TAR Salerno, sez. I, sentenza 2016-06-22, n. 201601572

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. I, sentenza 2016-06-22, n. 201601572
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 201601572
Data del deposito : 22 giugno 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00742/2015 REG.RIC.

N. 01572/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00742/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 742 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
A N, rappresentato e difeso dall'avv. M F, con domicilio eletto in Salerno, via SS. Martiri Salernitani n. 31;

contro

Comune di Salerno, rappresentato e difeso dagli avv. L M e M G G, con domicilio eletto in Salerno, presso la Casa Comunale, in via Roma;

per l'annullamento

del provvedimento di cui alla nota prot. n. 597/2015 del 23.1.2015, con la quale è stata respinta l’istanza di condono presentata dal ricorrente in data 10.12.2004, prot. n. 108676, concernente alcune opere realizzate alla via S. Eustachio del Comune di Salerno, dell’ordinanza di demolizione n. 24 del 19.5.2015, di tutti gli atti connessi e presupposti


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Salerno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 giugno 2016 il dott. E F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Espone il ricorrente di essere proprietario di un immobile sito alla via S. Eustachio del Comune di Salerno e di aver realizzato presso lo stesso, prima del 2003, alcune opere in assenza del prescritto titolo edilizio, per le quali, in data 10.12.2004, ha presentato istanza di condono ai sensi della l. n. 326/2003.

Lamenta quindi l’illegittimità del sopravvenuto provvedimento di diniego, incentrato sulla ubicazione dell’immobile in zona paesaggisticamente tutelata e sulla conseguente sussistenza della preclusione all’ottenimento del condono di cui all’art. 32, comma 27, lett. d) l. cit..

Mediante le censure formulate in ricorso viene quindi dedotto che: 1) il Comune di Salerno ha omesso di richiedere il prescritto parere alle Autorità preposte alla tutela del paesaggio;
2) non essendo sufficiente, ai fini della non condonabilità dell’abuso, che l’immobile insista in zona paesaggisticamente tutelata, ma anche che le opere non siano conformi agli strumenti urbanistici, il Comune non ha espresso alcuna valutazione sul punto, limitandosi ad affermare genericamente la “non conformità alla strumentazione urbanistica”;
3) poiché le opere oggetto di condono non hanno comportato alcun ulteriore scavo e/o movimento di terra, non sussistono i presupposti per sottoporre l’intervento al regime autorizzatorio in tema di tutela del vincolo idrogeologico, il quale riguarda solo quelle opere che comportano “trasformazione e modifica di destinazione dei boschi e dei terreni sottoposti a vincolo idrogeologico”, come prevede l’art. 23 l.r. Campania n. 11/1996, per cui la mera sussistenza del vincolo non può considerarsi ostativa al richiesto condono;
4) premesso che l’amministrazione ha ritenuto la sussistenza del vincolo paesaggistico di cui all’art. 142, comma 1, lett. c) d.lvo n. 42/2004, in ragione della prossimità dell’area al corso d’acqua denominato “Guazzariello”, viene dedotto che questo non è rilevante ai fini del vincolo paesaggistico, non essendo un torrente né, quale corso d’acqua, essendo iscritto negli elenchi di cui al R.D n. 1775/1933;
5) quanto alla mancanza di prova certa del termine di ultimazione delle opere, viene dedotto che l’epoca di realizzazione dei lavori è stata dichiarata dal ricorrente nell’ambito dell’istanza di condono, per cui incombeva all’amministrazione fornire l’eventuale prova contraria;
6) quanto alla carenza di documentazione, trattasi in gran parte di documentazione già in possesso dell’Ente, che avrebbe quindi dovuto procedere alla relativa acquisizione, ai sensi degli artt. 18 l. n. 241/1990 e 9 bis d.P.R. n. 380/2001;
7) quanto al mancato versamento integrale delle somme dovute a titolo di oblazione, l’amministrazione non ha mai provveduto alla determinazione di un eventuale conguaglio, in mancanza del quale non potrebbe predicarsi l’inadempienza del richiedente il condono.

Con i motivi aggiunti depositati in data 14.9.2015 l’impugnazione è stata estesa all’ordinanza di demolizione n. 24 del 19.5.2015, conseguente al diniego di condono impugnato con il ricorso introduttivo.

Le censure con essi formulate possono essere riassunte nei termini che seguono: 1) l’ordinanza di demolizione, che ha ad oggetto anche le opere interessate dall’istanza di condono, è affetta, in via derivata, dai medesimi vizi che inficiano il diniego di condono;
1) sebbene, come accertato dalla stessa P.A., le opere abusive siano “compenetrate” con quelle legittimate dalla concessione in sanatoria n. 47/2003, l’amministrazione non ha eseguito alcuna valutazione in ordine alla possibilità di eseguire la demolizione senza pregiudizio per le opere eseguite in conformità, ai sensi dell’art. 34, comma 2, d.P.R. n. 380/2001;
2) è pacifica in atti l’impossibilità di eseguire la demolizione delle opere abusive senza pregiudizio per quelle regolari;
3) ciò vale anche in relazione alla porzione immobiliare oggetto di condono, dovendo l’amministrazione valutare la possibilità di demolire le ulteriori opere abusive senza pregiudizio per la stessa;
4) l’amministrazione avrebbe dovuto applicare, in luogo del richiamato art. 31 d.P.R. n. 380/2001, l’art. 34, sottoponendo quindi l’abuso al regime sanzionatorio pecuniario da esso contemplato;
5) l’amministrazione ha omesso di motivare in ordine all’interesse pubblico giustificativo della demolizione, tenuto conto del notevole lasso di tempo trascorso dalla realizzazione delle opere e della loro praticamente nulla incidenza urbanistica;
6) l’amministrazione non ha fornito alcuna motivazione in ordine alle ragioni del ricorso al regime sanzionatorio di cui all’art. 31 d.P.R. n. 380/2001, né ha fornito la qualificazione giuridica delle opere abusive, disponendo indistintamente la demolizione senza tenere conto della differente natura giuridica delle stesse;
7) è stata omessa la comunicazione di avvio del procedimento;
8) molte delle opere contestate sono riconducibili al novero degli interventi di carattere pertinenziale, ex art. 3, lett. e.6, d.P.R. n. 380/2001, sottraendosi le stesse anche per tale aspetto al regime demolitorio.

A sostegno dei motivi aggiunti è stata prodotta la perizia a firma dell’ing. M S.

Il Comune di Salerno si oppone all’accoglimento del ricorso e dei motivi aggiunti, deducendone l’infondatezza.

Questi quindi, all’esito dell’udienza di discussione, sono stati trattenuti dal collegio per la decisione di merito.

DIRITTO

La domanda di annullamento proposta con il ricorso introduttivo non è meritevole di accoglimento.

Deve premettersi che l’impugnato provvedimento di diniego del condono si fonda su plurimi motivi, tra i quali quello connesso alla mancata produzione da parte dell’interessato, segnalata già in sede di comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di cui alla nota prot. n. 199024 del 17.12.2014, della “documentazione dovuta per legge”, analiticamente indicata nella citata comunicazione: motivo che risulta da solo sufficiente a giustificare l’adozione del provvedimento di diniego, a prescindere dalla fondatezza degli altri ( rectius , delle censure volte a contestarli).

Il suddetto motivo di diniego, a sua volta, si articola in molteplici sub-motivi, in corrispondenza dei plurimi documenti di cui l’amministrazione ha rilevato la mancata produzione da parte del richiedente il condono.

Ebbene, deve osservarsi che, in relazione al suddetto motivo, la parte ricorrente si è limitata a dedurre che, essendo i documenti mancanti nella disponibilità della P.A., sarebbe stato onere dell’amministrazione comunale intimata provvedere d’ufficio alla relativa acquisizione.

La censura, a prescindere dalla effettiva sussistenza di siffatto onere acquisitivo, non è idonea ad inficiare la validità giustificativa del suddetto motivo di diniego.

Deve infatti osservarsi che l’amministrazione ha contestato la carenza di molteplici documenti, non tutti nella disponibilità dell’amministrazione procedente o di altre amministrazioni, in relazione ai quali, quindi, l’onere acquisitivo predicato dalla parte ricorrente non sarebbe a priori configurabile: si pensi, tra essi, al titolo di proprietà, alla planimetria aerofotogrammetrica 1:2000 con l’indicazione dell’immobile da condonare, alla perizia tecnica giurata sulle dimensioni e sullo stato delle opere abusive, agli elaborati grafici in scala 1:100 delle opere da condonare ecc..

Il già evidenziato carattere autosufficiente del suddetto motivo di diniego impone quindi di respingere in toto il ricorso introduttivo del giudizio.

Infondata, peraltro, è anche la domanda di annullamento formulata con i motivi aggiunti avverso l’ordinanza di demolizione n. 24/2015.

Esclusa, per le ragioni esposte, la fondatezza della censura intesa a far valere vizi di carattere derivato (la cui rappresentazione discende dal fatto che l’ordinanza di demolizione comprende anche il manufatto oggetto dell’istanza di condono respinta con il provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo), ad identica conclusione deve pervenirsi in ordine alla censura con la quale viene lamentato il mancato compimento di alcuna valutazione in ordine al pregiudizio che deriverebbe dalla demolizione nei confronti di quella parte dell’opera edilizia realizzata conformemente al titolo.

In primo luogo, infatti, la sostituzione della sanzione demolitoria con quella pecuniaria, prevista dall'art. 34 cpv. d.P.R. 380 del 2001, secondo il quale, “quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell'ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla l. 27 luglio 1978 n. 392, della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale”, presuppone che gli interventi e le opere siano stati realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire, non essendo quindi applicabile in un caso, come quello in esame, caratterizzato, con particolare riferimento alla sopraelevazione abusiva, dalla mancanza di qualsivoglia titolo abilitante all’edificazione (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, n. 1911 del 2 aprile 2015).

In secondo luogo, come già affermato anche da questo Tribunale, “in materia di violazioni edilizie, in caso di interventi edilizi eseguiti in parziale difformità, l'ingiunzione di demolizione costituisce la prima ed obbligatoria fase del procedimento repressivo, mentre la sostituzione della demolizione con la sanzione pecuniaria può essere adottata soltanto in un secondo momento, cioè quando il soggetto privato non abbia ottemperato spontaneamente alla demolizione ed il Comune abbia accertato che la demolizione non possa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità. La valutazione della possibilità di ripristino dello stato dei luoghi, ai fini dell'irrogazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria, quindi, attiene, per costante giurisprudenza, alla fase esecutiva, presentandosi l'emanazione dell'ingiunzione di demolizione come atto dovuto in presenza di opere edili costruite sine titulo (cfr. T.A.R. Salerno, Sez. II, n. 660 del 23 marzo 2015).

Infondata è anche la censura intesa a lamentare la carenza motivazionale del provvedimento impugnato, non indicando l’interesse pubblico giustificativo della sua adozione: basti osservare che nessuna dimostrazione è data del ricorrere del presupposto per la maturazione dell’affidamento del privato, connesso al lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell´abuso.

Infondata è altresì la censura intesa ad affermare il carattere pertinenziale delle opere de quibus : l’ordinanza di demolizione impugnata ha infatti ad oggetto, per un verso, corpi di fabbrica autonomamente fruibili ed integranti quindi nuove volumetrie (in particolare, quello oggetto della precedente ordinanza di demolizione n. 48 del 29.10.2007 e quello oggetto del condono), per l’altro verso, opere qualificabili effettivamente come pertinenziali, ma rispetto ai suddetti volumi abusivi, e destinate quindi ad essere assimilate agli stessi sotto il profilo sanzionatorio.

Infondata è anche la censura intesa a lamentare la carenza motivazionale dell’ordinanza impugnata: essa reca infatti la compiuta descrizione delle opere abusive, tale da consentirne l’inquadramento nella corrispondente ed appropriata cornice giuridica.

Infondata, infine, è la censura di omissione della comunicazione di avvio, alla luce del contenuto vincolato del provvedimento impugnato, che non avrebbe consentito all’amministrazione di determinarsi diversamente pur in presenza dell’eventuale apporto partecipativo dell’interessato.

Anche i motivi aggiunti, in conclusione, devono essere respinti siccome infondati.

Sussistono infine giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese di giudizio sostenute dalle parti della controversia.

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