TAR Roma, sez. III, sentenza 2024-01-17, n. 202400801

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza 2024-01-17, n. 202400801
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202400801
Data del deposito : 17 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/01/2024

N. 00801/2024 REG.PROV.COLL.

N. 16423/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 16423 del 2022, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato A B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
-OMISSIS-, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

del decreto prot. n. -OMISSIS-del 21.10.2022, notificato in data 26.10.2022 di rifiuto del rilascio di visto di ingresso in Italia per “motivi di studio”;

di ogni altro atto presupposto, preparatorio, prodromico, concernente, connesso o consequenziale, anche non conosciuto e comunque lesivo degli interessi del ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2023 il dott. L B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente, cittadino nigeriano, esponeva di aver conseguito il diploma di scuola superiore nel settore informatico e, desiderando intraprendere gli studi universitari in Italia, presentava domanda di immatricolazione presso la facoltà di Ingegneria informatica presso l’Università degli Studi di Genova.

Il ricorrente evidenziava che la scelta di tale Ateneo era dovuta anche al fatto che a Genova risiede regolarmente e lavora anche sua sorella, cittadina italiana nata a Lagos e a sua volta coniugata con un cittadino italiano.

1.1. Il ricorrente, in data 5 agosto 2022, presentava istanza di visto per motivi di studio al -OMISSIS-.

A corredo di tale istanza e nelle more della sua valutazione da parte della competente Rappresentanza diplomatica italiana veniva, inter alia , presentata anche la seguente documentazione:

- una lettera del fratello del ricorrente, datata 9 luglio 2022, con la quale tale parente, residente in California, impiegato in qualità di addetto alla sicurezza presso il “-OMISSIS-” di Los Angeles e titolare di un reddito annuo pari a 40.768 dollari, si impegnava a sostenere economicamente il ricorrente durante il periodo di studi universitari in Italia, mediante il versamento di una somma mensile pari a euro 500,00, per un totale di 6.000 euro annui (cfr. docc. 7 e 8 della produzione di parte ricorrente);

- una lettera della sorella, datata 8 settembre 2022, con la quale la stessa, tra l’altro, rappresentava che il ricorrente avrebbe vissuto presso la sua abitazione, ubicata a Genova, durante il periodo di permanenza in Italia (cfr. doc. 10 della produzione di parte ricorrente).

1.2. Il -OMISSIS-, in data 28 settembre 2022, comunicava al ricorrente, ai sensi dell’art. 10- bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, i motivi ostativi all’accoglimento della domanda di visto. Tale comunicazione era così motivata “ Lei non ha dimostrato tramite idonea certificazione rilasciata da un Ente riconosciuto l’adeguata conoscenza della lingua italiana nella quale si terrà il corso di Studio ” (cfr. pagg. 2 e 3 del ricorso introduttivo).

1.3. Il ricorrente, con pec del 3 ottobre 2022, riscontrava il preavviso di rigetto della propria istanza formulando, in punto di fatto, le seguenti osservazioni “ Con la presente si trasmette copia del certificato, rilasciato dalla società Udemy che propone, gestisce ed effettua corsi di lingua on line, dal quale risulta che il signor -OMISSIS-ha completato il corso di italiano dal livello A1 fino al livello B2, acquisendo dunque, capacità linguistiche sicuramente adeguate alla frequentazione del corso di Laurea in Ingegneria Informatica presso l’Università degli Studi di Genova. Peraltro, come attestato in base alla ‘Academic Eligibility’ resa dall’Università di Genova, anche in caso di mancato superamento dei test di lingua italiana in remoto ‘lo studente... potrà iscriversi con debito formativo da compensare mediante la frequenza di un corso gratuito obbligatorio organizzato dall’Ateneo’ ” (cfr. doc. 3 della produzione di parte ricorrente).

1.4. Il -OMISSIS-, con provvedimento adottato in data 21 ottobre 2022 e notificato al ricorrente in data 26 ottobre 2022, respingeva la domanda di visto reiterando la motivazione del preavviso di rigetto (cfr. doc. 1 della produzione di parte ricorrente).

2. Il ricorrente, con la proposizione del presente ricorso affidato a tre differenti motivi, impugnava il provvedimento di diniego del visto richiesto per motivi di studio, lamentandone l’illegittimità per violazione di legge, e ne chiedeva l’annullamento.

2.1. Il ricorrente, con il primo motivo di ricorso, contestava la legittimità del gravato provvedimento di diniego per “ Violazione dell’art 3 comma 1 della legge 241/90. Violazione artt. 24 e 97 Cost ”.

In particolare, con tale mezzo di gravame, veniva contestata la legittimità dell’impugnato diniego ritenendo che la motivazione addotta dalla Rappresentanza diplomatica italiana fosse pretestuosa, infondata erronea ed illogica, avendo il ricorrente dimostrato, mediante il deposito di specifica documentazione, di possedere le capacità linguistiche per frequentare il corso di laurea di interesse presso l’Ateneo genovese.

Nella prospettazione della parte ricorrente, inoltre, la motivazione del gravato provvedimento risulterebbe illegittima anche perché non avrebbe preso in considerazione la circostanza per cui il certificato di “ Academic Elegibility ”, reso dall’Università degli Studi di Genova e trasmesso alla competente Rappresentanza diplomatica italiana, specificava che l’immatricolazione al corso di laurea di interesse per il ricorrente sarebbe stata possibile anche laddove non fosse stato superato il test di lingua italiana, essendo prevista la modalità di iscrizione con debito, da compensare mediante la frequenza di un corso gratuito obbligatorio organizzato dall’Ateneo.

Peraltro, sempre secondo la tesi di parte ricorrente, la motivazione del gravato provvedimento risulterebbe del tutto apparente in quanto la stessa, oltre a non indicare le ragioni di fatto a fondamento del diniego, neppure indicherebbe sulla scorta di quale base giuridica lo stesso sia stato adottato.

2.1.1. Il ricorrente, con il secondo motivo di ricorso, contestava la legittimità del gravato provvedimento di diniego per “ Violazione dell’art. 10-bis legge 241/90 come modificato dalla legge 15/2005 ”.

In particolare, con tale mezzo di gravame, veniva contestata la legittimità dell’impugnato diniego in quanto lo stesso, non prendendo in considerazione il certificato di conoscenza della lingua italiana per i livelli da A1 fino a B2, prodotto dal ricorrente successivamente alla comunicazione del preavviso di rigetto, veniva fondato sui medesimi motivi comunicati con detto preavviso. Nel caso di specie, dunque, l’amministrazione resistente avrebbe violato l’obbligo, scaturente dall’art. 10- bis della legge n. 241/1990, di valutare le osservazioni difensive rese dal privato in sede procedimentale e di esplicitare le ragioni di un loro eventuale non accoglimento.

2.1.2. Il ricorrente, con il terzo motivo di ricorso, contestava la legittimità del gravato provvedimento di diniego per “ Violazione dell’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché del Protocollo addizionale n. 7 della stessa Convenzione ”.

In particolare, con tale mezzo di gravame, veniva contestata la legittimità dell’impugnato diniego in quanto lo stesso si porrebbe, secondo la prospettazione del ricorrente, in contrasto con l’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“ CEDU ”), che al primo comma riconosce ad ogni persona soggetta alla giurisdizione delle Parti contraenti il diritto al rispetto della vita privata e familiare e, al secondo comma, stabilisce che l’Autorità pubblica non può interferire con l’esercizio di tale diritto, salvo che ciò non sia previsto dalla legge e costituisca una misura tesa al raggiungimento di una delle specifiche finalità indicate sempre dall’art. 8, comma 2, CEDU.

Nel caso di specie, la violazione di tale disposizione normativa sovranazionale risulterebbe integrata in quanto il rigetto del visto richiesto dalla parte ricorrente impedisce alla stessa di frequentare in Italia il corso di laurea di interesse e, dunque, è atto a incidere sulla sua vita privata e familiare.

Peraltro, il fatto che il gravato provvedimento, nel precludere lo svolgimento della formazione universitaria in Italia, determini effettivamente un vulnus nella vita familiare e privata del ricorrente risulterebbe anche avvalorato dalla grave situazione socio-politica in cui versa la Nigeria, come evidenziata anche dalla Agenzia dell’Unione europea per l’asilo.

2.2. La parte ricorrente, con memoria depositata in data 14 febbraio 2023, si riportava integralmente ai motivi di ricorso e ne chiedeva l’accoglimento in uno con la spiegata domanda cautelare.

2.3. Il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (“ M ”) si costituiva in giudizio in data 17 febbraio 2023.

2.3.1. Il M, con la propria memoria di costituzione, eccepiva preliminarmente la nullità della procura alle liti rilasciata all’estero dal ricorrente, in quanto priva della legalizzazione da parte della competente autorità diplomatica italiana.

