TAR Firenze, sez. I, sentenza 2009-12-22, n. 200903987

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. I, sentenza 2009-12-22, n. 200903987
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 200903987
Data del deposito : 22 dicembre 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00776/2009 REG.RIC.

N. 03987/2009 REG.SEN.

N. 00776/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 776 del 2009, proposto da:
C M, rappresentato e difeso dall'avv. A M, con domicilio eletto presso Guido Fanfani in Firenze, via Puccinotti 45;

contro

Ministero della Difesa, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distr.le dello Stato in Firenze e domiciliati per legge in Firenze, via degli Arazzieri 4;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

- del dispaccio a cura della DPGM del Ministero della Difesa prot. n. 04 0527346 datato 31 ottobre 2008, notificato in data 26 febbraio 2009;

nonché di ogni altro atto presupposto conseguente e/o connesso ed in particolare quatenus opus

- dell’atto di costituzione in mora a cura della Direzione di Commissariato M.M. di Taranto della Marina Militare a prot. N.I/S/10446;

- della relazione a cura del Comandante del Nucleo Speciale Funzione pubblica e privacy

entrambi allegati al dispaccio a cura del DPGM della Marina Militare ut supra.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di: Ministero della Difesa;
Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 novembre 2009 il dott. C T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1) Con atto datato 30/5/2007 e notificato il 25/6/2007 il Ministero della Difesa - Direzione Generale per il personale militare, premesso che il Capo di 1^ classe C M (sottufficiale infermiere militare in servizio presso la Direzione dei servizi sanitari dell'Accademia navale di Livorno) svolgeva " attività private extraprofessionali retribuite di tipo infermieristico " non preventivamente autorizzate ai sensi dell’art. 53 del D.Lgs. n. 165/2001 e che tale situazione era incompatibile con lo status di sottufficiale in servizio permanente, ha diffidato il predetto a cessare da tale situazione di incompatibilità entro 15 giorni dalla notifica dell'atto in questione. L'interessato ha ottemperato alla diffida, che ha peraltro impugnato con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.

Con atto di costituzione in mora n. 1/S/10446 datato 16/2/1009 (notificato il 24/2/2009) la Direzione di Commissariato M.M. di Taranto ha comunicato al sig. Massaro che il Ministero della Difesa - Direzione Generale per il personale militare aveva disposto a suo carico, con dispaccio prot. n. M

DGMIL

040527346 del 31/10/2008, il versamento della somma di € 46.228,11 (comprensiva di interessi legali) relativa ai compensi percepiti per attività extraprofessionali non autorizzate negli anni 2004-2007, come quantificati nella relazione della Guardia di Finanza incaricata delle verifiche del caso.

Contro questi ultimi atti l'interessato ha proposto il ricorso in epigrafe formulando censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni intimate depositando ampia documentazione e chiedendo la reiezione del gravame perché infondato.

Nella camera di consiglio del 10 giugno 2009 questo Tribunale, con ordinanza n. 462, ha accolto la domanda di sospensione dei provvedimenti impugnati " ai soli fini di una rinnovata quantificazione delle somme da versare ex art. 53 co. 7 del D.Lgs. n. 165/2001, da calcolare al netto delle imposte già pagate dall’interessato (sulla base della documentazione circa il pagamento delle imposte dovute e l'entità delle stesse che il predetto dovrà fornire all’Amministrazione nei termini da questa indicati) ".

L'Avvocatura dello Stato ha depositato ulteriore documentazione e una memoria conclusiva in vista dell'udienza dell'11 novembre 2009, in cui la causa è passata in decisione.

2) Va innanzitutto esaminata l'eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla difesa erariale per violazione della regola dell'alternatività tra ricorso straordinario e giurisdizionale, in relazione alla circostanza che nel presente giudizio il ricorrente avrebbe sostanzialmente riproposto le medesime questioni di diritto già esaminate e decise nel giudizio sul ricorso straordinario dal medesimo precedentemente presentato contro la diffida a cessare l'esercizio dell'attività incompatibile;
ad avviso del Collegio, peraltro, il diverso oggetto degli atti qui impugnati e la prospettazione di censure ulteriori rispetto a quelle contenute nel ricorso straordinario inducono a ritenere l'eccezione fondata solo con riferimento alle censure effettivamente comuni ai due gravami, dunque nei limiti di seguito precisati.

Nel merito, il ricorrente censura gli atti impugnati sia perché non sussisterebbero i presupposti necessari per dar corso alla pretesa avanzata dall'Amministrazione, sia perché i compensi richiesti in restituzione avrebbero dovuto essere quantificati al netto delle imposte e non al lordo (come invece avvenuto).

Quanto al primo profilo le tesi sostenute dal sig. Massaro in ordine al suo "affidamento incolpevole" sono già state ritenute infondate dalla Sezione Terza del Consiglio di Stato nel parere n. 1840/08 sulla base del quale è stato respinto, con D.P.R. del 21 gennaio 2009, il ricorso straordinario proposto, tra gli altri, dall'odierno ricorrente contro la diffida a cessare dalla rilevata situazione di incompatibilità. In quel parere si è evidenziato:

- che le disposizioni di cui all’art. 12 della legge 31 luglio 1954 n. 599 ed all’art. 1 comma 1 della legge 27 gennaio 1968 n. 37 prevedono, rispettivamente, il divieto di " esercitare alcuna professione, mestiere, industria o commercio " per il sottufficiale in servizio permanente e, in caso di violazione di tale divieto, la diffida del Ministro della Difesa a cessare dalla situazione di incompatibilità;

- che, non essendo stato il ricorrente mai formalmente autorizzato all'esercizio di attività privata extraprofessionale (non essendo rilevante una richiesta formulata solo oralmente), l'operato dell'Amministrazione risulta legittimo.

Con riferimento alle questioni di cui sopra, già decise con il decreto presidenziale citato, le censure formulate nel ricorso in esame sono inammissibili. Gli atti impugnati nel presente giudizio, peraltro, trovano fondamento, oltre che nella precedente diffida, nella previsione di cui all’art. 53 comma 7 del D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 a norma del quale: " I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza. …… In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti ". Poiché l'iniziativa volta al recupero dei compensi in questione risulta pienamente conforme al dettato normativo, il ricorso va ritenuto infondato nella parte in cui contesta il disposto recupero.

A diversa conclusione il Collegio ritiene di dover pervenire per ciò che riguarda la quantificazione delle somme che il ricorrente è tenuto a versare, che sono state calcolate dall'Amministrazione della Difesa al lordo e non al netto delle imposte già pagate;
nella sua memoria conclusiva l'Avvocatura dello Stato richiama la risoluzione n. 101 del 17/5/2007 con cui l'Agenzia delle Entrate ha espresso l'avviso che il recupero ex art. 53 comma 7 del D.Lgs. n. 165/2001 va effettuato al lordo delle ritenute e che i dipendenti nei cui confronti il recupero viene effettuato " potranno realizzare il rimborso d'imposta con lo strumento degli oneri deducibili dal reddito personale, ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera d-bis del TUIR… ". La soluzione, peraltro, non convince perché non imposta dal citato art. 53 comma 7 e dunque non necessaria;
è la stessa difesa erariale, nella sua memoria, a riconoscere che l'Amministrazione può " agevolmente ricalcolare l'ammontare della ritenuta da applicare allo stipendio del proprio dipendente ";
e il doc. 1 allegato alla nota della Guardia di Finanza depositata in giudizio il 9/9/2009 contiene il prospetto dei compensi percepiti dal ricorrente al lordo e al netto delle ritenute subite;
non sussistono dunque neppure difficoltà concrete che possano (in qualche apprezzabile misura) ostacolare il recupero di tali compensi al netto: il che rende immotivatamente penalizzanti per l'interessato e quindi illegittimi gli atti impugnati nella sola parte in cui hanno quantificato le somme da versare al lordo e non al netto.

3) In conclusione, il ricorso va accolto nella sola parte in cui censura gli atti impugnati per avere quantificato al lordo e non al netto delle ritenute già operate le somme che il ricorrente è tenuto a versare;
in tali limiti gli atti in questione vanno conseguentemente annullati, ai fini di un rinnovato calcolo del quantum dovuto dal predetto.

L'esito del giudizio induce a ritenere equa la compensazione tra le parti delle spese di causa.

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