TAR Roma, sez. 4S, sentenza 2023-12-20, n. 202319307

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 4S, sentenza 2023-12-20, n. 202319307
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202319307
Data del deposito : 20 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/12/2023

N. 19307/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00693/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 693 del 2019, proposto da Reti Televisive Italiane - R.T.I. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati F L, G R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio F L in Roma, via Pompeo Magno 2b;

contro

- Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

- della delibera dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 246/18/CSP, del 30 ottobre 2018, notificata in data 14 novembre 2018, recante “ordinanza - ingiunzione nei confronti della società R.T.I. – Reti Televisive Italiane S.p.A. (servizio di media audiovisivo in ambito nazionale “Rete 4”) per la violazione della disposizione contenuta nell'art. 38, comma 2, d.lgs. 31 luglio 2005, n. 177 (contestazione n. 12/18/DCA – PROC. 2707/MRM)”;

- di ogni altro atto alla stessa preordinato, consequenziale, o comunque coordinato o connesso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità intimata;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 1 dicembre 2023 il dott. Giuseppe Bianchi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


1. La società ricorrente ha impugnato la delibera dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni n. 246/18/CSP del 30 ottobre 2018 recante “ ordinanza - ingiunzione nei confronti della società R.T.I. – Reti Televisive Italiane S.p.A. (servizio di media audiovisivo in ambito nazionale “Rete 4”) per la violazione della disposizione contenuta nell’art. 38, comma 2, d.lgs. 31 luglio 2005, n. 177 ”, motivata in ragione della messa in onda, in varie date dei mesi di gennaio e febbraio 2018, di spot pubblicitari, in misura superiore al limite orario stabilito dalla suddetta disposizione (c.d. “affollamento orario”).

Nel premettere che “ tutte le presunte violazioni derivavano dal computo, tra gli “spot pubblicitari” soggetti ad affollamento, di comunicati di autopromozione dell’emittente radiofonica nazionale denominata “Radio 105”, di titolarità della società RadioMediaset S.p.A., controllata da RTI mediante la proprietà di quote pari al 100% del capitale sociale ”, la ricorrente ha articolato i seguenti motivi di impugnazione:

- “ 1. Violazione degli artt. 6 e 11 del “Regolamento di procedura in materia di sanzioni amministrative e impegni” all. A alla delibera 410/14/CONS ”.

La ricorrente sostiene che il provvedimento sarebbe illegittimo in quanto adottato oltre il termine fissato per la conclusione del procedimento, stante l’illegittimità della proroga del suddetto termine disposta dall’Autorità in assenza dei presupposti previsti dal “ Regolamento di procedura in materia di sanzioni amministrative ”, ossia in mancanza della necessità di compiere alcun “ approfondimento istruttorio ”.

- “ 2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, l. 24 novembre 1981, n. 689, anche in relazione all’art. 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo ”.

La società lamenta che “ mediante le delibere del 2017 [recanti diffida “ dal proseguire nel porre in essere la condotta descritta in violazione dell’art. 38 comma 2 del d.lgs. n. 177/05 ” con riferimento alla messa in onda, sulle reti RTI, di comunicati di promozione dell’emittente radiofonica “R101”, di titolarità di società controllata dalla ricorrente medesima] di chiara natura provvedimentale, l’Autorità ha dato luogo, all’aggiornamento della fonte regolamentare [delibera 538/01/CSP] introducendo il divieto di autopromozione televisiva di programmi radiofonici editi dal medesimo gruppo societario. Ciò integra violazione del principio di stretta legalità in materia di illeciti amministrativi, nonché del principio nulla poena sine lege, sancito dall’art. 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo ”.

- “ 3. “Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, commi 2 e 6, TUSMAR, nonché dell’art. 5, regolamento all. A) alla delibera 538/01/CSP, come interpretato dall’art. 1 della comunicazione interpretativa all. A) alla delibera 211/08/CSP, alla luce della giurisprudenza europea ”.

Secondo la ricorrente l’art. 38 del d.lgs n. 177/2005, norma di origine europea, andrebbe interpretato in omaggio al “ principio per cui le disposizioni che comportano limitazioni alla libera prestazione di servizi che consiste nella diffusione di programmi televisivi, ove formulate in maniera non univoca, debbono essere interpretate in senso restrittivo, vale a dire nel modo più favorevole all’emittente ”;
pertanto, le disposizioni in questione “ dovranno essere interpretate nel senso più favorevole all’emittente che, nel caso di specie, è certamente quello che consente la trasmissione dei messaggi di “autopromozione” dell’emittente radiofonica appartenente a società controllata da RTI, al di fuori della soglia di affollamento … L’inosservanza del criterio interpretativo europeo costituisce di per sé vizio idoneo a condurre all’annullamento dei provvedimenti impugnati ”.

- “ 4. “Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, commi 2 e 6, TUSMAR, nonché dell’art. 5, regolamento all. A) alla delibera 538/01/CSP, come interpretato dall’art. 1 della comunicazione interpretativa all. A) alla delibera 211/08/CSP, sotto ulteriori profili. Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà della motivazione ”.

La ricorrente deduce che l’Autorità, nel provvedimento impugnato, avrebbe fornito un’interpretazione non condivisibile della definizione di “emittente”, ritenendola non comprensiva della radiofonia in contrasto con “ l’approccio sistematico del legislatore, caratterizzato dall’intento di disciplinare unitariamente tutte le attività che comportano la fornitura di contenuti all’utenza, qualunque sia il mezzo utilizzato, e con qualsiasi modalità ”;
avrebbe inoltre male interpretato la nozione di “responsabilità editoriale”, che sarebbe unitaria “ in quanto menziona espressamente tanto la selezione dei programmi audiovisivi, quanto quella dei programmi radiofonici ”, e la definizione di “autopromozione” (di cui all’art. 1, lett. h regolamento all. A alla delibera 538/01/CSP), che comprenderebbe qualunque “emittente” e qualunque “programma”, televisivo o radiofonico, e consentirebbe, dunque, all’editore che sia titolare di canali sia televisivi sia radiofonici di ricorrere all’autopromozione “crosspiattaforma”, senza che i relativi annunci siano computati nel limite di affollamento applicabile, come previsto dall’art. 38 comma 6, d.lgs cit..

- “ 5. Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, commi 2 e 6, TUSMAR, nonché dell’art. 5, regolamento all. A) alla delibera 538/01/CSP, come interpretato dall’art. 1 della comunicazione interpretativa all. A) alla delibera 211/08/CSP, sotto ulteriori profili. Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà della motivazione ”.

La società contesta l’assunto secondo cui “ osterebbe alla qualificazione come “autopromozione” dei messaggi contestati il fatto che “Radio 105” sia di titolarità di una società distinta da RTI, benché da questa controllata totalitariamente ”. Infatti, la programmazione televisiva e radiofonica di RTI e delle sue controllate sarebbe il risultato di scelte unitarie e coordinate in virtù delle quali si dovrebbe parlare di “ un’impresa editoriale sostanzialmente unitaria ” a cui sarebbero riconducibili sia i messaggi di “autopromozione” che i programmi che ne costituiscono l’oggetto.

- “ 6. Violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 1, l. 24 novembre 1981, n. 689, anche alla luce delle “linee guida” di cui all’all. A alla delibera 265/15/CONS ”.

La ricorrente sostiene che l’adozione di tre provvedimenti sanzionatori, impugnati con distinti ricorsi, uno per ciascuna delle reti generaliste “Canale 5”, “Rete4” ed “Italia1” esercite dalla società, determinerebbe una “ triplicazione della sanzione (€ 20.658,00 per tre= € 61.974,00), vale a dire all’applicazione di una sanzione complessiva pari a sei volte il minimo edittale, in violazione dell’art. 8, comma 1, l. 689/81, che consente, nel caso in cui siano commesse più violazioni della stessa disposizioni, al massimo la triplicazione della sanzione ”.

2. Si è costituita in giudizio l’Autorità intimata depositando una memoria di stile.

3. Con memoria depositata in data 14 novembre 2023 la ricorrente ha rappresentato che “ con ordinanza n. 2504/2021, in data 24 settembre 2020, pubblicata il 25 marzo 2021, i Giudici di appello hanno disposto la sospensione dei giudizi ” aventi ad oggetto l’impugnazione delle (sopra menzionate) delibere dell’Autorità n. 295/17/CSP, 296/17/CSP e 297/17/CSP, rimettendo alla Corte di Giustizia europea la seguente questione pregiudiziale:

Dica la Corte di Giustizia dell’Unione Europea:

a) se,ai fini della disciplina comunitaria del divieto di affollamento pubblicitario, stante la generale rilevanza per il diritto eurounitario della nozione di gruppo o di unica entità economica, ricavabile da molteplici font del diritto antitrust (ma, per quanto qui interessa, dal ricordato considerando n. 43 della direttiva n. 2018/1808 UE e dal nuovo testo dell’art. 23 della direttiva 2010/13 CE), ferma l’esistente differenza nel diritto nazionale italiano di titoli abilitativi che l’art. 5, comma 1, lett. b) del D.lgs. 177/2015 tra le emittenti televisive e radiofoniche, possa essere adottata come comunitariamente conforme un’interpretazione del diritto nazionale sulla radiotelevisione che deduca dall’art. 1, comma 1, lett. a) del medesimo D.lgs. 177/2015, come modificato nel testo vigente dal 30 marzo 2010 (in attuazione della direttiva n. 2007/65/CE), che il processo di convergenza fra le diverse forme di comunicazioni (le comunicazioni elettroniche, l’editoria, anche elettronica ed internet in tutte le sue applicazioni), valga a più forte ragione tra i fornitori di media televisivi e radiofonici, specialmente se già integrati in gruppi di imprese tra loro collegate e si imponga con valenza generale, con i conseguenti riflessi in tema di interpretazione dell’art, 38 comma 6 del testo unico citato tale che l’emittente possa essere anche il gruppo come unica entità economica o se invece, secondo i ricordati principi comunitari, stante l’autonomia della materia del divieto di affollamento pubblicitario dal generale diritto antitrust, sia inibito dare rilevanza –prima del 2018– ai gruppi e al predetto processo di convergenza e di c.d. cross-medialità considerandosi allora, ai fini del calcolo dell’indice di affollamento pubblicitario, solo la singola emittente pure se collegata in gruppo (e ciò perché tal rilevanza è stata menzionata solo nel testo consolidato dell’art. 23 della direttiva 2010/13 CE, formatosi a seguito della direttiva 2018/1808 UE);

b) se, alla luce dei ricordati principi del diritto dell’UE in tema di gruppi ed impresa come unità economica, ai fini del divieto di affollamento pubblicitario e del ricordato succedersi dei testi dell’art. 23 citato, ferma la predetta differenza tra i titoli abilitativi, sia possibile dedurre anche dalla normativa anticoncorrenziale del SIC, di cui all’art. 43 del D.lgs. 177/2015, la rilevanza del concetto di «fornitore di servizi di media» di gruppo (o secondo il lessico dell’appellante: impresa editoriale di gruppo) ai fini dell’esenzione dei messaggi di promozione cross-mediali infragruppo dai limiti di affollamento di cui all’art. 38, comma 6 del D.lgs. n. 177 stesso o se invece tal rilevanza debba escludersi prima del 2018 stante l’autonomia del diritto televisivo antitrust rispetto alla disciplina dei limiti all’affollamento pubblicitario ;

c) se il nuovo testo dell’art. 23, § 2, lett. a) della direttiva n. 2010/13/UE sia ricognitivo di un principio preesistente nel diritto antitrust di generale rilevanza dei gruppi oppure sia innovativo e se, quindi, nel primo caso descriva una realtà giuridica già immanente nel diritto europeo –tale, quindi da coprire anche il caso in esame, antecedente detto nuovo testo, e da condizionare le interpretazioni dell’ANR imponendole comunque di riconoscere il concetto di «fornitore di servizi di media» di gruppo–, oppure se, nel secondo caso, osti a riconoscere la rilevanza dei gruppi societari per i casi formatisi prima della sua introduzione perché inapplicabile ratione temporis, stante la sua portata innovativa a fattispecie verificatesi prima della sua introduzione;

d) se, comunque e al di là del sistema dei titoli autorizzativi posto dall’art. 5 del D.lgs. 177/2005 e della novità dell’art. 23 introdotta nel 2018, ossia nel caso che la nuova norma non abbia significato ricognitivo ma innovativo secondo quanto chiesto sub c), i rapporti integrazione televisione – radiofonia considerati in via generale nel diritto antitrust siano, per la generalità e trasversalità delle nozioni di entità economica e di gruppo, la chiave alla luce della quale interpretare i limiti all’affollamento pubblicitario, regolati quindi comunque con implicito riguardo all’impresa di gruppo (o, più precisamente, delle correlazioni di controllo tra le imprese di gruppo) ed all’unità funzionale di dette imprese, affinché la promozione dei programmi da televisione a radiofonia infragruppo o viceversa se detti rapporti di integrazione siano irrilevanti nel campo dei limiti all’affollamento pubblicitario e quindi si debba ritenere che i programmi “propri” di cui all’art. 23 (testo originario), sono tali in quanto appartenenti alla sola emittente che li promuove, e non al gruppo societario nel suo insieme in quanto detta norma è una disposizione a sé stante che non consente alcuna interpretazione sistematica che la estenda ai gruppi intesi come unica entità economica;

e) se, infine, l’art. 23, nel suo testo originario, ove anche non dovesse essere interpretabile come norma da leggersi sullo sfondo del diritto antitrust, vada intesa comunque come disposizione incentivante che descrive la peculiare caratteristica della promozione, che è esclusivamente informativa e non intende convincere alcuno ad acquistare beni e servizi altri rispetto ai programmi promossi e, come tale, debba intendersi esclusa dal campo di applicazione delle norme sull’affollamento, perciò applicabile, nei limiti di imprese appartenenti al medesimo gruppo, in ogni caso di promozione cross-mediale integrata ovvero se si debba intendere come una norma di carattere derogatorio ed eccezionale rispetto al calcolo dell’affollamento pubblicitario e, come tale, di stretta interpretazione ”.

4. All’udienza di smaltimento del 1 dicembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

5. In via preliminare il Collegio osserva che - trattandosi di giurisdizione non di ultima istanza - la pendenza della questione davanti alla Corte di Giustizia Europea non comporta (con riferimento al terzo, quarto e quinto motivo di ricorso) un obbligo di sospendere il giudizio o di rinviare la trattazione della causa in attesa della decisione da parte del suddetto giudice, sussistendo soltanto la mera facoltà d’agire in tal senso, che, nella specie, non si ritiene d’esercitare.

6. Con il primo argomento di doglianza la ricorrente deduce la violazione dell’art. 11 del “ Regolamento di procedura in materia di sanzioni amministrative e impegni ” di cui all’all. A alla delibera 410/14/CONS, che consente la proroga del termine per la conclusione del procedimento sanzionatorio “ nei casi in cui ritenga necessari ulteriori approfondimenti istruttori ovvero ritenga di dover acquisire il parere del Servizio giuridico ”, prevedendo che, in tal caso, “ l’organo collegiale trasmette gli atti all’unità organizzativa specificando la natura e il tipo di approfondimenti da svolgere ”.

La censura non coglie nel segno.

Infatti, nel caso di specie, l’Amministrazione, nel provvedimento impugnato, ha puntualmente individuato la “natura” e del “tipo” dell’approfondimento istruttorio reso necessario dalle complesse difese endoprocedimentali articolate dalla ricorrente nel corso del procedimento: “ La richiesta di approfondimenti è stata determinata dalla necessità di chiarire, attraverso un più dettagliato esame della giurisprudenza e della dottrina, talune delle argomentazioni svolte dalla parte in audizione, segnatamente con riferimento alla natura dell’atto adottato ad esito dei procedimenti originariamente avviati (delibera n. 297/17/CSP) e all’interpretazione delle norme in materia di autopromozione nell’attuale contesto multimediale, con specifico riferimento all’emittente radiofonica ”.

Né può ritenersi che la citata disposizione regolamentare nel riferirsi all’“ approfondimento istruttorio ” faccia esclusivo riferimento ad “ accertamenti di fatti pertinenti ai fini della decisione ”, escludendo che esso possa consistere in una ricerca di carattere giuridico.

Tale interpretazione, prospettata dalla ricorrente, per un verso non trova fondamento nel tenore testuale della menzionata disposizione;
per l’altro, risulta smentita dalla previsione della possibilità di “ acquisire il parere del Servizio giuridico ”, destinata all’evidenza a operare nei casi in cui l’Autorità avverta la necessità di completare l’istruttoria attraverso un approfondimento di natura giuridica e non avente carattere fattuale.

7. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che l’Autorità, mediante le delibere nn. 295/17/CSP, 296/17/CSP e 297/17/CSP - recanti diffida nei confronti della ricorrente “ dal proseguire nel porre in essere la condotta descritta in violazione dell’art. 38 comma 2 del d.lgs. n. 177/05 ” - avrebbe introdotto ex novo nell’ordinamento il divieto di autopromozione televisiva di programmi radiofonici editi dal medesimo gruppo societario, in “ violazione del principio di stretta legalità in materia di illeciti amministrativi, nonché del principio nulla poena sine lege, sancito dall’art. 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo ”.

La doglianza è priva di pregio ove si consideri che:

- l’Autorità, tanto negli avversati provvedimenti sanzionatori, quanto nei precedenti atti di diffida risalenti al 2017, si è limitata ad accertare lo sforamento dei limiti di affollamento orario introdotti dall’art. 38, comma 2, d.lgs n. 177/2005 e ad interpretare la disposizione (art. 38, comma 6, d.lgs cit.) relativa alle fattispecie da escludere dal calcolo dei suddetti limiti;

- il principio di legalità in materia di illeciti amministrativi e il principio di cui all’art. 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo risultano rispettati in quanto la fonte primaria prevede sia la fattispecie dell’illecito (art. 38 cit.) sia la relativa sanzione (art. 51 del d.lgs cit.), senza che sia ravvisabile alcuna lacuna nella predeterminazione legislativa degli elementi costitutivi della fattispecie sanzionatoria.

8. Con riferimento al terzo, quarto e quinto motivo di impugnazione, il Collegio richiama, anche ai sensi degli artt. 74, comma 1 e 88, comma 2, lett. d), c.p.a., i precedenti specifici rappresentati dalle sentenze emesse da questo Tribunale, nn. 4925, 4926 e 4927 del 16 aprile 2019, anch’esse riferite a delibere (le citate delibere nn. 295/17/CSP, 296/17/CSP e 297/17/CSP) adottate - al pari di quella gravata nel presente giudizio - prima della novella recata dalla direttiva n. 2018/1808/UE (del 14 novembre 2018) all’art. 23 della direttiva n. 2010/13/UE.

Tali sentenze hanno affrontato la questione relativa all’applicazione dell’art. 38 comma 2 (che prevede i limiti di affollamento pubblicitario) e comma 6 (che prevede la possibilità di aumentare tali limiti in presenza di attività di autopromozione: “ Le disposizioni di cui ai commi da 2 a 5 non si applicano agli annunci delle emittenti, anche analogiche, relativi ai propri programmi e ai prodotti collaterali da questi direttamente derivati, agli annunci di sponsorizzazione e agli inserimenti di prodotti ”) del d.lgs. 31 luglio 2005 n. 177, ritenendo legittima l’inclusione, tra gli spot pubblicitari soggetti al limite di affollamento orario della pubblicità, dei comunicati volti a pubblicizzare un’emittente radiofonica di titolarità di una società controllata dall’emittente televisiva.

I passaggi essenziali delle suddette pronunce possono essere così riepilogati:

- “ poiché i commi 2 e 5 dell’art. 38 del TUSMAR dettano limiti di tempo per la trasmissione di messaggi pubblicitari televisivi che riguardano necessariamente le sole emittenti televisive (vedi art. 2, comma 1, lett. l) del TUSMAR), non sembra dubitabile, secondo un principio di linearità e coerenza ermeneutica, che il concetto di «emittenti» previsto dallo stesso comma 6, in tema di autopromozione, debba del pari riferirsi esclusivamente alle emittenti televisive, ove esse promuovano i “propri” [art. 38, comma 6, cit.] programmi e i prodotti collaterali da questi direttamente derivati. La norma, infatti, costituisce deroga ed eccezione alla previsione generale che, indubbiamente, ha come destinatarie le sole emittenti televisive. Lo stesso aggettivo “propri” [art. 38, comma 6, cit.] , in quanto da riferire ai necessariamente programmi di una emittente televisiva (e non radiofonica) tenuta a rispettare i tetti pubblicitari, concorre a pervenire alla conclusione secondo cui lo “spot”, per qualificarsi come autopromozione (in quanto tale sottratta ai tetti di cui all’art. 38, comma 2), non possa che riferirsi a programmi televisivi e giammai radiofonici. Non possono per definizione essere “propri” di un’emittente televisiva programmi radiofonici, trasmessi da una emittente radiofonica nella titolarità di un altro soggetto societario (per quanto rientrante nel medesimo gruppo societario) ”;

- anche l’art. 23, paragrafo 2, della Direttiva n. 2010/13/UE, nel testo vigente ratione temporis (a mente del quale: “ Il paragrafo 1 non si applica agli annunci dell'emittente relativi ai propri programmi e ai prodotti collaterali da questi direttamente derivati, agli annunci di sponsorizzazione e agli inserimenti di prodotti ”), “ quando esclude dai limiti di affollamento pubblicitario gli annunci dell’emittente relativi ai “propri programmi”, non può che intendere i messaggi promozionali relativi ai programmi televisivi. Ne deriva che i programmi radiofonici sono necessariamente esclusi dall’ambito di applicazione dell’istituto dell’autopromozione come disciplinato a livello europeo ”;

- non sono invocabili la delibera

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