TAR Roma, sez. I, sentenza 2015-06-12, n. 201508253

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2015-06-12, n. 201508253
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201508253
Data del deposito : 12 giugno 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01130/2014 REG.RIC.

N. 08253/2015 REG.PROV.COLL.

N. 01130/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale n. 1130/14, proposto dalla Alitalia – Compagnia Aerea Italiana (Cai) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti M S, F C e P C e con questi elettivamente domiciliata a Roma, Piazza di Spagna n. 15, presso lo studio dell’avv. S,

contro

l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui Uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è per legge domiciliata, nonché

nei confronti di

Associazione Codacons, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Carlo Rienzi e Gino Giuliani, e con questi elettivamente domiciliata in Roma, viale Giuseppe Mazzini, n. 73, presso il proprio Ufficio legale nazionale, nonché

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Alitalia – Società Aerea Italiana (Sai) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti M S, F C e P C e con questi elettivamente domiciliata a Roma, Piazza di Spagna n. 15, presso lo studio dell’avv. S,

per l'annullamento

del provvedimento n. 24586 del 29 ottobre 2013, adottato a conclusione del procedimento PS771, Alitalia Caratteristiche del servizio, con il quale l’Agcm ha condannato la Compagnia per tre pratiche commerciali asseritamente ingannevoli ai sensi del d.lgs. n. 206 del 2005, vietandone la continuazione e comminando tre sanzioni amministrative pecuniarie, per un importo complessivo di € 120.000, nonché di ogni altro atto connesso, conseguenziale o presupposto a quello indicato.


Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm);

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Codacons;

Visto l’atto di intervento ad adiuvandum di Alitalia – Società Aerea Italiana (Sai) s.p.a., notificato il 12 maggio 2015 e depositato il successivo13 maggio 2015;

Viste le memorie prodotte dalle parti in causa costituite a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 3 giugno 2015 il Consigliere Giulia Ferrari;
uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:


FATTO

1. Con ricorso notificato in data 24 gennaio 2014 e depositato il successivo 29 gennaio Alitalia – Compagnia Aerea Italiana (Cai) s.p.a. ha impugnato il provvedimento n. 24586 del 29 ottobre 2013, adottato a conclusione del procedimento PS771, con il quale l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) l’ha condannata per tre pratiche commerciali asseritamente ingannevoli ai sensi del d.lgs. n. 206 del 2005, vietandone la continuazione e comminando tre sanzioni amministrative pecuniarie, per un importo complessivo di € 120.000

Espone, in fatto, che in data 7 febbraio 2013 l’Agcm ha comunicato l’avvio del procedimento per verificare l’eventuale sussistenza di talune pratiche commerciali scorrette poste in essere da Alitalia per violazione degli artt. 20-22 e 23, lett. e) e o), del Codice del consumo, consistenti nella:

a) asserita mancanza, nell’ambito del procedimento della procedura di acquisto on line dei biglietti, di un’adeguata informazione in merito al fatto che alcune tratte offerte da Alitalia non sono operate direttamente dalla Compagnia, ma da vettori con cui essa ha stretto accordi commerciali (Pratica Carpatair);

b) presunta mancata o insufficiente indicazione delle restrizioni applicabili all’offerta Carnet Italia, in relazione al fatto che la pagina web ad essa dedicata “non connoterebbe in modo chiaro le caratteristiche proprie della specifica (ed unica) classe tariffaria (T) dedicata a tale proposta commerciale” e “non fornirebbe adeguate informazioni circa l’effettiva disponibilità di voli offerti in classe T, omettendo di indicare la quantità (massima/minima/percentuale) di posti/biglietto del Carnet che intende riservare agli aderenti all’iniziativa”. Inoltre il regolamento della promozione avrebbe presentato ulteriori restrizioni “non immediatamente percepibili per i consumatori”, quali “l’esclusione dell’offerta della tratta Roma-Crotone e viceversa” e “l’obbligo di prenotare fino a cinque giorni prima della partenza” sulla rotta Roma-Milano Linate (Pratica Carnet Italia);

c) asserita inadeguatezza, nell’ambito della procedura di acquisto on line dei biglietti, della comunicazione resa ai consumatori in merito all’obbligo di utilizzo conseguenziale dei tagliandi di volo nel caso di biglietti andata-ritorno o multitratta ma, allo stesso tempo, la mancata previsione di una procedura che consenta ai passeggeri, che non abbiano fruito per un qualsiasi personale impedimento della prima tratta dell’itinerario acquistato, di informare la Compagnia dell’intenzione di fruire comunque di una tratta successiva, nonché la mancata previsione di un diritto al rimborso per la tratta annullata (Pratica No-show rule, secondo cui se un passeggero non sfrutta il biglietto per il volo d’andata o relativo alla prima tratta si vedrà automaticamente cancellato il volo di ritorno o della tratta successiva).

In data 15 febbraio 2013 l’Autorità ha esteso il procedimento ad un’ulteriore condotta, consistente in presunte omissioni informative relative alle limitazioni afferenti ad una promozione lanciata da Alitalia nelle settimane precedenti, denominata “Elezioni in Italia del 24-25 febbraio 2013”. Nel provvedimento l’Agcm ha concluso che, in relazione a tale pratica, non sussistevano elementi sufficienti ad integrare le infrazioni ipotizzate.

Il 15 marzo 2013 Alitalia ha risposto alle richieste di informazioni relative alla Pratica Carpatair;
il successivo 21 marzo relativamente alla Pratica Carnet Italia e l’11 aprile alla Pratica No-Show Rule, Un’ulteriore memoria è stata trasmessa il 23 settembre 2013 anche ai fini della quantificazione di un’eventuale sanzione comminatale.

Nonostante ciò con il provvedimento impugnato l’Agcm ha ritenuto le suddette tre pratiche ingannevoli ai sensi degli artt. 20-23 del Codice del consumo sulla scorta delle seguenti valutazioni:

a) Pratica Carpatair: nell’ambito della procedura di acquisto dei biglietti aerei on line, Alitalia ha fornito informazioni “del tutto insufficienti per evidenza grafica, per quantità e qualità” in merito all’identità del VO. Con specifico riferimento ai voli operati in wet lesase, inoltre, tali informazioni sarebbero state fornite solo alla terza schermata, ossia dopo che l’utente avrebbe già effettuato la scelta di acquisto;

b) Pratica Carnet Italia;
“le modalità di presentazione ai consumatori dell’offerta denominata Carnet Italia [sarebbero state ingannevoli] in quanto non [avrebbero] consentito all’utente un’immediata e chiara comprensione delle limitazioni previste …”, in particolare, non sarebbe stato “in alcun modo specificato che Alitalia aveva previsto una specifica classe tariffaria (c.d. T);
l’esistenza di tale classe sarebbe stata ingannevolmente prospettata come un vantaggio dell’offerta, risultando pertanto inidonea a rappresentare le reali condizioni di utilizzo del prodotto offerto”. Inoltre, sarebbero riscontrabili carenze informative in relazione a “l’esclusione di alcune tratte presentate unicamente mediante dicitura in asterisco al di sotto delle informazioni di presentazione del carnet, nonché nel regolamento Carnet Italia e alla circostanza che “per l’utilizzo di un carnet acquistato tramite canale web … non è prevista la possibilità di passaggio alla classe superiore previa integrazione tariffaria in caso di indisponibilità di posto”;

