TAR Torino, sez. I, sentenza 2010-05-03, n. 201002292
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 02292/2010 REG.SEN.
N. 01094/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1094 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
O di O Geom. Giovanni &C. s.n.c., in persona dei soci amministratori/legali rappresentanti pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. R M e A P P, con domicilio eletto presso lo studio legale Montanaro e associati in Torino, via del Carmine, 2;
contro
Provincia di Cuneo, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. M R e A S, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Sciolla in Torino, corso Montevecchio, 68;
Comune di Guarene, non costituito in giudizio;
Comune di Piozzo, non costituito in giudizio;
Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale - A.R.P.A. Piemonte, non costituita in giudizio;
nei confronti di
Albamix s.a.s., Co.Ind. S.r.l., non costituite in giudizio;
per l'annullamento
- della nota della Provincia di Cuneo, Area funzionale del Territorio, Settore Tutela Ambientale - Ufficio 14 in data 24.7.2009, prot. n. 40831, pervenuta alla ricorrente in data 3.8.2009, avente ad oggetto "D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. - D.M. 5.2.1998 e s.m.i. - Ditta O &C. S.n.c. con sede legale in Farigliano, piazza S. Giovanni 10/bis. Recupero rifiuti non pericolosi di cui al punto 4.4 del D.M. 5.2.1998 e s.m.i. in difformità da prescrizioni. Divieto inizio/prosecuzione attività";
- della nota dell'A.R.P.A. del Piemonte - Dipartimento Provinciale di Cuneo in data 8.7.2009 prot. 74587, non conosciuta, richiamata nelle premesse del suddetto provvedimento, da cui emergerebbe la non conformità dei parametri contenuti nella tabella 1, colonna B, allegato 5, Titolo V, Parte IV del D. Lgs. 152/2006 e s.m.i. sui campioni prelevati;
- di ogni altro atto presupposto, connesso, conseguente tra cui la nota della Provincia di Cuneo in data 5.6.2008 prot. n. 31566, richiamata nella nota della Provincia in data 24.7.2009, prot. 40831 di cui sopra, nella parte in cui si fa riferimento alla Tab. 1, Col. B dell'Allegato 5 della Parte IV del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i.;
- nonché ove occorra, della nota del Comune di Piozzo, in data 2.9.2009 prot. n. 2831,
e, con ricorso per motivi aggiunti, per l’annullamento
- della nota della Provincia di Cuneo, Area funzionale del Territorio, Settore Tutela Ambientale - Ufficio 14 in data 9.10.2009, prot. n. 53141, pervenuta alla ricorrente in data 17.10.2009, avente ad oggetto "D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. - D.M. 5.2.1998 e s.m.i. Violazione operazioni recupero rifiuti speciali non pericolosi effettuate nel Comune di Guarene. Integrazione divieto";
- della relazione tecnica dell'A.R.P.A., Dipartimento Provinciale di Cuneo, in data 28.9.2009, trasmessa alla Provincia con nota prot. n. 103932 e richiamata nelle premesse del suddetto provvedimento.
Visto il ricorso e i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Cuneo;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 marzo 2010 il dott. R G e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente, attiva nel settore dell’edilizia, presentava alla Provincia di Cuneo, in data 15 gennaio 2008, la comunicazione di inizio attività prevista dall’art. 216, comma 1, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per l’esercizio delle operazioni di ricupero di rifiuti speciali non pericolosi, da riutilizzarsi nella realizzazione di rilevati e sottofondi stradali.
Il procedimento si concludeva con l’iscrizione dell’odierna ricorrente nell’apposito registro previsto dal terzo comma del citato art. 216, comunicata dalla Provincia con nota del 1° aprile 2008, nella quale erano elencate le tipologie di rifiuti che avrebbero potuto essere ricuperate e riutilizzate.
