TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2024-01-10, n. 202400519

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2024-01-10, n. 202400519
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202400519
Data del deposito : 10 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/01/2024

N. 00519/2024 REG.PROV.COLL.

N. 09640/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9640 del 2023, proposto da
Urban Vision Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G T, G C e C M T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della cultura, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Vivenda S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Daniele Ravizza, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

previa sospensione

del provvedimento di aggiudicazione a Vivenda s.r.l. della gara per l'affidamento del contratto di sponsorizzazione tecnica per i lavori di restauro di Palazzo Massimo in Largo di Villa Repetti, i cui esiti sono stati pubblicati in data 1 dicembre 2022 (doc. 6), nonché degli atti ad esso presupposti, conseguenti o comunque connessi, e segnatamente dei verbali delle operazioni di gara condotte dalla Commissione valutatrice in data 18 e 30 novembre 2022 (doc. 6)


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della cultura e di Vivenda S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2023 la dott.ssa F S C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.1. Con nota inoltrata in data 12 agosto 2021 alla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma, la Società Urban Vision s.p.a. presentava una proposta di sponsorizzazione tecnica, ai sensi degli artt. 19 e 151 d. lgs. n. 50/2016, per l’esecuzione, a propria cura e spese, di lavori di restauro su alcuni edifici di proprietà del Ministero della cultura, a fronte della concessione del diritto allo sfruttamento pubblicitario dei ponteggi di cantiere da allestire a ridosso delle facciate esterne degli immobili.

1.2. A valle dell’istruttoria e previo scambio di corrispondenza con la proponente, che confermava l’interesse alla sponsorizzazione tecnica relativamente al Palazzo Massimo alle Terme, in Roma (cfr. docc. 3 e 4 allegati al ricorso), in data 8 agosto 2022 la Soprintendenza pubblicava sul proprio sito istituzionale apposito avviso pubblico ai sensi del citato art. 19, con cui rendeva nota l’avvenuta presentazione della proposta e i suoi contenuti essenziali, allo scopo di sollecitare gli operatori economici interessati alla presentazione di ulteriori offerte.

1.3. A seguito dell’avviso la società Vivenda s.r.l. presentava un’offerta e, in data 1° dicembre 2022, l’Amministrazione pubblicava, sempre sul proprio sito Internet, gli esiti della valutazione comparativa delle offerte pervenute, con attribuzione alle due in gara del seguente punteggio: quanto all’offerta di Urban Vision, 38.62% per la proposta economica e 30% per la proposta tecnica, per un totale di 68.62%;
quanto all’offerta di Vivenda, 70% per la proposta economica e 20% per quella tecnica, per un totale di 90%.

1.4. In data 20 gennaio 2023 la Società Urban Vision presentava istanza di accesso agli atti, che veniva positivamente riscontrata dalla Soprintendenza con nota prot. n. 9213-P del 23 febbraio 2023, con esibizione, in data 10 marzo 2023, della documentazione richiesta (ivi compresi i verbali delle operazioni di gara).

1.5. La medesima Urban Vision ha, poi, impugnato il provvedimento di aggiudicazione della procedura indetta dal Ministero (con precipuo riferimento alla selezione dello Sponsor dei lavori di restauro di Palazzo Massimo) con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, notificato alla società controinteressata Vivenda in data 31 marzo 2023 e presentato all’Amministrazione competente in pari data.

1.6. In data 29 maggio 2023 Vivenda s.r.l. ha notificato atto di opposizione ai sensi dell’art. 10 del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199.

2. Il ricorso straordinario è stato trasposto in sede giurisdizionale ex art. 48 cod. proc. amm., con atto depositato in giudizio in data del 5 luglio 2023, dandone avviso al resistente Ministero della cultura e alla controinteressata Vivenda con notificazione effettuata il 6 luglio 2023.

2.1. La ricorrente deduce un unico motivo di ricorso, rubricato “ VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI NORME DI LEGGE (artt. 19 e 151 del D.lgs. n. 50/2016) E DEI PRINCIPI DI IMPARZIALITÀ E PARITÀ DI TRATTAMENTO TRA GLI OPERATORI ECONOMICI;
ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DELL’ISTRUTTORIA E DELLA MOTIVAZIONE;
ILLOGICITÀ E IRRAGIONEVOLEZZA MANIFESTE
”.

In particolare, lamenta l’illegittimità dell’operato della commissione di gara per difetto di istruttoria, avendo questa adottato il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con assegnazione alla parte economica del peso ponderale maggiore (pari al 70% della valutazione complessiva, da calcolarsi avuto riguardo all’ammontare complessivo del finanziamento proposto), senza aver interpellato preventivamente la Urban Vision: le due offerte in gara, infatti, essendo state presentate nei mesi di agosto 2021 (quella della ricorrente) e agosto 2022 (quella della controinteressata), non avrebbero potuto essere confrontate in modo omogeneo poiché “ costruite in periodi temporali diversi, connotati da ben differenti contesti macroeconomici ”, essendosi medio tempore verificato in “ un generalizzato e sensibile aumento dei prezzi delle lavorazioni edili ” a causa della “ corsa dell’inflazione e il rilevante incremento dei costi delle materie prime ”, motivo per cui la ricorrente (che aveva costruito la propria offerta avendo a riferimento prezziari all’epoca aggiornati al 2019) avrebbe dovuto essere messa nelle condizioni di attualizzare il valore economico dei lavori proposti all’agosto del 2022. La Società, riservandosi di produrre in giudizio documentazione atta a comprovare l’attualizzazione dei prezzi dei lavori, fornisce comunque una stima dell’importo degli stessi “ utilizzando come riferimento prezzari DEI 2019-2022 ”, raggiungendo così un valore di circa € 721.300,00, il che le consentirebbe di conseguire un punteggio complessivo più elevato (pari a 91,20), utile ai fini dell’aggiudicazione.

3. La controinteressata Vivenda si è costituta in giudizio con atto del 7 luglio 2023, eccependo, con memoria del 6 settembre 2023, l’inammissibilità del gravame per violazione degli artt. 120, co. 1 e 119, co. 1, lett. a) cod. proc. amm., che escludono l’esperibilità del ricorso straordinario, nonché la sua irricevibilità per tardività, atteso che, alla luce dell’unico motivo dedotto, la ricorrente avrebbe avuto contezza della lesione “ al più tardi alla data di pubblicazione dell’avviso di sponsorizzazione, ovvero l’8 agosto 2022 ”, chiedendone in ogni caso anche il suo rigetto nel merito.

4. Il Ministero della cultura si è costituito in giudizio con atto di stile.

5. Alla camera di consiglio del 12 settembre 2023, in vista della quale la ricorrente ha depositato memoria, su rinuncia della medesima la causa è stata cancellata dal ruolo delle sospensive, con fissazione dell’udienza di discussione del ricorso per il giorno 12 dicembre 2023.

6. Sia la ricorrente che la controinteressata hanno scambiato memorie illustrative e repliche, insistendo ciascuna per l’accoglimento delle proprie ragioni.

7. All’udienza pubblica del 12 dicembre 2023 il ricorso è stato discusso e trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il Collegio è tenuto a pronunciarsi sull’eccezione pregiudiziale di inammissibilità del ricorso sollevata dalla controinteressata, tenuto conto di quanto controdedotto sul punto dalla Società ricorrente nelle memorie dell’8 settembre 2023 (cfr. pag. 6 e ss.) e del 10 novembre 2023 (cfr. pag. 9 e ss.), oltre che nella memoria di replica del 21 novembre 2023 (cfr. pag. 10 e ss.).

Tale eccezione è da ritenersi fondata.

2. L’art. 119, co.1, lett. a) cod. proc. amm., rubricato “ Rito abbreviato comune a determinate materie ”, prevede che “ Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano nei giudizi aventi ad oggetto le controversie relative a: a) i provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture (…), salvo quanto previsto dagli articoli 120 e seguenti ”.

Il richiamato art. 120, comma 1, nella formulazione in vigore alla data di pubblicazione dell’esito della procedura indetta dalla Soprintendenza del Ministero della cultura gravato con l’odierno ricorso, dispone(va) che: “ Gli atti delle procedure di affidamento, ivi comprese le procedure di affidamento di incarichi e concorsi di progettazione e di attività tecnico-amministrative a esse connesse, relativi a pubblici lavori, servizi o forniture, nonché i connessi provvedimenti dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, sono impugnabili unicamente mediante ricorso al tribunale amministrativo regionale competente ” (analoga formulazione era dettata dall’art. 245 del previgente Codice di contratto pubblici di cui al d. lgs. n. 163/2006, così come modificato ad opera dell’art. 8, co. 1 d. lgs. 20 marzo 2010, n. 53, con cui è stata data attuazione alla direttiva n. 2007/66/CE in tema di miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici).

Come attesta la formulazione letterale della norma tramite l’impiego dell’avverbio “unicamente”, il legislatore ha inteso chiaramente escludere, nell’ambito disciplinare di cui trattasi, l’esperibilità del ricorso straordinario al presidente della Repubblica.

In tal senso soccorrono i chiarimenti resi dalla Commissione speciale dal Consiglio di Stato con il parere del 1° febbraio 2010, n. 368, secondo cui il rito speciale in materia di appalti (per l’appunto introdotto con il citato d. lgs. n. 53/2010 e poi trasfuso nell’ambito del Codice del processo amministrativo) “è qualificato come esclusivo, al fine di escludere l’impugnazione degli atti di gara mediante il ricorso straordinario al Capo dello Stato”. La scelta di escludere il ricorso straordinario è stata reputata “coerente con l’accentuata specialità che connota il nuovo rito in materia di appalti. Come il Consiglio di Stato ha in più occasioni rilevato, infatti, l’ammissibilità del ricorso straordinario deve escludersi in tutti quei casi in cui il giudice amministrativo (o anche quello ordinario) sia destinatario, in certe materie, di norme processuali speciali volte ad una più rapida definizione del contenzioso, tali da dare la stura a competenze da taluni reputate «funzionali», ossia non suscettibili di alternative che ne frusterebbero la ratio di accelerazione (specie se si considera il più lungo termine per la proposizione del ricorso straordinario). In questi casi, la giurisdizione del giudice amministrativo si reputa assoluta e quindi tale da non ammettere alternative (…)”. Il parere valorizza poi gli “elementi di specialità” del rito speciale di cui trattasi, rappresentati non solo dalla consistente abbreviazione di tutti i termini processuali (ivi compresi quelli per la proposizione del ricorso), ma soprattutto dalla “attribuzione al giudice amministrativo di consistenti poteri in ordine alla sorte del contratto e all’eventuale applicazione di sanzioni alternative, che vanno ben al di là della pronuncia meramente caducatoria che caratterizza invece il ricorso straordinario”.

Anche la consolidata giurisprudenza amministrativa ha argomentato che, in base al prefato art. 120 cod. proc. amm., è preclusa la possibilità di impugnare gli atti delle procedure di affidamento di contratti pubblici con gli strumenti di tipo giustiziale (ivi incluso il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica), atteso che le esigenze di assicurare tutela in tempi rapidi (proprie del rito speciale di cui trattasi) non sarebbero compatibili con la possibilità, per l’interessato, di attivare un contenzioso dopo ben centoventi giorni dall’emanazione dei provvedimenti impugnati, con ulteriore allungamento dei tempi nell’ipotesi in cui sia avanzata istanza di trasposizione in sede giurisdizionale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 5 aprile 2022, n. 2518;
v. ancora Cons. Stato, sez. III, 5 novembre 2018, n. 6237, secondo cui “Non vi sono dubbi circa l’esistenza della preclusione, espressamente prevista dalla disciplina del c.d. rito appalti, ed appare altrettanto chiaro che la conseguente inammissibilità del ricorso straordinario deve riverberarsi sulla sua eventuale trasposizione in sede giurisdizionale, in quanto in caso contrario si vanificherebbe la stessa ratio di una disciplina processuale speciale accelerata volta a garantire una rapida conclusione delle procedure di affidamento dei contratti pubblici”).