c) Pratica No-show rule: Alitalia ha fornito nell’ambito del processo di prenotazione on line dei propri biglietti informazioni ingannevoli circa tale regola. Nel dettaglio, secondo l’Agcm, “la sola presenza della dicitura ‘la tariffa è valida per un biglietto utilizzato integralmente, rispettando l’ordine di successione dei voli per il viaggio nelle date indicate’ nella schermata ‘Scegli il volo’ e nella sezione di riepilogo della scelta effettuata …. presentata con la stessa evidenza grafica e collocazione di altre informazioni …. non risulta sufficiente a connotare in modo specifico l’offerta tariffaria in relazione all’esistenza della regola tariffaria de quo”. In altre parole, con tale valutazione, l’Autorità non ha messo in dubbio la legittimità della No-show rule, ma si è limitata a censurare l’informativa diffusa da Alitalia sul proprio sistema di prenotazione on line in merito a tale regola. Tuttavia, con palese contraddizione, il provvedimento impugnato ha condannato Alitalia per il fatto stesso di aver applicato la No-show rule. Ad Alitalia è stato, infatti, anche imputato di non aver “previsto alcuna specifica procedura con la quale il passeggero possa informare la Compagnia”, nel caso di “un qualsiasi personale impedimento” ad utilizzare un tagliando di volo, della volontà di “effettuare il volo di ritorno/segmento di viaggio successivo” nonché di aver assimilato “la riconferma della tratta successiva ad una qualsiasi modifica da parte del consumatore del contratto di trasporto, consentita o meno a seconda della tipologia di tariffa acquisita”.

L’Agcm ha quindi vietato la continuazione delle suddette condotte e comminato tre sanzioni, rispettivamente di € 50.000, € 25.000 e € 45.000.

2. Avverso i predetti provvedimenti la ricorrente è insorta deducendo:

a) Pratiche Carpatair e No-show rule: violazione e falsa applicazione artt. 18-20 del Codice del consumo – Eccesso di potere pin tutte le sue figure sintomatiche, inclusa la carenza di motivazione.

Le contestazioni relative alle Pratiche Carpatair e No-show rule concernono un’unica pratica commerciale ai sensi degli artt. 18-20 del Codice del consumo, con la conseguenza che l’Agcm ha indebitamente moltiplicato le pratiche commerciali scorrette imputate alla ricorrente e le sanzioni conseguentemente inflitte.

b) Pratica Carpatair: violazione e falsa applicazione artt. 18-20 del Codice del consumo – Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, inclusi travisamento dei fatti e carenza di motivazione.

La contestazione relativa alla Pratica Carpatair si fonda su un triplice travisamento dei fatti. In primo luogo non è vero che l’indicazione VO era “apposta con caratteri estremamente ridotti” ed era quindi “del tutto insufficiente per evidenza grafica”. In secondo luogo non è vero che la dicitura recante l’indicazione VO era “del tutto insufficiente …, per quantità e qualità delle informazioni fornite”. La dicitura indicava, infatti, a chiare lettere “Volo operato da ..,” con l’individuazione del nome del vettore. Infine, con riferimento ai voli operati in wet lease, non è vero che l’identità del VO era comunicata dopo che era stata effettuata la scelta di acquisto.

Aggiunge la ricorrente che nella specie non era applicabile la disciplina del Codice del consumo richiamata dall’Agcm nel provvedimento impugnato, ma quella di settore introdotta dal Regolamento Ue n. 2111/2005.

c) Pratica Carnet Italia: violazione e falsa applicazione artt. 20-22 e 23, lett. e), del Codice del consumo – Travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, violazione dei principi di buon andamento e imparzialità della Pubblica amministrazione – Carenza di motivazione;
contraddittorietà.

Illegittimamente l’Autorità ha ritenuto la Pratica Carnet Italia ingannevole ai sensi degli artt. 20-22 e 23, lett. e), del Codice del consumo, fondandosi su evidenti travisamenti di fatto. Non è innanzitutto vero che nella pagina web dedicata a tale offerta non è stato specificato che Alitalia aveva previsto una specifica classe tariffaria (cd. T). Anche la limitazione relativa alle tratte, sulle quali non era possibile utilizzare il carnet, era indicata su tutte le pagine web di presentazione dell’offerta, con evidenza adeguata alla rilevanza dell’informazione. Aggiungasi che tale limitazione riguardava solo due tratte secondarie, una delle quali (Roma-Crotone) è stata successivamente soppressa.

d) Pratica No-show rule: carenza di potere dell’Agcm – Violazione e falsa applicazione della Direttiva 2005/29/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 maggio 2005 e artt. 18-27 del Codice del consumo – Contraddittorietà – Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche – Travisamento dei fatti – Carenza di motivazione.

L’Autorità ha contestato ad Alitalia sia di aver fornito, nell’ambito del processo di prenotazione on line dei propri biglietti, informazioni ingannevoli circa tale regola sia di aver applicato la stessa regola. Tale provvedimento è in parte qua manifestamente contraddittoria. Il presupposto delle valutazioni di ingannevolezza è che la No-show rule è legittima, con la conseguenza che occorre solo valutare se è stata adeguatamente portata a conoscenza dei passeggeri. Tuttavia la stessa Autorità ha contestato ad Alitalia di non aver previsto alcuna specifica procedura con la quale il passeggero possa informare la Compagnia, nel caso di personale impedimento ad utilizzare il tagliando di volo, della volontà di effettuare il volo di ritorno/segmento di viaggio successivo. Così dicendo però l’Agcm finisce per considerare ex se illegittima l’applicazione del No-show rule, atteso che la procedura pretesa dall’Agcm consentirebbe a qualsiasi passeggero di eludere l’applicazione della No-show rule semplicemente comunicando ad Alitalia l’intenzione di volersi sottrarre a tale regola.

e) Violazione e falsa applicazione art. 27, commi 9 e 13, del Codice del consumo e dell’art. 11, l. n. 689 del 1981 – Violazione del principio di proporzionalità – Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche.

E’ altresì illegittimo il quantum delle sanzioni comminate, essendo stata erroneamente valutata la durata delle infrazioni contestate, obliterate le misure adottate da Alitalia per l’eliminazione o l’attenuazione delle infrazioni e trascurato il ridotto impatto sui consumatori e sui ricavi della Compagnia.

3. Si è costituita in giudizio l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), che ha sostenuto l’infondatezza, nel merito, del ricorso.

4. Si è costituito in giudizio il Codacons, che ha sostenuto l’infondatezza, nel merito, del ricorso.

5. Si è costituita, con atto di intervento ad adiuvandum, notificato il 12 maggio 2015 e depositato il successivo13 maggio 2015, Alitalia – Società Aerea Italiana (Sai) s.p.a., alla quale, con atto notarile del 22 dicembre 2014, Alitalia Cai ha conferito il ramo di azienda costituito dalle attività, obbligazioni e altre passività afferenti l’attività di trasporto aereo fino ad allora da essa stessa svolte;
con decorrenza 1 gennaio 2015 Alitalia Cai è divenuta la principale azionista di Alitalia Sai. Alitalia Sai non ha svolto alcuna attività difensiva.

6. Con memorie depositate alla vigilia dell’udienza di discussione le parti costituite hanno ribadito le rispettive tesi difensive.

7. Con ordinanza n. 688 del 13 febbraio 2014 è stata respinta l’istanza cautelare di sospensiva.

8. All’udienza del 3 giugno 2015 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Alitalia – Compagnia Aerea Italiana (Cai) s.p.a. impugna il provvedimento n. 24586 del 29 ottobre 2013, con il quale l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) l’ha sanzionata per tre pratiche commerciali da essa ritenute ingannevoli ai sensi del Codice del consumo, approvato con d.lgs. 2 settembre 2005, n. 206, vietandone la continuazione e comminando tre sanzioni amministrative pecuniarie, per un importo complessivo di € 120.000. Tre le pratiche commerciali giudicate ingannevoli: a) Pratica Carpatair, scorretta perché nell’ambito della procedura di acquisto dei biglietti aerei on line, Alitalia ha fornito informazioni del tutto insufficienti per evidenza grafica, per quantità e qualità in merito all’identità del vettore. Con specifico riferimento ai voli operati in wet lease, inoltre, tali informazioni sono state fornite solo alla terza schermata, ossia dopo che l’utente ha già effettuato la scelta di acquisto. La sanzione comminata per tale Pratica – considerata ingannevole perché esercitata in violazione degli artt. 20, comma 2, 21, comma 1, lett. b ed f, e 22, commi 1, 2 e 4, del Codice del consumo – è stata di € 50.000;
b) Pratica Carnet Italia, scorretta perché le modalità di presentazione ai consumatori dell’offerta denominata, appunto, Carnet Italia non consentono all’utente un’immediata e chiara comprensione delle limitazioni previste. La sanzione comminata per tale Pratica – considerata ingannevole perché in violazione degli artt. 20, comma 2, 21, comma 1, lett. b, 22, commi 1 e 2, e 23, comma 1, lett. e, del Codice del consumo – è stata di € 25.000;
c) Pratica No-show rule, scorretta perché Alitalia ha fornito informazioni ingannevoli in relazione alla prenotazione on line dei propri biglietti “andata e ritorno” o con “scali intermedi”. La sanzione comminata per tale Pratica – considerata ingannevole perché in violazione degli artt. 20, comma 2, 21, comma 1, lett. b, c e g, e 22, commi 1 e 2, del Codice del consumo – è stata di € 45.000. Alla base di tale conclusione l’Agcm è pervenuta anche a seguito del parere reso (il 29 ottobre 2013) dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazione (Agcom), secondo cui le informazioni recate sul sito in relazione a dette tre pratiche non sono chiare ed inequivocabili, con la conseguenza che le stesse risultano potenzialmente contrarie alla diligenza professionale ed idonee a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico dei consumatori, inducendoli e/o condizionandoli ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbero altrimenti preso, sulla base di una erronea rappresentazione delle caratteristiche dell’offerta oggetto di promozione.

Con il primo motivo Alitalia afferma che illegittimamente l’Agcm ha moltiplicato le pratiche commerciali scorrette Carpatair e No-show rule, imputate alla ricorrente, e le sanzioni conseguentemente inflitte senza considerare che le contestazioni concernono un’unica pratica commerciale ai sensi degli artt. 18-20 del Codice del consumo, essendo unica la condotta (informazione ingannevole) che riguarda lo stesso prodotto (servizi di trasporto aereo).

Il motivo non è suscettibile di positiva valutazione.

Le due Pratiche contestate hanno infatti, con palese evidenza, oggetti ben diversi, a nulla rilevando l’elemento comune addotto invece dalla ricorrente a dimostrazione dell’unicità della condotta e dalla stessa individuato nella circostanza che il fatto oggetto di contestazione si verifica in occasione dell’acquisto del biglietto aereo e che la scorrettezza imputata è la scarsa informazione resa all’utente sul sito web. La prima Pratica, come si è detto, attiene alla circostanza che dal sito internet Alitalia, al quale il viaggiatore si connette per la scelta del volo, non risulta con immediatezza il caso in cui detto volo è in realtà operato non dal vettore contrattuale (l’Alitalia) ma da un vettore rumeno, la Carpatair. L’Antitrust afferma che la relativa informazione non é, infatti, fornita, nel processo di prenotazione on line alla prima schermata ed è resa con una dicitura apposta con caratteri estremamente ridotti al di sotto delle informazioni sulle coppie origine/destinazione prescelte e relativo orario. La seconda Pratica attiene, invece, alla vendita di biglietti aerei relativi a più tratte con obbligo di utilizzo sequenziale dei tagliandi di volo pena il diniego di imbarco per la tratta di ritorno e per quella successiva e la “scorrettezza” ravvisata è nel non aver adeguatamente chiarito all’utente, all’atto dell’acquisto, la conseguenza connessa al mancato uso della prima tratta dell’itinerario acquistato (id est, il diniego di imbarco per la tratta di ritorno e per quella successiva).

2. Gli ulteriori motivi di ricorso – fatta eccezione dell’ultimo, proposto contro il quantum della sanzione – sono volti a contestate il giudizio reso dall’Agcm in relazione alle tre Pratiche sanzionate.

Prima di passare alla disamina degli stessi, il Collegio ritiene utile richiamare la normativa di riferimento, alla quale l’Autorità ha fatto rinvio nell’impugnato provvedimento, nonché i principi, elaborati dalla giurisprudenza del giudice amministrativo, che regolano la materia de qua.

L’art. 20, comma 2, del Codice del consumo stabilisce che una pratica commerciale è scorretta se è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori. Le pratiche commerciali scorrette sono ingannevoli o aggressive (comma 3). Il comma 4 individua come “ingannevoli” le ipotesi di cui agli artt. 21, 22 e 23 e “aggressive” quelle di cui agli artt. 24, 25 e 26. A sua volta, il successivo art. 21, al comma 1, considera ingannevole “... una pratica commerciale che contiene informazioni non rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o è idonea ad indurre in errore il consumatore medio riguardo ad uno o più dei seguenti elementi e, in ogni caso, lo induce o è idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso: … b) le caratteristiche principali del prodotto, quali la sua disponibilità, i vantaggi, i rischi, l'esecuzione, la composizione, gli accessori, l'assistenza post-vendita al consumatore e il trattamento dei reclami, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, la consegna, l'idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l'origine geografica o commerciale o i risultati che si possono attendere dal suo uso, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati sul prodotto;
c) la portata degli impegni del professionista, i motivi della pratica commerciale e la natura del processo di vendita, qualsiasi dichiarazione o simbolo relativi alla sponsorizzazione o all'approvazione dirette o indirette del professionista o del prodotto;
d) il prezzo o il modo in cui questo e' calcolato o l'esistenza di uno specifico vantaggio quanto al prezzo;
… f) la natura, le qualifiche e i diritti del professionista o del suo agente, quali l'identità, il patrimonio, le capacità, lo status, il riconoscimento, l'affiliazione o i collegamenti e i diritti di proprietà industriale, commerciale o intellettuale o i premi e i riconoscimenti;
g) i diritti del consumatore, incluso il diritto di sostituzione o di rimborso ai sensi dell'art. 130 del presente Codice”. L’art. 22, comma 1, poi, stabilisce che “è considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o è idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso”, precisando al comma 4 che, in caso di un invito all'acquisto sono considerate rilevanti, tra le altre, le informazioni relative al prezzo del prodotto. Il comma 2 dello stesso art. 22 stabilisce, ancora, che “una pratica commerciale é altresì considerata un'omissione ingannevole quando un professionista occulta o presenta in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o intempestivo le informazioni rilevanti di cui al comma 1, tenendo conto degli aspetti di cui al detto comma, o non indica l'intento commerciale della pratica stessa qualora questi non risultino già evidente dal contesto nonché quando, nell'uno o nell'altro caso, ciò induce o è idoneo a indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. Infine, l’art. 23, comma 1, lett. e (violato con la Pratica Carnet Italia), prevede che è considerata in ogni caso ingannevole la pratica commerciale consistente nel “e) invitare all'acquisto di prodotti ad un determinato prezzo senza rivelare l'esistenza di ragionevoli motivi che il professionista può avere per ritenere che non sarà in grado di fornire o di far fornire da un altro professionista quei prodotti o prodotti equivalenti a quel prezzo entro un periodo e in quantità ragionevoli in rapporto al prodotto, all'entità della pubblicità fatta del prodotto e al prezzo offerti”.

