TAR Roma, sez. II, sentenza 2014-10-31, n. 201410960
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Testo completo
N. 10960/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00372/2003 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 372 del 2003, proposto da:
S.r.l. Media 2100, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. G S, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via Germanico, 24;
contro
Roma Capitale (già Comune di Roma), in persona del Sindaco p.t., rappresentata e difesa dall'avv. P B, dell’Avvocatura comunale e presso la stessa domiciliata in Roma, via Tempio di Giove, 21;
per l'annullamento
delle determinazioni dirigenziali dalla n. 6069 alla n. 6088 del 25 ottobre 2002, di rigetto delle istanze di riordino impianti pubblicitari e conseguente ordine di rimozione.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale (già Comune di Roma);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 luglio 2014 il Consigliere Solveig Cogliani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I - Con il ricorso indicato in epigrafe, la Società' ricorrente impugnava le determinazioni sopra specificate, con le quali il Dirigente del Servizio Affissioni e Pubblicità del Comune di Roma aveva rigettato le istanze presentate (dalla dante causa della stessa) nell'ambito della procedura di riordino degli impianti pubblicitari di cui all'avviso pubblico del 9 settembre 1996, a seguito di deliberazione consiliare n. 254 del 1995, che prevedeva un’autodenuncia con riferimento agli impianti in essere sul territorio.
Deduceva a riguardo i seguenti motivi di gravame:
1 - violazione e falsa applicazione degli artt. dal 5 all'11, l. n. 241 del 1990, dell'art 6, l. n. 142 del 1990, degli artt. 2 e 3, Statuto comunale, degli artt. 3, 24 e 97 Cost, nonché il vizio di eccesso di potere, per aver omesso l'Amministrazione di comunicare l'avvio del procedimento e non aver consentito la partecipazione dell'interessata;
2 - violazione degli artt. 2, 3, 36, 41 e 97 Cost., del' art. 3, l. n. 241 del 1990 e della delibera consiliare n. 254 del 1995 e, ancora, eccesso di potere, in quanto il divieto di nuovi impianti non sarebbe in nessun caso applicabile a quelli oggetto di autodenuncia;
3 - violazione e falsa applicazione della delibera consiliare n. 260 del 1997 e eccesso di potere, in quanto la menzionata delibera sarebbe venuta ad integrare l'all.to A2 della precedente n. 254/1995 ed il relativo Primo Piano dell'impiantistica pubblicitaria, introducendo delle 'Disposizioni di carattere generale' che non prevedevano alcun limite per l'area perimetrali;
4 - violazione degli artt. 2, 3, 36, 41. e 97 Cost, dell'art . 3 l. n. 241 del 1990, della delibera n. 254 cit. e della delibera della Giunta comunale n. 1689/1997 e eccesso di potere per violazione della procedura per l'esame delle istanze di riordino;
5 – violazione dell'art. 16 della delibera n. 1689/1997 e dell'art. 3, l. n. 241 del 1990 anche con riferimento all'art. 97 Cost. per mancata sottoposizione alla Commissione consultiva di cui al richiamato art. 16 delle questioni inerenti il riordino degli impianti per cui e' causa;
6 - violazione degli artt. da 3 a 13, l. n. 241 del 1990 e della delibera n. 254 cit., degli artt. 24 e 97 Cost. e eccesso di potere per illogicità manifesta e difetto di motivazione;
7 - violazione degli artt. 2 comma 2 e 3, l. n. 241 del 1990 anche in relazione all'art. 97 Cost. per essere stati i provvedimenti assunti oltre il termine di conclusione de procedimento.
La società istante chiedeva, dunque, l'annullamento degli atti gravati, previa sospensione dei medesimi.
Si costituiva l’Amministrazione, precisando che le domande per cui è causa si riferiscono unicamente a richieste di riordino presentate entro il 31 dicembre 1994, non esaminate dall’Amministrazione prima del procedimento di riordino e riferite ad impianti di dimensioni di mt. 6x3. Ancora precisava che solo in epoca molto successiva rispetto al termine previsto dalla delibera n. 254 del 1995, al Società ricorrente aveva presentato anche le schede S, che testimoniavano l’avvenuta effettiva collocazione degli impianti sul suolo pubblico. Controdeduceva, dunque, la legittimità dei provvedimenti adottati in conformità alla richiamata norma procedimentale, che prevedeva che potessero essere oggetto del Riordino solo gli impianti per i quali si fosse in attesa di autorizzazione e comunque installati entro la data del 31 dicembre 1994.. Chiedeva, dunque, la reiezione del ricorso.
L’esame dell’istanza cautelare era rinviata al merito.
Con nuova istanza di fissazione, la Società ribadiva l’interesse alla decisione.
All’udienza del 1° luglio 2014, a seguito di ulteriori memorie, la causa era trattenuta in decisione.
II –Il ricorso è infondato.
Devono, in primo luogo, trovare esame le censure di cui al primo e settimo motivo di ricorso, che attengono ai profili più generali del procedimento amministrativo.
Sul primo motivo di ricorso valga brevemente osservare che prima della novella del 2005, inserita nell’ambito dell’art. 8 (comma 2) della legge generale sul procedimento amministrativo che disciplina il contenuto della comunicazione, la giurisprudenza amministrativa formatasi sulla disciplina vigente al momento dei fatti per cui è causa aveva sistematicamente escluso che nei procedimenti ad iniziativa di parte fosse necessario dare la comunicazione (per tutte cfr Cons. di St. Sez. VI 30 dicembre 2005 n.7623).
La censura, pertanto, non ha pregio, risultando palese che il procedimento di cui si discute era avviato – come dichiarato in ricorso – sulla base delle domande rivolte dalla Società dante causa dell’istante.
Né vale la censura relativa alla violazione del principio di contraddittorio, poiché la parte ha omesso di rilevare quali aspetti avrebbe potuto far valere a sostegno della propria pretesa. Mentre, alla luce di quanto si dirà di seguito, non risulta che i provvedimenti censurati avrebbero potuto assumere contenuto diverso, sia pur a seguito dell’ulteriore apporto partecipativo della parte interessata.
Va notato, peraltro, che la norma regolamentare invocata dalla Società ricorrente, rubricata “Rigetto”, dispone letteralmente, al comma 2 che “Ove necessario, il Servizio affissioni e pubblicità svolge un contraddittorio con il titolare della domanda di riordino, secondo le modalità e nei termini di cui ai commi da 3 a 8 dell’articolo 6.”. Nella specie, come rilevato dalla difesa comunale, risulta agli atti che i provvedimenti sono stati assunti dopo che la Società ha avuto modo di documentare e supportare la richiesta di autorizzazione ed installazione dei propri impianti pubblicitari.
Per quanto concerne, poi, i tempi di conclusione del procedimento, di cui si duole l’istante, osserva il Collegio che è affermato pacificamente dalla giurisprudenza che il mancato rispetto del termine ex art. 2, comma 3, l. 7 agosto 1990 n. 241 per la conclusione dei procedimenti amministrativi non è di per sé idoneo a determinare l'illegittimità dell’atto che ne esprime le conclusioni finali. Anzi, solo in casi eccezionali e definiti, la legge riconnette una decadenza al termine del procedimento, ove esso risulti coessenziale e imprescindibile dalla relativa statuizione (cfr. da ultimo, Cons. di Stato, sentenza n. 3481/2014).
III – Con riferimento alla fattispecie oggetto del presente esame, va ulteriormente rilevato che con il ricorso in esame viene proposta un’azione impugnatoria avverso le determinazioni dirigenziali – meglio indicate in epigrafe nei loro estremi – recanti il rigetto immediato delle istanze di riordino di impianti pubblicitari, di cui alla procedura disciplinata dalle delibere C.C. n. 289 del 1994 e n. 254 del 1995, in quanto riferite ad impianti pubblicitari di superficie espositiva superiore a sei metri quadrati situati all’interno della perimetrazione vietata.
Come già affermato da questa Sezione (da ultimo, cfr. sent. n. 6781/2014), quanto alla inoperatività dell’art. 3 dell’Allegato 1 della deliberazione C.C. n. 254 del 1995 per le istanze di autodenuncia presentate ai fini della partecipazione al procedimento di riordino di cui alla stessa delibera n. 254 del 1995, va ribadito che la deliberazione C.C. n. 254 del 1995 ha ad oggetto proprio il procedimento di riordino e, conseguentemente, necessariamente il suo ambito applicativo deve ritenersi esteso a tutte le istanze di partecipazione al predetto procedimento.
La richiamata norma, rubricata “zona omogenea di riordino già soggetta alle limitazioni di cui alla deliberazione n. 609 del 3 aprile1981”, dispone testualmente che “A scopo di salvaguardia dell’area perimetrata … per quanto riguarda gli spazi ed aree pubbliche non si procederà in assenza dei piani particolareggiati ad ulteriori concessioni-autorizzazioni per la installazione di cartelli pittorici o per affissione di manifesti superiori a mq. 6,00 di superficie, ad eccezione di impianti di proprietà comunale, mentre, per quanto attiene agli spazi ed aree di proprietà privata, resterà sospeso, sino ad adozione avvenuta da parte dell’Amministrazione dei piani particolareggiati in parola, il rilascio di nuove autorizzazioni relative agli impianti di superficie eccedenti i mq. 6,00 sempre con l’esclusione di specifiche soluzioni di arredo (a titolo di esempio pareti cieche).”
Inoltre il punto n. 8 delle premesse della predetta deliberazione dispone “di stabilire che, per dar corso ai successivi provvedimenti autorizzativi …, gli impianti pubblicitari … debba essere dimostrata la conformità alle norme come indicato nell’allegato sub c) che costituisce parte integrante …” e l’ allegato C) richiamato dall’articolo 3 prevede tra i requisiti espressamente richiesti ai fini dell’autodenuncia proprio “la conformità … alle norme comunali del testo unico – allegati A1) e A2) al provvedimento …” e il richiamato allegato A1) contiene, come in precedenza rimarcato, proprio la puntuale disposizione di cui all’articolo 3 relativamente al divieto di rilascio di nuove autorizzazioni aventi ad oggetto impianti pubblicitari di superficie superiore ai mq. 6,00 all’interno della zona perimetrata.
Peraltro, l’articolo 8, comma 1, della deliberazione C.C. n. 1689 del 1997 dispone al riguardo testualmente che “Nel contempo, il Servizio affissioni e pubblicità dispone il rigetto immediato delle istanze di concessione, autorizzazione … che … ricadono … se di superficie superiore ai 6 metri quadrati – all’interno della zona perimetrata di cui alle deliberazioni n. 609/81 e n. 254/95 …”.
Come già evidenziato nella menzionata sentenza di questa Sezione: “Deve quindi ritenersi la piena operatività del divieto di installazione di impianti pubblicitari di superficie superiore ai sei metri quadrati nell’area perimetrata, per effetto del richiamo, contenuto nella delibera n. 254 del 1995, Allegato C, art. 3, all’Allegato A1 – ove si richiama la delibera n. 609 del 1981 - il quale prevede appunto tale divieto”.
Né trova conferma l’assunto di parte ricorrente in ordine al superamento della deliberazione C.C. n. 609 del 1981 ad opera dei regolamenti e delle deliberazioni successivi di cui al n. 289 del 1994 e n. 254 del 1995, in quanto le determinazioni impugnate espressamente menzionano in premessa che l’art. 3 dell’allegato A1 alla deliberazione n. 254/95 riproduce e conferma il divieto, già stabilito con deliberazione del Consiglio Comunale n. 609 del 3 aprile 1981, di rilasciare nuove autorizzazioni ad installare impianti pubblicitari di superficie espositiva superiore ai sei metri quadrati, all’interno della zona urbana appositamente perimetrata.
IV - Da quanto sin qui considerato, discende ulteriormente la non fondatezza dell’ulteriore motivo con cui la parte ricorrente deduce l’insufficienza e la carenza di motivazione, in quanto, come detto, i provvedimenti impugnati richiamano puntualmente le due norme regolamentari comunali che ne costituiscono il presupposto, ossia l’articolo 3 dell’allegato 1 della deliberazione n. 254 del 1995 e l’articolo 1, comma 8, della deliberazione G.C. n. 1689 del 1997.
V - Con un ulteriore motivo di censura la Società ricorrente ha dedotto l’intervenuto superamento delle dette disposizioni in conseguenza dell’adozione della deliberazione C.C. n. 260 del 1997 che è intervenuta successivamente alle stesse ma, comunque, antecedente all’adozione dei provvedimenti impugnati, nella parte in cui la predetta deliberazione ha modificato nelle “disposizioni di carattere generale” l’allegato 2 della deliberazione C.C. n. 254 del 1995, senza ribadire espressamente il divieto di rilascio di nuove autorizzazioni all’interno dell’area perimetrata ai sensi della deliberazione C.C. n. 609 del 1981 e limitandosi, invece, a prevedere peculiari iter autorizzativi esclusivamente con riferimento a particolari zone assoggettate a vincolo.
Il motivo è destituito di fondamento – come già evidenziato da questo Tribunale – “in quanto la circostanza che, nell’ambito della richiamata deliberazione C.C. n. 260 del 1997, è disciplinato in modo specifico il procedimento sia per le zone vincolate sia per le zone perimetrale ai sensi della deliberazione C.C. n. 94 del 7 giugno 1994 non implica evidentemente l’abrogazione implicita dell’articolo 3 dell’allegato 1 della deliberazione C.C. n. 254 del 1995 proprio in quanto disciplina speciale non specificatamente toccata” (sentenza n. 6781/2014 cit.).
VI - Con un’ulteriore censura la Società ricorrente ha dedotto la violazione della particolare procedura di cui alla deliberazione G.C. n. 1689 del 1997, che tuttavia, deve trovare applicazione unicamente ai casi ivi specificati.
Nella specie, invece, nel quadro del procedimento di cui al piano generale per il riordino degli impianti pubblicitari è specificamente previsto il rigetto immediato delle istanze relative alla zona perimetrata di cui alle deliberazioni C.C. nn. 609/1981 e 254/1995.
VII - Per le considerazioni tutte che precedono il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio tra le parti.