TAR Ancona, sez. I, sentenza 2013-02-07, n. 201300116
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 00116/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00078/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 78 del 2012, proposto da:
M R, rappresentato e difeso dall'avv. L B, con domicilio presso la segreteria del T.A.R. Marche in Ancona, via della Loggia, 24;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria per legge in Ancona, piazza Cavour, 29;
per l'annullamento
del provvedimento emesso dalla Questura di Macerata in data 10.11.2011 di ritiro del cedolino relativo al permesso di soggiorno.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il Primo Referendario Francesca Aprile nell'udienza pubblica del giorno 8 novembre 2012 e udita l’Avvocatura dello Stato, nessuno presente per il ricorrente, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe, é stato impugnato l’atto con il quale la Questura di Macerata ha ritirato il cedolino relativo al permesso di soggiorno per richiesta asilo.
Per resistere al ricorso, si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata, che ne ha domandato il rigetto, vinte le spese.
Alla pubblica udienza del 8 novembre 2012, udita l’Avvocatura dello Stato, nessuno presente per il ricorrente, come da verbale, il ricorso è passato in decisione.
Il ricorso é infondato.
Dev’essere, anzitutto, osservato che la rilevanza, nella fattispecie di cui si controverte, della componente pretensiva dei diritti fondamentali dello straniero non comunitario non consente, di per sé, di ritenere inconfigurabile la sfera di discrezionalità spettante all’amministrazione procedente, non sussistendo alcuna incompatibilità tra diritti inviolabili, nella loro componente pretensiva, e potere amministrativo.
Tale considerazione trova riscontro in una lettura sistematica dell’ordinamento, come si evince, tra l’altro, dalla disciplina della liberalizzazione e della semplificazione dell’attività amministrativa in relazione alle disposizioni normative concernenti la materia dell’immigrazione, dell’asilo politico, della cittadinanza.
Si pensi, a titolo esemplificativo, al dettato di cui all’art. 19 della legge n° 241/1990, che, in seguito alla legge n° 69/2009, annovera tra le fattispecie escluse dalla D.I.A-SCIA, “ gli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza ”, stante l’impossibilità di sostituire provvedimenti di natura discrezionale.
L’art. 20, quarto comma, della legge n° 241/1990 esclude dal silenzio assenso gli atti e i procedimenti concernenti la pubblica sicurezza, l'immigrazione, l'asilo e la cittadinanza.
Deve ritenersi, pertanto, che, in tali settori, l’amministrazione sia titolare di poteri discrezionali, da svolgersi nei consueti limiti di logicità, ragionevolezza, imparzialità e nel corretto contemperamento degli interessi coinvolti nella vicenda.
Nel caso concreto, peraltro, il provvedimento impugnato, emesso ai sensi dell’art. 12 del d.P.R. n° 394/1999, espressamente menzionato, nonchè sulla base degli elementi evidenziati nella decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, unita allo stesso, non presenta i lamentati profili di illegittimità, in mancanza, per quanto risulta dagli atti del giudizio, di concrete circostanze, che siano state rappresentate dall’interessato in sede procedimentale, per le quali l’amministrazione avrebbe potuto adottare una diversa determinazione.
Per le suesposte ragioni, il ricorso non può essere accolto, perché infondato.
Le spese del giudizio possono essere compensate, per la pari rilevanza costituzionale degli interessi coinvolti.