Quanto poi ai principi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa, è stato dalla stessa chiarito che il sindacato del giudice, che ha carattere intrinseco, è ritenuto comprensivo anche del riesame delle valutazioni tecniche operate dall’Autorità nonché dei principi economici e dei concetti giuridici indeterminati applicati (Cons. St., sez. VI, 20 febbraio 2008, n. 595;
id. 8 febbraio 2007, n. 515) e va condotto con il ricorso a regole e conoscenze tecniche appartenenti alle stesse discipline applicate dall’Amministrazione, anche con l’aiuto di periti (Cons. St., sez. VI, 23 aprile 2002, n. 2199). E’ tuttavia incontestato che, ove la legittimità dell’azione amministrativa ed il corretto uso delle sottostanti regole tecniche siano stati accertati, il controllo giudiziale non possa andare oltre, al fine di sostituire la valutazione del giudice a quella già effettuata dall’Amministrazione, la quale rimane l’unica attributaria del potere esercitato (Cons. St., sez. VI, 29 settembre 2009, n. 5864;
id. 12 febbraio 2007, n. 550;
id. 10 marzo 2006, n.1271;
Tar Lazio, sez. I, 24 agosto 2010, n. 31278;
id. 30 marzo 2007, n. 2798;
id. 13 marzo 2006, n. 1898).

I limiti del sindacato del giudice amministrativo sulla discrezionalità amministrativa nelle materie regolate dalle autorità indipendenti sono stati da ultimo ribaditi anche dalla Corte di Cassazione (S.U. 20 gennaio 2014, n. 1013), ricordando che “Il sindacato di legittimità del giudice amministrativo sui provvedimenti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato comporta la verifica diretta dei fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato e si estende anche ai profili tecnici, il cui esame sia necessario per giudicare della legittimità di tale provvedimento;
ma quando in siffatti profili tecnici siano coinvolti valutazioni ed apprezzamenti che presentano un oggettivo margine di opinabilità – come nel caso della definizione di mercato rilevante nell’accertamento di intese restrittive della concorrenza – detto sindacato, oltre che in un controllo di ragionevolezza, logicità e coerenza della motivazione del provvedimento impugnato, è limitato alla verifica che quel medesimo provvedimento non abbia esorbitato dai margini di opinabilità sopra richiamati, non potendo il giudice sostituire il proprio apprezzamento a quello dell’Autorità garante ove questa si sia mantenuta entro i suddetti margini”.

Da tale premessa consegue che i tre motivi dedotti da Alitalia avverso il giudizio di “scorrettezza e ingannevolezza” delle tre Pratiche contestate, per essere favorevolmente valutabili (e ammissibili) devono essere tali da far emergere vizi di manifesta irragionevolezza o di grave ingiustizia, finendo altrimenti inevitabilmente per impingere in valutazioni di merito rimesse all’Autorità, e non sindacabili da questo giudice senza invadere l’ambito della discrezionalità tecnica riservato all’amministrazione (Cons. St., sez. III, 2 aprile 2013, n. 1856;
id. 28 marzo 2013, n. 1837;
Tar Lazio, sez. I, 6 maggio 2015, n. 6471;
id. 9 marzo 2015, n. 3916;
id. 21 giugno 2013, n. 6259;
id. 24 agosto 2010, n. 31278;
29 dicembre 2007, n. 14157).

3. Tutto ciò chiarito, può ora passarsi all’esame del secondo motivo, con il quale Alitalia afferma (prima censura) che la contestazione relativa alla Pratica Carpatair si fonda su un triplice travisamento dei fatti, non essendo vero che: a) l’indicazione del vettore era apposta con caratteri estremamente ridotti;
b) la dicitura recante l’indicazione del vettore era del tutto insufficiente, per quantità e qualità delle informazioni fornite;
c) nei voli operati in wet lease, l’identità del vettore era comunicata dopo che era stata effettuata la scelta di acquisto.

La censura non è suscettibile di positiva valutazione.

Giova premettere che nel settore trasporti l’individuazione, per il passeggero, del vettore che effettuerà il servizio costituisce un elemento di rilevante importanza, soprattutto nei caso in cui l’utente ha la possibilità di scelta della società di cui servirsi, scelta che verrà effettuata certamente sulla base della fiducia riposta nel vettore e poi, probabilmente, sul costo del biglietto. E’ quindi indispensabile che si renda di immediata percezione la Compagnia che espleterà il servizio, soprattutto nel caso in cui, contrariamente ad ogni evidenza, non sarà il vettore contrattuale, cioè la Compagnia dalla quale si acquista la carta di imbarco. Ha condivisibilmente affermato l’Agcm nei propri scritti difensivi che la scelta del vettore è senz’altro un elemento fondamentale del contratto di trasporto aereo e, in quanto tale, deve, come sarà ampiamente chiarito in seguito, essere adeguatamente rappresentato al consumatore sin dal c.d. “aggancio”, che introduce il consumatore al rapporto commerciale.

La riprova dell’importanza di tale informazione è nella circostanza che la stessa è oggetto di disciplina comunitaria. L’art. 11 (Informazione sull’identità del vettore aereo effettivo) del Regolamento Ue n. 2111/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 dicembre 2005 stabilisce, infatti, al comma 1 che “al momento della prenotazione il contraente del trasporto aereo comunica ai passeggeri l’identità del vettore effettivo o dei vettori effettivi, indipendentemente dai mezzi utilizzati per fare la prenotazione”.

L’Agcm ha contestato ad Alitalia proprio la carenza informativa, cioè il fatto che non risulti immediatamente percepibile il caso in cui non è essa stessa a svolgere il servizio, ma una Compagnia rumena (la Carpatair). Ha altresì chiarito (par. 123 del provvedimento impugnato) che l’assenza di un’effettiva trasparenza era ravvisabile anche nella materiale erogazione del servizio atteso che gli aeromobili impiegati recavano la livrea di Alitalia e il personale di bordo, come previsto dall’accordo, indossava divise fornite dalla stessa Alitalia.

E’ corretto ritenere che un’informazione resa in modo insufficiente – e quindi tale da non offrire la garanzia di raggiungere il risultato – possa essere equiparata alla mancanza dell’informazione stessa, alla quale fa riferimento la normativa comunitaria.

Dalla schermata del sito riportata nel provvedimento impugnato, e richiamata dalla ricorrente a supporto della fondatezza della censura, non è dubbio, invece, che quanto meno i rilievi relativi all’indicazione del vettore apposta con caratteri estremamente ridotti e alla dicitura recante l’indicazione del vettore del tutto insufficiente, per quantità e qualità delle informazioni fornite, non sono manifestamente illogici e irragionevoli, condizioni queste che non ne consentono, per quanto chiarito sub 2, la sindacabilità.

Aggiungasi che ad avviso di una consolidata giurisprudenza del giudice amministrativo, dalla quale il Collegio non ha ragione per discostarsi, l’onere di completezza e chiarezza informativa previsto dalla normativa a tutela dei consumatori richiede che ogni messaggio rappresenti i caratteri essenziali di quanto mira a reclamizzare e sanziona la loro omissione, a fronte della enfatizzazione di taluni elementi, qualora ciò renda non chiaramente percepibile il reale contenuto ed i termini dell’offerta o del prodotto, così inducendo il consumatore, attraverso il falso convincimento del reale contenuto degli stessi, in errore, condizionandolo nell’assunzione di comportamenti economici che altrimenti non avrebbe adottato (Tar Lazio, sez. I, 8 gennaio 2013, n. 106).

Grava, dunque, sul soggetto che offre un prodotto o una prestazione l’onere di rendere disponibili tutte le informazioni rilevanti ai fini dell’adozione di una scelta consapevole da parte del consumatore (Tar Lazio, sez. I, 8 gennaio 2013, n. 104), secondo una valutazione ex ante, che prescinde sia dall’idoneità della condotta ingannevole rispetto alle effettive competenze dei soggetti che sono specificamente venuti in contatto con l’operatore, sia dal concreto danno ad essi procurato (Tar Lazio, sez. I, 18 settembre 2014, n. 9829;
id. 9 settembre 2014, n. 9559).

Infine, con argomentazioni ben estensibili al caso in esame, la Sezione (26 febbraio 2015, n. 3357;
id. luglio 2013, n. 6596, id. 3 luglio 2012, n. 6026, id. 4 giugno 2012, n. 5026) ha più volte affermato che la decettività del messaggio pubblicitario può riguardare anche solo singoli aspetti dello stesso e che la scorrettezza della pratica commerciale in ordine alla reale portata del prodotto non può ritenersi sanata dalla possibilità per il consumatore di ottenere, anche in un momento immediatamente successivo, ulteriori dettagli informativi, laddove il messaggio promozionale, attraverso il suo contenuto non trasparente, determinato dalle modalità di presentazione del prodotto, risulta già idoneo, nella sua decettività, ad agganciare il consumatore al primo contatto. Ha ancora aggiunto la Sezione (21 gennaio 2015, n. 994) che “in ragione dell'esigenza di porre i potenziali destinatari del messaggio pubblicitario in grado di valutare consapevolmente la convenienza relativa dell'offerta, la prospettazione delle complessive condizioni di quest'ultima deve essere chiaramente ed immediatamente percepibile (e, prima ancora, intellegibile), da parte del consumatore”. Per questa ragione tutte le informazioni importanti, che secondo buon senso e correttezza si presume possano influenzare il consumatore nell’effettuare la propria scelta, devono essere rese “già al primo contatto”. E, come ampiamente chiarito, l’individuazione del vettore che effettuerà il servizio di trasporto aereo è un dato di preminente importanza per il viaggiatore, in grado certamente di condizionare la decisione di acquistare o meno il biglietto aereo.

Quanto poi alle modifiche introdotte a far data dal 18 marzo 2013, diversamente da quanto afferma la ricorrente nella memoria depositata il 18 maggio 2015 (pag 10), non è vero che il provvedimento impugnato “non ne ha minimamente tenuto conto”, avendo invece dato atto (par. 125) che le stesse “non possono considerarsi completamente idonee a integrare la cessazione della pratica commerciale scorretta, in quanto le nuove modalità grafiche – evidenziazione in grassetto – sembrano comunque insufficienti a veicolare in modo chiaro e intellegibile al consumatore medio informazione per cui alcuni voli non siano operati direttamente dalla compagnia ma da differenti vettori aerei sulla base dei numerosi accordi di partnership commerciale in essere”.

4. Con la seconda censura, anch’essa dedotta con il primo motivo, la ricorrente afferma che in presenza di una disciplina di settore, quale è l’art. 11, comma 1, del Regolamento Ue 2111/2005, al quale essa si è diligentemente attenuta, non può essere contestata una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 22 e ss. del Codice del consumo, che non possono trovare applicazione.

Anche tale censura non è suscettibile di positiva valutazione.

Ha chiarito il Cons. St., sez. VI, 31 gennaio 2011, n. 720, che il rispetto delle normativa di settore non vale ad esonerare il professionista dal porre in essere quei comportamenti ulteriori che, pur non espressamente previsti, discendono comunque dall’applicazione del più generale principio di buona fede a cui si ispira tutta la disciplina a tutela del consumatore.

Un comportamento commerciale, quindi, può essere sanzionato pur in mancanza della violazione di una specifica disposizione volta a regolamentare il settore, dovendosi certamente escludere che l’art. 11 del Regolamento Ue n. 2111/2005 possa avere l’effetto di esonerare il professionista (o la società) dal porre in essere quegli ulteriori accorgimenti che, sebbene non espressamente prescritti, derivano, tuttavia, dal più generale canone di diligenza professionale o di buona fede.

E’ ciò a prescindere dal rilievo che, come già chiarito sub 3, nella previsione europea dell’obbligo di comunicare ai passeggeri l’identità del vettore effettivo non può non farsi rientrare anche l’obbligo di dare una informazione “effettiva”, trasparente e tale da realizzare lo scopo di rendere edotto il passeggero del vettore che effettuerà il servizio.

5. Il terzo motivo di ricorso è volto a contestare i presupposti su cui si basa il giudizio di “pratica commerciale scorretta” reso dall’Autorità in relazione alla Pratica Carnet Italia.

Anche in questo caso l’Agcm ha rilevato una carenza di informazione, perché “le modalità di presentazione dell’offerta denominata Carnet Italia in relazione all’ampia possibilità di reperire voli su tutte le rotte nazionali Alitalia utilizzando i biglietti del Carnet, risultano altresì scorrette, in quanto non consentoino all’utente una immediata e chiara comprensione delle limitazioni previste e dunque di aspetti essenziali del prodotto offerto e delle specifiche caratteristiche di fruizione dello stesso” (par. 126).

In particolare l’Autorità ha imputato alla società di non aver adeguatamente evidenziato di aver previsto una specifica classe tariffaria (cd. T) dedicata a tale proposta commerciale, che corrispondeva ad un sottoinsieme della classe economica, di non aver stabilito specifiche e constanti quantità/percentuali di posti disponibili sulle tratte nazionali su cui era possibile utilizzare il Carnet e, infine, di non aver fatto risaltare l’esistenza di ulteriori condizioni restrittive, quali l’esclusione di alcune tratte e la differenza tra canali di vendita in merito alla possibilità di passaggio alla classe superiore.

Le argomentazioni spese da Alitalia per dimostrare il travisamento dei fatti in cui sarebbe incorsa l’Autorità e la carenza istruttoria non paiono al Collegio condivisibili.

E’ sufficiente sul punto richiamare – nel rispetto del canone di sinteticità ex art. 3 c.p.a. – quanto chiarito dal Collegio in ordine: a) ai limiti del proprio sindacato sulle valutazioni operate dall’Agcm (sub 2) con riferimento alle modalità grafiche e all’utilizzo di caratteri per rendere chiaramente l’idea della portata effettiva dell’offerta Carnet Italia e consentire al consumatore medio di effettuare una scelta consapevole e b) al principio del “primo contatto” (sub 3) con riferimento alla necessità che le informazioni in grado di condizionare – secondo buon senso e correttezza – la scelta del viaggiatore siano rese con immediata evidenza sin dal primo accesso internet dedicato all’offerta di cui trattasi. Occorre cioè, come si è detto, che il consumatore sia posto in grado di percepire agevolmente la portata dell’offerta economica fin dal primo contatto pubblicitario, dovendo per l’effetto la reclamizzazione dell’offerta rispondere a determinati standards di chiarezza e percepibilità, ed essere quindi veicolata con mezzi idonei e contenere tutti gli elementi essenziali della stessa, al fine di consentire al consumatore medio, fin da tale primo contatto, di percepirne correttamente la portata e le condizioni di fruibilità (Tar Lazio, sez. I, 20 gennaio 2010, n. 633). L’ingannevolezza del messaggio non è esclusa dalla possibilità che il consumatore sia posto in condizione, con altri mezzi forniti dalla società, di conoscere nel dettaglio gli aspetti che caratterizzano l’offerta, dovendo l’idoneità a condizionare le scelte dei consumatori riferirsi al messaggio in sé, indipendentemente dalle ulteriori informazioni che l’operatore renda disponibili a contatto già avvenuto (Tar Lazio, sez. I, 5 ottobre 2009, n. 9743;
id. 16 gennaio 2008, n. 276).

Giova aggiungere, per supportare l’infondatezza delle argomentazioni difensive di parte ricorrente, l’insufficienza dell’apposizione dell’asterisco – che rinvia a diciture riportate con caratteri eccessivamente piccoli rispetto al claim principale – a rendere concretamente percepibile ai destinatari del messaggio la presenza degli elementi ulteriori (ovvero il costo aggiuntivo per carte di credito ed il numero limitato dei posti disponibili), non rispondendo tale modalità agli standards di chiarezza, completezza e percebilità degli elementi rilevanti dell’offerta, indispensabili per una scelta consapevole, soprattutto se si ha riguardo alla complessiva rappresentazione grafica e testuale dei messaggi, che rende di non agevole percezione talune informazioni proposte con scarsa evidenza grafica a fronte della enfatizzazione grafica di altri elementi. Ed infatti, come già ampiamente chiarito, l’ingannevolezza di un messaggio può discendere, oltre che dall’omissione di elementi di rilievo, anche dalle modalità grafiche ed espressive con cui gli elementi del prodotto vengono rappresentati all’interno del messaggio e dalle scelte in ordine alla enfatizzazione di alcuni di essi (Tar Lazio, sez. I, 20 gennaio 2010, n. 633).

La possibilità che il consumatore fosse tratto in equivoco e non cogliesse l’aspetto relativo alle limitazioni di disponibilità di posti dedicati a tale classe “T” era accentuata, come correttamente rilevato dall’Autorità nel provvedimento impugnato, dalla circostanza – che invece la ricorrente richiama a supporto delle proprie ragioni – che il riferimento ad una “classe dedicata” all’iniziativa fosse contenuto nella sezione “I benefit del Carnet”, riferimento questo che, lungi dall’essere inteso quale avvertenza dell’esistenza di una specifica limitazione alla fruizione del pacchetto, poteva facilmente essere interpretato come un vantaggio legato all’offerta e comunque una garanzia di uno specifico e migliore trattamento.

In conclusione – e ribadito che il giudizio di “ingannevolezza” reso dall’Agcm non è in ordine al contenuto dell’offerta quanto alla non immediata percezione dello stesso da parte del consumatore medio – le modalità di presentazione al pubblico dell’offerta, in relazione alla sua rappresentazione grafica e testuale, sono state correttamente ritenute, dall’Autorità resistente, idonee a condizionare le scelte dei destinatari dei messaggi laddove impediscono l’immediata conoscibilità quanto agli elementi essenziali e caratteristici dell’offerta stessa, inducendo il consumatore a ritenerne – per effetto della inesistente o insufficiente indicazione delle limitazioni legate all'offerta – la valenza generale, confidando sulle tariffe ridotte, realizzando così un effetto ingannevole sulle aspettative dei destinatari dei messaggi.

6. Con il quarto motivo Alitalia afferma l’illegittimità del provvedimento nella parte in cui ha considerato scorretta la Pratica No-show rule.

Va preliminarmente precisato che, contrariamente a quanto afferma l’Autorità nei propri scritti difensivi, in questo caso la “scorrettezza” della pratica è stata ravvisata, a differenza di quanto si è detto per le Pratiche Carpatair e Carnet Italia, sotto un duplice profilo, e cioè: a) in un difetto di informazione in relazione all’effettivo contenuto dell’offerta, che non consente, a chi ha acquistato il biglietto andata e ritorno o multitratta di effettuare il solo viaggio di ritorno (o quello di una tratta successiva) anche se non è stato effettuato il viaggio di andato o la tratta precedente, e ciò in quanto, rispondendo tale regola esclusivamente a logiche commerciali del professionista, avrebbe dovuto essere presentata in modo del tutto chiaro e non equivoco al consumatore attraverso ogni canale di vendita, quale caratteristica fondamentale del servizio di trasporto proposto (parr. 137 e 146);
b) per non aver previsto “una procedura specifica con la quale il consumatore possa informare il professionista dell’intenzione di fruire del servizio di trasporto successivo pur non avendo fruito del precedente, senza che tale condotta sia giustificata da un’effettiva assenza di posti disponibili e senza che sia previsto per la compagnia alcun diritto di rimborso relativo al servizio unilateralmente annullato che il professionista è in grado di riallocare offrendolo nuovamente sul mercato” (par. 147).

A prescindere dal chiaro tenore letterale del provvedimento impugnato, che dedica distinti paragrafi per spiegare le due contestazioni mosse, ulteriore riprova che l’Autorità non si è limitata a ravvisare un difetto di informazione è nell’individuazione della normativa che la pratica in questione avrebbe violato. Diversamente dalle contestazioni relative alle Pratiche Carpatair e Carnet Italia, è palesata anche la violazione della lett. g) del comma 1 dell’art. 21, che fa riferimento ai “diritti del consumatore, incluso il diritto di sostituzione o di rimborso ai sensi dell'articolo 130 del presente Codice”.

Tale conclusione, che dà ragione alla ricorrente nell’intendere le motivazioni della sanzione di € 45.000 comminatale e l’ambito di estensione del divieto di “ulteriore diffusione o continuazione”, non comporta però l’accoglimento della censura, dedotta con il quarto motivo, di “macroscopica contraddittorietà intrinseca” da cui sarebbe affetto il provvedimento impugnato. E’ infatti ben possibile che l’offerta di biglietti andata/ritorno o multitratta sia legittima se effettuata con i contemperamenti segnalati dall’Autorità e ne sia comunque portata ad effettiva conoscenza il contenuto.

7. Priva di pregio è anche la seconda censura, con la quale si deduce l’incompetenza dell’Agcm ad esercitare poteri regolatori.

Diversamente da quanto afferma la ricorrente, nel caso in esame non viene in questione una “nuova regola”, estranea alle attribuzioni dell’Agcm e consistente nell’introduzione di un divieto dell’offerta tariffaria legata all’acquisto di biglietti andata/ritorno o multitratta. Più semplicemente l’Autorità, con la delibera impugnata, nel vietare la continuazione della specifica pratica commerciale scorretta descritta nella delibera stessa, non ha esercitato alcuna potestà regolatrice, né ha imposto o introdotto alcuna regola generale e astratta nei confronti del professionista, ma si è limitata a chiedere l’adozione di uno specifico contemperamento procedurale, quali quello intrapreso da altre Compagnie aeree (Air France e Lufthansa) nei confronti delle quali era stata rilevata analoga patologia della Pratica No-show rule Non è dunque stato posto in essere alcuno sconfinamento in “spazi di regolazione” avendo, come detto, l’Autorità circoscritto l’ambito della propria azione con il vietare la diffusione o la continuazione della pratica scorretta. Il divieto in questione è conforme all’esercizio del potere sanzionatorio non pecuniario previsto dai commi 2 e 8 dell’art. 27 del Codice del consumo, potere che, insieme alla comminatoria della sanzione pecuniaria, di cui al comma 9 dello stesso art. 27, consegue all’accertamento della pratica commerciale scorretta.

Dall’insieme delle considerazioni sopra svolte si ricava che l’Autorità non ha introdotto nuove regole, vietando la vendita dei biglietti andata/ritorno e multitratta, ma si è limitata a diffidare dal continuare la pratica nelle modalità lesive al consumatore. Diversamente opinando si giungerebbe al risultato – paradossale e inaccettabile – per cui ogni qual volta l’Autorità diffida un professionista dal proseguire in una condotta scorretta, per ciò solo eserciterebbe un potere regolatorio (Cons. St., sez. VI, 5 marzo 2015, n. 1104). Dai rilievi su esposti discende l’inappropriatezza del richiamo, fatto da Alitalia, al carattere asseritamente discriminatorio, ai danni della stessa società, del divieto imposto con la delibera impugnata.

In conclusione, il disposto divieto di diffusione o continuazione della pratica de qua non si è concretizzato in un indebito esercizio di potestà regolatrice .

8. Non è condivisibile neanche l’assunto di parte ricorrente secondo cui accedendo ai rilievi dell’Antitrust si finirebbe per snaturare l’offerta in questione e renderla per il vettore antieconomica. Chiarisce Alitalia che la convenienza del prezzo del biglietto per il consumatore è legata proprio alla minore flessibilità offerta al viaggiatore il quale, se avverte la necessità di essere più libero di poter modificare la rotta o il giorno del viaggio, può optare per altre offerte, quali la tariffa “Libera” (la più costosa), con la quale è possibile chiedere, in ogni momento, di modificare il biglietto senza incorrere in alcuna penale, o la tariffa “Comoda” (la più economica), che presenta livelli di flessibilità intermedi. Con la memoria depositata il 18 maggio 2015 la ricorrente porta esempi che rendono meglio evidente la portata della convenienza, per il viaggiatore, dell’offerta dei biglietti andata e ritorno, offerta che si presterebbe a strumentalizzazioni ove modificata recependo i rilievi sollevati dall’Agcm. Sulla tratta Roma Fiumicino – Milano Linate la tariffa solo andata di Alitalia è di € 113.00, mentre quella per un volo andata/ritorno è di € 89.00;
sulla tratta Roma – Madrid la tariffa solo andata di Alitalia è di € 375.00, mentre quella per un volo andata/ritorno è di € 187.00;
sulla tratta Roma – New York la tariffa solo andata di Alitalia è di € 2.337,00, mentre quella per un volo andata/ritorno è di € 740.00. Aggiunge la ricorrente che la modifica della Pratica nei sensi richiesti dall’Autorità ne comporterebbe una restrizione che ne finirebbe per snaturare l’essenza;
ciò, per giunta, comporterebbe una restrizione imposta alla sola Alitalia e non anche agli altri vettori nell’esercizio di un potere di regolazione che non compete all’Agcm.

Rileva il Collegio che, come si è detto sub 6, anche Air France e Lufthansa avevano, nel listino, un’offerta di biglietti andata/ritorno o multitratta a prezzi ridotti e, a fronte dei rilievi solleticati dall’Autorità, hanno rivisto la tipologia dell’offerta stessa. Ha chiarito l’Autorità nella memoria del 18 maggio 2015, che dette Compagnie hanno adottato una procedura di riconferma del volo di ritorno in caso di mancata fruizione del volo di andata di un biglietto andata/ritorno o multitratta idonea ad assicurare un adeguato contemperamento tra le legittime esigenze del vettore e dei passeggeri nell’applicazione della No-show rule. In base a tale procedura, i consumatori che hanno acquistato un biglietto in Italia, qualora dovessero perdere il volo di andata o non potessero per qualsiasi motivo utilizzare il biglietto per tale volo, potranno informare il vettore – entro 24 ore dall’orario di partenza del primo segmento del volo di andata e chiamando un numero non a sovraprezzo – dell’intenzione di usufruire delle tratte successive già acquistate. In considerazione delle intervenute modifiche, l’Autorità ha così proceduto all’archiviazione nei confronti di Lufthansa (PS/7770) e a riconoscere un’attenuante nella quantificazione della sanzione applicata ad Air France (all’esito del procedimento PS/7769).

Quanto sopra esposto conferma la possibilità di rivedere l’offerta di biglietti andata/ritorno o multitratta in modo da garantire la convenienza sia per la Compagnia aerea che per l’utente.

9. Con la terza censura del quarto motivo Alitalia esclude che le informazioni rese in ordine all’offerta di biglietti andata/ritorno o multitratta e alle conseguenze connesse al mancato utilizzo del biglietto di andata o di quello relativo alla prima tratta non fossero chiare per il consumatore.

Nel richiamare quanto affermato (sub 2) in ordine ai limiti del proprio sindacato sulle valutazioni operate dall’Agcm con riferimento alle modalità grafiche e all’utilizzo di caratteri troppo piccoli per rendere chiaramente l’idea della portata effettiva dell’offerta di biglietti andata/ritorno o multi tratta, il Collegio ritiene non sussistenti profili di manifesta illogicità in relazione non solo ai caratteri utilizzati ma anche all’avvertenza resa all’utente che si connetteva nella schermata “Scegli il volo”. L’ingannevolezza del messaggi si coglie ancora con maggiore evidenza ove si consideri che l’art. 3 delle Condizioni generali di trasporto chiarisce, invece, che il passeggero può informare il vettore della permanenza di un interesse a volere effettuare il volo di ritorno/segmento di viaggio successivo, pur non avendo effettuato il relativo volo di andata/segmento di viaggio precedente e subordinando comunque l’esercizio del diritto al trasporto all’assenso della compagnia.

10. Gli accorgimenti utilizzati da Air France e Lufthansa per superare i rilievi sollevati dall’Antitrust, e da quest’ultima ritenuti sufficienti, fanno venire meno l’interesse ad accertare se sia possibile la restituzione del prezzo relativo alla tratta di viaggio non effettuata, rimborso negato dal ricorrente con l’ultima censura dedotta con il quarto motivo di ricorso.

11. Con l’ultimo motivo Alitalia censura l’operato dell’Agcm nell’attività di determinazione della sanzione, che essa ritiene viziata sotto diversi profili, avendo comminato due distinte sanzioni per le due Pratiche Carpatair e No-show rule e non avendo considerato l’effettiva durata delle infrazioni contestate e le misure adottate dalla Compagnia aerea per eliminare o attenuare le presunte infrazioni nonché, infine, il ridotto impatto sui consumatori e sui ricavi della Compagnia.

Il motivo non è suscettibile di positiva valutazione.

Infondata, per le ragioni esplicitate sub 1, è la prima censura che si basa sull’erroneo presupposto che le contestazioni mosse dall’Antitrust concernono un’unica pratica commerciale ai sensi degli artt. 18-20 del Codice del consumo, perché unica sarebbe la condotta (informazione ingannevole) che riguarda lo stesso prodotto (servizi di trasporto aereo).

Anche le altre censure devono essere disattese

Quanto al rilievo secondo cui, in relazione alla Pratica Carpatair, l’Agcm non avrebbe tenuto conto del fatto che a decorrere dal 3 febbraio 2013 l’Alitalia non ha in essere più alcun accordo di wet lease con vettori terzi, tale assunto pare smentito dal documento n. 12 (lettera inviata da Alitalia all’Agcm il 17 febbraio 2014) depositato dalla stessa Alitalia il 12 maggio 2015, nel quale si fa riferimento alle modifiche grafiche apportare in ottemperanza al provvedimento impugnato relativamente alle Pratiche prima e terza. In particolare, a pag. 2 di detta lettera si fa riferimento all’indicazione, con caratteri diversi e ben visibili, del vettore operativo dei voli Alitalia in code sharing e wet lease e a titolo dimostrativo si allega (all.to 2) una schermata del sito nel quale si fa riferimento al vettore Air Europe.

Non è poi vero, in punto di fatto, che l’Antitrust non avrebbe tenuto conto delle modifiche apportate medio tempore, atteso che esse sono state considerate e valutate, con riferimento alla Pratica: a) Carpatair, ”insufficienti a veicolare in modo chiaro e intellegibile al consumatore medio l’informazione per cui alcuni voli non siano operati direttamente dalla Compagnia ma da differenti vettori aerei sulla base dei numerosi accordi di partnership commerciale in essere” (par. 125);
b) No-show rule, “non … in grado di rappresentare un efficace contemperamento alla restrizione di natura tariffaria de quo” (par. 143).

Quanto poi alla circostanza che l’Autorità non avrebbe considerato, con riferimento alla Pratica Carnet Italia, che a decorrere dal 20 marzo 2012 l’Alitalia avrebbe eliminato la restrizione che imponeva la prenotazione sulla tratta Roma-Milano-Linate almeno cinque giorni prima la partenza, è sufficiente rinviare alle ragioni che hanno indotto la stessa Agcm a considerare detta pratica “ingannevole” per non far assumere a tale elemento fattuale fattore determinante nell’importo della sanzione.

Giova infine ricordare che in ogni caso, ove pure il comportamento scorretto fosse già venuto meno, il potere attribuito all’Agcm ha soprattutto una finalità di deterrenza (nemo punitur quia peccatum est, sed ne peccetur), con la conseguenza che, anche a fronte di un comportamento già cessato, il potere di accertamento ha la funzione di qualificare la pratica come illecita;
il potere di inibizione ha la funzione di vietare per il futuro la reiterazione della condotta illecita;
il potere sanzionatorio ha la funzione di indurre il professionista a non compiere ulteriori infrazioni (Cons. St., sez. VI, 22 luglio 2014, n. 3897).

Le argomentazioni della ricorrente non possono essere condivise neppure nella parte in cui afferma che le tre Pratiche contestate hanno avuto un limitato impatto sui ricavi della Compagnia aerea. L’asserzione, infatti, presuppone l’esistenza di una sorta di criterio rigidamente matematico, che manca nella normativa di riferimento. Ai fini dell’applicazione della sanzione non è infatti necessaria una monetizzazione del vantaggio conseguito dal professionista, così che la prospettata illegittimità della sanzione non può ritenersi sussistente nemmeno con riferimento alla invocata esiguità di utile economico conseguito (Tar Lazio, sez. I, 7 aprile 2015, n. 5039).

Quanto poi all’asserito limitato numero di denuncianti, deve ricordarsi come, nell’assetto di interessi disciplinato dal d.lgs. n. 206 del 2005, le norme a tutela del consumo delineano una fattispecie di “pericolo”, “essendo preordinate a prevenire le possibili distorsioni delle iniziative commerciali nella fase pubblicitaria, prodromica a quella negoziale, sicché non è richiesto all'autorità di dare contezza del maturarsi di un pregiudizio economico per i consumatori, essendo sufficiente la potenziale lesione della loro libera determinazione” (Tar Lazio, sez. I, 9 gennaio 2015, n. 238;
id. 4 febbraio 2013, n. 1177).

Infine, l’importo ridotto delle tre sanzioni rispetto al massimo edittale (5.000.000 euro) anche prima della dimidiazione disposta in considerazione della situazione economica particolarmente negativa della società, dimostra come l’Autorità abbia considerato anche elementi attenuanti rispetto alla scorrettezza ed ingannevolezza riscontrata. Aggiungasi che gli importi determinati sono aggravati, rispetto alla quantificazione iniziale, per l’applicazione della recidiva e dunque del perseverare in una condotta già sanzionata dall’Antitrust

In conclusione, ritiene il Collegio che la tipologia delle omissioni informative riscontrate e la scorrettezza della Pratica No-show rule in assenza di contemperamento, nonché le particolari caratteristiche del settore cui le tre offerte commerciali si riferiscono depongono nel senso della ‘gravità’ delle condotte oggetto di censure, così come nel medesimo senso depone la qualificazione soggettiva del professionista coinvolto, in quanto importanti operatori del mercato del trasporto aereo per dimensione economica e ruolo commerciale.

12. Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere respinto.

Quanto alle spese di giudizio, in considerazione della complessità della vicenda contenziosa può disporsene l'integrale compensazione fra le parti costituite.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi