TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2015-09-04, n. 201504328
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N. 04328/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00950/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 950 del 2015, proposto da:
L P, rappresentata e difesa dall'avv. G V, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. P M in Napoli, Via Serafino Biscardi, n. 31;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliata in Napoli, via Diaz, n. 11;
per l’ottemperanza
al Decreto Decisorio di condanna n. 2902/2012 reso nel procedimento n. 720/2012 RGVG il 26 giugno 2012 dalla Corte di Appello di Napoli, III Sezione Civile e depositato il 17 settembre 2012
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visto l’art. 114 c.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 luglio 2015 la dott.ssa Rosalba Giansante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il presente ricorso, ritualmente notificato il 18 febbraio 2015 e depositato il 25 febbraio 2015, la sig.ra L P ha chiesto l’esecuzione del giudicato formatosi sul decreto decisorio della Corte di Appello di Napoli, III Sezione civile n. 2902/2012, reso il 26 giugno 2012 e depositato il 17 settembre 2012, nel procedimento n. 720/2012 RGVG, limitatamente alla parte in cui il Ministero della Giustizia è stato condannato a pagare, in suo favore, a titolo di equa riparazione ex lege n. 89/2001, la “somma di € 9.416,00 (novemilaquattrocentosedici/00), oltre gli interessi al tasso legale dalla pubblicazione del presente decreto al saldo”.
Parte ricorrente ha chiesto altresì la nomina di un Commissario ad acta , che provveda nel caso di ulteriore inadempienza da parte dell’Amministrazione resistente, nonché la condanna della Ministero della Giustizia, ai sensi dell'art. 114, comma 4, lettera e) del D.Lgs. n. 104 del 2010, al pagamento di € 100,00 per ogni mese di ritardo nell'esecuzione del giudicato, con decorrenza dal 2 gennaio 2014 (data di notifica del titolo esecutivo) e fino all’effettivo soddisfo, ovvero della somma che si riterrà di giustizia.
La ricorrente il 2 gennaio 2014 ha notificato al Ministero della Giustizia il suddetto decreto decisorio, munito di formula esecutiva apposta in data 18 novembre 2013;il medesimo decreto è divenuto definitivo per non essere stata proposta impugnazione, come risulta dalla certificazione rilasciata della competente cancelleria in data 17 novembre 2014.
Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, il decreto di condanna ex art. 3 della legge n. 89/2001 ha natura decisoria in materia di diritti soggettivi ed è, sotto tale profilo, equiparato al giudicato, con conseguente idoneità a fungere da titolo per l’azione di ottemperanza (Cons. Stato, Sez. IV, 16 marzo 2012, n. 1484, TAR Napoli, Sez. IV, 16 ottobre 2014, n. 5343).
Considerato che è trascorso il termine di centoventi giorni dalla data della notifica del decreto decisorio in forma esecutiva da parte del ricorrente, termine previsto dall’art. 14, comma 1, del d.l. n. 669 del 1996 convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 1997, n. 30 e successive modifiche ed integrazioni per il completamento delle “procedure per l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti l'obbligo di pagamento di somme di danaro”, ed il Ministero della Giustizia non ha dato esecuzione al dictum del Giudice civile, il Collegio deve ritenere il ricorso oltre che ammissibile e procedibile anche fondato e meritevole, pertanto, di accoglimento, limitatamente però alla domanda relativa alla sorte capitale e agli interessi legali liquidati nel decreto decisorio per cui è causa in favore della sig.ra Pasca.
Quanto alla domanda di condanna dell’Amministrazione al pagamento di una somma di denaro da determinarsi in via equitativa per ogni ulteriore giorno di ritardo nell’esecuzione del giudicato - ovverosia di applicazione della cd. astreinte , ai sensi dell’art. 114, comma 3, lettera e), il Collegio osserva che una parte della giurisprudenza, tra cui diverse pronunce di questo T.A.R., hanno costantemente ritenuto che la stessa non possa essere accolta qualora l’esecuzione del giudicato riguardi il pagamento di una somma di denaro, consistendo l’istituto della penalità di mora in un mezzo di coazione indiretta sul debitore, necessario in particolare quando si è in presenza di obblighi di facere infungibili.