Con tale nota, si chiedeva anche di comunicare preventivamente alla Provincia e all’A.R.P.A., con un preavviso di trenta giorni, i singoli interventi di formazione di rilevati e/o sottofondi stradali, con l’indicazione della loro ubicazione, dei metri cubi e dell’assenso del proprietario del terreno.
Con una prima comunicazione datata 18 aprile 2008, pervenuta alla Provincia il successivo 23 aprile, il legale rappresentante della ricorrente dichiarava l’intenzione di effettuare un intervento di formazione di rilevati stradali, mediante il riutilizzo di scorie di acciaieria, in tre lotti limitrofi situati nel territorio dei comuni di Alba e Guarene.
La Provincia di Cuneo, con atto del 5 giugno 2008, rilasciava il nulla osta per l’esecuzione dell’intervento predetto, subordinandolo alla condizione che fossero utilizzate solamente scorie di acciaieria conformi, per quanto riguarda il parametro “cromo totale”, ai limiti fissati dalla tabella 1 dell’allegato 5 della Parte IV del d.lgs. n. 152/2006.
Con una seconda comunicazione datata 26 marzo 2009, pervenuta alla Provincia il successivo 8 aprile, il legale rappresentante della ricorrente dichiarava l’intenzione di effettuare un altro intervento di formazione di rilevati stradali, comportante anche in questo caso il riutilizzo di scorie di acciaieria, in una distinta area ubicata nel territorio del Comune di Guarene.
Con nota del 24 luglio 2009, pervenuta all’interessata il successivo 3 agosto, la Provincia di Cuneo, preso atto dell’esito delle indagini dell’A.R.P.A che avevano accertato il superamento dei limiti fissati dalla citata tabella 1 per il parametro “cromo totale”, vietava alla ricorrente di proseguire l’esercizio delle operazioni di ricupero dei rifiuti non conformi a detto parametro e di iniziare l’analoga attività comunicata con nota del 26 marzo 2009.
Con ricorso giurisdizionale ritualmente e tempestivamente notificato, la Ditta O contesta la legittimità di tale provvedimento e insta per il suo annullamento, deducendo i seguenti motivi di gravame:
A) con riferimento al divieto di inizio dell’attività di cui alla nota O del 26.3.2009:
A.1) Violazione ed erronea applicazione di legge e di norme regolamentari: artt. 7 e ss., L. 241/90 e s.m.i.;art. 216, d.lgs. 152/2006 e s.m.i. Eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti, dell’istruttoria, della motivazione. Vizio del procedimento. Illogicità e ingiustizia manifesta.
Prima di vietare l’inizio dell’attività, la Provincia di Cuneo avrebbe dovuto, in ottemperanza a quanto stabilito dal quarto comma dell’art. 216 del d.lgs. n. 152/2006, dettare specifiche prescrizioni e, eventualmente, adottare in seguito la sanzione nel caso in cui l’interessata non si fosse conformata a dette prescrizioni.
A.2) Violazione ed erronea applicazione di legge e di norme regolamentari: artt. 214 e 216, d.lgs. 152/2006 e s.m.i.;D.M. 5 febbraio 1998 e s.m.i.;d.lgs. 152/2006, Parte IV, Allegato 5, Tabella 1, colonna B. Eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti, dell’istruttoria, della motivazione. Vizio del procedimento. Travisamento dei fatti. Illogicità e ingiustizia manifesta.
La tabella che si assume violata nella fattispecie attiene agli interventi di ricupero ambientale e non potrebbe trovare applicazione nel settore del ricupero dei rifiuti, tuttora disciplinato esaustivamente dal d.M. ambiente 5 febbraio 1998.
A.3) Violazione ed erronea applicazione di legge e di norme regolamentari: artt. 214 e 216, d.lgs. 152/2006 e s.m.i.;D.M. 5 febbraio 1998 e s.m.i. Eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti, dell’istruttoria, della motivazione. Vizio del procedimento. Travisamento dei fatti. Illogicità e ingiustizia manifesta.
La Provincia poteva pretendere, in relazione ai singoli interventi di riutilizzo dei rifiuti, l’invio di una comunicazione preventiva, ma non avviare distinti procedimenti comportanti l’esecuzione di controlli analitici.
B) con riferimento al divieto di prosecuzione dell’attività di cui alla nota O del 18 aprile 2008:
B.1) Violazione ed erronea applicazione di legge e di norme regolamentari: artt. 7 e ss., L. 241/90 e s.m.i.;art. 216, d.lgs. 152/2006 e s.m.i. Violazione dei principi in materia di procedimento amministrativo: comunicazione di avvio del procedimento, partecipazione. Eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti, dell’istruttoria, della motivazione. Vizio del procedimento. Illogicità e ingiustizia manifesta.
Viene denunciata l’omessa comunicazione di avvio del procedimento definito con il provvedimento impugnato.
B.2) Violazione ed erronea applicazione di legge e di norme regolamentari: artt. 7 e ss., L. 241/90 e s.m.i.;art. 216, d.lgs. 152/2006 e s.m.i. Eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti, dell’istruttoria, della motivazione. Vizio del procedimento. Illogicità e ingiustizia manifesta.
Il motivo di ricorso riproduce le censure sub A.1).
B.3) Violazione ed erronea applicazione di legge e di norme regolamentari: artt. 214 e 216, d.lgs. 152/2006 e s.m.i.;D.M. 5 febbraio 1998 e s.m.i.;d.lgs. 152/2006, Parte IV, Allegato 5, Tabella 1, colonna B. Eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti, dell’istruttoria, della motivazione. Vizio del procedimento. Travisamento dei fatti. Illogicità e ingiustizia manifesta.
Il motivo di ricorso riproduce le censure sub A.2).
Si è costituita in giudizio la Provincia di Cuneo, eccependo l’inammissibilità del gravame e contrastandone la fondatezza nel merito.
Con ricorso per motivi aggiunti ritualmente notificato, è stata estesa l’impugnazione alla nota del 9 ottobre 2009, con cui la Provincia di Cuneo ha confermato il divieto di inizio/prosecuzione attività impugnato con il ricorso introduttivo, integrando la motivazione del divieto con riferimento all’accertato superamento dei quantitativi di rifiuti speciali precedentemente comunicati dalla Ditta e assentiti con il nulla osta del 5 giugno 2008.
Questi i nuovi motivi di ricorso:
1) Violazione ed erronea applicazione di legge e di norme regolamentari: artt. 216 e 256, comma 4, d.lgs. 152/2006;art. 7, D.M. 5 febbraio 1998 e s.m.i. Violazione di norme e principi che regolano le procedure semplificate in materia di recupero di rifiuti speciali non pericolosi. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, dell’istruttoria, della motivazione. Vizio del procedimento. Illogicità e ingiustizia manifesta.
La contestazione inerente il superamento dei quantitativi di rifiuti sarebbe errata in punto di fatto, atteso che la sommatoria dei rifiuti effettivamente utilizzati per le lavorazioni eseguite nei comuni di Alba e Guarene si collocherebbe ampiamente al di sotto del limite di 59.000 tonnellate comunicato dalla Ditta e assentito dalla Provincia.
2) Violazione dei principi costituzionalmente garantiti di legalità, della riserva di legge, di determinatezza della fattispecie. Eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti, dell’istruttoria, della motivazione. Contraddittorietà. Indeterminatezza della presunta violazione. Illogicità e ingiustizia manifesta.
Le contestazioni si riferiscono alla tossicità dei campioni di rifiuto ai test con “Daphnia magna”, accertata dall’A.R.P.A., circostanza che non integrerebbe violazioni di sorta alla normativa vigente, non contenente alcun limite al riguardo.
3) Illegittimità derivata.
Il provvedimento impugnato con motivi aggiunti risulterebbe inficiato in via derivata nella parte in cui conferma le determinazioni precedentemente assunte con atto del 24 luglio 2009, impugnato con il ricorso principale.
La Provincia di Cuneo ha controdedotto con memoria, argomentando nel senso dell’infondatezza dei motivi aggiunti di ricorso.
In prossimità della pubblica udienza, le parti costituite hanno depositato memorie difensive.
Chiamato all’udienza del 25 marzo 2010, infine, il ricorso è stato ritenuto in decisione.
DIRITTO
1) Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, la O s.n.c. ha impugnato la lettera/provvedimento del 24 luglio 2009, con cui la Provincia di Cuneo aveva emanato prescrizioni inibitorie dell’attività di ricupero di rifiuti non pericolosi svolta dalla ricorrente medesima sulla base di regolare iscrizione nell’apposito registro previsto dall’art. 216, comma 4, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
L’attività in questione consiste, in buona sostanza, nel ricupero di scorie di acciaieria e nel riutilizzo delle medesime per la realizzazione di rilevati e sottofondi stradali.
Il provvedimento impugnato richiama le risultanze delle analisi svolte dall’A.R.P.A. di Cuneo che hanno accertato il superamento dei limiti previsti dal d.lgs. n. 152/2006 per il parametro “cromo totale” (Parte IV, Titolo V, allegato 5, tabella 1, colonna B) e, al dichiarato scopo di garantire la tutela ambientale delle aree interessate, dispone:
- il divieto di proseguire l’esercizio delle operazioni di ricupero dei rifiuti nei lotti del Comune di Guarene di cui alla comunicazione di inizio attività in data 18 aprile 2008;
- il divieto di iniziare analoga attività sui terreni del Comune di Guarene di cui alla comunicazione di inizio attività del 26 marzo 2009.
2) Per quanto concerne la prima prescrizione (vale ribadire per maggiore chiarezza: quella avente ad oggetto la prosecuzione delle attività comunicate con nota della ricorrente 18 aprile 2008, pervenuta alla Provincia di Cuneo in data 23 aprile 2008), la difesa provinciale eccepisce preliminarmente, con la memoria di costituzione del 3 novembre 2009, l’inammissibilità dell’impugnativa, per tardività rispetto al’impugnazione delle prescrizioni contenute nel nulla osta provinciale del 5 giugno 2008.
L’eccezione è fondata.
A seguito della menzionata comunicazione di attività, infatti, la Provincia di Cuneo aveva rilasciato alla Ditta O, con atto del 5 giugno 2008, nulla osta all’effettuazione delle operazioni di ricupero dei rifiuti, contenente l’espressa condizione inerente l’utilizzo esclusivo di “scorie di acciaieria conformi alle caratteristiche richiamate dal punto 4.4.2 del citato D.M. 5/2/1998 e s.m.i., nonché ai limiti di cui alla Tabella 1, Col. B, dell’Allegato 5 della Parte IV, del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i.”.
La Provincia di Cuneo ha ritenuto, quindi, di dover autorizzare con apposito provvedimento le attività comunicate dalla Ditta e di dettare puntuali limiti relativamente alle tipologie di rifiuti riutilizzabili in dette attività.
In quest’ultima parte, il nulla osta in esame produceva effetti direttamente lesivi della posizione giuridica della ricorrente, circoscrivendone in modo puntuale l’ambito di operatività con riguardo alle tipologie di rifiuti riutilizzabili, e onerava la ricorrente medesima all’immediata impugnativa delle relative prescrizioni.
In difetto di tempestiva impugnazione del citato nulla osta, che si configura chiaramente come atto presupposto della consequenziale misura inibitoria, la ricorrente non può tardivamente rimettere in discussione le prescrizioni inerenti le tipologie di rifiuti riutilizzabili nelle operazioni di formazione di rilevati stradali.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile in parte qua.
