TAR Roma, sez. II, sentenza 2014-05-14, n. 201405027

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2014-05-14, n. 201405027
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201405027
Data del deposito : 14 maggio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 11981/2004 REG.RIC.

N. 05027/2014 REG.PROV.COLL.

N. 11981/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

S

sul ricorso n. 11981 del 2004 proposto da A C, rappresentato e difeso dagli avvocati M S e L P ed elettivamente domiciliato in Roma, viale Parioli n. 180, presso lo studio dell’avvocato M S;

contro

- il Ministero dell’Economia e delle Finanze ed il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la cui sede sono domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
- l’I.N.P.S. – Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Pietro Collina, Gaetano De Ruvo, Lidia Carcavallo, Francesca Ferrazzoli e Sergio Preden ed elettivamente domiciliato presso la sede dell’Avvocatura Generale dell’INPS in Roma, via della Frezza n. 17;
- l’Agenzia del Territorio, in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituita in giudizio;
- la S.C.I.P. – Società Cartolarizzazione Immobili Pubblici s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituito in giudizio;

per l'annullamento

dei seguenti atti: a) Decreto Ministeriale del 16 settembre 2004, adottato di concerto dal Ministro dell’Economia e delle Finanze e dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, e del relativo Allegato n. 1, nella parte in cui l’immobile sito in Roma, in Piazza Adriana n. 10, è stato qualificato di pregio;
b) della proposta formulata dall’Agenzia del Territorio in data 22 marzo 2004, ai sensi dell’art. 2, comma 13, del decreto legge n. 351/2001, nella parte in cui l’immobile ubicato in Roma, Piazza Adriana n. 10, è stato considerato non degradato ed è stato qualificato di pregio;
di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso, anche non conosciuto dai ricorrenti, ivi compresi il DM del 31 luglio 2002, il DM del 1° aprile 2003 e il DM del 7 gennaio 2004.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze e dell’INPS - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 2 aprile 2014 il dott. Carlo Polidori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente, conduttore di un appartamento ubicato nello stabile sito in Roma, Piazza Adriana n. 10, già di proprietà dell’I.N.P.S. e trasferito alla S.C.I.P. s.r.l. nell’ambito della procedura di dismissione degli immobili di proprietà del suddetto ente previdenziale, ha impugnato il D.M. del 16 settembre 2004 nella parte in cui ha incluso il predetto appartamento tra i c.d. immobili di pregio, deducendo le seguenti censure:

I) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 13, del decreto legge n. 351/2001, convertito con modificazioni dalla legge n. 410/2001 e successivamente modificato dal decreto legge n. 269/2003 convertito dalla legge n. 326/2003;
violazione e falsa applicazione dell’allegato n. 1 del D.M. 31 luglio 2002 del Ministro dell’Economia e delle Finanze;
eccesso di potere in tutte le sue forme sintomatiche e in particolare difetto assoluto di istruttoria, difetto di motivazione, illogicità e ingiustizia manifeste, contraddittorietà, confusione e perplessità dell’azione amministrativa, grave disparità di trattamento
, perché l’accertamento svolto dall’Agenzia del Territorio, all’esito del quale l’immobile in epigrafe indicato è stato considerato non degradato ed è stato qualificato di pregio «è in palese contrasto con la realtà dei fatti», in quanto detto immobile versa in stato di degrado, «degrado che caratterizza ed involge non soltanto la singola unità immobiliare condotta in locazione dal ricorrente, ma anche le parti comuni dell’edificio»;

II) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 13, del decreto legge n. 351/2001, convertito con modificazioni dalla legge n. 410/2001 e successivamente modificato dal decreto legge n. 269/2003 convertito dalla legge n. 326/2003;
violazione e falsa applicazione dell’allegato n. 1 del D.M. 31 luglio 2002 del Ministro dell’Economia e delle Finanze;
eccesso di potere in tutte le sue forme sintomatiche e in particolare difetto assoluto di istruttoria, difetto di motivazione, illogicità e ingiustizia manifeste, contraddittorietà, confusione e perplessità dell’azione amministrativa, grave disparità di trattamento
, perché la valutazione in base alla quale l’immobile in epigrafe indicato è stato considerato non degradato ed è stato qualificato di pregio non tiene conto dell’attuale stato degli impianti (idrico, termico ed elettrico), né della nota del 15 febbraio 1982, con la quale l’INPS ha rettificato il coefficiente dello stato di conservazione dell’unità immobiliare da 1,00 (normale) a 0,80 (mediocre);

III) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 13, del decreto legge n. 351/2001, convertito con modificazioni dalla legge n. 410/2001 e successivamente modificato dal decreto legge n. 269/2003 convertito dalla legge n. 326/2003;
violazione e falsa applicazione dell’allegato n. 1 del D.M. 31 luglio 2002 del Ministro dell’Economia e delle Finanze;
eccesso di potere in tutte le sue forme sintomatiche e in particolare difetto assoluto di istruttoria, difetto di motivazione, illogicità e ingiustizia manifeste, contraddittorietà, confusione e perplessità dell’azione amministrativa, grave disparità di trattamento;
illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 8, comma 13 e comma 20, della legge 23 novembre 2001, n. 410, per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione
, perché i riferimenti allo stato di degrado, contenuti nell’art. 3 della legge n. 410/2001, sono assolutamente inattendibili in quanto «ormai le condizioni ambientali di un immobile devono essere correlate ad innumerevoli circostanze che devono trovare adeguati riscontri prima nella previsione normativa e quindi nei fatti»;

IV) violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 13, del decreto legge n. 351/2001, convertito con modificazioni dalla legge n. 410/2001 e successivamente modificato dal decreto legge n. 269/2003 convertito dalla legge n. 326/2003;
violazione e falsa applicazione dell’allegato n. 1 del D.M. 31 luglio 2002 del Ministro dell’Economia e delle Finanze;
eccesso di potere in tutte le sue forme sintomatiche e in particolare difetto assoluto di istruttoria, difetto di motivazione, illogicità e ingiustizia manifeste, contraddittorietà, confusione e perplessità dell’azione amministrativa, grave disparità di trattamento illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 8, comma 13 e comma 20, della legge 23 novembre 2001, n. 410, per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione
, perché il principio del “blocco dei prezzi”, introdotto dall’art. 3, comma 20, del decreto legge n. 351/2001 con riferimento alle unità immobiliari definitivamente offerte in opzione entro il 26 settembre 2001 determina un ingiustificata disparità di trattamento rispetto alle unità immobiliari offerte in opzione dopo tale data il 26 settembre 2001, per le quali il prezzo è abbattuto del 30% solo alla condizione che non si tratti di immobili di pregio.

2. Si sono costituiti gli intimati Ministeri contestando genericamente la fondatezza delle dedotte doglianze. Si è costituito anche l’I.N.P.S., in proprio e quale mandatario della S.C.I.P. s.r.l., eccependo l’inammissibilità del gravame e l’infondatezza della pretesa del ricorrente.

3. Questa Sezione con la sentenza n. 14426 del 13 dicembre 2006 ha disposto l’esecuzione di una verificazione per accertare se l’immobile oggetto della presente controversia si trovi in stato di degrado e necessiti di interventi di restauro, risanamento conservativo o ristrutturazione edilizia, affidando l’incarico al SIIT (Servizio Integrato Infrastrutture e Trasporti) competente per il Lazio. In particolare la Sezione ha richiesto di conoscere: a) la descrizione delle caratteristiche e dello stato sia dell’appartamento di cui alla presente controversia, sia del fabbricato in cui è ubicato;
b) l’indicazione delle eventuali opere necessarie ai fini di quanto previsto dall’art. 26, comma 5, del decreto legge n. 269/2003.

4. Il funzionario incaricato dell’esecuzione della verificazione nella relazione depositata in data 12 maggio 2008, dopo aver proceduto alla descrizione degli interventi eseguiti in passato sull’appartamento di cui trattasi e dello stato attuale dello stesso, nonché del fabbricato di cui è parte, ha conclusivamente riferito quanto segue: a) «il degrado in cui si trova l’immobile di Piazza Adriana civico 10 e l’unità immobiliare condotta dal ricorrente non può essere considerato tale da poter essere sanato attraverso semplici interventi di manutenzione. Gli interventi necessari al ripristino della piena funzionalità dell’immobile in oggetto sono difatti radicali, poiché consistenti nel ripristino e nel rinnovo o nella totale sostituzione degli elementi costitutivi dell’edificio, oltre che nella modifica e nell’inserimento di nuovi elementi ed impianti. La realizzazione di tali opere è dunque da considerarsi, in quanto espressamente citati nella definizione di intervento di ristrutturazione edilizia restauro e risanamento conservativo, giustificativa dell’esclusione dello stabile di Piazza Adriana civico 10 dalla categoria degli immobili di pregio»;
b) «l’Agenzia del Territorio, nell’eseguire la stima dell’immobile in oggetto, con la sola considerazione delle caratteristiche di localizzazione e posizione ha tralasciato di apportare al valore unitario tutte quelle correzioni legate alle caratteristiche che maggiormente incidono sul valore dell’immobile», quali le caratteristiche di localizzazione (livello di inquinamento ambientale e disponibilità di spazi pubblici o privati utilizzabili a parcheggio) e tipologiche (grado di rifinitura interna ed esterna, livello tecnologico e di efficienza degli impianti, necessità di manutenzione ordinaria e straordinaria, sicurezza delle situazioni strutturali).

5. L’I.N.P.S., con memoria depositata in data 20 marzo 2012, sulla scorta di una perizia di parte ha contestato le conclusioni alle quali è pervenuto il verificatore evidenziando, in particolare, quanto segue: A) «la consulenza effettuata dalla SIIT sembra redatta in modo contraddittorio ed incongruente, come si evince chiaramente da errori di stesura dell’atto (ad esempio nelle pagine 2 e 3 si parla dell’immobile sito in via Crescenzio 9 e condotto in locazione dal sig. A, mentre l’immobile oggetto del presente giudizio è locato al sig. C e si trova in piazza Adriana n. 10), nonché da rilevazioni del tutto ininfluenti ai fini del giudizio che ci occupa (a pag. 11 si legge che “non è presente alcun impianto di allarme o antintrusione, né a protezione degli spazi condominiali comuni né, tantomeno, a protezione della singola unità immobiliare condotta dal ricorrente”;
a pag. 18 che “la possibilità di parcheggio diminuisce in alcune fasce orarie e viene a mancare del tutto nelle ore centrali della giornata”). Il CTU, poi, andando oltre l’oggetto dell’incarico che gli era stato conferito, del tutto arbitrariamente, dedica addirittura cinque pagine della sua Relazione (da pag. 17 a pag. 21) ai coefficienti correttivi da applicare al valore unitario dell’unità immobiliare de quo, contestando quelli applicati dalla Agenzia del Territorio»;
B) «il CTU, dopo aver effettuato una ricognizione del fabbricato, ha affermato che “il degrado in cui si trova l’immobile di Piazza Adriana civico n. 10 e l’unità immobiliare condotta dal ricorrente, non può essere considerato tale da poter essere sanato attraverso semplici interventi di manutenzione”. In realtà, dal tenore della relazione e da quello dei singoli sopralluoghi si evince, innanzi tutto, che il fabbricato è risalente agli inizi del millenovecento, pertanto non potrà mai rispondere a degli standards urbanistici moderni, possedendo le caratteristiche dell’epoca che sono immodificabili. Peraltro, il suo stato manutentivo è paragonabile con quello della maggior parte degli edifici della stessa vetustà ed ubicati nella medesima zona, zona (lo si sottolinea) altamente appetibile per la sua posizione centrale, per i collegamenti con gli altri quartieri della città, per i servizi di cui può beneficiare. La contraddizione in cui cade il CTU è palese, come confermato dalle foto allegate alle note critiche alla CTU del consulente di parte dell’Istituto arch. De Luca (depositate in data 15 marzo 2012 con il n. 6 e da intendersi qui integralmente trascritte), scattate durante il sopralluogo del 23.05.07, che mostrano un edificio in buone condizioni, con una struttura ed un aspetto imponenti, artisticamente rifinito in facciata, ed un appartamento signorile, con ambienti alti e spaziosi, con rifiniture ricercate, raffinate e di lusso»;
C) «il fabbricato di cui è causa, ed in particolare l’appartamento del sig. C, sono stati dichiarati abitabili e le critiche sollevate dal consulente sono solamente polemiche ed inesatte, in quanto sommarie. Si ritiene necessario puntualizzare che, in base alla normativa vigente e più volte citata, lo stato di degrado va inteso come una condizione che rende di fatto l’immobile inabitabile. Tale stato deve peraltro essere sancito da una autorità competente (Comune, ASL, Vigili del fuoco, ... ) o comunque, qualora tali atti non fossero ancora formalizzati, lo stato di inagibilità e/o inabitabilità dovrebbe essere comprovato da un evidente stato precarietà statica o di insalubrità dell’immobile. Nel caso in esame, non risultano sussistere atti formali, rilasciati dalle competenti autorità, che sanciscano la precarietà dell’immobile;
tanto meno, quindi, l’edificio nel suo insieme, risulta essere inserito in zona di recupero edilizio ed urbanistico dal PRG del Comune di Roma, come prevede l’art. 27 della Legge 457/78 quando si è in presenza di immobili degradati. Né risultano sussistere nemmeno atti formali, rilasciati da competenti autorità, che ne sanciscano la precarietà parziale, quale potrebbe essere quella riferibile ad un singolo appartamento;
al contrario, è la stessa CTU a dichiarare che l’appartamento di cui è causa è abitabile»;
D) «in tre giudizi analoghi (r.g. 11977, 11979 e 11982/2004) relativi a tre appartamenti siti in immobili contigui, per i quali la verificazione disposta da codesto ecc.mo TAR era stata eseguita dallo stesso CTU del SIIT dott. B, si è poi ritenuto necessario disporre una ulteriore consulenza tecnica».

6. L’I.N.P.S. con successiva memoria depositata in data 29 dicembre 2013 ha insistito per una consulenza tecnica d’ufficio finalizzata a stabilire lo stato e l’effettiva consistenza dello stabile di piazza Adriana n. 10, nonché dell’unità immobiliare condotta in locazione dal ricorrente.

7. Come evidenziato da questa Sezione nelle ordinanze n. 8801/2008, n. 8802/2008 e n. 8803/2008, rese nell’ambito di controversie analoghe a quella in esame:

- l’art. 3, comma 13, del decreto legge n. 351/2001 reca norme per l’individuazione, su proposta dell’Agenzia del territorio, di quelli, tra gli immobili assoggettati alle procedure di dismissione ed alienazione del patrimonio immobiliare degli enti pubblici (nella specie, di quelli dell’I.N.P.S. passati in proprietà alla S.C.I.P. s.r.l. ), che devono esser ritenuti di pregio. In particolare tale disposizione considera “comunque di pregio gli immobili situati nei centri storici urbani, ad eccezione di quelli individuati nei decreti di cui al comma 1, su proposta dell’Agenzia del territorio, che si trovano in stato di degrado e per i quali sono necessari interventi di restauro e di risanamento conservativo, ovvero di ristrutturazione edilizia”;

- dal tenore letterale della predetta disposizione si evince che la stessa individua un puntuale parametro di carattere oggettivo, inerente all’ubicazione dell’immobile nel centro storico urbano, che ex se e salva la sussistenza di condizioni di degrado, identifica la condizione di pregio del bene

- secondo la prevalente giurisprudenza ( ex multis , Cons. Stato, Sez. VI, 5 giugno 2006, n. 3340), la nozione di “degrado” recepita dal ripetuto comma 13 non s’identifica con la sola assenza di ordinari interventi manutentivi dell’assetto del fabbricato, secondo le regole di buona amministrazione del patrimonio immobiliare. Essa, al contrario, implica una situazione oggettiva del bene sì da renderlo inidoneo all’originaria destinazione ad uso abitativo per condizioni d’igienicità, sicurezza ed assetto strutturale, con ogni ovvia conseguenza in ordine all’agibilità (e, quindi, all’inabitabilità ed all’immediato sgombero) dell’unità immobiliare. Del resto, si deve evidenziare, per un verso ed in base al dato testuale, come il degrado del fabbricato debba accompagnarsi necessariamente ad interventi indifferibili di restauro, risanamento o ristrutturazione edilizia;
per altro verso, come già l’art. 27 della legge n. 457/1978, attribuisca al Comune la potestà d’individuare, nell’ambito degli strumenti urbanistici generali, le zone “ove per le condizioni di degrado si rende opportuno il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente con interventi rivolti alla conservazione, al risanamento, alla ricostruzione e alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso”.

8. In ragione di quanto precede, il Collegio con l’ordinanza n. 447 in data 14 gennaio 2014:

A) ha espresso serie perplessità sulle considerazioni svolte dal verificatore nella relazione depositata in data 12 maggio 2008, in ragione delle seguenti circostanze: a) non consta, né il ricorrente o il verificatore ne fanno minimo cenno, che il Comune di Roma abbia in tutto o in parte compreso l’immobile di cui trattasi - ricadente nel quartiere Prati e facente parte «di un grande isolato a forma di triangolo, delimitato da via Crescenzio, piazza Adriana e piazza Cavour» (cfr. pag. 7 della relazione del verificatore) - in una zonizzazione applicativa dell’art. 27 della legge n. 457/1978;
b) non si rinvengono agli atti certificazioni o provvedimenti delle competenti Autorità che attestino lo stato di inagibilità e/o inabitabilità dell’immobile in questione;
c) dalla documentazione fotografica versata in atti non si evince alcuna evidenza in ordine alla necessità di interventi di ristrutturazione edilizia e/o restauro e risanamento conservativo. Pertanto - tenuto conto, da un lato, delle notevoli divergenze tra le valutazioni dell’Agenzia del Territorio e quelle del verificatore e, dall’altro, dell’art. 63, comma 4, cod. proc. amm., secondo il quale “qualora reputi necessario l’accertamento di fatti o l’acquisizione di valutazioni che richiedono particolari competenze tecniche, il giudice può ordinare l’esecuzione di una verificazione ovvero, se indispensabile, può disporre una consulenza tecnica” - il Collegio ritiene necessario disporre anche nel caso in esame (come già accaduto negli analoghi giudizi ai quali si riferisce l’I.N.P.S. nelle sue difese) la nomina d’un consulente tecnico d’ufficio al fine di avere definitiva contezza circa l’effettivo stato dell’appartamento di cui trattasi e dell’immobile nel quale lo stesso è ubicato;

B) ha disposto l’esecuzione di una consulenza tecnica d’ufficio, a cura dell’arch. Carolina D C, formulando i seguenti quesiti: A) «accerti e valuti il CTU lo stato d’effettiva ed attuale conservazione sia dell’edificio, sia dell’appartamento, nei limiti dell’ applicabilità ad essi della normativa tecnica vigente»;
B) «dica il CTU quale sia l’effettivo grado di funzionalità di tutti i componenti impiantistici ed edilizi di entrambi gli immobili, secondo la scansione degli argomenti a suo tempo versati dal verificatore nella sua relazione»;
C) «dica il CTU se lo stato attuale di conservazione e di funzionalità degli immobili e dei loro impianti diano, ed in qual’eventuale misura, luogo a degrado o solo ad una loro qualità più o meno scadente in base ai parametri tecnici e normativi vigenti»;
D) «dica di conseguenza il CTU quale sia, anche in base alle definizioni di cui all’art. 3, comma 1, del decreto legislativo n. 380/2001, la tipologia di eventuali interventi più acconci per ottenere funzionalità normale di entrambi gli immobili»;
E) «dica di conseguenza il CTU, alla luce della relazione di verificazione, se la descrizione ivi contenuta ed i richiami normativi effettuati siano corretti e congrui rispetto all’accertato stato di fatto ed alle regole tecniche applicabili».

9. Il ricorrente con atto notificato alle controparti in data 17 febbraio 2014 ha dichiarato di rinunciare al presente ricorso ed ha contestualmente chiesto a questo Tribunale di disporre la compensazione delle spese di giudizio.

10. L’I.N.P.S. con memoria depositata in data 25 marzo 2014 ha dichiarato che, stante la rinuncia al ricorso notificata dalla controparte, non ha interesse alla prosecuzione del giudizio, ma si è contestualmente opposto alla richiesta di compensazione delle spese di lite chiedendo, in particolare, che vengano poste a carico della controparte le spese relative alla CTU, per l’importo di euro 2.137,60, già richieste dall’arch. D C con fattura del 22 febbraio 2014.

11. In data 25 marzo 2014 l’arch. D C ha depositato la relazione sull’attività svolta fino 26 febbraio 2014, data in cui ha ricevuto la comunicazione dell’avviso con cui è stato comunicato il deposito del suddetto atto di rinuncia, nonché la richiesta di liquidazione dell’onorario e delle spese relativi all’attività svolta fino 26 febbraio 2014, quantificati in euro 2.000,89.

12. Tenuto conto di quanto precede, nonché delle disposizioni degli articoli 35 e 84 cod. proc. amm., al Collegio non resta che dichiarare il presente giudizio estinto per rinuncia.

13. In applicazione dell’art. 84, comma 2, cod. proc. amm., secondo il quale “il rinunciante deve pagare le spese degli atti di procedura compiuti, salvo che il collegio, avuto riguardo a ogni circostanza, ritenga di compensarle”, il Collegio ritiene che non possa essere accolta la richiesta di compensazione delle spese di giudizio avanzata dal ricorrente. Infatti, tenuto conto del comportamento processuale della parte ricorrente, che - come evidenziato dall’I.N.P.S. nella memoria depositata in data 25 marzo 2014 - ha notificato la rinuncia al ricorso solo dopo che questo Tribunale aveva disposto l’esecuzione della suddetta CTU, le spese di giudizio, quantificate nel dispositivo, nonché le spese e gli onorari relativi alla consulenza, correttamente quantificati dall’arch. D C con la nota depositata in data 25 marzo 2014, devono essere posti a carico della parte ricorrente.

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