell' art.14 della Legge 241/1990, tenutasi c/o U.T.C. in data 27.09.2019 con l'A.U.L.S.S.3 e VV.F;

Richiamato il verbale della successiva Conferenza di Servizi Istruttoria convocata ai sensi dell'art. 14 della Legge 241/1990, tenutasi c/o U.T.C. in data 29.11.2019 con l'A.U.L.S.S.3 e VV.F e le ditte LAPE e Rexpol in premessa individuate ed interessate dal presente provvedimento;

Considerato:

- che alcune opere/manufatti non sono sanabili, in quanto realizzati in contrasto con le norme edilizio-urbanistiche (N.T.A. del P.I. e DPR 380/2001) e paesaggistico-ambientali (D.Lgs.42/2004);

- che le determinazioni riportate nel parere A.U.L.S.S, 3, prot. 2018/155786 - ETP 00084 del 21.02.2019 che viene allegato al presente provvedimento quale Allegato "B" , evidenziano che alcune opere/manufatti realizzati e l'avvenuto cambio d'uso dei locali ( da magazzini — depositi in laboratori) hanno sostanziato il non rispetto dei parametri costruttivi ed illuminotecnici minimi previsti dalla normativa vigente in materia di ambienti di lavoro, anche e con riferimento al D.Lgs. 81/2008 circa la sicurezza dei luoghi di lavoro, sulla scelta dei lay-out produttivi e in rapporto ai parametri microclimatici, situazioni già note alle ditte, con particolare riguardo a quelle porzioni di immobili che risultano occupate da impianti produttivi che sviluppano calore e vapore acqueo;

Ritenuto quindi necessario, provvedere al ripristino dei luoghi di lavoro secondo il titolo edilizio originario nel rispetto delle indicazioni A.U.L.S.S. 3 e VV.F. contenute nei pareri e verbali istruttori di cui sopra;

Ritenuto altresì, opportuno descrivere qui di seguito le opere e i manufatti oggetto del presente provvedimento, individuando questi ultimi con il colore giallo e verde in una apposita planimetria che viene allegata al presente atto quale Allegato "A" .

L’atto gravato prosegue con il dettaglio dei ritenuti abusi realizzati negli edifici A, B e D della citata planimetria.

Nelle more, le ricorrenti hanno comunicato al Comune procedente di aver demolito alcuni dei manufatti abusivi, oggetto della gravata ordinanza, allegando all’uopo documentazione fotografica.

Il mezzo di gravame all’esame, assistito da istanza cautelare, è stato notificato il 17 febbraio 2020 e depositato il successivo 26 febbraio.

Per resistere si sono costituiti il Comune di Santa Maria di Sala (il 27 febbraio 2020) e la

ULSS

3 Serenissima (il 7 marzo 2020).

Con atto depositato il 6 marzo 2020 parti ricorrenti hanno rinunciato all’istanza cautelare.

All’udienza pubblica straordinaria di smaltimento dell’arretrato del 4 giugno 2024, dopo il deposito di documenti, lo scambio di memorie e la discussione orale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

All’udienza il Collegio, ai sensi dell’art. 73 comma 3 c.p.a., ha dato avviso di un possibile profilo di inammissibilità del ricorso collettivo riguardo alle condizioni poste dalla giurisprudenza per la sua ammissibilità – segnatamente identità delle posizioni soggettive dei ricorrenti e unicità delle censure – dato che non è specificata la posizione delle due società ricorrenti rispetto al provvedimento impugnato e quali sono i proprietari dei singoli mappali interessati dai diversi abusi contestati, cosicché le censure (anche per come espressamente esposte) sono parcellizzate e relative a singoli immobili, di cui non è certa la proprietà e/o conduzione.

Il Comune, dal canto suo, ha invece eccepito l’improcedibilità del ricorso, relativamente agli immobili demoliti e a quelli per cui si è espressa volontà di demolire (per acquiescenza), oltre che relativamente a quegli immobili oggetto di sanatoria edilizia.

Il Collegio, data l’infondatezza del ricorso nel merito, ritiene di prescindere da tali questioni in rito, con la precisazione, relativamente alle eccezioni comunali, che in sede di esecuzione della sentenza l’Amministrazione, ovviamente, avrà esclusivo riguardo alle opere non sanate e a quelle non demolite.

Si riportano i motivi del mezzo di gravame, così come raggruppati e testualmente indicati nel ricorso.

Motivi comuni agli abusi in ipotesi riscontrati ”.

1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 5, 20 e 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, nonché dell’art. 3 del d.lgs. n. 222 del 2016. Violazione e falsa applicazione dell’art. 67 del d.lgs. n. 81 del 2008. Eccesso di potere per errore sui presupposti, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990. Eccesso di potere per motivazione difettosa e perplessa. Eccesso di potere per sviamento, slealtà, ingiustizia manifesta e difetto di proporzione.

Si dice, in sintesi, che il più evidente vizio che affliggerebbe l’ordine comunale risiederebbe, “ forse ”, nel peso attribuito al parere dell’Azienda Sanitaria, poiché il Comune si sarebbe pedissequamente e acriticamente adeguato al negativo parere dell’autorità sanitaria, ritenendolo vincolante.

Parere che viene contestato per difetto di motivazione, non essendo state citate le norme ritenute violate e per non essere state indicate le misurazioni effettuate, oltre che per violazione dei principi di partecipazione procedimentale e per sviamento di potere, dato che, si dice, per assicurare la sicurezza e l’igiene dei luoghi di lavoro l’autorità sanitaria “ impiega il proprio potere per impedire il rilascio del titolo edilizio ”.

Il motivo va disatteso, in quanto il parere emesso dall’autorità sanitaria è uno degli atti richiamati per relationem ed esso, si riferisce, comunque, anche a parametri rilevanti a fini edilizi.

Ad ogni modo, l’ordinanza n. 68 richiama il verbale di sopralluogo dell’ufficio tecnico del 30 marzo 2017, atto fidefaciente e non contestato ( "in materia edilizia il verbale di sopralluogo redatto della Polizia Municipale al fine di contrastare il fenomeno dell'abuso edilizio proviene da pubblici funzionari e costituisce atto pubblico che acquista portata fidefaciente fino a querela di falso, ai sensi dell'art. 2700 c.c., delle circostanze di fatto in esso accertate sia relativamente allo stato di fatto e sia rispetto allo status quo ante" (così Cons. St., sez. II, n. 633/2021), (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 16/01/2023, n. 710), oltre a diverse conferenze di servizi e pareri solo parzialmente favorevole della soprintendenza.

Dunque, il parere dell’autorità sanitaria non costituisce unica e determinante giustificazione dell’atto impugnato e le critiche ad esso dirette non sono idonee ad inficiare la legittimità dell’ordinanza impugnata.

Va anche osservato che il parere sanitario a più riprese fortemente contrastato e ritenuto non necessario da parti ricorrenti (“ Ora, anche a non considerare che quel parere, con ogni probabilità, non era nemmeno necessario (dato che l’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, in tema di accertamento di compatibilità, richiama unicamente la compatibilità con le previsioni urbanistiche ed edilizie dell’intervento e non la compatibilità con le norme in tema di sicurezza e igiene, rilevanti, semmai, solo sul piano dell’agibilità del manufatto – il che concreta di per sé un vizio di legittimità dell’atto gravato), il richiamo a un quadro normativo superato ha avuto un evidente riverbero sull’esito del procedimento. Pare evidente che se il Comune avesse applicato la vigente normativa (e non una norma abrogata), il parere dell’ASL non sarebbe stato richiesto, si sarebbe evitato lo stillicidio di infondati e pretestuosi rilievi dell’Azienda ”, cfr. pag. 14 del ricorso), era viceversa atto necessario nel procedimento in sanatoria, in base a quanto anche di recente affermato in giurisprudenza, secondo cui “ il procedimento per la verifica di conformità ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001 sfocia in un provvedimento di carattere assolutamente vincolato, il quale non necessita di altra motivazione oltre a quella relativa alla corrispondenza (o meno) dell'opera abusiva alle prescrizioni urbanistico-edilizie (e a quelle recate da normative speciali in ambito sanitario e/o paesaggistico) sia all'epoca di realizzazione dell'abuso sia a quella di presentazione dell'istanza ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001. Ciò determina che in sede di accertamento di conformità è interamente a carico della parte l'onere di dimostrare la c.d. doppia conformità necessaria per l'ottenimento della sanatoria edilizia ordinaria ai sensi dell'art. 36 d.P.R. n. 380/2001 (già, art. 13 l. n. 47/1985), attesa la finalità dell'istituto, secondo il quale il rilascio del permesso in sanatoria presuppone indefettibilmente la c.d. doppia conformità, vale a dire la non contrarietà del manufatto abusivo alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della sua realizzazione sia al momento della presentazione dell'istanza di sanatoria ”, (Consiglio di Stato sez. VI, 14 marzo 2023, n. 2660;
in termini T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 30 dicembre 2023, n. 965).

Sulle presunte difformità “interne” .

2. Violazione degli artt. 31 e ss. del d.P.R. 380/2001. Violazione degli artt. 5, 6-bis, 10, 20 e 22, d.P.R. 380/2001. Violazione dell’art. 23-ter, d.P.R. 380/2001. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, ingiustizia manifesta e difetto di motivazione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 67 del d.lgs. n. 81 del 2008 e della circolare regionale n. 17 del 1993. Sviamento. Violazione del comma 2 dell’art. 1, l. 689/1989.

3. “ Ancora sugli spazi interni. Sui soppalchi contestati nell’edificio A

Si afferma, in sintesi, che l’ordine impugnato avrebbe illegittimamente qualificato tutti gli abusi contestati, anche quelli consistenti in modifiche interne agli stabilimenti, come “ interventi di nuova costruzione, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. e), d.P.R. 380/2001 e opere di ristrutturazione con cambio di destinazione d’uso, ai sensi dell’art. 3, co. 1, lett. d), d.P.R. 380/2001 e pertanto assoggettate al regime normativo del permesso di costruire ”, con applicazione, per tutti gli abusi, dell’art. 31, d.P.R. 380/2001, dedicato agli abusi più gravi, in quanto “ interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali ”. Tanto gravi che l’art. 31, d.P.R. 380/2001, differentemente dagli artt. 33 ss., d.P.R. 380/2001, prevede la confisca ope legis del bene in caso di inottemperanza.

I motivi (n. 2 e n. 3) vanno disattesi, poiché le modifiche interne pacificamente realizzate, non configurano, nella specie, attività di mera manutenzione, ma hanno modificato, viceversa, l’originaria fisionomia e consistenza fisica degli immobili per cui è causa e, per l’effetto, rappresentano, giuridicamente, almeno una ristrutturazione edilizia per essere state create nuove superfici, quali i soppalchi adibiti a luoghi per il deposito e il confezionamento del polistirolo.

Sul punto occorre ribadire quanto affermato dal giudice di secondo grado, infatti “ secondo la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, è necessario il permesso di costruire quando il soppalco sia di dimensioni non modeste e comporti una sostanziale ristrutturazione dell’immobile preesistente, con incremento delle superfici dell’immobile e, in prospettiva, ulteriore carico urbanistico;

- si rientrerà invece nell’ambito degli interventi edilizi minori, per i quali comunque il permesso di costruire non è richiesto, ove il soppalco sia tale da non incrementare la superficie dell’immobile;

- quest’ultima ipotesi si verifica solo nel caso in cui lo spazio realizzato col soppalco consista in un vano chiuso, senza finestre o luci, di altezza interna modesta, tale da renderlo assolutamente non fruibile alle persone (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 2 marzo 2017, n. 985;
sez. VI, 9 luglio 2018, n. 4166;
sez. IV, 8 luglio 2019, n. 4780)
, (Consiglio di Stato, sez. VI, 11 febbraio 2022, n. 1002).

Inoltre, vi è stata la ridistribuzione delle superfici interne, al fine di consentire la creazione di nuovi spazi produttivi ovvero l’inserimento di nuovi impianti, mentre ad alcuni spazi preesistenti è stata impressa una funzione radicalmente diversa da quella originaria (locale mensa adibito ad alloggio per il custode).

L’atto comunale va dunque esente da critiche.

Sui volumi tecnici in ipotesi abusivi ”.

4. Sui volumi tecnici N e O (Fabbricato A). Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, errore sui presupposti. Violazione e falsa applicazione della circolare Ministero dei lavori pubblici 31 gennaio 1973, n. 2474, nonché dell’Allegato A alla D.G.R.V. n. 669 del 15 maggio 2018 e dell’art.

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