3) Va esaminato, a questo punto, il residuo contenuto precettivo del provvedimento impugnato, ossia il divieto di inizio dell’attività comunicata non nota O del 26 marzo 2009, pervenuta alla Provincia in data 8 aprile 2009, parimenti motivato con riguardo al superamento dei limiti relativi al parametro “cromo totale” (quanto alla presunta tossicità dei campioni prelevati al test con “Daphnia magna”, si tratta di circostanza che non integra la motivazione del diniego, come peraltro ammesso dalla stessa difesa provinciale nella memoria del 15 dicembre 2009, alla pag. 10, righe 13-19).
La difesa provinciale eccepisce, anche in questo caso, l’inammissibilità del ricorso, per mancata tempestiva impugnazione della lettera datata 5 maggio 2008 - con cui veniva richiesto alla Ditta O, tra l’altro, di integrare la documentazione già presentata mediante una certificazione analitica che attestasse la conformità del contenuto dei contaminanti a quanto previsto dalla legislazione vigente in materia di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati - e del già citato nulla osta del 5 giugno 2008.
L’eccezione, in questo caso, appare destituita di fondamento.
Entrambi gli atti citati si inseriscono, infatti, nel procedimento che traeva origine dalla comunicazione di inizio attività del 23 aprile 2008 e sono del tutto estranei al successivo procedimento originato dall’analoga comunicazione in data 26 marzo 2009.
Essi non configurano, quindi, un presupposto del provvedimento impugnato, nella parte in cui esso vieta l’inizio dell’attività di cui alla comunicazione da ultimo citata, e non codeterminano in parte qua gli effetti del provvedimento medesimo.
Sussistono, perciò, le condizioni per addivenire all’esame delle censure di legittimità dedotte avverso il divieto di inizio attività.
4) Conviene prendere le mosse dal vaglio del secondo motivo di ricorso che introduce la questione centrale della controversia, inerente la conferenza alla fattispecie della normativa applicata dalla Provincia di Cuneo.
Pur riferendosi ad una materia caratterizzata da accentuato tecnicismo, i termini della questione appaiono chiari e incontestati: la Provincia ha ritenuto di inibire l’attività della ricorrente in quanto i rifiuti utilizzati in analoga attività precedentemente intrapresa sarebbero risultati, all’esito delle analisi effettuate dall’A.R.P.A., non conformi ai limiti fissati dalla tabella 1, colonna B, dell’allegato 5, Parte IV, del d.lgs. n. 152/2006, per quanto riguarda il parametro “cromo totale”;ad avviso della ricorrente, però, tali limiti non sono direttamente riferibili all’attività che essa intendeva intraprendere, riguardando la diversa disciplina ambientale dettata in materia di discariche;nel caso in esame, invece, avrebbero dovuto applicarsi i meno stringenti limiti fissati dal d.M. ambiente del 5 febbraio 1998 che detta a tutt’oggi una disciplina esaustiva in materia di attività di ricupero di rifiuti.
La difesa provinciale ritiene, invece, che il proprio operato debba essenzialmente giustificarsi con riferimento al principio di precauzione, che governa l’intera materia ambientale, in forza del quale non potrebbe consentirsi la formazione di rilevati stradali mediante l’utilizzo di rifiuti che, per il quantitativo di cromo totale posseduto, non possono neppure trovare ingresso in discarica.
In termini ancor più schematici, la questione giuridica sottoposta al Collegio riguarda la legittima possibilità di fare applicazione analogica o estensiva delle norme ambientali che fissano limiti per determinate attività onde apprestare, in relazione alle attività considerate potenzialmente pericolose e in conformità al principio comunitario di precauzione, livelli di tutela ambientale più elevati di quelli previsti dalle norme direttamente riferibili alla fattispecie.
Tale quesito deve ricevere una risposta negativa, cui consegue la diagnosi di illegittimità del provvedimento impugnato, non potendo invocarsi il principio di precauzione a supporto di scelte che, pur animate dal lodevole intento di apprestare un più elevato livello di tutela ambientale, risultano svincolate dai parametri fissati, in modo puntuale e preciso, dalle vigenti disposizioni normative di grado legislativo o regolamentare.
Si richiede una precisazione.
Il principio di precauzione in materia ambientale è stato introdotto dall’art. 174 del Trattato dell’Unione europea e, nell’ordinamento interno, è sancito dall’art. 3 ter del l.lgs. n. 152/2006, introdotto dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4: “La tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché al principio «chi inquina paga» che, ai sensi dell'articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità in materia ambientale”.
In mancanza di una positiva definizione del principio di precauzione, si concorda nel ritenere che esso costituisca una politica di gestione del rischio la quale deve orientare l’adozione di scelte adeguate in materia ambientale, nei casi in cui le conoscenze scientifiche non escludono il carattere dannoso di una determinata attività.
L’applicazione del principio comporta, in concreto, che, ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri deve tradursi in una prevenzione precoce, anticipatoria rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche.
E’ evidente, peraltro, che la portata del principio in esame può riguardare la produzione normativa in materia ambientale o l’adozione di atti generali ovvero, ancora, l’adozione di misure cautelari, ossia tutti i casi in cui l’ordinamento non preveda già parametri atti a proteggere l’ambiente dai danni poco conosciuti, anche solo potenziali.
Tale precisazione, del resto, si allinea al disposto dell’art. 3 bis, comma 2, del d.lgs. n. 152/2006, secondo il quale i principi previsti dalla Parte prima del decreto medesimo, tra i quali il principio di precauzione, “costituiscono regole generali della materia ambientale nell'adozione degli atti normativi, di indirizzo e di coordinamento e nell'emanazione dei provvedimenti di natura contingibile ed urgente”.
Ne consegue che il principio di precauzione non può essere invocato, viceversa, laddove il livello di rischio connesso a determinate attività sia stato, come nel caso in esame, puntualmente definito dai decisori centrali sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, attraverso la puntuale indicazione di limiti o parametri cui devono conformarsi le successive determinazioni delle autorità locali.
Su tali considerazioni si fonda la diagnosi di illegittimità del provvedimento impugnato che, come si è avuto modo di riferire, pretende sostanzialmente di inibire l’attività della ricorrente sulla base di un giudizio di pericolosità e sulla conseguente fissazione di limiti che non trovano riscontro nella normativa che governa in oggi lo specifico tipo di attività.
5) Per completezza, è opportuno soffermarsi anche sul primo motivo di ricorso, con cui la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 216, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006 “Qualora la provincia accerti il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, dispone, con provvedimento motivato, il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell’attività, salvo che l’interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabilite dall’amministrazione”.
In forza di tale previsione legislativa, pertanto, l’esercizio della potestà inibitoria della provincia è subordinato alla previa emanazione di prescrizioni all’interessato e alla mancata adozione, da parte dell’interessato medesimo, di un comportamento conformativo nel termine assegnatogli.
Nel caso in esame, la Provincia di Cuneo si sarebbe illegittimamente discostata dal modulo procedimentale disegnato dal legislatore, avendo provveduto a vietare l’inizio dell’attività senza che fossero state previamente indicate le prescrizioni da osservarsi nella fattispecie e assegnare alla Ditta O un termine per conformarvisi.
La difesa provinciale invoca l’applicazione dell’art. 21 octies della legge 7 agosto 1990, n. 241, in forza del quale gli errores in procedendo eventualmente commessi dall’amministrazione non comportano l’annullabilità degli atti aventi natura vincolata, quando sia palese che l’esito del procedimento non avrebbe comunque potuto essere diverso da quello realizzatosi nel caso concreto.
L’eccezione non può essere condivisa in quanto, se è vero che la tipologia di provvedimento amministrativo di cui si controverte ha normalmente natura vincolata, tale carattere non si rinviene nella fattispecie in esame, atteso che l’amministrazione ha ritenuto, come appena riferito, di fondare discrezionalmente il divieto di inizio dell’attività sull’applicazione di parametri diversi e più rigorosi rispetto a quelli fissati dalla normativa vigente.
