TAR Napoli, sez. V, sentenza 2024-10-02, n. 202405185

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. V, sentenza 2024-10-02, n. 202405185
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202405185
Data del deposito : 2 ottobre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/10/2024

N. 05185/2024 REG.PROV.COLL.

N. 05053/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5053 del 2023, proposto da
P T, rappresentato e difeso dall'avvocato U G, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, Segreteria T.A.R.;

contro

Sindaco del Comune di Tufino, nella qualità di Ufficiale Governo, rappresentato e difeso dall'avvocato D V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento:

- a) dell'ordinanza del Sindaco del Comune di Tufino n. 17 del 4.07.2023, notificata successivamente in data 11 luglio 2023, avente ad oggetto “Pulizia e regolare manutenzione del terreno privato incolto e carico di rifiuti, per la prevenzione di incendi, per il decoro e la salvaguardia dell'igiene e della salute pubblica alla via Cimitero particella 916, 762, 767 (Cava Ruotolo-Tanagro) terreno sotto sequestro penale”;

b) di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, comunque lesivo della posizione giuridica del ricorrente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Sindaco del Comune di Tufino nella qualità di Ufficiale di Governo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 settembre 2024 il dott. F M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- L’oggetto del presente giudizio è costituito dall’ordinanza del Comune di Tufino, n. prot. 20231 del 6.7.2023, notificata in data 12.7.2023, con cui è stato ordinato al ricorrente, in veste di proprietario dell’area, ubicata in Tufino alla Via Cimitero (Cava Ruotolo-Tanagro), riportata in Catasto Terreni al foglio 3, p.lle 916, 762, 767, di provvedere alla pulizia del fondo ricadente nelle particelle 916, 762, 767 (Cava Ruotolo-Tanagro), “così da liberarlo da sterpaglie, cespugli, rovi, ramaglie, erbe, mediante taglio e rimozione della vegetazione al fine di consentire all’Arpac la craterizzazione dei rifiuti ivi presenti”.

Tale provvedimento è stato impugnato dal ricorrente sulla base dei seguenti motivi:

a) Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 241/90. Eccesso di potere - violazione del giusto procedimento, non avendo la civica amministrazione instaurato il necessario preventivo contraddittorio, stante l’omessa comunicazione di avvio del procedimento nonostante non sussistessero particolari ragioni d’urgenza e si vertesse, per contro, in una fattispecie regolata dall’art. 192 d.lgs. n. 152/2006;

b) Violazione e falsa applicazione dell’art. 192 del d.lgs. n. 152 del 03.04.2006 – violazione e falsa applicazione dell’art. 50 del d.lgs. n. 267 del 18.08.2000 - eccesso di potere per presupposti erronei –contraddittorietà dell’azione amministrativa - violazione del giusto procedimento - violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi, non essendo dato evincere dal tenore letterale dell’impugnata ordinanza la natura giuridica del potere esercitato dal Sindaco di Tufino e, quindi, se la stessa si configurasse come un’ordinanza contingibile e urgente ai sensi dell'art. 50 T.U.E.L. ovvero come ordinanza di rimozione, avvio a recupero o smaltimento di rifiuti abbandonati e ripristino dello stato dei luoghi ai sensi dell'art. 192, comma 3, del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152;

c) Violazione dell’art. 192, comma 3, del Codice dell’Ambiente: il ricorrente non avrebbe alcuna responsabilità a titolo di dolo o colpa per l’illecito sversamento e non sarebbe stato svolto il contraddittorio finalizzato ad appurare eventuali responsabilità dello stesso a titolo di colpa o dolo.

d) Ulteriore violazione e falsa applicazione dell’art. 192 del d.lgs. N. 152 del 03.04.2006 – artt. 3 e 6 della l. 241/1990 – Violazione dell’art. 21- septies della l. 241/1990 – nullità per impossibilità dell'oggetto e per impossibilità dell'obbligo imposto al ricorrente – eccesso di potere – difetto di istruttoria e di motivazione – inesistenza del presupposto – ingiustizia ed illogicità manifeste - contraddittorietà – irragionevolezza: con tale censura il ricorrente ha contestato il difetto di istruttoria e di motivazione inficiante l’impugnata ordinanza, per non aver correttamente vagliato l’assetto dominicale nonché la situazione possessoria o detentiva del fondo;
un corretto ed approfondito vaglio di tali profili, difatti, avrebbe evidenziato come lo stesso non fosse affatto proprietario dei fondi oggetto dell’ingiunta attività né avesse la loro materiale disponibilità.

Si è costituito in giudizio il resistente Comune, eccependo l’inammissibilità e, in ogni caso, l’infondatezza nel merito del ricorso.

All’udienza pubblica del 17 settembre la causa è stata riservata in decisione.

2.- Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

3.- In limine, il Collegio ritiene necessario individuare, stante la specifica contestazione sul punto sollevata dal ricorrente, la natura del potere esercitato con l'ordinanza gravata, avuto riguardo alla circostanza che dal tenore letterale dell’ordinanza non è dato desumere, prima facie, se la civica amministrazione abbia inteso agire ai sensi dell'art. 50, comma 4, del D.Lgs. n. 267/2000 (Testo Unico degli Enti Locali) ovvero dell’art. 192 del D.Lgs. n. 152/2006 (Codice dell'Ambiente).

È noto che la prima disposizione consente al Sindaco l'adozione di ordinanze contingibili e urgenti che presuppongono necessariamente situazioni non tipizzate dalla legge di pericolo effettivo, la cui sussistenza deve essere suffragata da un'istruttoria adeguata e da una congrua motivazione, in ragione delle quali si giustifica la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi e la possibilità di derogare alla disciplina vigente, stante la configurazione residuale, quasi di chiusura, di tale tipologia provvedimentale, in cui la contingibilità deve essere intesa come impossibilità di fronteggiare l'emergenza con i rimedi ordinari, in ragione dell'accidentalità, imprescindibilità ed eccezionalità della situazione verificatasi e l'urgenza come assoluta necessità di porre in essere un intervento non rinviabile (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, n. 1624/2017).

Viceversa, l'art. 192 del Codice dell'Ambiente, specificamente dettato in tema di rimozione dei rifiuti, prevede l'esercizio di un potere tipico, non solo a carico del soggetto responsabile dello sversamento, ma anche del proprietario e/o gestore di un'area, al quale lo sversamento da parte di altri sia comunque imputabile per dolo e/o colpa.

Vero che, secondo le consolidate regole ermeneutiche, qualora sussistano i presupposti per l'esercizio del potere tipico, diviene inapplicabile la disciplina dell'art. 50 T.U.E.L., dal momento che l'ordinanza contingibile e urgente potrà essere adottata solo in presenza di un evento che esige per sua natura un intervento supplementare, del tutto temporaneo, strettamente finalizzato a superare la contingenza venutasi a creare, purché sia motivata da specifiche e precise ragioni di urgenza e necessità (T.A.R. Napoli, Sez. V, n. 603/ 2016).

Tuttavia, la circostanza che l'ordinamento abbia previsto per la rimozione dei rifiuti il rimedio tipico dell'art. 192 del Codice dell'Ambiente non esclude, nella sussistenza dei relativi presupposti, la possibilità del ricorso allo strumento extra ordinem, costituente una misura di chiusura del sistema a tutela dell'incolumità pubblica (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, n. 145/2021, n. 603/2016 e n. 3041/2019). In tale ipotesi, le misure di messa in sicurezza d'emergenza ed i relativi poteri della Pubblica Amministrazione possono essere esercitati, nell’immediato, anche prescindendo dall'accertamento della responsabilità dell'inquinamento, verifica i cui tempi sarebbero in molti casi incompatibili con l'urgenza di garantire la sicurezza del sito (Consiglio di Stato, Sez. II, n. 566/2012;
Sez. I, n. 452/2011;
Sez. V, n. 820/2010).

Tanto premesso, valga rammentare che la qualificazione degli atti amministrativi oggetto di giudizio spetta al giudice amministrativo, potere ufficioso che non è vincolato né dell'intitolazione dell'atto né tanto meno dalle deduzioni delle parti in causa, dovendo l'esatta qualificazione di un provvedimento essere effettuata solo alla luce del suo effettivo contenuto e della sua causa reale, e anche a prescindere dal nomen iuris formalmente attribuito dall'amministrazione, con la conseguenza che l'apparenza derivante da una terminologia eventualmente imprecisa o impropria, utilizzata nella formulazione testuale dell'atto stesso, non è vincolante né può prevalere sulla sostanza, e inoltre neppure determina di per sé un vizio di legittimità dell'atto, purché ovviamente sussistano i presupposti formali e sostanziali corrispondenti al potere effettivamente esercitato (cfr. Cons. St., sez. V, 20 marzo 2023, n. 2801;
id. 3 agosto 2022, n. 6821;
id., sez. VI, 26 novembre 2021, n. 7913;
id., sez. V, 4 ottobre 2021, n. 6606;
id., 5 giugno 2018, n. 3387;
id. 28 agosto 2019, n. 5921;
id., sez. IV, 18 settembre 2012, n. 4942).

Applicando le sopra riferite coordinate ermeneutiche alla fattispecie in oggetto, la portata precettiva dell’ordine impartito con l’impugnata ordinanza disvela la causa reale del potere esercitato, riconducibile al potere extra-ordinem ex art. 50, comma 4, del D.Lgs. n. 267/2000, essendo il comando impartito finalizzato ad ingiungere al ricorrente non le tipiche attività di caratterizzazione e bonifica del sito inquinato, disposte dall’art. 192 cit. a carico del responsabile dell’attività inquinante, quanto piuttosto la mera rimozione di “ sterpaglie, cespugli, rovi, ramaglie, erbe” , ordinata al ricorrente in ragione dell’asserita sua qualità di proprietario possessore dei fondi e dell’accertata situazione di pericolo per la pubblica incolumità.

4.- Chiarito il contestato profilo qualificatorio, reputa il Collegio che il gravame debba trovare accoglimento, rivestendo portata decisiva l’ultima delle articolate doglianze con cui il ricorrente ha dedotto l’indisponibilità giuridica e materiale dei fondi oggetto dell’ingiunta attività e, di conseguenza, l’impossibilità di darvi concreta attuazione.

Difatti, la disamina del quadro normativo di riferimento sopra svolta evidenzia come, a prescindere dalla sussunzione dell’ordinanza impugnata nell’una o nell’altra tipologia di provvedimento, entrambi i poteri presuppongono che il destinatario sia proprietario dell’area ovvero ne abbia comunque la disponibilità.

Tra i presupposti dell'ordinanza contingibile e urgente deve essere annoverato anche quello soggettivo, vale a dire la riferibilità del bene interessato ad un soggetto che ne abbia la disponibilità ovvero "si trovi in rapporto tale con la fonte del pericolo da consentirgli di eliminare la riscontrata situazione di emergenza" (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 1 agosto 2011, n. 2064;
Consiglio di Stato, sez. VI, 10/12/2018, n.6951).

Per consolidato intendimento, il soggetto destinatario di ordinanza contingibile e urgente, preordinata alla immediata messa in sicurezza dei luoghi in ragione dell'esigenza di tutela della pubblica ed immediata incolumità, al pari del destinatario dell’ordinanza ex art. 192 del Codice dell'Ambiente, non deve essere necessariamente il proprietario dell'area, essendo sufficiente che ne abbia la materiale disponibilità ovvero l’obbligo di custodia, che rappresentano il necessario (ma anche sufficiente) presupposto (logico e materiale) per l'esecuzione degli interventi per la rimozione della situazione di pericolo (impregiudicato, in ogni caso, il diritto di rivalsa nei confronti del legittimo proprietario: cfr. Cons. Stato, Sez. II 22 gennaio 2020, n. 536) nonché per fondare, alternativamente, la responsabilità ex art. 192 cit..

Nondimeno, ciò non toglie che in ciascuna delle misure adottate vada sempre indicato con precisione il presupposto per il quale l'Amministrazione, in base ai dati a disposizione e ai fatti diligentemente accertati, ritenga sussistente la legittimazione passiva nei confronti del destinatario.

5.- Applicando i menzionati principi all'odierna fattispecie, rileva il Collegio la fondatezza dei sollevati profili di insufficiente istruttoria e di difetto motivazionale, non avendo l’intimata amministrazione comunale puntualmente e correttamente ricostruito la situazione dominicale/detentiva riguardante i fondi interessati dall’accertata situazione di pericolo. In altri termini, la civica amministrazione non ha valutato in modo completo, o, comunque, motivando adeguatamente in relazione alle risultanze delle visure catastali e dei sopralluoghi eseguiti dai tecnici competenti, la disponibilità dell’area di intervento in capo alla ricorrente.

Difatti, come già evidenziato in fase cautelare (ordinanza C.d.s., sez. IV, n. 732/2024), dalla disamina della depositata documentazione i terreni componenti la cava sono stati a suo tempo requisiti, per depositarvi detriti di una frana, con l’ordinanza 12 ottobre 1998 n. 416 del Sindaco del Comune di Tufino (doc. 6 in I grado ricorrente appellante). A questa requisizione non è seguita una restituzione materiale, come accertato da due sentenze del Giudice civile. La prima, attualmente appellata dall’amministrazione, è la sentenza pronunciata dal Tribunale di Napoli in data 11 giugno 2018 n. 5735 (doc. 9 in I grado ricorrente), che ha condannato l’amministrazione a restituire una parte dei terreni requisiti, individuati come di proprietà di P T, e in particolare le particelle 916 e 762, sentenza sospesa in appello. La seconda è la sentenza della Corte di appello di Napoli, del 25 marzo 2021 n. 1130 (doc. 10 in I grado ricorrente), che ha pronunciato identica condanna alla restituzione a favore di altro soggetto, la società Costruzioni Tanagro S.r.l. estranea a questo giudizio, individuata come proprietaria della particella 767.

Di conseguenza, dall’indicata documentazione si evince, da un lato, che il ricorrente non aveva la disponibilità materiale dei fondi contrassegnati dalle particelle n. 916 e 762 e, dall’altro, che, con riguardo al fondo indicato con la particella n. 767, non fosse investito neppure della proprietà, come peraltro evincibile dalla stessa visura catastale.

Tali lacune probatorie non sono state affatto contestate e superate dal resistente Comune nel corredo motivazionale dell’impugnata ordinanza onde ricostruire una diversa, rispetto a quella dedotta dal ricorrente, situazione dominicale, ovvero per dimostrare che lo stesso avesse comunque la disponibilità fattuale dei fondi in questione, essendo in quanto tale obbligato alla loro custodia e manutenzione.

O, deve dunque ritenersi che la parte ricorrente, attraverso la documentazione versata in atti, abbia fornito una convincente dimostrazione sia di non essere proprietaria di uno dei fondi interessati, sia di non avere la disponibilità di tutte le aree indicate.

Sono rimaste indimostrate, quindi, a dispetto delle puntuali argomentazioni censorie sollevate dalla ricorrente, la proprietà nonché l'effettiva disponibilità, sul piano materiale, dei fondi in oggetto.

Conclusivamente, le riferite circostanze sono sufficienti a fondare la diagnosi di illegittimità del provvedimento in discussione, siccome carente del necessario presupposto soggettivo, atteso che il ricorrente, al momento della sua adozione, non aveva la disponibilità, giuridica o materiale, delle aree, identificata come fonte del paventato pericolo per la pubblica salute ed incolumità e, pertanto, non era nella condizione, non sussistendo neppure l’obbligo di custodia, di prevenire ovvero eliminare la riscontrata situazione di pericolo (cfr., ex multis, T.A.R. Liguria, sez. I, 19 aprile 2013, n. 702 e 27 gennaio 2016, n. 82;
T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 16 aprile 2007, n. 3722).

Sebbene l'amministrazione non sia tenuta a svolgere un'approfondita istruttoria circa la proprietà dei beni stessi, rimanendo beninteso impregiudicata ogni questione inerente al definitivo accollo economico dei costi dell'intervento urgente, che competerà agli effettivi responsabili della situazione, non può per contro dubitarsi che sia l'ordinanza contingibile e urgente adottata dal Sindaco a norma dell'art. 54 d.lgs. n. 267/2000 allo scopo di fronteggiare una situazione di pericolo, sia l’ordinanza ex art. 192 Codice dell’Ambiente presuppongono comunque il loro indirizzamento nei confronti di chi si trovi nella posizione o nell’obbligo di intervenire tempestivamente per eliminare la situazione di pericolo;
tale è la condizione di chi abbia a qualsiasi titolo la materiale disponibilità dei beni dai quali il pericolo o la fonte di inquinamento originano (fra le altre, cfr. Cons. Stato, sez. II, 22 gennaio 2020, n. 536;
T.A.R. Lombardia - Milano, sez. IV, 5 agosto 2021, n. 1889;
T.A.R. Campania - Napoli, sez. V, 7 ottobre 2020, n. 4313).

Le considerazioni che precedono sono sufficienti, di là da ogni altro rilievo, all'accoglimento del gravame e al conseguente annullamento del provvedimento impugnato (Consiglio di Stato, sez. V, 15/03/2023, n. 2732).

6.- In ragione dell’indubbia difficoltà di individuare la situazione dominicale riguardante l’area in oggetto e tenuto conto dell’esito alterno della fase cautelare, le spese del giudizio possono essere interamente compensate tra le parti costituite.

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