3. Quando al perimetro di applicazione del cd. rito appalti, soccorrono, poi, i principi di diritto enunciati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella pronuncia n. 22/2016 (richiamata anche dalla ricorrente nei propri scritti difensivi): tale pronuncia, chiamata specificamente a pronunciarsi sulla questione dell’assoggettabilità al citato rito delle controversie in materia di “concessioni” di servizi, ha formulato precisazioni suscettibili di applicazione generalizzata, e dunque valevoli anche con riferimento alla definizione della presente controversia.

Muovendo dal presupposto che i prefati artt. 119 e 120 cod. proc. amm. dettano norme di natura eccezionale, derogatorie rispetto alla disciplina processuale comune (perlopiù con la fissazione di termini più brevi di quelli ordinari “al fine di configurare un sistema processuale che permetta la definizione del giudizio in tempi certi e contenuti, in ragione della rilevanza degli interessi pubblici implicati dalle controversie presidiate da quel rito”), la Plenaria ha precisato che l’interprete è tenuto ad adottare “canoni di stretta interpretazione”, evitando l’utilizzo di criteri interpretativi estensivi e analogici, nonché teleologici: ed invero, “l’operazione ermeneutica dev’essere condotta alla stregua del (solo) criterio letterale”, in quanto “L’attitudine delle norme oggetto di indagine a comprimere i diritti di difesa, riducendo i tempi per il loro valido esercizio, impedisce (…) di leggere la loro portata precettiva come estesa ad ambiti non direttamente segnati dal significato letterale delle espressioni lessicali utilizzate, così come preclude di ricavare, in esito a un’indagine che valorizzi la ratio della disposizione descrittiva, con valenza tassativa, delle controversie regolate dal rito speciale, effetti prescrittivi diversi da quelli direttamente riferibili al senso delle parole usate”.

Ciò precisato, tenuto conto che l’espressione “procedure di affidamento”, usata dall’art.119, comma 1, lett. a) , cod. proc. amm., ha ricevuto una definizione puntuale all’art.3, comma 36, del d.lgs. n.163 del 2006 (poi, ripetuta, con le medesime parole, dall’art.3, lett. rrr , d.lgs. n.50 del 2016), secondo cui “ Le «procedure di affidamento» e l’«affidamento» comprendono sia l’affidamento di lavori, servizi, o forniture, o incarichi di progettazione, mediante appalto, sia l’affidamento di lavori o servizi mediante concessione, sia l’affidamento di concorsi di progettazione e di concorsi di idee ”, la sentenza n. 22/2016 precisa che è all’interno di tale ulteriore ambito normativo, e delle definizioni da esso recate, che va rintracciato il significato dell’espressione “affidamento”.

Peraltro, anche a voler prescindere dalla predetta definizione legislativa del concetto di “procedure di affidamento”, la Planaria ha chiarito che “La parola «affidamento» (…), se usata senza ulteriori precisazioni o limitazioni del suo oggetto (…), dev’essere decifrata come significativa dell’atto con cui, contestualmente, la pubblica amministrazione sceglie il suo contraente e gli attribuisce la titolarità del relativo rapporto. La valenza generale del termine, quindi, deve intendersi come comprensiva di tutte le tipologie contrattuali in relazione alle quali resta logicamente concepibile un affidamento e, quindi, sia degli appalti che delle concessioni. La definizione del contenuto semantico del lemma «affidamento» non può essere, in altri termini, ridotta o circoscritta in relazione ad alcuni solo dei diversi schemi formali nei quali si articola l’attività contrattuale pubblica e che, al contrario, esigono, tutti, appunto, un «affidamento»”.

Ed ancora, soccorre un ulteriore criterio ermeneutico finalistico (“ancorchè non utilizzabile in via principale o esclusiva”), nel senso che “E’ sufficiente, al riguardo, osservare che la ratio del rito speciale in questione, agevolmente identificabile nell’esigenza della sollecita definizione dei giudizi aventi a oggetto provvedimenti amministrativi riferibili all’esercizio di funzioni pubbliche che implicano la cura di interessi generali particolarmente rilevanti (e che, come tali, non tollerano una prolungata situazione giudiziaria di incertezza), risulta riferibile nella stessa misura alle controversie relative agli appalti e a quelle concernenti le concessioni”.

4. Tanto premesso, nel caso di specie la quaestio iuris da scrutinare attiene all’individuazione del rito applicabile alle controversie concernenti le procedure di selezione del contraente ai fini della stipula di un contratto di sponsorizzazione, nello specifico una sponsorizzazione cd “tecnica” relativa ad un bene culturale, mediante realizzazione di lavori.

Giova precisare che l’art. 19 del d. lgs. n. 50/2016 (disposizione specificamente dedicata all’“ affidamento di contratti di sponsorizzazione di lavori, servizi o forniture per importi superiori a quarantamila euro ”: cfr. comma 1), al comma 2 dispone che “ Nel caso in cui lo sponsor intenda realizzare i lavori, prestare i servizi o le forniture direttamente a sua cura e spese, resta ferma la necessità di verificare il possesso dei requisiti degli esecutori, nel rispetto dei principi e dei limiti europei in materia e non trovano applicazione le disposizioni nazionali e regionali in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, ad eccezione di quelle sulla qualificazione dei progettisti e degli esecutori. La stazione appaltante impartisce opportune prescrizioni in ordine alla progettazione, all’esecuzione delle opere o forniture e alla direzione dei lavori e collaudo degli stessi .

L’art. 151 del (previgente) Codice dei contratti pubblici prevede(va) che “ La disciplina di cui all'articolo 19 del presente codice si applica ai contratti di sponsorizzazione di lavori, servizi o forniture relativi a beni culturali di cui al presente capo (…) ”.

Completa il quadro normativo l’art. 120 d. lgs. n. 42/2004, che detta la definizione di “ sponsorizzazione di beni culturali ”, intendendo come tale “ ogni contributo, anche in beni o servizi, erogato per la progettazione o l'attuazione di iniziative in ordine alla tutela ovvero alla valorizzazione del patrimonio culturale, con lo scopo di promuovere il nome, il marchio, l'immagine, l'attività o il prodotto dell'attività del soggetto erogante”.

Sul tema soccorrono, poi, i chiarimenti forniti dalla circolare del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (ora Ministero della cultura) n. 28 del 9 giugno 2016, la quale, al par. 2, opera un rinvio, per le nozioni di carattere generale, alle linee guida approvate con decreto ministeriale 19 dicembre 2012 (recante “ Approvazione delle norme tecniche e linee guida in materia di sponsorizzazioni di beni culturali e di fattispecie analoghe o collegate ”).

5. Ciò chiarito, il Collegio ritiene che anche le controversie in materia di sponsorizzazione di beni culturali, e segnatamente quelle che afferiscono all’iter procedimentale a mezzo del quale il Ministero della cultura seleziona il proprio partner (sponsor) nell’ambito di una sponsorizzazione cd. tecnica, siano assoggettate al rito appalti, ivi compresa – per quanto qui rileva – la ridetta preclusione del ricorso straordinario al Capo dello Stato quale strumento di tutela (alternativa).

5.1. Depone in tal senso, in primo luogo, un criterio di ordine letterale: il testo dell’art. 19 d. lgs. n. 50/2016 si riferisce testualmente alle procedure di “ affidamento di contratti di sponsorizzazione di lavori, servizi o forniture ”, e dunque utilizza la medesima terminologia (“ affidamento ”) impiegata dall’art.119, comma 1, lett. a) , cod. proc. amm.

Non assume rilievo dirimente la circostanza – valorizzata dalla ricorrente con le memorie dell’8 settembre 2023 e del 10 novembre 2023 – che il contratto di sponsorizzazione tecnica non sia incluso tra quelli espressamente menzionati nella definizione offerta dall’art. 3 d. lgs. n. 50/2016, ossia in quella che, secondo le coordinate ermeneutiche tracciate dall’Adunanza Plenaria, deve assumersi quale norma di riferimento (avendo la parte sottolineato che “ il contratto di sponsorizzazione non è né un contratto di appalto, né un contratto di concessione, ed è dunque estraneo alla definizione di “procedure di affidamento” recata dal Codice dei contratti pubblici ”).