Ne consegue che la Provincia di Cuneo era tenuta, prima di inibire l’inizio dell’attività comunicata con nota del 26 marzo 2009, a individuare gli specifici limiti che avrebbero dovuto essere rispettati dall’interessata e, ove del caso, a fare uso dei propri poteri inibitori solo nell’ipotesi in cui fosse stata successivamente accertata la violazione di dette prescrizioni.
6) Può essere assorbito, invece, il terzo motivo di ricorso che, investendo nuovamente i presunti errores in procedendo che sarebbero stati commessi dall’amministrazione, non sarebbe suscettibile, nel caso di accoglimento, di comportare alcuna ulteriore utilità per la ricorrente.
7) Rimane da vagliare il ricorso per motivi aggiunti, avente ad oggetto la lettera/provvedimento del 9 ottobre 2009, con cui la Provincia di Cuneo, sulla base degli esiti degli ulteriori sopralluoghi effettuati dall’A.R.P.A., ha accertato che il quantitativo di rifiuti ricuperati dalla Ditta O era superiore a quello assentito con il nulla osta del 5 giugno 2008 e, in conseguenza, ha confermato il divieto di prosecuzione/inizio attività di cui al precedente provvedimento del 24 luglio 2009, integrandolo con riguardo alla nuova violazione accertata.
La ricorrente ripropone, al riguardo, le censure già dedotte con il ricorso introduttivo nonché nuove censure inerenti la pretesa violazione del limite quantitativo di rifiuti ammessi al riutilizzo.
Anche in questo caso, peraltro, lo scrutinio di legittimità dell’atto va scisso con riferimento alle due prescrizioni di cui esso si compone.
Per quanto concerne la conferma del divieto di prosecuzione dell’attività (di cui alla comunicazione del 18 aprile 2008), la statuizione inibitoria si fonda su due distinti motivi: la violazione dei limiti inerenti il parametro “cromo totale” e il superamento del quantitativo di rifiuti assentito.
Come già rilevato in sede di esame del ricorso principale, peraltro, i rilievi mossi in ordine alla prima violazione sono tardivi, non essendo stato tempestivamente impugnato l’atto presupposto, ossia il nulla osta del 5 giugno 2008 che subordinava espressamente l’attività della ricorrente al rispetto dei limiti più volte riferiti.
Sono inammissibili, in conseguenza, le censure dedotte sotto questo profilo nel ricorso per motivi aggiunti.
Non mette conto, pertanto, di scrutinare i rilevi in tema di superamento del quantitativo di rifiuti in quanto, anche nell’ipotesi in cui ne fosse accertata la fondatezza, il provvedimento impugnato con motivi aggiunti continuerebbe a fondare la propria legittimità, in parte qua, sulle altre prescrizioni divenute intangibili dalla parte ricorrente.
Quanto alla conferma del divieto di inizio dell’attività (di cui alla comunicazione del 26 marzo 2009), essa, invece, si fonda unicamente sulla difformità rispetto ai limiti che la Provincia ha ritenuto di applicare relativamente al parametro “cromo totale”.
Il motivo inerente il superamento del quantitativo di rifiuti, infatti, è del tutto estraneo allo specifico divieto in esame, atteso che detto quantitativo era stato fissato nell’ambito di altro procedimento e, comunque, la violazione non può astrattamente configurarsi rispetto ad un’attività che non ha ancora avuto inizio.
La già rilevata illegittimità dei limiti che la Provincia ha ritenuto di applicare induce, quindi, un’automatica diagnosi di illegittimità in parte qua dell’atto.
In conclusione, il ricorso per motivi aggiunti deve essere accolto nella sola parte in cui reca conferma del divieto di inizio dell’attività già inibita con atto del 24 luglio 2009.
8) Si ravvisano giusti motivi, in ragione della soccombenza reciproca, per compensare integralmente fra le parti le spese del grado di giudizio.