2.3.2. Il M, nel merito, eccepiva l’infondatezza del ricorso.

In particolare, evidenziava che il ricorrente, pur avendo intenzione di immatricolarsi a un corso di laurea attivato presso l’Università degli Studi di Genova e interamente impartito in lingua italiana, non avrebbe presentato alcuna documentazione idonea a comprovare la sua conoscenza della lingua italiana. In proposito, non risulterebbe adeguato il certificato rilasciato dalla società Udemy, attestante il superamento di un corso online di 36 ore da livello A1 a B2, atteso che nel quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue, il numero di ore di studio per passare dal livello A1 (principiante assoluto) al livello B2 (intermedio-avanzato) è stimato in 600 ore.

Il M evidenziava, quindi, che per tali ragioni le motivazioni del ricorrente in ordine alla reale volontà di proseguire il percorso di studi in Italia non erano state ritenute attendibili, anche tenuto conto che in Italia sono offerti, da altri Atenei, corsi simili in lingua inglese.

Il M, infine, rappresentava come, nel caso di specie, l’operato della Rappresentanza diplomatica fosse del tutto legittimo, in quanto la stessa era tenuta anche a valutare il c.d. rischio migratorio ai sensi di quanto previsto dall’art. 4, comma 3, del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286.

2.4. All’udienza camerale del 22 febbraio 2023 veniva discussa la domanda cautelare presentata dalla parte ricorrente e poi la causa veniva trattenuta in decisione.

2.4.1. La Sezione, con ordinanza n. -OMISSIS-del 27 febbraio 2023, alla luce dell’eccezione sollevata dal M in ordine alla nullità della procura alle liti rilasciata all’estero dalla parte ricorrente, assegnava a quest’ultima un termine per procedere alla legalizzazione della stessa.

2.5. La parte ricorrente, con memoria depositata in data 17 marzo 2023, rappresentava di aver richiesto e ottenuto, dal -OMISSIS-, un appuntamento per il giorno 27 marzo 2023 al fine di procedere alla legalizzazione della procura.

2.5.1. Il ricorrente, in data 18 aprile 2023, produceva in atti la procura alle liti debitamente legalizzata dall’autorità diplomatica italiana.

2.6. Il ricorrente, in vista dell’udienza camerale del 10 maggio 2023, con istanza depositata in data 4 maggio 2023 chiedeva il passaggio in decisione della causa senza previa discussione.

2.7. All’udienza camerale del 10 maggio 2023 la causa veniva trattenuta in decisione sulla base degli atti depositati, come richiesto dalla parte ricorrente.

2.7.1. La Sezione, con ordinanza n. -OMISSIS-dell’11 maggio 2023, respingeva la domanda cautelare proposta dalla parte ricorrente.

2.8. Il ricorrente, in vista dell’udienza pubblica dell’11 ottobre 2023, con istanza depositata in data 5 ottobre 2023 chiedeva il passaggio in decisione della causa sulla base degli atti depositati.

2.9. All’udienza pubblica dell’11 ottobre 2023 la causa veniva trattenuta in decisione senza previa discussione, come richiesto dalla parte ricorrente.

2.10. La parte ricorrente, in seguito alla rimessione sul ruolo della causa, con memoria depositata in data 30 ottobre 2023 insisteva per l’accoglimento del ricorso.

2.11. All’udienza pubblica del 20 dicembre 2023 la causa veniva trattenuta in decisione.

3. Il Collegio, in via preliminare, ritiene superata l’eccezione di nullità della procura alle liti rilasciata al patrono di parte ricorrente in quanto, nelle more del presente giudizio, tale procura è stata legalizzata, come risulta dalla produzione documentale del 18 aprile 2023.

4. Il Collegio ritiene che il ricorso in esame non sia meritevole di accoglimento per le seguenti ragioni di diritto.

4.1. Risultano innanzitutto infondati il primo e il secondo motivo di ricorso, con i quali è stato prospettato che il gravato provvedimento di diniego sia illegittimo per difetto di motivazione e per violazione dell’art. 10- bis della legge n. 241/1990, nella misura in cui l’amministrazione resistente, nel reiterare la motivazione posta a fondamento del preavviso di rigetto, avrebbe omesso di valutare tutti gli elementi rappresentati in sede procedimentale dalla parte ricorrente.

Tali censure possono essere esaminate congiuntamente in quanto entrambe appuntano, ancorché sotto profili distinti, sull’asserito difetto di motivazione del gravato provvedimento.

4.2. Vale, a riguardo, rimarcare che con il provvedimento impugnato la Rappresentanza diplomatica italiana a Lagos ha rigettato l’istanza di visto presentata dal ricorrente sulla base della mancata dimostrazione, tramite idonea certificazione rilasciata da un Ente riconosciuto, di una adeguata conoscenza della lingua italiana, lingua nella quale verranno impartite le lezioni del corso di laurea nel quale il ricorrente ha interesse ad immatricolarsi, ossia quello di Ingegneria informatica dell’Università degli Studi di Genova.

Tale provvedimento è stato espressamente adottato dal -OMISSIS- ai sensi dell’art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 286/1998, dell’art. 6- bis del d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394 e dell’art. 58, comma 2, del d.lgs. 3 febbraio 2011, n. 71.

4.3. Vale innanzitutto rilevare che, diversamente da quanto sostenuto dalla parte ricorrente, la motivazione che sorregge l’impugnato provvedimento di diniego non è priva di base giuridica, in quanto l’amministrazione resistente ha specificamente indicato le disposizioni normative in forza delle quali lo stesso è stato adottato.

4.3.1. In particolare, vale evidenziare che le autorità diplomatiche, sulla scorta di quanto previsto dalle disposizioni normative indicate nel gravato provvedimento, adottano il provvedimento di diniego nel caso in cui non sussistano i requisiti previsti per il rilascio del visto.

Nel caso di specie, il fatto che il ricorrente non abbia fornito, attraverso idonea certificazione, la prova di possedere una conoscenza della lingua italiana adeguata a intraprendere un percorso di studi universitario impartito, presso l’Ateneo prescelto, solamente in tale idioma, costituisce una motivazione sufficiente a legittimare il rigetto della domanda di visto presentata dalla parte ricorrente, in quanto le Rappresentanze diplomatiche italiane sono tenute necessariamente a valutare, in subiecta materia , la sussistenza o meno del c.d. rischio migratorio.

In questi termini, dunque, deve essere vagliata la legittimità della motivazione posta a fondamento del gravato provvedimento di diniego, in quanto tutti gli indici normativi applicabili ratione materiae – e, in primis , quelli espressamente indicati nel gravato provvedimento – depongono in tal senso.

Il M, peraltro, con la propria memoria del 17 febbraio 2023, ha evidenziato come le Rappresentanze diplomatiche, con riguardo all’esame delle istanze tese al rilascio di visti di ingresso sul territorio nazionale, sono necessariamente tenute a valutare la sussistenza o meno del rischio di immigrazione illegale del richiedente.

4.3.2. Giova, a riguardo evidenziare che, sul piano normativo eurounionale, l’art. 21 del Regolamento CE n. 810 del 13 luglio 2009 (c.d. codice dei visti) impone agli Stati membri di effettuare l’esame delle domande per verificare, fra l’altro, che il richiedente non presenti un rischio di immigrazione illegale o un rischio per la sicurezza del Paese e che intenda partire prima della scadenza del visto.

L’art. 14, lett. d) , del codice dei visti prevede, più in dettaglio, che il richiedente debba fornire “ informazioni che consentano di valutare l’intenzione […] di lasciare il territorio degli Stati membri prima della scadenza del visto richiesto ”, ossia elementi utili ad evidenziare l’effettiva intenzione di far rientro in patria alla fine del periodo dichiarato di viaggio.

4.3.2.1. Sul piano normativo interno, l’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286/1998, espressamente dispone che “ Ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 3, comma 4, l’Italia, in armonia con gli obblighi assunti con l’adesione a specifici accordi internazionali, consentirà l’ingresso nel proprio territorio allo straniero che dimostri di essere in possesso di idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno, nonché la disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno e, fatta eccezione per i permessi di soggiorno per motivi di lavoro, anche per il ritorno nel Paese di provenienza […] Non è ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi tali requisiti […]”.

Anche l’art. 4 del decreto interministeriale n. 850 dell’11 maggio 2011 – nel cui preambolo sono richiamati tanto il c.d. codice dei visti, quanto il d.lgs. n. 286/1998 e il d.P.R. n. 394/1999 – stabilisce che “ 1. Secondo quanto previsto dal Reg. (CE) N. 810/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti, nell’esame delle richieste di visto di breve durata è richiesto alle rappresentanze diplomatico-consolari di prestare particolare attenzione alla valutazione se il richiedente presenti un rischio di immigrazione illegale ed offra adeguate garanzie sull’uscita dal territorio degli Stati membri alla scadenza del visto richiesto.

2. Ai fini di tale valutazione, di esclusiva competenza della rappresentanza diplomatica o consolare, può essere richiesta l’esibizione di apposita documentazione, relativa anche allo scopo del viaggio ed alla condizione socio-economica del richiedente […]”.

4.3.3. La giurisprudenza amministrativa ha, invece, evidenziato che “ La valutazione del rischio migratorio si connota in chiave latamente discrezionale e, dunque, può essere sindacata in sede giurisdizionale solo ab externo, per la palese sussistenza di macroscopiche abnormità logiche (cfr., ex multis, Cons. St., IV, n. 11744/2022) ” (cfr., di recente, T.A.R. Lazio, sez. III, sent. n. 17919 del 29 novembre 2023).

4.4. Nella fattispecie in esame, alla luce della documentazione prodotta dal ricorrente in sede procedimentale (e versata anche in atti nel presente giudizio), delle precisazioni fornite dal M con la memoria depositata in data 17 febbraio 2023, nonché delle coordinate ermeneutiche, normative e giurisprudenziali innanzi riportate, la motivazione posta a fondamento del gravato diniego si appalesa scevra dai vizi lamentati dalla parte ricorrente.

4.5. In primo luogo, la motivazione contestata risulta coerente con gli elementi documentali prodotti dal ricorrente in sede procedimentale, compresi quelli successivi alla comunicazione del preavviso di rigetto.

Da tale documentazione, infatti, risulta effettivamente che il ricorrente “ non ha dimostrato tramite idonea certificazione rilasciata da un Ente riconosciuto l’adeguata conoscenza della lingua italiana nella quale si terrà il corso di studio ”. Il ricorrente, più in dettaglio e come già esposto in precedenza, si è limitato a dimostrare la conoscenza della lingua italiana solo mediante la produzione di un certificato rilasciato da una società che organizza corsi online , quindi non da un Ente certificatore all’uopo riconosciuto.

4.5.1. Giova, a riguardo, rilevare che il Ministero dell’Università e della Ricerca (“ Mur ”) adotta, su base annuale, una specifica circolare tesa a disciplinare le “ Procedure per l’ingresso, il soggiorno, l’immatricolazione degli studenti internazionali e il relativo riconoscimento dei titoli, per i corsi della formazione superiore in Italia ”. Tale circolare, per quel che concerne l’anno accademico rilevante ai fini del presente giudizio (ossia, l’anno accademico 2022/2023), nella Parte III disciplina la “ Conoscenza della lingua italiana ”.

Il punto 1 della Parte III di detta circolare prevede che “ Le istituzioni della formazione superiore hanno il compito di verificare la competenza linguistica per l’accesso ai corsi. Ogni istituzione organizza in autonomia una prova di conoscenza della lingua italiana, obbligatoria per tutti i corsi di Laurea e di Laurea Magistrale a ciclo unico, ad eccezione dei casi di esonero indicati ai successivi punti 1.1 e 1.2. Tale prova è organizzata prima della richiesta del visto e preferibilmente a distanza, al fine di poter certificare tale conoscenza in fase di richiesta del visto per motivi di studio, per velocizzare tali procedure e per non gravare eccessivamente sul candidato. L’esito della valutazione della conoscenza linguistica dovrà essere certificato nella domanda di preiscrizione e nella eventuale Lettera di idoneità all’immatricolazione, in modo da esentare le Sedi diplomatico-consolari dalla suddetta verifica […]”.

Il punto 1.2 della Parte III della sopra menzionata circolare, invece, stabilisce i casi di esonero dalla prova di lingua italiana. In estrema sintesi, si tratta di casi nei quali gli studenti stranieri che intendono immatricolarsi abbiano già studiato la lingua italiana durante il ciclo di studi anteriore a quello universitario (ipotesi sub a) , b) e c ), ovvero siano in possesso di specifici certificati (ipotesi sub d) i.e. , il Diploma di lingua e cultura italiana conseguito presso le Università per Stranieri di Perugia e di Siena – ed e) le certificazioni di competenza di lingua italiana, nel grado corrispondente ai livelli C1 e C2 del Consiglio d’Europa, emesse nell’ambito del sistema di qualità CLIQ (Certificazione Lingua Italiana di Qualità), che riunisce in associazione gli attuali enti certificatori (Università per stranieri di Perugia, Università per stranieri di Siena, Università Roma Tre, Società Dante Alighieri), nonché emesse dall’Università per stranieri “Dante Alighieri” di Reggio Calabria, anche in convenzione con gli Istituti italiani di Cultura all’estero o altri soggetti accreditati –).

4.5.2. Nella fattispecie in esame, la Rappresentanza diplomatica italiana a Lagos era tenuta a verificare necessariamente la conoscenza della lingua italiana da parte del ricorrente, potendone poi legittimamente trarne conseguenze sul piano dell’apprezzamento del c.d. rischio migratorio.

Infatti, in base a quanto dichiarato dall’Università degli Studi di Genova (cfr. doc. 6 della produzione di parte ricorrente), il ricorrente avrebbe potuto iscriversi anche se non in possesso di una certificazione che attestasse la sua conoscenza della lingua italiana a livello B2 e, comunque, potendo sostenere il test di lingua direttamente presso l’Ateneo (quindi, non necessariamente prima dell’ingresso sul territorio nazionale).

Ciò, oltre a non risultare in linea con le previsioni della richiamata circolare del Mur – che, invece, prescrive che il test di lingua italiana venga svolto “ prima della richiesta del visto e preferibilmente a distanza, al fine di poter certificare tale conoscenza in fase di richiesta del visto per motivi di studio ” – ha reso necessitato l’apprezzamento, da parte della Rappresentanza diplomatica italiana in sede di esame dell’istanza di visto, in ordine alle conoscenze della lingua italiana da parte del ricorrente, trattandosi di un aspetto indissolubilmente legato alle finalità dell’ingresso nel territorio nazionale.

Giova, in proposito, ulteriormente rimarcare che, venendo in rilievo il diniego di un visto di ingresso per motivi di studio relazionato con l’immatricolazione ad un corso di laurea impartito esclusivamente in italiano, la conoscenza della lingua italiana risultava fondamentale per determinare che la finalità del soggiorno del ricorrente fosse effettivamente legata a motivi di studio e non celasse, per converso, una diversa e surrettizia ragione, legata con la volontà di non far ritorno nel Paese di origine, come tale connessa con il rischio di immigrazione illegale e, dunque, rientrante nel perimetro valutativo di pertinenza della Rappresentanza diplomatico-consolare.

4.5.3. La motivazione del gravato provvedimento ha ampiamente dato conto dell’esito negativo della valutazione inerente al mancato possesso, da parte del ricorrente, delle adeguate conoscenze della lingua italiana alla luce della certificazione prodotta, atteso che tale certificazione non è stata rilasciata da un Ente certificatore riconosciuto.

Sul punto vale richiamare quanto previsto dalla lettera e) del punto 1.2 della Parte III della sopra menzionata circolare del Mur, tenuto conto che né in sede procedimentale (in particolare, dopo la comunicazione del preavviso di rigetto), né in sede processuale, la parte ricorrente ha fornito elementi tali da dimostrare che la società che ha rilasciato al ricorrente il certificato di lingua italiana sia un ente certificatore riconosciuto o, almeno, accreditato.

4.5.4. A corroborare la legittimità della motivazione del gravato diniego vi è anche la circostanza per cui il certificato di lingua italiana prodotto dal ricorrente in sede procedimentale risulta di per sé inadeguato a dimostrare il possesso delle conoscenze linguistiche richieste per frequentare il corso di laurea in Ingegneria informatica in lingua italiana dell’Università degli Studi di Genova, il che osta all’ingresso del ricorrente sul territorio nazionale.

4.5.5. Invero, il certificato prodotto dal ricorrente attesta il completamento di un corso di 36 ore di lingua italiana dal livello A1 al livello B2 – corrispondenti ai primi quattro livelli del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (“ QCER ”) –.

Tuttavia, a fronte del fatto che, sulla base di dati pubblici risulta che uno degli enti certificatori riconosciuti dal Mur per il rilascio dei certificati di lingua italiana, vale a dire l’Università per stranieri di Perugia, prevede uno specifico esame per ogni livello del QCER, la mera frequentazione di un corso di 36 ore che parte dal livello A1 per giungere fino al livello B2 non può costituire titolo idoneo a certificare il possesso di adeguate conoscenze linguistiche dell’idioma italiano ai fini dell’immatricolazione ad un corso di laurea attivato presso un Ateneo italiano.

A conferma di ciò vale, altresì, aggiungere che il Mur riconosce il

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi