TAR Catania, sez. II, sentenza 2012-05-22, n. 201201287
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
N. 01287/2012 REG.PROV.COLL.
N. 02742/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2742 del 2011, proposto da:
D S, in persona del legale rapp.te pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. G D, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Santo Spagnolo in Catania, Corso Italia, 244;
contro
Comune di Catania in persona del Sindaco p.t non costituito in giudizio;
per l'esecuzione
del giudicato nascente nascente da sentenza n. 2905/04 del Tribunale di Catania confermata da sentenza n. 34/10 della Corte di Appello di Catania
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 aprile 2012 il dott. G M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato il 14/9/2011 e depositato il 26/9/2011, la ricorrente chiede che venga data esecuzione al giudicato formatosi sulla sentenza n.2905 del 10/9/2004 del Tribunale Civile di Catania e dalla Corte di Appello di Catania su sentenza n.34 dell’11/1/2010 - depositata. il 10.4.2009 – divenuta definitiva per mancata impugnazione nei termini, giusta attestazione della Cancelleria della Corte d’Appello di Catania del 8/4/ 2011, in atti.
La definitività della sentenza sopra indicata, per mancata impugnazione certificata dal cancelliere della a Corte di Appello di Catania, comporta l'obbligo, per il Comune di Catania, di adottare i provvedimenti necessari per adempiere al disposto del decreto.
Con atto, notificato in data 5/5/2011 la ricorrente s.r.l. ha invitato e diffidato il Comune di Catania a dare esecuzione al predetto giudicato
La ricorrente afferma che a tale obbligo il Comune intimato si sia finora sottratto e, pertanto chiede che il Collegio in esecuzione delle sentenze del Tribunale di Catania, prima sezione civile, n. 2905 del 10.9.2004, e della Corte di Appello di Catania, prima sezione civile, n. 34 dell’11.1.2010, nomini, sin d’ora, ed a spese dell’autorità comunale inadempiente, un commissario ad acta nel caso di inosservanza, e fissando, altresì, la somma di danaro dovuta per l’ipotesi di ulteriore ritardo, ordini al Comune di Catania, in persona del Sindaco p.t., il pagamento, in favore della ricorrente Demostene S.p.A., della somma di € 883.065,65, oltre agli ulteriori interessi dovuti dal 15 maggio 2011 al soddisfo.
Il Collegio, atteso il fatto che il Comune sebbene ritualmente intimato non si è costituito in giudizio e, pertanto, non ha controdedotto ne in punto di fatto ne in diritto ne in ordine all’importo complessivo delle somme dovute per interesse e rivalutazione a quanto affermato dalla ricorrente in sede di diffida e di ricorso (notificato in data 14/9/2011), ritiene provato l’assunto della ricorrente anche in relazione al calcolo delle somme effettuato dalla ricorrente.
Risultando osservate le formalità procedurali vigenti ratione temporis, il ricorso va accolto e va, conseguentemente, dichiarato l'obbligo del Comune di Catania di dare esecuzione ai provvedimenti anzidetti nel termine di giorni novanta dalla comunicazione in via amministrativa della presente pronuncia.
Va, invece, rigettata la domanda con cui le ricorrenti chiedono che il Tribunale, ai sensi dell’art. 114, quarto comma, lett. e), cod. proc. amm., fissi la somma di denaro dovuta dall’Amministrazione resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato.
Come, infatti, affermato dalla giurisprudenza (cfr., per tutte, Tar Napoli, IV, n. 2162/2011), deve escludersi che la cosiddetta “astreinte” possa essere disposta nel caso in cui l’esecuzione del giudicato consista nel pagamento di una somma di denaro.
Ai sensi del citato art. 114, quarto comma, lett. e), cod. proc. amm., l’“astreinte”, infatti, può essere disposta ove “ciò non sia manifestamente iniquo, ovvero sussistano altre ragioni ostative”: si tratta di espressioni piuttosto generiche, dalle quali si evince, tuttavia, che il legislatore auspica un uso prudente di tale istituto (anche perché nel processo amministrativo esso comporta, di regola, un esborso di pubblico denaro).
Orbene, poiché , l’“astreinte” costituisce un mezzo di coazione indiretta sul debitore, necessario in particolare quando si è in presenza di obblighi di fare infungibili, non appare equo condannare l’Amministrazione al pagamento di ulteriori somme di denaro, quando l’obbligo di cui si chiede l’adempimento costituisce, esso stesso, nell’adempimento di un’obbligazione pecuniaria, dovendo considerarsi che, in tal caso, per il ritardo nell’adempimento sono già previsti dalla legge gli interessi legali, ai quali, pertanto, la somma dovuta a titolo di “astreinte” andrebbe ad aggiungersi, con effetti iniqui di indebito arricchimento per il creditore.
D’altronde, anche la giurisprudenza civile formatasi sull’art. 614-bis c.p.c., che ha introdotto nel processo civile un’analoga disciplina, è orientata nel senso dell’ammissibilità di tale istituto solo a fronte dell’inadempimento di obblighi di fare infungibile o di non fare (cfr., sul punto, l’ordinanza in data 19 settembre 2009 del Tribunale di Cagliari).
Ciò in quanto, benché la norma non lo preveda espressamente, deve ritenersi che la somma di denaro liquidata ai sensi dell’art. 114, quarto comma, lett. e), cod. proc. amm. sia destinata a favore del creditore, con la conseguenza che - sebbene la dottrina sia incerta sulla natura giuridica dell’“astreinte” - risulta preferibile qualificare la stessa come criterio di liquidazione del danno (e non come pena privata o sanzione civile indiretta), proprio al fine di evitare ingiustificati arricchimenti del creditore della prestazione principale.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto per quanto attiene alla domanda di esecuzione del decreto delle sentenze indicate in epigrafe, all'uopo assegnando a tale Amministrazione il termine di giorni novanta dalla comunicazione in via amministrativa della presente pronuncia, mentre va rigettato per quanto attiene la richiesta di fissazione di una somma di denaro ai sensi dell’art. 114, quarto comma, lett. e), cod. proc. amm.
Per il caso di ulteriore inadempienza, si nomina commissario ad acta il Prefetto di Catania o Funzionario da questi delegato, perchè provveda, entro giorni novanta dalla scadenza del predetto termine, a dare esecuzione al giudicato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo