TAR Torino, sez. I, sentenza 2014-02-27, n. 201400341
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Testo completo
N. 00341/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00655/2002 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 655 del 2002, proposto da:
B L, rappresentato e difeso dagli avv. V A, R L, con domicilio eletto presso R L in Torino, corso Montevecchio, 50;
contro
Regione Piemonte;
Comune Grugliasco, rappresentato e difeso dall'avv. G M, con domicilio eletto presso G M in Torino, via Stefano Clemente, 22;
per l'annullamento:
- del PRGC del Comune di Grugliasco e degli atti del relativo procedimento di approvazione e specificamente delle deliberazioni C.C. n. 92 del 30.10.1996;n. 76 del 22.7.1998;n. 64 del 20.7.1999;nonché della deliberazione GR n. 4-5410 del 4.3.2002, pubblicata sul BUR del 14.3.2002
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune Grugliasco;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2013 la dott.ssa Roberta Ravasio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso di cui in epigrafe, depositato il 20 maggio 2002, il ricorrente, premettendo di essere proprietario, in Comune di Grugliasco, di un terreno con sovrastanti capannoni, già adibiti ad uso agricolo e poi convertiti, con intervento edilizio condonato ai sensi della L. 724/94, ad uso produttivo ed artigianale, impugna gli atti a mezzo dei quali è stato approvato il nuovo Piano Regolatore del Comune di Grugliasco, il quale in parte ha tipizzato l’area come “Z21 – verde pubblico e parco sportivo”, in parte ne ha confermato l’originaria destinazione agricola.
Secondo il ricorrente tale tipizzazione sarebbe illegittima per violazione dell’art. 29 della L. 47/85 e della L.R. 58/85, le quali in sostanza imporrebbero alle Amministrazioni di conformare le scelte edificatorie alla realtà consolidata per effetto della realizzazione di manufatti abusivi e del condono di essi. Inoltre la nuova tipizzazione sarebbe illegittima per carenza di motivazione e di istruttoria, illogicità ed incongruenza, in quanto l’Amministrazione avrebbe comunque dovuto motivare la scelta di non imprimere al sito una tipizzazione conforme a quella delle costruzioni condonate.
Il Comune di Grugliasco si è costituito in giudizio per resistere al ricorso, deducendo che: a) l’art. 29 della L. 47/85 è finalizzato a recepimento di fabbricati abusivi realizzati al 1° ottobre 1983, mentre l’abuso posto in essere dal ricorrente risale ad epoca successiva;b) inoltre l’art. 29 è finalizzato a recupero di insediamenti e non di singoli fabbricati;c) il Comune è comunque titolare di un potere discrezionale, e non di un obbligo, circa la scelta di imprimere ad un’area una tipizzazione compatibile con la destinazione d’uso di un manufatto abusivo e condonato: nel caso di specie ricorrente deduce null’altro che argomenti generici a sostegno della affermazione per cui il Comune non avrebbe tentato una riconciliazione delle zone abusive con tessuto urbanistico della città;d) infine i capannoni di proprietà del ricorrente sono gli unici fabbricati produttivi di una zona che il nuovo PRG ha inteso tutelare dal punto di vista paesaggistico.
Il ricorso è stato introitato a decisione alla pubblica udienza del 7 novembre 2013.
Esso non può trovare accoglimento.
Va preliminarmente rammentato che le fattispecie di sanatoria previste al Capo IV della L. 47/85, c.d. condono edilizio, non sono di per sé idonee a legittimare l’opera, ma consentono unicamente di evitarne la demolizione e di compiere atti di disposizione del manufatto abusivo. Il c.d. “condono”, ossia la sanatoria ai sensi delle norme in esame - ben diversa dalla c.d. sanatoria di conformità - costituisce quindi un beneficio concesso a fronte del pagamento della oblazione: come tale esso rimane circoscritto al manufatto abusivo nella sua conformazione originaria. In conseguenza di ciò gli unici interventi ammissibili su un manufatto abusivo condonato sono gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, e del resto ove si consentissero interventi di ampliamento o nuova costruzione che si innestano su, o comunque presuppongono, un manufatto condonato , ciò significherebbe annettere a questo ultimo una potenzialità edificatoria che in realtà non ha, e ciò sarebbe ingiustificatamente premiale.
Ciò premesso, è evidente che questo patrimonio edilizio, costituito da manufatti abusivi, condonati o meno, in linea di massima non può essere assoggettato a tutti quegli interventi di recupero o riqualificazione che passino attraverso demolizioni, ricostruzioni e/o ampliamenti, che rimangono vietati – sui manufatti condonati – anche ove lo strumento urbanistico intervenga a recepire la destinazione d’uso del bene condonato.
In effetti proprio dall’art. 29 della L. 47/85 si ricava la volontà del legislatore nazionale di addivenire al recupero urbanistico di tale patrimonio edilizio non attraverso un semplice recepimento, a livello di strumento generale, della destinazione d’uso propria del manufatto abusivo e condonato, ma attraverso interventi organici, che non a caso devono avere ad oggetto interi “insediamenti” e che devono vedere i proprietari dei vari immobili riuniti in consorzi, obbligatori o meno. Per essere recepibili dallo strumento urbanistico le varianti di recupero debbono rispondere ai criteri indicati ai comma 1 e 2 dell’art. 29, e comunque debbono essere presentate da soggetti pubblici o privati che ne dimostrino la fattibilità, anche dal punto di vista finanziario, nell’ambito di un disegno che passa attraverso l’espropriazione delle aree soggette a recupero ed alla compensazione dei proprietari interessati secondo le modalità previste dal successivo articolo 30.
E’ dunque evidente che il legislatore ha subordinato il recupero urbanistico del patrimonio edilizio abusivo alla condizione che esso consenta di pervenire ad una effettiva riqualificazione di intere zone, le quali risultino servite da opere di urbanizzazione, adeguatamente inserite nel tessuto urbano esistente e comunque rispettose del patrimonio storico-culturale, e paesaggistico-ambientale. Men che meno il legislatore ha dettato, quale criterio ispiratore della varianti urbanistiche necessarie per addivenire agli interventi di recupero di che trattasi, quello del tendenziale rispetto della destinazione d’uso impressa ai manufatti abusivi, di guisa che il recupero urbanistico potrà avere ad oggetto fabbricati abusivi anche di tipologia molto diversa fra loro, e persino fabbricati non condonati (art. 29 comma 3), purché facenti parte di un medesimo insediamento.
L’art. 29 della L. 47/85, dunque, non fa sorgere alcuna legittima aspettativa, a favore dei proprietari di immobili abusivi e condonati, di veder attribuire alla zona interessata dall’abuso una tipizzazione compatibile con il medesimo.
Quanto alla L.R. 58/85, da essa non emergono indicazioni differenti, e comunque, trattandosi di materia che non è mai rientrata nella potestà legislativa esclusiva delle regioni, essa deve essere interpretata ed applicata in modo che non risulti in contrasto con le previsioni delle leggi nazionali in materia: quindi in modo coerente con quanto sopra rilevato in ordine alla interpretazione dell’art. 29 L. 47/85.
Infine non si può non rimarcare che tanto la L. 724/04 che la L. 326/03, nel riaprire i termini per il condono edilizio, non hanno richiamato il Capo III della L. 47/85, in cui si situano gli articoli 29 e 30. Pertanto alla attualità un dovere dei comuni di verificare l’opportunità di approvare varianti urbanistiche finalizzate al recupero di insediamenti abusivi sussiste solo con riferimento agli insediamenti risalenti a prima del 1° ottobre 1983.
Nel caso di specie non risulta che i capannoni di proprietà del ricorrente siano collocati nell’ambito di un “insediamento” abusivo, né è provato che l’abusivo cambiamento di destinazione d’uso degli stessi risalga a data anteriore al 1° ottobre 1983.
Quanto sin qui esposto dà conto della infondatezza delle censure articolate con il ricorso introduttivo del giudizio: un onere per il Comune di Grugliasco di valutare, ma non necessariamente di approvare, una eventuale variante di recupero della zona in cui si trovano i capannoni del ricorrente sarebbe sorto solo in presenza di un intero insediamento abusivo risalente a prima del 1° ottobre 1983, la cui esistenza, invece, non è provata né dedotta;inoltre l’Amministrazione non aveva alcun onere di motivare la scelta di non attribuire una destinazione produttiva, stante che il proprietario di un immobile abusivo condonato non ha, come già precisato, una legittima aspettativa in tal senso.
Il ricorso va conclusivamente respinto.
La particolarità del caso giustifica la compensazione delle spese di giudizio.