TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2009-05-26, n. 200900518
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N. 00518/2009 REG.SEN.
N. 00178/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 178 del 2009, proposto da “Laboratorio Analisi Borzi' Do-menico e C. s.a.s.”, rappresentato e difeso dagli avv. M G F, V G, con do-micilio eletto presso Arnaldo Celia in Catanzaro, via F.lli Plutino, n. 25;
contro
-Regione Calabria, in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dall'avv. G N, con domicilio eletto presso G N in Catanzaro, Uff.Legale Reg.Cal;
-Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, in persona del Presidente in carica, non costituita in giu-dizio;
per l'esecuzione
della sentenza di questa Sezione n. 1477, depositata il 29.10.2008, emessa sul ricorso R.G. n. 758 del 2007, con cui è stato annullato il Decreto del Dirigente Generale della Regione Calabria –Dipartimento “Tutela della Salute, Politiche Sanitarie” prot. 17981 del 23.11.2007.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Calabria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, alla camera di consiglio del giorno 24/04/2009, il cons. C A e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con atto notificato in data 5.2.2009 e depositato in data 9.2.2009, la ricorrente “Laboratorio Analisi Borzi' Domenico e C. s.a.s.” premetteva che, con l’epigrafata sentenza, erano stati annullati gli atti con cui le era stato denegato l’accreditamento per le specialità cliniche di microbiologia e sieroimmunologia ed era stato altresì stabilito l’obbligo “per la Regione Calabria di esaminare la richiesta di accreditamento della ricorrente alla luce della normativa applicabile”, tenendo “conto che per le prestazioni erogate dalla ricorrente a carico del servizio Sanitario Regionale negli anni 2001-2004, la stessa era in possesso di regolare autorizzazione, come previsto dalle più volte citate leggi regionali 3/2003 e 30/2003, richiamate dall’art. 15 comma 3 della legge 10/2004 ai fini della concessione dell’accreditamento in sanatoria”.
Con il presente ricorso, lamentava che, anche dopo la notifica del 6.11.2008 di detta sentenza, permaneva ancora l’inerzia della Regione Calabria, che non provvedeva ad “esaminare la richiesta di accreditamento della ricorrente alla luce della normativa applicabile”, per cui chiedeva una pronuncia giurisdizionale dichiarativa dell’obbligo della P.A di conformarsi al comando giurisdizionale de quo, con contestuale nomina di un “commissario ad acta” per il caso di ulteriore inerzia della P.A., oltre alla condanna della P.A. al pagamento delle spese di giudizio.
Con memoria depositata in data 5.3.2009, si costituiva la Regione Calabria e, preliminarmente, ec-cepiva l’inammissibilità del ricorso, per omessa interposizione della previa diffida, ai sensi dell’art. 90 del R.D. n. 642 del 1907.
Inoltre, rilevava che l’epigrafata sentenza era stata impugnata con il ricorso R.G. n.473/09, pendente davanti al Cons. Stato, Sez. V, nell’ambito del quale era stata anche proposta istanza di sospensione cautelare.
Nel merito, precisava che, comunque, l’epigrafata sentenza di questa Sezione n. 1477 del 29.10.2008 non potrebbe più essere eseguita, essendo fondata sull’applicazione di una normativa dichiarata “medio tempore” incostituzionale.
Concludeva per il rigetto del ricorso, con ogni consequenziale statuizione anche in ordine alle spese.
Alla camera di consiglio del 24. aprile 2009, il ricorso passava in decisione.
DIRITTO
1.1. Va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del presente ricorso, svolta dalla difesa della Regione Calabria, per omessa interposizione della previa diffida, ai sensi dell’art. 90 del R.D. n.642 del 1907.
Com’è noto, per l'esperibilità del giudizio di ottemperanza, astrattamente praticabile per l'attuazione di qualsiasi tipo di giudicato, occorre il passaggio in giudicato della sentenza di cui si chiede l'esecuzione e l'inottemperanza totale o parziale al giudicato da parte dell'Amministrazione.
In particolare, l'inottemperanza totale o parziale del giudicato deve constare da un atto formale di messa in mora previsto dall'art. 90, comma 2, del R.D. 17 agosto 1907 n. 642, che non può essere considerato alla stregua di una semplice intimazione ad adempiere, ma rappresenta un vero e proprio atto preparatorio dell'intera procedura di ottemperanza, finalizzato precipuamente all'accertamento dell'inadempimento dell'Amministrazione, non fungibile con altro atto, neppure con l'atto di precetto, diverse essendo le finalità dell'atto di diffida e dell'atto di precetto, in quanto rispettivamente preordinati a due specifici ed autonomi tipi di esecuzione (Cons. Stato, Sez. IV, 11.10.1993 n. 862 e Sez. V, 31.3.1994 n. 242).
Pertanto, secondo la scansione degli atti prevista dal citato articolo 90, l’atto formale di costituzione in mora va notificato all'Amministrazione, a mezzo di ufficiale giudiziario.
Conseguentemente, l’omesso intervento dell’atto formale di messa in mora previsto dall'art. 90, comma 2, del R.D. 17 agosto 1907 n. 642 rende inammissibile la “actio judicati”, proposta dopo il passaggio in giudicato della sentenza per l’ottemperanza al giudicato sulla stessa formatosi.
1.2. Il ricorso per ottemperanza, sussistendone i requisiti di sostanza e di forma, può essere convertito in azione ai sensi dell’art. 33 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, coerentemente con i principi generali di conservazione degli atti e di economia processuale.
Invero, l’art. 33, comma 5, della 6 dicembre 1971 n. 1034, introdotto dall'art.10 della legge 21 luglio 2000, n. 205, stabilisce: " Per l'esecuzione delle sentenze non sospese dal Consiglio di Stato il tribunale amministrativo regionale esercita i poteri inerenti al giudizio di ottemperanza al giudicato di cui all'articolo 27, primo comma, numero 4), del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, e successive modificazioni.".
Con tale disposizione, il legislatore ha inteso fornire al cittadino vittorioso in primo grado in una controversia contro la pubblica amministrazione un adeguato strumento per conseguire effettivamente, nelle more del giudizio di appello, il bene della vita riconosciutogli dal giudice, quando il giudice d'appello non abbia sospeso l'efficacia della relativa sentenza, al fine di evitare che l'Amministrazione, in violazione di principi riconducibili agli artt. 97 e 113 della Cost., potesse arbitrariamente sottrarsi alle pronunce giurisdizionali.
Pertanto, per l'esecuzione di una sentenza del T.A.R., ai sensi dell’art. 33 della legge n. 1034/71, occorre l'inesistenza di un provvedimento di sospensione emesso dal Consiglio di Stato e la previa notifica della diffida ex art. 90 comma 2° R.D. 17 agosto 1907 n. 642, che consente di raggiungere la ragionevole prova dell'inadempimento dell'amministrazione, almeno attraverso la qualificazione del suo comportamento inerte o omissivo (ex plurimis: Cons. Stato, Sez. sez. IV, 09 ottobre 2002 , n. 5352;T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 07 giugno 2006 , n. 6791;T.A.R. Sardegna, 24 marzo 2003 , n. 356).
Nel caso di specie, non risulta depositata agli atti copia della eventuale diffida ex art. 90 comma 2° R.D. 17 agosto 1907 n. 642 né siffatta circostanza viene specificata in ricorso.
Anzi, in ricorso la difesa si è limitata ad evidenziare che è intervenuta la notifica della sentenza di cui si chiede la esecuzione in questa sede presso gli uffici regionali, al fine di provvedere alla richiesta esecuzione.
O, applicando i suesposti principi al caso di specie, va dichiarato inammissibile il presente ricorso per l’esecuzione provvisoria della sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, introdotto dall'art.10 della legge 21 luglio 2000, n. 205.
1.3. Sotto altro aspetto e per mere ragioni di completezza, giova precisare che detto ricorso risulta correttamente introdotto, in assenza di un'espressa previsione normativa, mediante notifica secondo le modalità proprie del procedimento ordinario e non secondo le previsioni di cui all’art. 27 del R.D. 17 agosto 1907 n. 642, in quanto tale regolamentata modalità introduttiva – che prevede il mero deposito del ricorso presso la segreteria del giudice adito e che dispone che il segretario, successivamente, provveda a comunicare all'amministrazione intimata detto avvenuto deposito- se si può giustificare in presenza di un giudicato, che ha già fissato l'assetto definitivo degli interessi pubblici e privati coinvolti, può non risultare sufficiente ad assicurare la pienezza del contraddittorio onde consentire all'amministrazione di svolgere adeguatamente le proprie difese, in una fase molto delicata, in cui gli assetti degli interessi coinvolti, che sono ancora “in itinere”, vanno salvaguardati, al fine di conservarli per quanto possibile integri ed effettivi per la concreta attuazione della decisione finale.
Ed invero, essendo il rimedio di cui all’art. 33, comma V, della legge n. 1034 del 1971 caratterizzato dalla “provvisorietà” del godimento del bene della vita riconosciuto dalla sentenza di I° grado, diventano prioritarie le esigenze di consentire all'amministrazione intimata di poter svolgere adeguatamente e completamente le proprie difese nonché di “modulare” adeguatamente i propri poteri, al fine di evitare il rischio di “neutralizzare” gli effetti della successiva pronuncia giurisdizionale, nel cui alveo procedimentale si inserisce l'esecuzione della sentenza non sospesa dal Consiglio di Stato: ovviamente, le medesime esigenze si impongono anche al “decisum” del giudice dell'esecuzione, ed al “commissario ad acta”, nominato per l'eventuale attività di sostituzione dell'amministrazione inadempiente.
2. In conclusione, per le considerazioni che precedono, il presente ricorso deve essere dichiarato i-nammissibile sia se si valuta come proposto ai sensi dell’art. 37 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, sia se si valuta come proposto ai sensi dell’art. 33, comma 5, della stessa legge n. 1034 del 1971, introdotto dall'art.10 della legge 21 luglio 2000 n. 205. .
Nonostante l'esito del giudizio, la circostanza che parte ricorrente è già risultata vittoriosa in sede cognitoria, consiglia di disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio.