TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2010-05-18, n. 201011829

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2010-05-18, n. 201011829
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201011829
Data del deposito : 18 maggio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06079/2005 REG.RIC.

N. 11829/2010 REG.SEN.

N. 06079/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6079 del 2005, proposto da:
Società Door Al S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. M P, con domicilio eletto presso l’avv. Francesco Capecci in Roma, via Cavour, 211;

contro

Ministero delle Attivita' Produttive, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Società Mps Merchant S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., non costituita;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

del decreto del Ministero delle Attività Produttive prot. 5903 del 29.3.2005, che dispone la revoca delle agevolazioni finanziarie concesse alla ricorrente ai sensi della legge n. 488/1992 e il recupero dell’importo di euro 30.672,38;.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Attivita' Produttive;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 febbraio 2010 il ref. R P;

Uditi l’avv. M. Orlandi, in sostituzione dell’avv. Pizzutelli, per la ricorrente e, ai preliminari, l’Avvocato dello Stato Stigliano Messuti per l’Amministrazione resistente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso in epigrafe la società Door Al s.r.l. ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il decreto emesso in data 29.3.2005 dal Ministero delle attività produttive – Direzione Generale per il Coordinamento degli incentivi alle imprese, che disponeva: a) la revoca delle agevolazioni finanziarie concesse alla ricorrente ai sensi della legge n. 488/1992, con decreto di concessione provvisoria n. 101511 del 10.7.200, a fronte di un programma di investimenti da realizzare nell’ambito della propria unità produttiva ubicata in Atina (FR);
b) il recupero della somma di euro 30.672,38.

Il decreto gravato veniva adottato su proposta della Banca concessionaria, in quanto l’investimento era stato avviato in data antecedente alla presentazione del modulo di domanda (31.1.2001) .

Questi i motivi dedotti dalla ricorrente:

1) Violazione degli artt. 3 e 10 della legge 7 agosto 1990, n. 241;
eccesso di potere per falsa rappresentazione di presupposto e carenza di istruttoria e di motivazione;

2) violazione dell’art. 8 del Regolamento adottato con d.m. 20 settembre 1995, n. 527 e succ. modd., in sé e in relazione al punto 3.9 della circ. min. n. 9000315 del 14 luglio 2000;
violazione degli artt. 3 e 10 della legge 7 agosto 1990, n. 241;
eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.

Il Ministero intimato si costituiva nel presente giudizio per resistere al ricorso e ne chiedeva la reiezione siccome infondato nel merito.

Con ordinanza collegiale n. 3980 del 14 luglio 2005, la Sezione accoglieva la domanda cautelare di sospensione dell’esecuzione dell’atto gravato, limitamente al disposto recupero e previa prestazione di idonea fidejussione bancaria o assicurativa.

In seguito la Sezione, con ordinanza istruttoria n. 1514/2009 del 15 ottobre 2009, ai fini della decisione del ricorso nel merito, ordinava al Ministero delle Attività produttive di depositare in giudizio una documentata relazione sui fatti di causa, con particolare riguardo alla natura e alla inerenza all’iniziativa agevolata delle spese ritenute non ammissibili in quanto anteriori alla presentazione del modulo di domanda di agevolazioni.

L’ordine istruttorio veniva eseguito con il deposito della richiesta documentazione in data 8-27 gennaio 2010, da parte dell’intimato Ministero.

Alla pubblica udienza del 25 febbraio 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il Collegio deve preliminarmente esaminare la questione relativa alla sussistenza della propria giurisdizione nella controversia de qua, trattandosi di questione che attiene alla stessa sussistenza del potere-dovere del Collegio di trattazione e decisione della causa e pertanto pregiudiziale alla disamina del merito.

Osserva a tal riguardo il Collegio che, nel caso in esame, non si controverte della revoca, in senso proprio, di contributi concessi in via provvisoria, a seguito dell’inadempimento, da parte del beneficiario, di obblighi impostigli dalla legge o dagli atti concessivi del contributo, con conseguente perdita del diritto soggettivo, già acquisito, alla concreta erogazione delle somme di denaro oggetto del finanziamento e alla conservazione degli importi a tale titolo già riscossi o da riscuotere, la cui cognizione rientra nella giurisdizione del Giudice ordinario (Cass. Civ., SS.UU., 8 gennaio 2007 n. 117;
12 febbraio 1999 n. 57;
7 luglio 1988 n. 4480;
28 maggio 1986 n. 3600;
Cons.Stato, VI Sez., 22 novembre 2004 n. 7659;
IV Sez., 15 novembre 2004 n. 7384;
1 aprile 2004 n. 1822;
VI Sez., 3 novembre 2003 n. 6826;
20 giugno 2003 n. 7659;
9 maggio 2002 n. 2539). La fattispecie all’esame del Collegio, piuttosto, concreta un’ipotesi di autoannullamento della precedente delibera di concessione, cui l’Amministrazione ha fatto ricorso avendo riscontrato, seppure in sede di rendicontazione finale, un vizio di legittimità che inficiava ab initio il procedimento concessorio, consistente nell’avvio dell’investimento agevolato, da parte della beneficiaria, in data antecedente alla presentazione del modulo di richiesta delle agevolazioni finanziarie.

Nei confronti dell'Autorità concedente la beneficiaria vanta, pertanto, una posizione di interesse legittimo, per la cui tutela ha giurisdizione il Giudice amministrativo.

Venendo all’esame del merito, dalle risultanze documentali di causa rileva il Collegio preliminarmente che il decreto di revoca impugnato è scaturito dall’istruttoria condotta da MPS Merchant s.p.a, cui spettava la conferma della agevolabilità dell’iniziativa al termine dell’investimento. Dagli accertamenti eseguiti, invero, emergeva che il programma veniva avviato in data antecedente a quella in cui era stata presentata la domanda di ammissione ai benefici dalla società ricorrente, vale a dire il 31 gennaio 2001;
in particolare, alcuni titoli di spesa, rendicontati nell’ambito del programma dall’impresa, riportavano 8 fatture emesse antecedentemente alla suddetta data, con violazione del punto 3.9 della circolare n. 900315 del 14.7.2000, che prevede l’ammissibilità alle agevolazioni delle spese inerenti alla attività finanziata solo ed esclusivamente se inserite in programmi di investimento avviati a partire dal giorno successivo alla presentazione della domanda.

Tanto premesso, il Collegio, per ragioni di ordine logico, passa all’esame del secondo motivo di ricorso. Con esso la deducente lamenta la falsa applicazione dell’art. 8 del regolamento di cui al d.m. n. 527/1995 e della circolare n. 90315/2000, cui il Ministero ha inteso dare applicazione, sostenendo, in primo luogo, che entrambi tali atti non includerebbero tra i casi di revoca del finanziamento le irregolarità contestate alla ricorrente;
in secondo luogo, che le fatture di spesa ritenute non ammissibili non erano in realtà attinenti al progetto ammesso all’agevolazione e soltanto per mero errore dell’interessata erano state incluse fra le spese da rendicontare;
in ogni caso, che il provvedimento è viziato da difetto di motivazione.

Le doglianze non meritano adesione nel loro complesso.

Sotto il primo aspetto, invero, non può farsi a meno di rilevare che la “revoca” del finanziamento è conseguenza diretta ed immediata della accertata inammissibilità “ab origine” della domanda, sicchè appare evidente che ad una richiesta inammissibile non può che corrispondere la decadenza dai benefici economici conseguiti, senza che sia necessaria una esplicita previsione normativa in proposito.

In particolare, va evidenziato che il decreto 14 luglio 2000, richiamato dalla circolare n. 900315 del 14.7.2000, riguarda “Le misure massime consentite relative alle agevolazioni in favore delle attività produttive nelle aree depresse del Paese di cui alla L. n. 488/1992 per le regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia”, in cui nel preambolo si afferma (terz’ultimo considerato) che le domande presentate sono agevolabili “esclusivamente sulla base delle spese inserite in programmi di investimento avviati a partire dal giorno successivo a quello di presentazione delle domande medesime…”.

Tale prescrizione recepisce pedissequamente la decisione della Commissione europea resa in data 12 luglio 2000, come esattamente precisato al punto 3.9 della precitata circolare che si è limitata a richiamare l’anzidetto decreto ministeriale.

Il provvedimento di revoca adottato nei confronti dell’odierna ricorrente, dunque, rappresentava un atto dovuto, essendo emerso che il relativo programma di investimenti era stato avviato il 30.12.1999 - data del primo titolo di spesa ammissibile, presentato a consuntivo dalla società Door Al – vale a dire, in data antecedente alla presentazione della domanda di agevolazioni, e ciò determinava il venir meno dei presupposti che legittimavano l’agevolabilità dell’iniziativa.

Non rileva invece la circostanza, richiamata dall’interessata, secondo cui alcune delle fatture contestate avrebbero riguardato spese totalmente estranee al progetto agevolato. E invero, come sostenuto dalla difesa erariale, è onere della ditta beneficiaria accertare la pertinenza delle spese presentate rispetto al programma agevolato, non potendo imputarsi all’Amministrazione errori materiali commessi dalla beneficiaria.

In ogni caso, e con questo si passa a trattare il secondo profilo di censura, osserva il Collegio che, contrariamente all’assunto di parte ricorrente, delle fatture contestate almeno due erano pertinenti all’iniziativa agevolata, vale a dire le due fatture emesse dalla ditta Mabo, la n. 833 del 30.12.1999 e la n. 237 del 17.4.2000, per le caparre alla stessa versate all’atto dell’ordine della struttura prefabbricata relativa al programma di investimento agevolato;
per la cessione del prefabbricato veniva successivamente emessa la fattura n. 232 del 5.4.2001, regolarmente rendicontata, dal cui importo venivano scomputate le predette somme già versate dalla ricorrente a titolo di caparra.

Orbene, proprio le due fatture emesse a fronte del versamento della caparra penitenziale, relative alla cessione del prefabbricato, erano suscettibili di determinare la revocabilità delle agevolazioni, in quanto, da un lato erano sicuramente pertinenti all’investimento, dall’altro avevano data anteriore a quella di presentazione della domanda di agevolazioni e a quella data anteriore dovevano pertanto considerarsi effettuate le relative spese.

E invero, occorre considerare che il versamento di acconti o caparre prima della data di presentazione della domanda di ammissione ai benefici, non rende di per sé inammissibile il contributo concesso, non essendo una circostanza in sé rilevante;
gli acconti e le caparre diventano di contro rilevanti allorquando, a fronte del pagamento degli stessi a valere sul prezzo finale, venga rilasciata apposita fattura, il cui importo venga poi scomputato da quello della fattura rilasciata all’atto della cessione bene, come avveniva nel caso di specie, e pertanto la data di effettuazione della spesa relativa agli acconti in parola dovrà considerarsi quella di emissione delle relative fatture.

Per quanto infine concerne l’asserito difetto di motivazione, osserva il Collegio che il provvedimento di revoca seguiva gli accertamenti svolti dalla Banca, cui il Ministero riteneva di doversi uniformare, accertamenti espressamente richiamati nell’atto medesimo, il quale evidenziava la non ammissibilità della domanda alle agevolazioni finanziarie in argomento. Per tale ragione risulta esaustivo il richiamo alle risultanze dell’attività istruttoria effettuata dalla banca concessionaria, cui l’autorità decidente ha mostrato di aderire (Cons. Stato, Sez. III, 20.11.2000, n. 2727).

Con il primo mezzo la ricorrente, infine, assume che il controverso decreto di revoca sarebbe illegittimo, in quanto basato su erronei presupposti, non avendo l’Amministrazione preso in considerazione le controdeduzioni presentate dall’interessata a seguito della comunicazione dell’avvio di procedimento di revoca.

In effetti nel decreto impugnato si afferma che nessuna osservazione sarebbe pervenuta al Ministero, sebbene la ricorrente affermi di aver trasmesso controdeduzioni a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento regolarmente recapitata all’amministrazione.

Tuttavia la doglianza non è meritevole di adesione in quanto dalle argomentazioni sopra svolte risulta che l’emissione del provvedimento revocatorio era un atto dovuto e comunque legittimo, rispetto al quale le osservazioni della società ricorrente, intese a ribadire che le fatture in questione non riguardavano l’intervento interessato dalle agevolazioni finanziarie, non avrebbero potuto influire sulle determinazioni della amministrazione poiché, come più sopra chiarito, e come ribadito dalla relazione dell’amministrazione depositata in atti, le caparre versate alla ditta Mabo erano inerenti all’intervento di cui si tratta.

Pertanto, palesandosi infondate le censure dedotte, il ricorso deve essere respinto.

Sussistono peraltro giusti motivi per disporre la integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.

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