TAR Palermo, sez. II, sentenza 2023-04-27, n. 202301420
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Testo completo
Pubblicato il 27/04/2023
N. 01420/2023 REG.PROV.COLL.
N. 01612/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1612 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall’avvocato G M Z, con domicilio digitale come da registro tenuto presso il Ministero della Giustizia;
contro
Comune di Licata, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’avvocato G Z, con domicilio digitale come da registro tenuto presso il Ministero della Giustizia;
per l’annullamento
1) del provvedimento del 20.7.2018 prot. -OMISSIS- del Dipartimento Territorio ed Ambiente del Comune di Licata;
2) degli atti precedenti comunque connessi a quello impugnato;
3) delle circolari n. 2/2014 e 4/2015 dell’Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente della Regione Siciliana ove prevedono che i Comuni potranno istruire solo le pratiche di sanatoria edilizia ex legge n. 326/2003 ancora non concluse con provvedimento definitivo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Licata;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 87, comma 4- bis , c.p.a.;
Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 15 marzo 2023 la dott.ssa R S R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con atto notificato in data 11 agosto 2018 e depositato il successivo 6 settembre, parte ricorrente riferiva le seguenti circostanze.
Con determina dirigenziale n. -OMISSIS-, il Comune di Licata respingeva la domanda di condono edilizio presentata dai ricorrenti ai sensi della L. 326/2003 (prot. -OMISSIS- del 10 dicembre 2003), trattandosi di abuso commesso su area sottoposta a vincolo.
Il signor -OMISSIS-, con istanza prot. -OMISSIS- del 7 giugno 2018, chiedeva al Comune di Licata il riesame della domanda di condono edilizio, richiamando il parere del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana n. 291/2010.
Il Comune di Licata, con il provvedimento impugnato, respingeva l’istanza di riesame, richiamando la circolare n. 4/15 dell’A.R.T.A., che sostanzialmente vieterebbe di istruire le pratiche già esitate negativamente con provvedimento definitivo.
Ciò premesso, i ricorrenti deducevano l’illegittimità del provvedimento impugnato, per i seguenti motivi.
“Azione di Annullamento - Violazione omessa notifica dei provvedimenti impugnati”.
Gli atti e le comunicazioni relativi al procedimento in forza del quale il Comune di Licata pretenderebbe di demolire gli immobili abusivi non sarebbero stati notificati alla sig.ra -OMISSIS-, ma solo al marito, sig. -OMISSIS-.
Violazione del principio di uguaglianza
A causa del mutato orientamento giurisprudenziale, le istanze di condono hanno avuto esito diverso in conseguenza del diverso momento in cui sono state esitate.
Violazione e falsa applicazione di norma (art.32 della legge 326/03, art. 1 della l.r. 37/1985, art. 24
della l.r. 15/2004, artt. 32 e 33 della l. n. 47/1985, ed art. 23 della l.r. 37/1985;). Erroneità ed invalidità della circolare n. 2/2014 per sopravvenuta disciplina conseguente alla circolare dell’A.r.t.a. n. 4/2015.
L’impugnata circolare dell’Assessorato regionale per il Territorio e l’Ambiente non potrebbe valere a porre nel nulla quanto statuito dal C.G.A. con il menzionato parere del 2010, ossia il principio per il quale, a fronte di parere favorevole da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, può essere concesso il condono edilizio di cui alla l. 326/2003.
Illegittimità del diniego per erronea interpretazione ed applicazione del d.lgs. 22/10/2004 n. 42 in relazione alla l. 8/8/1985 n. 431.
Il riferimento, nel provvedimento impugnato, al mancato rispetto ai parametri urbanistici previsti dalle norme di attuazione del p.r.g. non sarebbe né appropriato né pertinente.
Violazione dei principi in materia di autotutela decisoria.
Il provvedimento impugnato si porrebbe in contrasto con i principi espressi dall’art. 21- quinquies l. 241/90.
Si costituiva in giudizio il Comune di Licata, che, oltre che la sua infondatezza nel merito, eccepiva l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse: con determina sindacale n. -OMISSIS- del 23 agosto 1996, è stata emessa l’ingiunzione di demolizione delle opere abusivamente realizzate dai ricorrenti;tale provvedimento è stato impugnato innanzi a questo Tribunale con ricorso R.G. n. -OMISSIS-, dichiarato perento con decreto presidenziale n. -OMISSIS-;con nota prot. -OMISSIS- del 22 ottobre 2001, è stato notificato l’accertamento di inottemperanza all’ingiunzione di demolizione del 1996 e, conseguenzialmente, si è provveduto alla trascrizione dell’acquisizione gratuita dei due immobili abusivi al patrimonio del comune di Licata con nota di trascrizione registrata all’Agenzia del Territorio di Agrigento in data 27 febbraio 2003 al -OMISSIS- Reg. gen. e -OMISSIS- Reg. part.
Gli odierni ricorrenti, che avrebbero perso la qualità di proprietari degli immobili in questione, non avrebbero, dunque, alcun interesse a proporre il ricorso all’esame.
All’udienza di smaltimento del 15 marzo 2023, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Preliminarmente, il collegio rileva la fondatezza dell’eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune resistente.
La sopra menzionata ingiunzione a demolire del 1996 – impugnata con ricorso dichiarato perento – è rimasta ineseguita, con le conseguenze previste dall’art. 31 d.P.R. 380/2001: con nota del 22 ottobre 2011, prot. -OMISSIS-, depositata agli atti del presente giudizio, il Comune di Licata ha accertato l’inottemperanza all’ordine a demolire e, successivamente, ha proceduto alla trascrizione dell’acquisto immobiliare prodottosi per effetto dell’inutile decorso del termine assegnato per la demolizione.
A tale proposito, va ricordato che l’effetto di acquisizione dell’immobile abusivo e dell’area di sedime al patrimonio del comune si produce ope legis in conseguenza del mero decorso del termine assegnato per la demolizione.
Quanto alla eccepita mancata notifica dell’ordine a demolire anche alla sig.ra -OMISSIS-, moglie del ricorrente, in regime di comunione dei beni e comproprietaria degli immobili abusivi, va rilevato:
- che entrambi i coniugi hanno proposto ricorso giurisdizionale avverso l’ingiunzione a demolire, dal che si evince che anche la ricorrente -OMISSIS- ha avuto piena conoscenza di tale provvedimento;
- che, secondo il recente avviso del giudice d’appello (cfr. C.G.A., parere n. 71/2023), “nell’ambito dei poteri di amministrazione e di rappresentanza in giudizio spettante disgiuntamente ai coniugi ex art. 180 del c.c., per i beni oggetto di comunione, rientra anche la legittimazione di ciascuno di essi ad essere destinatario o a ricevere notificazione di provvedimenti, quali quelli sanzionatori in materia edilizia, con effetti anche nei confronti dell’altro coniuge e, conseguentemente, di ritenere che, in mancanza di prove contrarie, anche l’altro proprietario (nel caso di specie la ricorrente) ne abbia avuto conoscenza nella stessa data in cui ne ha avuto conoscenza il coniuge convivente (Cgars., sez. riun., 2 dicembre 2015, n. 1184/2015)” .
Essendosi, dunque, prodotto l’effetto acquisitivo dei beni nel patrimonio comunale, il ricorso, proposto a tutela degli immobili in questione, deve ritenersi inammissibile per carenza di interesse.
Va, comunque, rilevato che, nel merito, le doglianze di parte ricorrente non risultano condivisibili.
Appare contrario al principio di stabilità degli assetti giuridici determinati dai provvedimenti amministrativi pretendere che, a distanza di oltre dieci anni dall’adozione di un provvedimento di rigetto, l’amministrazione sia tenuta a rideterminarsi sulla questione da tale atto definita, alla luce di un nuovo orientamento giurisprudenziale.
È inevitabile, invero, che il decorso del tempo comporti l’insorgere di nuovi assetti giurisprudenziali, oltre che di diritto positivo;ovvie esigenze di certezza del diritto e di stabilità dei rapporti giuridici impongono, tuttavia, di ritenere che le amministrazioni non siano tenute a riesaminare ogni pregressa determinazione alla luce di tali mutamenti.
Nel caso di specie, va aggiunto, al decorso di un ampio lasso di tempo dall’adozione del diniego di condono si è accompagnato il consolidamento dell’ordine a demolire (per effetto della perenzione del ricorso proposto avverso l’atto sanzionatorio) nonché la predita del diritto di proprietà sul bene.
Le spese, in ossequio al principio della soccombenza, sono poste a carico di parte ricorrente.