TAR Roma, sez. I, sentenza 2012-11-28, n. 201209885

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2012-11-28, n. 201209885
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201209885
Data del deposito : 28 novembre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05831/1998 REG.RIC.

N. 09885/2012 REG.PROV.COLL.

N. 05831/1998 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5831 del 1998, proposto da:
M G, rappresentato e difeso dall'avv. G C P, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, via Emilia, 81;

contro

Ministero di Grazia e Giustizia, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

- del decreto Ministero di grazia e giustizia – Dipartimento amministrazione penitenziaria, in data 4 febbraio 1998, notificato il 13 febbraio 1998 a firma del Direttore dell’ufficio del personale, con il quale è stata inflitta al ricorrente la sanzione disciplinare della censura;

-di ogni altro presupposto, preparatorio, connesso e consequenziale e segnatamente l’atto di contestazione degli addebiti datato 28 ottobre1997, notificato l’11 novembre 1997 nonché la relazione del 28 maggio1997 a firma del Provveditore regionale della Sardegna.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero di Grazia e Giustizia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 novembre 2012 il Consigliere S C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso indicato in epigrafe, l’istante, premesso di essere Direttore coordinatore dell’Istituto penitenziario con IX q.f., esponeva di aver assunto la carica di Direttore della Scuola di Formazione ed aggiornamento del personale di Monastir nel luglio 1996. Tuttavia, in data 13 maggio 1997 il Provveditore regionale a seguito di visita effettuata presso la predetta Scuola, formulava dei rilievi ispettivi.

A seguito di contestazione degli addebiti con nota del 28 ottobre 1997, il D.A.P. – Ufficio centrale del personale trasmetteva il decreto di irrogazione della sanzione della censura.

Avverso siffatto provvedimento l’istante proponeva ricordo deducendo:

1) violazione, erronea interpretazione e falsa applicazione del CCNL – Comparto del personale dipendente dei Ministeri del 1995 (art. 24 comma II, e VII), nonché del d.lgs. n. 29 del 1993 art. 59 e del t.u. n. 3 del 1957 artt. 111 e 120;

2) eccesso di potere, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione, sviamento di potere e manifesta ingiustizia, nonchè incompetenza e violazione dei principi generali in materia di pubblico impiego e della legge generale del procedimento amministrativo.

Con il primo motivo sostanzialmente il ricorrente contestava che il procedimento era stato concluso ai sensi del d.R.R. n. 3 del 1957, anzichè della disciplina contenuta nel CCNL di riferimento, che statuisce che l’addebito debba essere effettuato tempestivamente e comunque non oltre 20 giorni da quando l’ufficio istruttore è venuto a conoscenza del fatto.

Con il secondo motivo l’istante contestava la violazione delle regole di partecipazione nell’ambito del procedimento disciplinare e la genericità degli addebiti a cui non avrebbe fatto seguito un’adeguata istruttoria.

Con decreto presidenziale n. 14050 del 2012, su istanza della parte, che affermava di avere interesse alla decisione, era revocato il precedente decreto di perenzione.

L’Amministrazione si costituiva con memoria meramente formale.

All’udienza del 13 novembre2012 la causa era trattenuta in decisione.

DIRITTO

1 - Con il ricorso in esame, il ricorrente, funzionario amministrativo dell’Amministrazione penitenziaria, ha contestato il provvedimento di censura, irrogato a seguito della contestazioni degli addebiti per i fatti rilevati in sede di visita ispettiva presso la Scuola in cui prestava servizio.

Con il primo motivo di gravame, l’istante, contestava l’erroneità della disciplina applicata in sede procedimentale, in quanto l’Amministrazione non avrebbe rispettato i termini previsti dal CCNL del comparto Ministeri, vigente dal 1995, applicando invece quanto disposto d.P.R. n. 3 del 1957.

Il provvedimento impugnato, infatti, in premessa richiama il d.P.R. n. 3 appena citato.

Dispone, tuttavia, l’art. 59, comma 3, d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29 (abrogato dall'art. 72, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, trovando la disciplina in argomento collocazione nell’art. 55 del testo unico approvato con d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165) che “Salvo quanto previsto dagli articoli 20, comma 1, e 58, comma 1, e ferma restando la definizione dei doveri del dipendente ad opera dei codici di comportamento di cui all'articolo 58-bis, la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti collettivi”.

Mentre l’art. 59 citato ( e poi il successivo art. 55 del t.u. del 2001) prescrive la tempestività della contestazione scritta al dipendente, senza tuttavia precisare il termine entro cui essa debba avvenire,

l’art. 24 comma 2 del menzionato CCNL prevede che la contestazione dell’addebito non possa intervenire oltre i 20 giorni da quanto l’ufficio istruttore, secondo l’ordinamento dell’Amministrazione, è venuto a conoscenza del fatto”.

Dalla documentazione acquisita dalla parte a seguito di accesso emergeva che il Provveditorato regionale della Sardegna aveva inviato al Direttore dell’Ufficio centrale della Formazione aggiornamento del personale del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria le notizie in ordine alla visita ispettiva, con nota datata 28 maggio 1997.

Da quanto in atti si ricava che la contestazione da parte della Div. II Sez. E disciplina è del 30 ottobre 1997 (pervenuto il 10 novembre 1997).

Osserva il Collegio, tuttavia, che a prescindere dalla valutazione dell’ applicabilità del termine predetto come prescritto in sede di contrattazione collettiva e, sia pur considerata l’interpretazione della giurisprudenza amministrativa che si è orientata nel senso della natura perentoria dei termini del procedimento disciplinare ( ex multis, Sez. IV 19/6/2001n.5365) in adesione a quanto in materia statuito dalla Corte Costituzionale (cfr. sentenza n.1128/988), secondo cui l'azione disciplinare deve essere promossa senza ritardi, a garanzia dell'incolpato per evitare una sorta di sperimentabilità sine die del procedimento disciplinare (Cons. St., sez. IV, n. 1956 del 2012), nella specie, dagli atti, non è dato evincere che il termine in questione sia stato violato, cominciando esso a decorrere dal momento della ricezione, da parte dell’Ufficio istruttore, della nota del Provveditorato e non dunque, dalla data di spedizione della stessa.

La tesi di parte ricorrente, pertanto, si fonda su un assunto erroneo in fatto, facendo questi discendere la violazione dei termini previsti, non dalla data di ricezione della notizia da parte dell’Ufficio competente all’avvio del procedimento, quanto piuttosto dalla data della nota contenente le risultanze ispettive.

2 - Con una seconda censura l’istante deduceva la violazione di quanto disposto dall’art. 59 comma 5, d.lgs. n. 29 del 1993, che prevede la possibilità che l’incolpato sia assistito da un avvocato, poiché la contestazione degli addebiti avvisava l’interessato della possibilità di “presentare le proprie discolpe entro 10 giorni dalla comunicazione” della nota di contestazione.

Anche tale censura non può essere condivisoa

Rileva, in vero, il fatto che il ricorrente non si è presentato per prestare le proprie giustificazioni in merito ai fatti contestati, mentre non risulta che gli sia stato in alcun modo impedito di difendersi. Sicchè il difetto di partecipazione, lamentato dalla parte, non appare addebitabile all’Amministrazione.

3 – Ulteriormente, il ricorrente lamentava l’incompetenza dell’Ufficio ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 24 CCNL e 59 d.lgs. n. 29 del 1993, precisando che ai sensi dell’art. 74, comma 3, d.lgs. n. 29 cit. “A far data dalla stipulazione del primo contratto collettivo, ai dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, non si applicano gli articoli da 100 a 123 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 …”.

Dispone, invero, l’art. 59, comma 4, del medesimo d.lgs. n. 29 del 1993 che “ Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari. Tale ufficio, su segnalazione del capo della struttura in cui il dipendente lavora, contesta l'addebito al dipendente medesimo, istruisce il procedimento disciplinare e applica la sanzione”. Tuttavia, la norma, cui fa esplicito richiamo l’art. 24 del CCNL di riferimento, precisa che “Quando le sanzioni da applicare siano rimprovero verbale e censura, il capo della struttura in cui il dipendente lavora provvede direttamente”.

Ne discende che anche siffatta censura deve essere respinta.

4 – Con un ultimo rilievo l’istante contraddittoriamente lamenta la violazione del termine di conclusione del procedimento previsto dall’art. 121 t.u. n. 3 del 1957.

A riguardo vale osservare che risulta rispettato nella specie il termine di 120 gg. per la conclusione del procedimento, previsto dal CCNL precedentemente invocato dalla parte istante (cfr. sul punto Cass. Civ., 16 maggio 2003 n. 7704).

5 – Infine, non può trovare condivisione il denunciato difetto di istruttoria perché il provvedimento risulta motivato sulla base dell’ esito dell’indagine ispettiva, che ha evidenziato non una generica carenza di attività di controllo, ma specifici profili attinenti alla carenza di igiene, alla manutenzione dei locali, al coordinamento e allo svolgimento delle attività funzionali dell’istituto.

Per quanto sin qui evidenziato, il ricorso deve essere respinto.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare le spese di lite tra le parti.

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