Per questo orientamento, infatti, non è sembrato equo condannare l’Amministrazione al pagamento di ulteriori somme di denaro quando l’obbligo di cui si chiede l’adempimento consisteva, esso stesso, nell’adempimento di un’obbligazione pecuniaria, essendo in tal caso, per il ritardo nell’adempimento, già previsti dalla legge gli interessi legali, ai quali, pertanto, la somma dovuta a titolo di astreinte sarebbe andata ad aggiungersi, con effetti iniqui di indebito arricchimento per il creditore ( ex plurimis , T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV 9 novembre 2012, n. 4553;id., sez. IV, 15 aprile 2011 n. 2162;T.A.R. Lazio, Roma sez. I-bis, 12 novembre 2013 n. 9606;id., sez. II bis 21 gennaio 2013, n. 640;id., sez. II quater, 31 gennaio 2012, n. 1080;id., sez. I, 29 dicembre 2011, n. 10305).
Tuttavia, risolvendo il contrasto tra la giurisprudenza sopra citata e l’orientamento favorevole all’applicazione generalizzata dell’ astreinte , l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la decisione del 25 giugno 2014 n. 15, ha ritenuto che, nel giudizio di ottemperanza, la comminatoria delle penalità di mora di cui all’art. 114, comma 4, lettera e), del codice del processo amministrativo è ammissibile per tutte le decisioni di condanna di cui al precedente art. 113, ivi comprese quelle aventi per oggetto prestazioni di natura pecuniaria.
A questa pronuncia, il Collegio ritiene di doversi adeguare riconoscendo, in via di principio, l’applicabilità della penalità di mora anche in caso di condanna della p.a. al pagamento di una somma di denaro.
Il principio sopra enunciato non può, tuttavia, trascurare che è lo stesso art. 114, comma 4, lettera e) c.p.a., ad escludere l’applicazione dell’ astreinte ove sia dimostrata l’esistenza di ulteriori ragioni ostative ovvero la manifesta iniquità alla sua applicazione.
La stessa decisione plenaria sopra citata (par. 6.5.1.), nel sancire la sostanziale equivalenza tra sentenze aventi a oggetto un dare pecuniario e le altre pronunce di condanna, ha comunque evidenziato che “la considerazione delle peculiari condizioni del debitore pubblico, al pari dell’esigenza di evitare locupletazioni eccessive o sanzioni troppo afflittive, costituiscono fattori da valutare non ai fini di un’astratta inammissibilità della domanda relativa a inadempimenti pecuniari, ma in sede di verifica concreta della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura nonché al momento dell’esercizio del potere discrezionale di graduazione dell’importo”, e ciò sottolineando il valore del tutto autonomo del dato letterale della sussistenza di “ altre ragioni ostative” rispetto al limite negativo della manifesta iniquità, quest’ultimo, a differenza del primo, presente anche nel codice di procedura civile, laddove il primo è caratteristico solo del codice del processo amministrativo e, come tale, va considerato.
In sostanza, è proprio la lettera e) del comma 4 dell’art. 114 c.p.a. a consentire la valorizzazione di specifiche motivazioni che possono essere, in concreto, poste dal giudice amministrativo alla base della decisione di non comminare la sanzione pecuniaria, attraverso l’esercizio dell’ampio potere discrezionale di cui dispone.
Tali specifiche circostanze devono essere addotte dalla parte debitrice, in capo alla quale, pertanto, è posto l’onere probatorio.
Nel caso del debitore pubblico, l’Adunanza Plenaria ravvisa la specialità del contesto “con specifico riferimento alle difficoltà nell’adempimento collegate a vincoli normativi e di bilancio, allo stato della finanza pubblica e alla rilevanza di specifici interessi pubblici”.
Alla luce delle considerazioni sopra esposte, il Collegio ritiene che, nel caso di giudizi aventi a oggetto il pagamento, a carico dello Stato, di somme di denaro a titolo di equa riparazione per eccessiva durata del processo, l’esigenza di contenimento della spesa pubblica in ragione della condizione di crisi finanziaria della finanza pubblica e dell’ammontare del debito pubblico, giustifichi in concreto la mancata condanna della parte pubblica al pagamento dell’ astreinte (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 18 settembre 2014, n. 4973).
Le suddette ragioni ostative, pur non essendo state dedotte in giudizio, rientrano pacificamente nei fatti notori ex art. 115 c.p.c., e come tali devono considerarsi provati, trattandosi di fatti acquisiti alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabili ed incontestabili ( ex multis , Cass. civ., sez. trib. 20 giugno 2014 n. 14063;sez. I 19 marzo 2014 n. 6299;sez. II 5 luglio 2013 n. 16881).
Per quanto riguarda le spese successive al decreto azionato, e come tali non liquidate nello stesso, il Collegio deve specificare che in sede di giudizio di ottemperanza può riconoscersi l'obbligo di corresponsione alla parte ricorrente oltre che degli interessi sulle somme liquidate in giudicato, anche delle spese accessorie (T.A.R. Sicilia Catania Sez. III Sent., 28/10/2009, n. 1798;T.A.R. Sardegna, 29/09/2003, n. 1094).
Infatti, nel giudizio di ottemperanza, le ulteriori somme richieste in relazione a spese, diritti e onorari successivi al decreto sono dovute solo in relazione alla pubblicazione, all'esame ed alla notifica del medesimo, alle spese relative ad atti accessori, in quanto hanno titolo nello stesso provvedimento giudiziale;non sono dovute, invece, le eventuali spese non funzionali all’introduzione del giudizio di ottemperanza quali quelle di precetto, che riguardano il procedimento di esecuzione forzata disciplinato dagli artt. 474 ss. c.p.c., né quelle relative a procedure esecutive risultate non satisfattive, poiché, come indicato, l’uso di strumenti di esecuzione diversi dall'ottemperanza al giudicato è imputabile alla libera scelta del creditore (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 11 maggio 2010 , n. 699;T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 22 dicembre 2009 , n. 1348;Tar Campania – Napoli n. 9145/05 ;T.A.R. Campania – Napoli n. 12998/03;C.d.S. sez. IV n. 2490/01;C.d.S. sez. IV n. 175/87).
Ciò in considerazione del fatto che il creditore della P.A. può scegliere liberamente di agire o in sede di esecuzione civile ovvero in sede di giudizio di ottemperanza, ma una volta scelta questa seconda via non può chiedere la corresponsione delle spese derivanti dalla eventuale notifica al debitore di uno o più atti di precetto (T.A.R. Sicilia Catania Sez. III, 14.07.2009, n. 1268).
Le spese, i diritti e gli onorari di atti successivi al decreto azionato sono quindi dovuti solo per le voci suindicate e, in quanto funzionali all’introduzione del giudizio di ottemperanza, vengono liquidate, in modo omnicomprensivo, nell’ambito delle spese di lite del presente giudizio come quantificate in dispositivo, fatte salve le eventuali spese di registrazione del titolo azionato il cui importo, qualora dovuto e versato, non può considerarsi ricompreso nella liquidazione omnicomprensiva delle suindicate spese di lite.
Alla luce di quanto sopra esposto, deve, conseguentemente, dichiararsi l'obbligo del Ministero della Giustizia di dare esecuzione al decreto decisorio della Corte di Appello di Napoli, III Sezione civile, n. 2902/2012, reso il 26 giugno 2012 e depositato il 17 settembre 2012, nel procedimento n. 720/2012 RGVG, mediante il pagamento in favore della sig.ra L P della somma di € 9.416,00 (euro novemilaquattrocentosedici/00), oltre agli interessi al tasso legale dal 17 settembre 2012 (data di pubblicazione del decreto) al saldo, ponendo in essere i necessari atti adempitivi entro il termine di giorni sessanta dalla notificazione ad istanza di parte o dalla comunicazione in via amministrativa (ove antecedente) della presente sentenza.
In caso di inutile decorso del termine di cui sopra, si nomina sin d’ora Commissario ad acta il Dirigente della Corte dei Conti preposto al Servizio Amministrativo Unico Regionale per la Campania –