TAR Bari, sez. II, sentenza 2017-12-11, n. 201701293

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. II, sentenza 2017-12-11, n. 201701293
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201701293
Data del deposito : 11 dicembre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/12/2017

N. 01293/2017 REG.PROV.COLL.

N. 01460/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1460 del 2016, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato D P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G T L in Bari, via Andrea da Bari, 35;

contro

Ministero della Salute, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, 97;

per l'ottemperanza

al giudicato formatosi sulla sentenza n. 567/2016 del Tribunale di Trani, Sezione Lavoro, depositata il 15/3/2016, munita di formula esecutiva il 21/3/2016, notificata in tale forma il 4/4/2016 e con attestazione del passato in giudicato del 28/11/2016 (speciale emolumento ex articolo 2, terzo comma, della legge n. 210/1992), con cui dichiara cessata la materia del contendere sulla pretesa principale e condanna il Ministero della Salute al pagamento degli accessori di legge a far tempo dal 120° giorno successivo alla domanda amministrativa e fino al soddisfo, e alle spese del relativo giudizio, complessivamente liquidate in € 2.037,00, oltre ogni accessorio di legge e con distrazione in favore del difensore dichiaratosi antistatario;

nonché per la comminatoria a carico dell'Amministrazione inadempiente della penalità di mora ex art. 114, comma 4, lett. e), del codice del processo amministrativo “astreinte”.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Salute;

Visto l'art. 114 del codice del processo amministrativo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2017 il consigliere G A e uditi per le parti i difensori avv. D P e avv. dello Stato Giuseppe Zuccaro;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con l’atto introduttivo del presente giudizio di ottemperanza la ricorrente ha richiesto l’esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza in epigrafe, con la conseguente condanna del Ministero della Salute al pagamento delle somme ivi liquidate.

Tale sentenza è stata notificata con formula esecutiva al Ministero della Salute ed è decorso infruttuosamente altresì l’ulteriore termine, pari a 120 giorni, previsto dall’art. 14 del D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30.

Nella specie, non risulta l’adempimento al giudicato da parte dell’Amministrazione intimata.

In definitiva, ricorrono tutti i requisiti, anche di rito, per l’accoglimento del ricorso;
va quindi ordinato al Ministero della Salute di dare esecuzione alla sentenza indicata in epigrafe e, quindi, di pagare le somme ivi liquidate in favore della ricorrente, oltre i relativi interessi legali, entro il termine di 60 (sessanta) giorni dalla comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, dalla notificazione della presente decisione.

In camera di consiglio, l’Avvocato della parte ha altresì dichiarato che la domanda riguarda la somma spettante all’interessata e non comprende invece le spese legali del giudizio civile distratte in favore del difensore.

La domanda diretta alla fissazione di un’ulteriore somma a carico dell’Amministrazione nel caso di ritardo nell’esecuzione del giudicato dev’essere anch’essa accolta.

La Sezione si era orientata in senso opposto in considerazione dell’attuale stato della finanza pubblica.

Si ritiene però di dover adeguare le decisioni in materia di ottemperanza a condanne del giudice civile nei confronti del Ministero della salute, a seguito del riconoscimento dei benefici di cui alla legge 25 febbraio 1992 n. 210, ai principi espressi dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 25 giugno 2014 n. 15.

Con tale pronuncia si è innanzitutto chiarito che l’istituto opera per tutte le decisioni di condanna adottate dal giudice amministrativo ex art. 112 del codice del processo amministrativo, ivi comprese quelle aventi ad oggetto prestazioni pecuniarie.

Si è sottolineato, poi, in particolare, che, in tale contesto, la penalità di mora, “assumendo una più marcata matrice sanzionatoria che completa la veste di strumento di coazione indiretta, si atteggia a tecnica compulsoria che si affianca, in termini di completamento e cumulo, alla tecnica surrogatoria che permea il giudizio d’ottemperanza” (p. 6.3.). Essa in definitiva svolge una “funzione deterrente e general-preventiva” e dunque “assolve ad una funzione coercitivo-sanzionatoria e non, o quanto meno non principalmente, ad una funzione riparatoria” (p. 6.5.);
ciò esclude il rischio di duplicazione di risarcimenti, con correlativa locupletazione del creditore e depauperamento del debitore. Invero, “Trattandosi di una pena, e non di un risarcimento, non viene in rilievo un’inammissibile doppia riparazione di un unico danno ma l’aggiunta di una misura sanzionatoria ad una tutela risarcitoria”.

Di conseguenza, l’Adunanza plenaria ha precisato che le peculiari condizioni del debitore pubblico non possono comportare un’astratta inammissibilità della domanda relativa a inadempimenti pecuniari, ma giocano il ruolo di fattori da considerare in sede di verifica concreta della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura nonché al momento dell’esercizio del potere discrezionale di graduazione dell’importo (p. 6.5.1.).

In concreto, il Ministero della sanità rappresenta un’Amministrazione significativamente inadempiente in quanto risulta quella più frequentemente evocata in giudizio dinanzi a questo Tribunale con i ricorsi in ottemperanza della suddetta specie. In effetti, tale inadempimento persiste in modo sistematico, pur essendo il diritto degli istanti già definitivamente riconosciuto dal giudice civile (con relativa condanna esecutiva) e non essendo quindi facilmente rintracciabili ragioni di opposizione nel merito.

In questa situazione, in cui l’esito delle azioni proposte appare sostanzialmente scontato, lo stesso instaurarsi del contenzioso produce ulteriori aggravi di costo certi, costituiti dalle spese spettanti ai difensori, e, in generale, da un non ottimale impiego delle risorse della Giustizia amministrativa.

In ogni caso, neppure possono addursi difficoltà di tipo contabile, poiché l’Amministrazione, obbligata in base ad una normativa ormai interpretata e applicata da tempo secondo consolidati indirizzi giurisprudenziali, sarebbe comunque in condizione di disporre il pagamento, da regolare in conto sospeso, ai sensi dell’articolo 14 del D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, anche in assenza di disponibilità finanziarie nel pertinente capitolo.

Di conseguenza, deve ritenersi che, nella fattispecie, la Sezione possa fissare la somma di denaro dovuta dal resistente Ministero per il ritardo nell'esecuzione del giudicato, dovendosi escludere, per i motivi sovraesposti, l’iniquità della penalità o la presenza di altre ragioni ostative.

A norma dell’articolo 114, quarto comma, lettera e), del codice del processo amministrativo, come integrato dall’articolo 1, comma 781, lettera a), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, nell’esercizio del potere discrezionale di graduazione dell’importo, dunque, il Collegio determina, quale penalità di mora, la somma di € 10 (dieci) per ogni giorno di ritardo, decorrente dal giorno della comunicazione o notificazione dell'ordine di pagamento disposto nella presente sentenza di ottemperanza. Tale statuizione costituisce titolo esecutivo.

Al proposito, non è superfluo aggiungere che tale quantificazione non può che discostarsi dall’indicazione contenuta nell’ultima parte del novellato articolo 114, quarto comma, lettera e) (“detta penalità non può considerarsi manifestamente iniqua quando è stabilita in misura pari agli interessi legali”), poiché un tasso annuale dello 0,1% non può evidentemente svolgere alcuna “funzione coercitivo-sanzionatoria”, finendo tale criterio di liquidazione per frustrare la stessa finalità della norma.

Si dispone la trasmissione della presente sentenza alla Procura regionale della Corte dei conti.

Per il caso di ulteriore inadempimento del Ministero della Salute, il Collegio nomina sin d’ora, quale commissario ad acta , il Direttore generale della Direzione generale dei dispositivi medici, del servizio farmaceutico e della sicurezza delle cure del Ministero della Salute, con facoltà di delega, il quale (senza maturare alcun diritto al compenso) dovrà provvedere all’integrale esecuzione della menzionata sentenza in luogo e vece dell’Amministrazione inadempiente entro l’ulteriore termine di 60 (sessanta) giorni, decorrente dalla comunicazione a cura di parte dell’inutile decorso di quello assegnato dalla presente decisione al Ministero debitore.

Vanno altresì poste a carico della stessa Amministrazione, ex art. 91 del codice del processo civile, le spese processuali, parzialmente compensate, stante l’esito del giudizio, da distrarsi in favore del procuratore costituito, per sua dichiarazione anticipatario.

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