TAR Bari, sez. II, sentenza 2018-04-26, n. 201800635

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. II, sentenza 2018-04-26, n. 201800635
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201800635
Data del deposito : 26 aprile 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/04/2018

N. 00635/2018 REG.PROV.COLL.

N. 02070/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO I

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

S

sul ricorso numero di registro generale 2070 del 2009, proposto da
F B, rappresentata e difesa dagli avvocati F M, G B, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Bari, via Marchese di Montrone, n. 106;

contro

Comune di Bari, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato C L B, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Principe Amedeo, n. 26;

per l'annullamento

- della nota notificata in data 4 agosto 2009, con cui il Dirigente del Settore tecnico del Comune di Bari ha rigettato l'istanza di condono presentata dalla ricorrente in data 10 dicembre 2004 con riguardo all'immobile sito in Bari, al V.le Imperatore Traiano, n. 13, in catasto al foglio di mappa n. 43 p.lle 83 e 85 nonché di ogni altro atto presupposto, connesso o comunque consequenziale, ancorché non conosciuto dal ricorrente, se lesivo della sua sfera giuridica.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bari;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2018 la dott.ssa F R e uditi per le parti i difensori avv. G B e avv. C L B;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il gravame indicato in epigrafe, parte ricorrente ha impugnato la nota notificata in data 4 agosto 2009, con cui il Dirigente del Settore tecnico del Comune di Bari ha rigettato l'istanza di condono presentata dal ricorrente in data 10 dicembre 2004 (condono edilizio n. 7220) con riguardo all'immobile sito in Bari, al viale Imperatore Traiano, n. 13, in catasto al foglio di mappa n. 43 p.lle 83 e 85.

Avverso l’atto impugnato la ricorrente ha dedotto l’illegittimità per eccesso di potere per difetto di istruttoria, per travisamento dei fatti ed erronea presupposizione, per motivazione inadeguata ed erronea, per violazione del principio di buon andamento dell’attività amministrativa ex art. 97 della Costituzione.

Si è costituito in giudizio il Comune di Bari chiedendo il rigetto del ricorso.

All’udienza pubblica del 23 gennaio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. - Nel primo motivo di ricorso, la deducente preliminarmente evidenzia che le opere edilizie per le quali si è presentato il condono sarebbero state realizzate nel 1967, epoca antecedente alla regolamentazione legislativa di cui alla legge n. 47 del 1985, sicché l’opera de qua non darebbe luogo ad ipotesi di difformità rispetto a specifiche prescrizioni né legislative, né della strumentazione urbanistica locale.

La concludente spiega che, nel 2004, avrebbe presentato domanda di condono solo in ragione del fatto che dopo il 2000 (a distanza, dunque, di quasi 30 anni dalla costruzione) il Comune aveva proceduto ad una serie di accertamenti in loco rilevando la presunta "difformità" dello stato dei luoghi, senza tuttavia considerare quanto affermato dalla ricorrente agli agenti accertatori in ordine all’epoca assai risalente in cui la piccola costruzione in questione era stata realizzata. In tale contesto fattuale andrebbe collocata la scelta del concludente di presentare la domanda di condono, per tentare (data la difficoltà di provarne la data di esecuzione) di risolvere diversamente la questione sollevata dal Comune, che, invece, oggi, a parere della ricorrente, senza alcuna logica e valida motivazione, avrebbe negato il condono sul presupposto della mancata prova della data di ultimazione dei lavori: una prova diabolica, visto che le opere sarebbero state realizzate oltre 30 anni addietro.

Secondo la ricorrente non potrebbe dubitarsi del fatto che le opere siano state realizzate nel 1967, verificando lo stato dei luoghi e dei materiali di costruzione, che sarebbero obsoleti e comunque non successivi al 2003, come qualunque accertamento tecnico che fosse appositamente condotto non potrebbe che dimostrare ed attestare.

In conclusione, secondo la deducente, la prima motivazione di diniego del Comune riferita alla omessa dimostrazione della data di ultimazione delle opere sarebbe irragionevole, pretendendo il Comune una prova impossibile ( rectius diabolica) e comunque non richiesta nel caso di specie, trattandosi di opera realizzata oltre 40 anni fa, come il Comune avrebbe potuto agevolmente rilevare in loco, secondo il ricorrente, attraverso un adeguata verificazione tecnica prima di rigettare il condono.

La deducente conclude chiedendo espressamente a questo Tribunale di disporre una consulenza tecnica d'ufficio che accerti se l’opera (contestata dal Comune e poi fatta oggetto di domanda di condono) sia stata realizzate anteriormente al 2003.

2. – La ricorrente sostiene che sia del pari erronea ed illegittima la seconda motivazione di diniego incentrata sulla asserita violazione delle disposizioni normative sulla tutela dei vincoli ambientali e paesaggistici (300 mt. dalla costa), senza aver previamente considerato e valutato che le opere risalgono a tempo immemorabile (e comunque non successive al 1967) e che pertanto preesistevano ampiamente rispetto all'entrata in vigore della legislazione vincolistica.

L’interessato conclude osservando che, in ogni caso, non configurandosi alcun abuso edilizio, né rispetto alla normativa legislativa vigente nel 1967, né rispetto allo strumento urbanistico generale dell’epoca, il Comune non avrebbe dovuto contestarla assimilandola alla stregua delle opere realizzate successivamente all'entrata in vigore della legge 47/85, della legge regionale n. 56/80 e/o del PUTT, tutti erroneamente posti dal Comune a fondamento del diniego impugnato.

Secondo la ricorrente il diniego del Comune è frutto solo di un travisamento della realtà dei fatti e si fonderebbe sulla erronea presupposizione della effettiva epoca in cui la costruzione era stata realizzata (1967): se, infatti, il Comune avesse ragionevolmente considerato la data di ultimazione, non avrebbe negato il condono sull'assunto dell'indimostrata epoca di realizzazione di opere;
opere che, a parere del ricorrente, non potevano che essere già state realizzate nel 2003 e che quindi andavano senz'altro condonate.

Il Comune di Bari nelle memoria depositata in data 22 dicembre 2017 evidenzia che la ricostruzione dei fatti sia piuttosto approssimativa. Più nello specifico, il Comune afferma che nelle censure la ricorrente non fa alcun riferimento all’esistenza di procedimenti amministrativi sanzionatori e relativi verbali di accertamento di violazione urbanistico-edilizia antecedenti alla domanda di condono;
tant’è che l’istanza presentata avrebbe ad oggetto proprio le opere abusive accertate con il verbale di violazione urbanistico-edilizia n. 122/03.

I fatti rappresentati nel ricorso prescinderebbero ed ometterebbero del tutto l'esistenza del procedimento amministrativo n.326 bis/03, come se l'istanza di condono non fosse stata preceduta da alcun verbale di accertamento di violazione urbanistico-edilizia.

Secondo il Comune, dall'esame del verbale e del relativo procedimento amministrativo sanzionatorio, innanzi richiamati, emergerebbe che con il verbale n. 122/03 (e poi con verbale n.123 in pari data), veniva accertata presso l'immobile di residenza dei sig. Costantiello/Brunetti l'esecuzione di numerose opere abusive consistenti in ampliamenti planovolumetrici a piano interrato, rialzato e primo, oltre alla realizzazione di una piscina, spogliatoi e altri manufatti.

Tutti i predetti abusi edilizi contestati mediante i richiamati verbali, non potrebbero essere sanati ai sensi della legge sul condono invocata, (legge n. 326 del 2003), stante la tutela paesaggistica di cui alle norme del P.U.T.T./P della Puglia in vigore nella fascia costiera dei primi 100 metri, dove sono ubicati gli immobili di proprietà ricorrente, abusivamente ampliati e trasformati.

3. - Il Collegio ritiene di poter esaminare congiuntamente le due censure, essendo le stesse strettamente connesse.

Invero, entrambe le censure si fondano su un presupposto di fatto, e cioè, che le opere di che trattasi siano state realizzate antecedentemente al 1967: se infatti le opere suddette fossero state realizzate nel periodo suddetto, non sarebbero stati ancora in vigore la legge 47/85, la legge regionale n. 56/80 e il PUTT, tutti elementi posti dal Comune di Bari a fondamento del diniego impugnato.

Nel provvedimento impugnato, infatti, si legge: “Verificato che le opere abusive consistono nella realizzazione di un edificio di civile abitazione, costituito da due piani fuori terra, per una superficie totale di mq 93,00 localizzato in parte di territorio identificato quale “Ambito territoriale esteso di Tipo “C” (fascia costiera contermine al limite interno del demanio marittimo della profondità di mt 300);
Verificato che per detta parte di territorio vige pienamente il regime di tutela, salvaguardia e valorizzazione introdotto sia dal PUTT/P, ed in particolare risultano pienamente efficaci le “Prescrizioni di Base di cui all’art.

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