TAR Catania, sez. I, sentenza 2013-09-11, n. 201302221

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2013-09-11, n. 201302221
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201302221
Data del deposito : 11 settembre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00851/2013 REG.RIC.

N. 02221/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00851/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 851 del 2013, proposto da:
S T, rappresentato e difeso dall'avv. G L, con domicilio eletto presso G L, in Catania, via Pasubio, 6;

contro

Comune di Mirabella Imbaccari;

per l’esecuzione

del giudicato nascente dal decreto ingiuntivo n. 264 del 20.06.2012 emesso dal Tribunale di Caltagirone.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 luglio 2013 il dott. Dauno Trebastoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

A seguito di ricorso dell’attuale ricorrente, il Tribunale di Caltagirone ha emesso nei confronti del Comune intimato, in data 20.06.2012, il decreto ingiuntivo n. 264, per il pagamento in favore del ricorrente della somma ivi indicata, oltre le spese del procedimento monitorio, distratte in favore del difensore.

Il decreto è stato notificato il 18.07.2012, e poiché non opposto, è stato dichiarato esecutivo il 19.10.2012, e così nuovamente notificato il 10.12.2012.

Non avendo ricevuto dal Comune l’adempimento, il ricorrente ha ritualmente proposto il ricorso in esame, al fine di ottenere la dovuta ottemperanza mediante la nomina di commissario ad acta.

Alla Camera di Consiglio del 25.07.2013 il ricorso è stato posto in decisione.

Il ricorso per l’esecuzione del giudicato è fondato.

Per costante giurisprudenza, il decreto ingiuntivo non opposto acquista, al pari di un’ordinaria sentenza di condanna, autorità ed efficacia di cosa giudicata, in relazione al diritto da esso riconosciuto.

Conseguentemente, anche per ottenere l’adempimento, da parte di una pubblica Amministrazione, dell’ingiunzione di pagamento disposta con decreto ingiuntivo, è esperibile il ricorso per l’ottemperanza dinanzi al giudice amministrativo.

In base all’art.4, c.2, l. n. 2248/1865, allegato E, ogni pubblica Amministrazione ha infatti un vero e proprio obbligo giuridico di conformarsi al giudicato dei Tribunali.

Dall’esame degli atti della causa risulta che, dopo la notifica del decreto, l’Amministrazione intimata non ha ottemperato a quanto disposto dal Giudice ordinario, per cui va affermata la persistenza dell’obbligo di ottemperare al giudicato.

In particolare, va ribadito che in sede di ottemperanza può riconoscersi l’obbligo di corresponsione a parte ricorrente degli interessi sulle somme liquidate nella sentenza e su quelle relative alle spese accessorie. Sono dovute cioè le spese relative ad atti accessori delle sentenze non impugnate, quali le spese di registrazione, di esame, di copia e di notificazione, nonché le spese ed i diritti di procuratore relativi ad atti di diffida, in quanto egualmente aventi titolo negli stessi provvedimenti giudiziali.

Viceversa non spettano al ricorrente le spese ed i diritti di procuratore relativi ad atti di precetto, in quanto trattasi di atti non necessari per la regolare proposizione del presente gravame.

Al pagamento dovuto provvederà in via sostitutiva, senza indugio, un commissario ad acta, individuato nella persona del rag. W C, Comandante della Polizia municipale del Comune di Aidone (En).

Insediandosi entro 10 giorni dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza, il Commissario provvederà, sotto la sua personale responsabilità, entro il successivo termine di giorni 90 dal suo insediamento, anche mediante l’adozione di variazioni di bilancio, stipulazione di mutui e prestiti, alienazioni di beni anche mediante trattativa privata, o quant’altro necessario per l’assolvimento del mandato, anche in deroga a qualsiasi normativa.

La IV Sezione di questo Tribunale ha già avuto modo di precisare (cfr. sentenza n. 634 del 16 aprile 2007) che per il commissario ad acta, in quanto “longa manus” del giudice amministrativo, valgono gli stessi poteri di quest’ultimo, con la conseguenza che deve essere ritenuto titolare del potere di emanare i necessari provvedimenti amministrativi anche in deroga alle norme che disciplinano sia la competenza alla loro emanazione (cfr. Cons. St., sez. IV, 18 settembre 1991 n. 720;
Cons. St., sez. IV, 3 maggio 1986 n. 323), e sia la stessa attività sostanziale (vedi anche Sez. IV, sentenza n. 768 del 5 maggio 2007, secondo cui le prescrizioni di cui all’art. 119, comma 6, Cost. – che non consentono ai Comuni, alle Province ed alle Regioni di ricorrere all’indebitamento per fare fronte a spese non d’investimento maturate dopo l’8 novembre 2001 – non si applicano ai commissari ad acta nominati dal giudice amministrativo in sede di giudizio di ottemperanza).

Ciò perché, in sede di ottemperanza, la priorità assoluta è l’esecuzione del giudicato, che non può essere ostacolata dai normali itinera burocratici, che avrebbero dovuto essere messi in atto a tempo debito, per cui la IV Sezione di questo Tribunale ha già avuto modo di precisare (cfr. sentenza n. 2003 del 4 novembre 2005) che nel caso in cui l’Ente, nell’esercizio della sua attività, abbia emesso mandati di pagamento a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l'ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell'ente stesso, e non siano disponibili altre somme, il commissario può utilizzare, al fine dell’esecuzione del giudicato, anche quelle destinate al pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e dei conseguenti oneri previdenziali per i tre mesi successivi, al pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari scadenti nel semestre in corso, ed all’espletamento dei servizi locali indispensabili.

Pertanto, il commissario ad acta sopra individuato dovrà attenersi ai principi enunciati, se del caso richiedendo gli opportuni chiarimenti al giudice dell’ottemperanza, che risulta investito, in materia, di un penetrante sindacato di merito (cfr. Cons. St., Ad. Pl., 30 luglio 2008 n. 9).

Pertanto, nel caso in esame, i provvedimenti di liquidazione, ed i conseguenti mandati di pagamento, dovranno trovare esecuzione con priorità rispetto a tutti gli altri provvedimenti dell’Amministrazione. Una volta emessi i provvedimenti di liquidazione, il commissario potrà emettere anche i mandati di pagamento, e trasmetterli direttamente all’istituto tesoriere. Espletate tutte le operazioni, invierà a questa Sezione una dettagliata relazione sugli adempimenti realizzati e sull’assolvimento del mandato ricevuto.

È il caso di aggiungere che il D.P.R. n. 633/72, di “istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto”, all’art. 6, comma 3, prevede che “le prestazioni di servizi si considerano effettuate all'atto del pagamento del corrispettivo”, ed al comma 5 che per le prestazioni di servizi fatte tra l’altro agli enti pubblici territoriali “l’imposta diviene esigibile all’atto del pagamento dei relativi corrispettivi”. Ne consegue che, in generale, un soggetto che ha prestato un servizio ad un ente pubblico territoriale non ha l’obbligo di emettere la fattura prima dell’avvenuto pagamento.

Gli organi del Comune hanno l’obbligo di prestare la doverosa collaborazione al commissario, rimanendo ad essi preclusa ogni possibilità di interferire con i poteri deliberativi del commissario stesso, potendo eventuali atteggiamenti di intralcio e di opposizione assumere la rilevanza di un illecito penale. Nei casi più gravi di mancato adempimento dell’Amministrazione all’obbligo di rendere possibile l’attività del commissario, il giudice amministrativo potrà disporre l’intervento della forza pubblica (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, n. 2399/1995).

Il Collegio ritiene inoltre opportuno precisare che:

- l’Istituto tesoriere non può rifiutarsi di far depositare al commissario la propria firma;

- nel caso di mancanza di liquidità, l’Istituto tesoriere dovrà trattenere i mandati di pagamento, e provvedere al pagamento con priorità via via che dovessero pervenire incassi a favore del Comune, fino al totale soddisfo;

- dal punto di vista degli obblighi gravanti sull’Istituto tesoriere, agli effetti penali il servizio di tesoreria gestito da un’azienda di credito è da considerare pubblico (cfr. Cass. Pen. Sez. VI, 12 aprile 1991), e i soggetti che gestiscono il servizio sono da ritenere a tutti gli effetti incaricati di pubblico servizio (anche ai sensi di quanto previsto dall’art. 328 c.p. – “rifiuto di atti d’ufficio. Omissione”), con la conseguenza che essi sono tenuti a consentire al commissario ad acta – nominato dal TAR per l’ottemperanza ad una sentenza rimasta ineseguita proprio dall’Ente per conto del quale il servizio viene svolto – di svolgere tempestivamente il proprio compito, senza frapporre inerzia o ostacoli di sorta.

Infine, non sembra inutile ricordare che qualsiasi soggetto nominato commissario ad acta ha il preciso dovere giuridico di eseguire l’incarico, non potendo ad esso sottrarsi per libera scelta, perché il soggetto nominato commissario ad acta dal giudice amministrativo è titolare di un ufficio pubblico che implica non solo l’esercizio di poteri, ma anche l’assunzione di doveri e, tra questi, in primo luogo il dovere di eseguire l’incarico.

Non è dunque consentito al commissario di astenersi dall’eseguire la decisione del giudice e di sottrarsi così al suo dovere d’ufficio (cfr. Cons. St., sez. IV, 28.08.2001 n. 4583;
vedi anche Cons. St., sez. V, 13.12.2005 n. 7044, per la precisazione che il servizio svolto dal pubblico dipendente come commissario ad acta, in sostituzione dell’Amministrazione inadempiente, inerisce a funzioni certamente diverse e separate dalle ordinarie mansioni esercitate presso la propria Amministrazione, quindi soggette ad apposita remunerazione, non potendo ritenersi assorbite nella retribuzione spettante ai dipendenti per qualunque attività compiuta in connessione con i compiti istituzionali).

Da tale premessa consegue che la stessa Amministrazione di appartenenza del pubblico dipendente nominato commissario ad acta non può condizionare l’espletamento dell’incarico ad apposita autorizzazione, nè alla concessione di ferie, non potendo l’incarico essere espletato se non in orario d’ufficio.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza, e liquidate in dispositivo, mentre il compenso del commissario, da calcolare ai sensi dell’art. 2 D.M. 30.05.2002 e degli artt. 49 ss. D.P.R. 30.05.2002 n. 115, sarà liquidato con separato decreto, previa presentazione da parte del commissario, a mandato espletato, di apposita nota specifica delle spese, contenente anche l’indicazione della misura degli onorari spettanti, da quantificare in base alla somma effettivamente pagata alla ricorrente.

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