La funzione primaria della norma definitoria da ultimo citata, infatti, è quella di offrire una rassegna delle fattispecie contrattuali assoggettate alla disciplina dettata dal Codice dei contratti pubblici, laddove, tendenzialmente, detta disciplina non trova applicazione per i contratti di sponsorizzazione (cfr., con precipuo riferimento alla sponsorizzazione tecnica, il comma 2 dell’art. 19 del medesimo Codice, che fa salvo comunque il “ rispetto dei principi e dei limiti europei in materia ”): cionondimeno, tale esclusione non implica che l’istituto in commento debba ritenersi sottratto, in via automatica, anche alle regole processuali valevoli per le altre procedure di affidamento (in appalto e/o concessione). Nella sponsorizzazione, infatti, si tratta parimenti di individuare un operatore economico cui attribuire (appunto, “affidare”) un incarico (realizzazione di lavori ovvero prestazione di servizi o forniture), a cure e spese esclusivamente di quest’ultimo laddove si tratti di sponsorizzazione tecnica (con la contropartita di un vantaggio economico derivante dalla pubblicità data dall’associazione del proprio nome/marchio/immagine ad un evento o bene, nel caso di specie un bene culturale), pur sempre al fine di soddisfare un preminente interesse pubblico. Tanto avviene all’esito di una “procedura estremamente semplificata in cui, pur nel rispetto dei principi fondamentali dell’imparzialità e della parità di trattamento, predomina la trattativa individualizzata sull’obiettiva comparazione delle proposte” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 28 dicembre 2020, n. 8403), e dunque di un iter improntato alla massima semplificazione e all’assenza di rigidi formalismi (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II quater, 19 maggio 2023, n. 8586).

In tal senso soccorrono proprio i chiarimenti ulteriormente resi sul tema dall’Adunanza Plenaria nella citata pronuncia n. 22/2016: nonostante questi siano stati sollecitati con riferimento ad una fattispecie (quella dell’affidamento di una concessione) testualmente contemplata dalla norma definitoria di cui sopra (ragione per cui è stato argomentato che “non residua spazio per esegesi difformi da essa, alla quale l’interprete deve intendersi, infatti, vincolato”), in quella sede è stato ulteriormente chiarito che, anche volendo astrarre dalla definizione offerta dal Codice dei contratti pubblici (“anche prescindendo dalla predetta definizione legislativa del concetto di «procedure di affidamento»”), ma restando pur sempre nell’ambito del criterio di tipo letterale, andrebbe comunque adottata una nozione generale, e dunque ampia ed omnicomprensiva, del lemma, al fine di ricondurre nell’alveo del rito speciale appalti tutte le tipologie contrattuali in relazione alle quali resta logicamente concepibile un “affidamento” (cfr. ancora Cons. Stato, sez. V, 27 ottobre 2023, n. 9298, secondo cui “la parola «affidamento» dev’essere decifrata come relativa all’atto con cui la pubblica amministrazione sceglie il suo contraente e gli attribuisce la titolarità del relativo rapporto”).

Sulla scorta di quanto sopra argomentato, la fattispecie della sponsorizzazione deve intendersi ricompresa nel campo applicativo del rito speciale di cui agli artt. 119, co. 1, lett. a) e 120 cod. proc. amm.: anch’essa, infatti, è connotata da un iter procedimentale che, seppure estremamente snello e flessibile (come sopra rammentato), è pur sempre funzionale all’individuazione del contraente cui la pubblica amministrazione attribuisce la titolarità del relativo rapporto, avente ad oggetto la realizzazione di interventi (segnatamente, lavori, servizi o forniture) previo atto legislativamente qualificato quale “affidamento”.

Sicché non può fondatamente ritenersi (facendo propria l’argomentazione impiegata dalla citata sentenza n. 22/2016) che quello contemplato dagli artt. 19 e 151 d. lgs. n. 50/2016 sia un ambito che resta escluso “dal significato letterale delle espressioni lessicali utilizzate” dal legislatore.

5.2. A favore di tale conclusione depone, peraltro, l’ulteriore criterio di carattere teleologico individuato dalla Plenaria, dovendosi dare adeguata considerazione, anche con riferimento alle procedure preordinate alla selezione dell’operatore economico con cui stipulare il contratto di sponsorizzazione, al preminente interesse pubblico alla sollecita e spedita definizione del giudizio, con attribuzione al giudice amministrativo di poteri atti ad incidere sulla sorte del contratto (quali sono quelli specificamente riconosciuti nell’ambito del rito speciale di cui agli artt. 120 e ss. cod. proc. amm.), al di là del generalizzato rimedio caducatorio esperibile avverso l’atto (amministrativo) di affidamento.

6. Ed ancora, non può avere pregio il richiamo, operato negli scritti difensivi di parte ricorrente, ai procedimenti di affidamento di concessioni di beni pubblici, che secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale sono soggetti al rito processuale ordinario.

La sponsorizzazione, infatti, non si atteggia quale “concessione” di un bene di proprietà pubblica (secondo lo schema “modale” improntato all’obiettivo di fondo di concedere al privato l’utilizzo di un bene previo pagamento di corrispettivo, che ricalca il negozio della locazione: cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 giugno 2022, n. 4949): soccorrono, al riguardo, le definizioni dettate dalle linee guida di cui al sopra citato D.M. 19 dicembre 2012, che definiscono la sponsorizzazione di beni culturali come “ negozio innominato, a titolo oneroso e a prestazioni corrispettive, stipulato tra due parti così definite: lo sponsee, che, nell’ambito di iniziative destinate al pubblico (programmi televisivi, spettacoli musicali, lavori di restauro di beni di valore storico e/o artistico, competizioni sportive, ecc.) si obbliga a fornire prestazioni di veicolazione del nome, del marchio, dell'immagine, delle attività o dei prodotti di un altro soggetto (lo sponsor);
lo sponsor, generalmente un’impresa, che si obbliga, in cambio della suddetta veicolazione, ad una prestazione pecuniaria, ovvero ad assumere in proprio la realizzazione di lavori, servizi o forniture in favore dello sponsee
”. In particolare, con precipuo riferimento alla “sponsorizzazione tecnica”, le linee guida precisano che essa consiste in una “ forma di partenariato estesa alla progettazione e alla realizzazione di parte o di tutto l’intervento a cura e a spese dello sponsor delle prestazioni richieste (oltre a lavori, le prestazioni rese dallo sponsor potranno consistere, come si vedrà, anche in servizi e forniture strumentali ai primi - ad es., servizi di installazione e montaggio di attrezzature e impianti, forniture degli arredi da collocare nei locali - o in servizi e forniture autonomi, ad esempio servizi necessari all’organizzazione di mostre all’interno di istituti della cultura pubblici) ”.

Trattasi, dunque, di una fattispecie contrattuale che presenta una propria specifica causa, che la rende un “ negozio atipico, non riconducibile ad alcuna figura contrattuale nominata ” (così ancora si esprimono le citate linee guida).

Ciò rende priva di rilievo anche la questione della qualificazione o meno della sponsorizzazione (tecnica) in termini di contratto “attivo”, sulla quale si sofferma la ricorrente nella memoria di replica del 21 novembre 2023, valorizzando la circostanza che essa, contrariamente ai contratti “passivi” disciplinati dal Codice del 2016, non comporta un esborso economico diretto a carico dell’Amministrazione: l’elemento dirimente, infatti, è rappresentato dall’esistenza di un “affidamento” allo sponsor di un intervento da realizzare.

7. In conclusione, avendo il legislatore escluso l’esperibilità dello strumento giustiziale del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, suscettibile di trasposizione in sede giurisdizionale, nella materia delle procedure di “affidamento”, tra cui sono da includersi anche quelle di affidamento dei contratti di sponsorizzazione di lavori, servizi e forniture ex art. 19 d. lgs. n. 50/2016 (ivi comprese quelle relative a beni culturali), il presente gravame va dichiarato inammissibile per violazione dell’art. 120, comma 1 cod. proc. amm.

8. La novità della questione pregiudiziale scrutinata giustifica la compensazione delle spese di lite nei confronti di tutte le controparti.

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